Le alternative ci sono
1. Una buona occupazione per tutt
1.1 250mila nuovi posti di lavoro pubblici
Dopo la crisi la domanda di lavoro è strutturalmente inadeguata: è dunque ne- cessario un intervento pubblico sul terreno della creazione di occupazione che
affronti la contraddizione tra disoccupazione record e bisogni insoddisfatti. Tale intervento dovrebbe andare oltre la concezione del lavoro come merce e coniugare la necessità di creare nuova occupazione con quella di assicurare la riconversio- ne ecologica del nostro modello di sviluppo e la qualità della vita delle persone. Dato il carattere strutturale della disoccupazione, che il mercato da solo non può (e non vuole) affrontare, è necessario che lo Stato assuma il ruolo di “occupatore di ultima istanza” promuovendo un Piano per il lavoro, con nuove assunzioni nel settore pubblico in alcuni settori chiave: istruzione e salute pubbliche di qualità, servizi per le persone, mobilità pubblica sostenibile, interventi contro il dissesto idro-geologico, manutenzione del patrimonio artistico e culturale, sviluppo del- le infrastrutture culturali e sostegno alla ricerca pubblica. Con un investimento annuo di 5 miliardi, si potrebbero creare circa 250mila posti lavoro aggiuntivi l’anno.
1.2 Una politica per nuove attività economiche e lavori di qualità
Un piano d’investimenti pubblici e privati “per uno sviluppo di qualità” potreb- be essere avviato utilizzando fondi europei, la liquidità creata dalla BCE con il Quantitative Easing, il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti, fondi pensione e d’in- vestimento, con incentivi pubblici e sgravi fiscali per le imprese. Gli interventi dovrebbero delineare una nuova politica industriale del paese, con lo sviluppo di attività economiche in tre ambiti prioritari: a) la sostenibilità ambientale, le energie rinnovabili, il risparmio energetico, la bio-edilizia; b) la diffusione di ap- plicazioni delle tecnologie dell’informazione e comunicazione; c) il settore della salute, del welfare e delle attività di cura, in cui va rilanciato il ruolo dei servizi pubblici. Investimenti, infrastrutture e percorsi di formazione e professionalizza- zione potrebbero inoltre sostenere utilmente le molteplici forme di altraeconomia – dal commercio equo alla finanza etica, all’agricoltura biologica, alle produzio- ni culturali indipendenti – che in questi anni hanno mostrato grandi potenzialità di sviluppo.
1.3 Un’Agenzia pubblica per l’avvio al lavoro
Un’Agenzia pubblica nazionale per l’avvio al lavoro dovrebbe assumere il compi- to di programmare, coordinare e dare unitarietà agli interventi previsti nel Piano per il lavoro. L’Agenzia dovrebbe raccogliere e gestire i fondi relativi al finanzia- mento dei progetti nazionali e locali di provenienza dal bilancio dello Stato e degli
enti locali o derivanti da contribuzioni e finanziamenti (Cassa Depositi e Presti- ti, fondazioni ecc.), definire le procedure di presentazione tecnica dei progetti e il contratto standard di lavoro da applicare nonché le metodologie di monitoraggio e rendicontazione dei progetti realizzati. L’assunzione formale dei lavoratori po- trebbe essere decentrata alle direzioni regionali del lavoro o a quelle territoriali.
Parallelamente, una riforma dei Centri per l’impiego dovrebbe prevedere un piano per la professionalizzazione del personale coinvolto e l’istituzione di un’a- nagrafe pubblica nazionale dell’impiego, utile per un’attività di monitoraggio centralizzata delle politiche attive.
1.4 Ridurre gli orari, redistribuire il lavoro
Anche se le misure sopra indicate venissero adottate, non sarebbero sufficienti ad annullare nel breve periodo l’eccesso strutturale della domanda di lavoro rispetto all’offerta. In un tale contesto è dunque ragionevole avviare una riduzione gene- ralizzata dell’orario di lavoro.
È difficile proporre una politica di riduzione dell’orario a parità di salario, così come ipotizzare che alla riduzione delle ore lavorate (settimanalmente o mensil- mente) corrisponda una riduzione proporzionale del relativo salario. Nel primo caso sono prevedibili un aumento del costo del lavoro e l’opposizione delle impre- se; nel secondo, una decurtazione del reddito settimanale o mensile e la resistenza dei lavoratori. La soluzione che proponiamo è quella di calibrare il carico fiscale e contributivo sul salario a seconda della durata dell’orario, alleggerendolo per gli orari ridotti e aggravandolo per quelli di più lunga durata. Si potrebbe prevede- re una prima fascia oraria (e il reddito monetario corrispondente) esente da ogni onere fiscale e contributivo tanto per il lavoratore che per l’impresa; per gli orari di lavoro più lunghi, l’incidenza fiscale e contributiva aumenterebbe fino a cor- rispondere, per orari normali di 40 ore settimanali, all’ammontare attualmente vigente. Per orari superiori alle 40 ore (gli straordinari) l’incidenza per ora di la- voro prestata dovrebbe essere ancora maggiore.
1.5 Stabilizzare i lavoratori precari nelle pubbliche amministrazioni
Con i blocchi delle assunzioni generalizzati, le amministrazioni pubbliche per assolvere le funzioni previste dalla legge devono ricorrere sempre più spesso al lavoro precario. Un piano di stabilizzazione dei lavoratori precari presenti nella pubblica amministrazione nell’arco di tre anni, accompagnato da una program-
mazione delle assunzioni in linea con gli obblighi di funzionamento previsti per legge, migliorerebbe la quantità e la qualità del lavoro, l’efficienza della pubblica amministrazione e darebbe uno stimolo per i consumi.
1.6 150mila ragazzi e ragazze nel Servizio Civile Nazionale
Il Servizio Civile Nazionale (Scn), su base volontaria per cittadini italiani di en- trambi i sessi fra i 18 e i 28 anni, nato come sviluppo di quello degli obiettori di coscienza al servizio militare, e istituito con legge statale nel 2001, ha come fina- lità di riferimento “la difesa con modalità non armate della Patria”. In un ambito asfittico di politiche attive verso e con i giovani, è nei fatti la principale azione pubblica a essi rivolta dopo la scuola dell’obbligo. Sul piano istituzionale il Scn rappresenta per le istituzioni, attraverso il concorso delle organizzazioni accredi- tate, lo strumento per attuare interventi su specifici settori. Sul piano sociale offre ai giovani l’opportunità di ridurre il divario tra sapere formale ed esperienza, fa- vorendo l’inserimento nel mercato del lavoro in particolare nei lavori di cura, negli interventi di inclusione sociale, di valorizzazione del patrimonio ambienta- le, artistico e culturale.
La bozza di disegno di legge delega di riforma del Terzo settore, attualmente in discussione in Parlamento, prevede la trasformazione del Servizio Civile Na- zionale in Servizio Civile Universale, su base volontaria, accessibile cioè a tutti i giovani che siano interessati a svolgerlo. Il governo intenderebbe partire dal 2017 con 100.000 giovani coinvolti. Nel periodo 2007-2011 i posti messi a bando sono stati quasi 156.000, ma 432.000 le domande presentate. Al momento la dotazio- ne prevista è di 113 milioni per il 2016 e per il 2017, ma per garantire anche solo 50mila posti nel 2016 servirebbero almeno 300 milioni di euro. Sbilanciamoci! propone che un finanziamento annuale di 840 milioni di euro sia destinato ad at- tivare circa 150mila giovani l’anno in attività utili alla collettività.