APPENDICE MARIA LETA
BRUNO LOCAT
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Figlio di Pino e Emilietta Locati. Cugino di Mirella.
[…] Due occhi grigi, fieri e belli. «Lei è Bruno, vero? Ha gli occhi tanto simili a quelli di Mirella che non è poi difficile capire che siete figli di fratelli.» (Maria a Bruno, p. 21)
Egli era alto e forte: con un paio di spallone da montanaro e con belle mani, lunghe e signorili, di razza pregiata. Il volto era decisamente bello: ma non di un bello da cherubino: un bello virile, asciutto, deciso: con il naso diritto, gli occhi grigi, la pelle bruna, i sopraccigli folti. E lunghi cigli scuri, uguali a quelli di Mirella. (p. 23) Quando Maria Leta disse a Bruno che la troupe voleva che lui facesse il fotoromanzo, lui si mostrò contrario della proposta. «Ma no! – rise Bruno. – Soddisfazione nel fare quelle cose là? Forse potrei pensare a una soddisfazione materiale, ammesso che paghino bene. Ma morale no davvero… Almeno per gente come me.» (p. 23)
Mi sarebbe piaciuto immensamente scrivere. Soggetti per cinematografo, commedie, qualche cosa da vedere poi vivere e palpitare, qualche cosa da portare davanti al pubblico […] (Bruno a Maria, p. 24)
Del fotoromanzo, mi scusi, me ne infischio. Sono le cinquantamila lire che mi interessano. Lei ammette certo che cinquantamila lire per uno studente sono molte: e per uno studente povero come me sono follia, sogno, estasi, qualche cosa come la chimera. Poter mettere cinquantamila lire in mano al mio babbo e dirgli che le spenda, che ne usi come vuole, che... (Bruno a Maria, p. 26)
Io qualche volta mi sento irritato verso certi miei compagni che vengono all’università in automobile. Naturalmente sono ribellioni momentanee. E perdonabili. Perché non è bello essere poveri. (Bruno a Maria, p. 27)
[...] Resto molto a Pavia quando devo studiare e resto molto nel giardino quando ci sono le vacanze. Costa troppo il biglietto del treno. E non so mai che fare nel paese quando non devo andare a scuola. A Pavia divido una cameretta con un altro ragazzo povero come me.. Non è miseria certo, la nostra, è mancanza di danaro... Abbiamo tutto. Polli, uova, conigli, maiale, anche qualche vite che ci dà un poco di vino. Ma il salario del babbo è di ventimila lire il mese. Per buona fortuna il padrone paga la luce elettrica, legna ne abbiamo anche troppa e di affitto, naturalmente non se ne parla. Tuttavia, con ventimila lire il mese il babbo mi mantiene a Pavia. Toglie ogni mese qualche cosa da quel poco che ha alla Posta. E spera in Dio. In quel Dio che dovrebbe darmi presto una laurea, una condotta e molti clienti. (p. 31)
Si sentì infastidito per lo sguardo di Agus. Il quale lo stava misurando dall’alto in basso. Quasi con dolore Bruno vide che tutti gli uomini avevano bellissimi maglioni da montagna: e che Agus, quello che gli era vicino e l’altro signore, quello con i capelli bianchi, avevano maglioni quali a Pavia soltanto i molto ricchi e i molto eleganti potevano avere. (Agus lo presenta al direttore come un giovanotto distinto) […] Bruno si sentì avvampare.
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Distinto! Con quel vestito lavato almeno quattro volte dalla mamma e stirato, dalla mamma, con cura immensa. Un povero vestito per tutti i giorni. Che all’università non era certo fra i migliori (p. 38)
Sono umiliato. Umiliato di essere apparso a lei chi sa quanto malvestito e quanto goffo a confronto di tutta quella gente. Una eleganza sicura, raffinata, hanno tutti quelli. Maria Leta. Lei era tanto graziosa. E tremavo continuamente che si chiedessero perché mai una ragazza tanto graziosa si fosse scelto uno scalcinato quale sono io… Perché quella gente è certo convinta che fra noi due ci sia una tenerezza, un amore, un fidanzamento. (Bruno a Maria, p. 51)
È un bel giovanotto. Fine, distinto e intelligente. E poiché è semplice e non ha l’aspetto di uno che conosca la vita, si adatta a quella parte che quei signori hanno in mente di fargli fare. Non è colpa di Bruno se è fatto così, cioè se è fine e semplice a un tempo, se è bello e intelligente: e se malgrado questi pregi ha conservato un aspetto di ragazzo schietto, non sciupato dalla vita moderna… Se mai, la colpa è di loro due: di loro due che hanno messo al mondo un ragazzo così! Un ragazzo raro… (Maria ha provato a convincere i genitori di Bruno) Non c’è neppure bisogno di ritoccarlo questo ragazzo! Ha certi colori naturali che renderanno benissimo. […] Lei è, oltre che un bel giovane, un uomo intelligente. L’avessi con me, scritturato per me, sarei davvero invidiato. Perché quando una casa di posa ha due uomini come Agus e come lei, può lanciare tutti i fotoromanzi che vuole. (Il Commendatore, p. 67)
E aveva gli occhi grigi, grandi, ricchi di cigli neri. E la fronte alta, bruna e serena, e il naso diritto e la bocca bella, ridente, con denti candidi, con labbra giovani ombrate di scuro anche se era palese che la barba era stata fatta recentemente. (Maria guarda Bruno, p. 140)
I due magnifici occhi grigi di Bruno. Due grandi, cari, giovani occhi grigi, adorni di lunghi, infantili cigli scuri. Vide pure la bocca, dal disegno puro e bello. Vide anche il naso, diritto, severo, che compiva un profilo da statua greca. Pensò: «Accidenti, quella pazza ha scelto assai bene per sostituirmi! A confronto di questo ragazzo, valgo ben poco, io!» (Agus osservò Bruno, p. 173)
Agus cercò di convincere Bruno di tornare a studiare e diventare un medico e Bruno disse: «Medico di condotta! Con una casa un paese dove si devono ferrare le pecore perché non rotolino dal monte. In un paese dove c’è la neve per quattro mesi dell’anno, dove l’estate è fatta dal canto delle cicale e dai muggiti delle mucche. Dove non c’è un cinematografo, una sala di ballo, un divertimento qualsiasi…».
Bruno disse che non si fermava ai fumetti, ma andava in cinematografo. Agus cercò di portarlo alla realtà: «La strada del cinematografo è difficilissima. Oggi, ancora più difficile che prima, poiché lei lo sa bene che l’anno millenovecentocinquantacinque ha segnato una grande brutta data per il cinematografo italiano. E lei, quali numeri ha per riuscire? È un bel ragazzo, ne convengo. Ma crede basti? Badi, il suo viso è immobile. Può andare
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bene per i fumetti, non dove l’azione è ancora parola… E dove la parola che si dice deve essere anche nell’espressione del volto».
Quando Mimì sarà stanca di me tante cose saranno cambiate. E comunque, sia tranquillo, l’affetto di Maria mi resterà sempre. Perché lassù non ha poi troppo da scegliere. E io sono, lassù, il partito migliore nel raggio di cinquanta chilometri… E non creda che Maria possa distrarsi ascoltando lei, Agus! Maria ha paura del mondo e della vita. Maria non sceglierà mai un marito come lei. Le farebbe paura. Riprenderà me, quando io tornerò su: e inizierò quella vita che a Maria piace. Medico di condotta, la casa con i miei, la scuola, e tutte le piccole cose di quel mondo altrettanto piccolo…(Bruno a Agus, p. 206)
Bruno deve essere un poco suggestionato dall’ambiente. Critica i miei vestiti, le mie trecce, il mio modo di vivere. Dice che infine potrei farmi qualche abito più moderno e più elegante. Giunge a consigliarmi di andare a Milano per acquistare gli abiti perché ve ne sono a poco prezzo e tuttavia molto belli. E le trecce potrei tagliarmele perché fanno molto ragazza di famiglia. E che potrei anche modernizzarmi, visto che sono rimasta, per idee, all’Ottocento… (Maria scrive a Agus, p. 215)
Non ha un’idea sua, quel giovane. Bello di viso, con una stupenda figura, con due occhi da fare venire le vertigini a tutte le donne dai quindici ai settanta anni, si comporta da salame. Dove lo metti sta e non c’è verso che si sposti di un millimetro o che abbia un atteggiamento diverso da quello che gli suggerisce il registra… (Il commendatore a Agus, p. 224)
Ma credi, Maria, che quando ci si abitua alle cose ben preparate e ben presentate, certi sistemi contadineschi irritano… Io non posso più vedermi, qui! Io amo la città, le cose belle, la gente elegante, le persone che sanno parlare bene, che sanno stare fra gente fine… (pp. 231-232)
Voglio migliorare tutto. Anche te! Basta vederti vestita così, con le mani sciupate, con la faccia troppo naturale. Dovrai cambiare anche tu, Maria, perché se diventerò un medico di città non potrò certo presentare una moglie che mi faccia arrossire. (p. 233)
Ora ne ho tre vestiti, bellissimi... Li pago a rate. Mi serve il sarto che veste tutti quelli della troupe. (p. 234) Tu sei una caro, dolce, umile e bel ragazzo, Bruno… e nulla più. Tu non hai la voce calda che scende al cuore e lo tocca… Tu non hai la facile parola, la bella intelligenza, il tratto aristocratico, l’atteggiamento signorile che egli ha. Tu sei un bellissimo maschio, Bruno. E nulla più. Un bell’animale buono, sano e forte, adatto ai monti e alla piccola gente di lassù. (Mimì pensa a Bruno, p. 320)