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Fino a quando l'esercito è diventato composto di volontari, nel 2004, i militari di leva sono stati una presenza costante in caso di disastri naturali e l'esercito ha dato il proprio

166Franca Zambonini, Pier Michele Girola, Parla Tina Anselmi, presidente della commissione di

inchiesta Un impegno: “sulla P2 non nascondere nulla” in "Famiglia Cristiana", a. LI, 31 gennaio

1982, pp. 42-43.

167Guglielmo Sasinini, Il dc 9 di Ustica. Si estende il “partito del missile”, ricompare con forti

argomenti il “partito della bomba”, ma il mistero sulla sciagura di venti anni fa è sempre fitto. La verità è in fondo al mare in “Famiglia Cristiana”, a. XLIX, 11 luglio 1990, Pp. 40-41

contributo nei soccorsi. La protezione civile è stata istituita solo nel 1982 e, nonostante tutto, si è avvalsa, soprattutto nei primi momenti successivi alle tragedie, dell'opera dei militari di leva.168

La visione dei nostri periodici, in questo caso, è simile per tutti e tre: si parla dei militari come di giovani disinteressati che lavorano per portare conforto alla popolazione civile. È interessante che in questi casi quella del militare armato di pala che spala il fango di un'alluvione oppure scava tra le macerie sia una delle immagini più presenti. Da quando, nel 1966, con l'alluvione di Firenze, militari e giovani studenti universitari si sono uniti per salvare i capolavori dalla minaccia del fango i giovani militari diventano una presenza rassicurante in ogni calamità naturale.

Belice 1968

Il terremoto che ha colpito la Sicilia nel 1968 ha trovato, in “Oggi” e “Gente”, rispondenza in lunghi servizi pieni di testimonianze di sopravvissuti e soccorritori. Di solito queste corrispondenze cercano, come è logico, il lato emozionale, e quindi sono dense di testimonianze e di evidenze fotografiche in cui i militari compaiono sempre. Nell'articolo di “Oggi”, a firma di Neera Fallaci, sorella di Oriana, vi è l'intervista a un militare di leva che si è recato volontario a prestare soccorso, collocata all'interno di un più lungo servizio con interviste a amministratori locali e sopravvissuti.169 Il racconto è

quello di una giornata tragica, in mezzo a morti e feriti, che finisce con un pianto di disperazione in caserma.

Lo stesso tipo di servizio si ha in “Gente”, dove i militari sono diventati una presenza anche nelle foto che ritraggono due volte i soldati: in una stanno portando, con le garze sul viso, il cadavere di una bambina, in un'altra il militare tiene una capretta trovata viva in mezzo alle macerie.

Il ruolo dei militari nei soccorsi è esemplificato chiaramente dal giornalista:

“Come al Vajont, come durante l’alluvione di Firenze, anche qui i militari non hanno risparmiato mezzi e fatica, hanno piantato le tende, hanno allacciato i fili

168http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_eve.wp;jsessionid=041B343E00CA414358ED36684 3A4DF26?pagtab=2&contentId=EVE30712

169Neera Fallaci, Ecco il significato della catastrofe che ha colpito la gente di Sicilia. Voglio morire tra

i sassi, in “Oggi “, a XXIII, 1 febbraio 1968, pp. 20-25 all'interno del servizio Ho pianto come un bambino, ibid., p. 21.

del telegrafo; hanno soccorso i feriti e hanno impedito che gli ‘sciacalli’, immancabili purtroppo in queste tragiche occasioni, facessero man bassa delle cose abbandonate. “Dobbiamo ai soldati gratitudine immensa”, ha detto il commissario governativo di Cinisi. “Se non era per loro io starei ancora sotto un ulivo” ha detto Antonio Minerba che a Montereale ha perduto la casa”.170

Questo standard rimane per tutti i disastri dove i militari sono visti dalla popolazione civile e dall'opinione pubblica come una presenza positiva, in grado di portare soccorso e aiuto e di ovviare, con il loro spirito di sacrificio a uno stato a volte non troppo presente. In un articolo già citato si lamentava la mancanza della Difesa Civile, che deve essere sia un possibile soccorso in caso di calamità naturale che una difesa in caso di attacco comunista allo stato.

Friuli 1976

Negli articoli di “Famiglia Cristiana” il terremoto del Friuli e il decennale dell'alluvione di Firenze occupano diversi servizi, e anche qui si può notare come la visione che predomina dei militari sia quella del soccorritore disinteressato: nei vari articoli sul terremoto le foto degli alpini che costruiscono case in legno, spalano e prestano aiuto ai soccorsi sono sempre presenti e, anche in questo giornale, vengono intervistati come presenza fissa nei disastri. I militari sono anche presenti nel servizio sul decennale dell'alluvione di Firenze, ma è significativo che, anche se l'articolo parla della situazione idrogeologica dell'area, la prima pagina del servizio sia occupata da una grande foto di militari che scavano.

Nella prima corrispondenza si trova infatti un'intervista al generale Mario Rossi, comandante della divisione Mantova, dove si parla della possibilità, per gli sfollati, di resistere in inverno sotto le tende.171 Il secondo servizio, Nel Friuli è già domani,

esibisce la foto di un ufficiale degli alpini con la didascalia “un militare”, segno che l'esercito è percepito come una presenza fissa nei disastri.172

Qualche mese dopo, per i dieci anni delle alluvioni di Firenze e Venezia, il settimanale fa una serie di servizi in cui si denunciano il dissesto idrogeologico e l'incuria del

170 P. Capello, Terremoto in Sicilia, in "Gente", a.XI, 31 gennaio 1968, p. 20.

171Cenzino Mussa, Friuli il momento più difficile arriva adesso. Quanto può durare sotto la tenda? , in "Famiglia Cristiana", a.XLV, 3 giugno 1976, pp. 34-40.

172Giuliano Coacci e Vincenzo Maddaloni, Nel Friuli è già domani in "Famiglia Cristiana", a.XLV, 23 maggio 1976, pp.13-20.

territorio; il bilancio, nel novembre e dicembre 1976, viene aggravato dalle frane che colpiscono i comuni di Agrigento e Trapani, frutto della lottizzazione selvaggia e dell'abusivismo edilizio permessi da una classe politica che ha badato ad arricchirsi illecitamente, permettendo l'elusione dei controlli.173

In questi articoli, che denunciano l'incuria del territorio e la speculazione edilizia e, quindi, non parlano dei soccorsi e dei militari, è interessante notare come questi vi compaiano, senza alcuna correlazione con l'argomento del servizio. In sostanza, l'intervento dei militari nei disastri naturali diventa un corollario immancabile a questi servizi, e quindi l'esercito acquista una sua utilità.

La vita di guarnigione ha fatto sì che, anche nelle lettere dei lettori, il periodo del servizio militare venga visto come un anno perso durante il quale si rimanda il lavoro o il matrimonio. La percezione, poi, del servizio militare come di una serie di attività inutili accentua il senso di disagio dei giovani nell'affrontare la naja. L'uso di foto di militari di leva o di interviste ad essi quando sono coinvolti in operazioni di soccorso certamente ha un effetto positivo nel rendere, tutto sommato, utili ed accettabili le forze armate.174

Irpinia 1980

Il terremoto in Irpinia del 1980 si è portato dietro molte polemiche: il ritardo dei soccorsi e le condizioni di un territorio dove povertà ed incuria avevano fatto sì che, già al momento del terremoto, le condizioni delle abitazioni fossero precarie; ciò aveva aumentato a dismisura il numero delle vittime (quasi 3.000) e dei senzatetto (250.000). Il presidente Pertini, pochi giorni dopo il terremoto, denunciò il ritardo nei soccorsi e i giornali si riempirono di polemiche per il mancato coordinamento. Nel 1982, infatti, venne istituita la protezione civile con il compito di predisporre piani per l'emergenza e coordinare le attività di soccorso. "Famiglia cristiana" si occupa quindi soprattutto delle polemiche, e i militari restano solamente uno sfondo iconografico. Non vi sono interviste ai militari di leva né si parla del ruolo dell'esercito come protezione civile, anche se vi sono due interviste interessanti: la prima al capo di Stato Maggiore dell'esercito Eugenio Rambaldi, che giustifica il ritardo dei soccorsi declinando ogni

173Cfr G. Crainz, Il paese mancato, Donzelli, Roma 2005.

174Vincenzo Maddaloni, Dopo tante speranze la ferita si è nuovamente aperta. Adesso piangono anche

gli uomini in "Famiglia Cristiana", 3 ottobre 1976, sulle alluvioni di Venezia e Firenze del 1966; Cenzino

Mussa Si cercano le responsabilità per la sciagura di Trapani. Possibile che la colpa non sia mai di

nessuno?, in "Famiglia Cristiana", 5 dicembre 1976 pp.53-56; foto di militari che scavano in un trafiletto

non firmato a pagina 79 di "Famiglia Cristiana" del 19 dicembre 1976; Vincenzo Maddaloni, Non

responsabilità per quanto riguarda l'operato dell'esercito; la seconda, sullo stesso tema è al ministro dell'Interno Rognoni, le cui dimissioni, all'indomani del disastro, furono respinte da Pertini.175 Il grosso dei soccorsi, infatti, giunse in Irpinia solo cinque giorni

dopo la tragedia, a causa della difficile conformazione geografica del territorio, della mancanza di infrastrutture, ma anche del mancato coordinamento delle operazioni di soccorso. Questo, come abbiamo visto, ha portato ad accelerare la nascita della protezione civile, una istituzione che si occupava del coordinamento dei soccorsi.

Oltre all'intervista al capo di stato maggiore dell'esercito, i militari appaiono solo come immagini: vi sono ospedali da campo e militari, ma non la voce dei soldati di leva che spalano, nemmeno nell'articolo immediatamente successivo al terremoto Storie e uomini dal paese del disastro.176

Nella ricognizione di alcuni disastri naturali nei vari settimanali si comprende come anche qui la visione dei militari sia in qualche maniera convenzionale, e riporti quello che il pubblico si aspetta in questi casi: dei soccorritori non di professione che adempiono al loro compito con professionalità e che, essendo in divisa, sono parte del paese e contribuiscono all'immagine positiva dello stesso. L'identificazione tra soccorsi e militari prima del 1982, e della nascita della protezione civile, è infatti così forte che ogni servizio ha almeno una foto di essi, anche se poi questi non vengono menzionati nell'articolo.

Casalecchio di Reno 1990

Tra i disastri, ve ne è però uno che fece scalpore alla fine del 1990: la strage di Casalecchio di Reno. Il sei dicembre 1990 un aereo militare, un Aermacchi 326 pilotato dal tenente Bruno Viviani, per un guasto meccanico si schiantò su una scuola di Casalecchio, l'istituto tecnico-commerciale “G. Salvemini”, uccidendo sul colpo 12 dei 16 alunni della classe 2A, e ferendo gravemente gli altri 4 e l'insegnante in servizio. In seguito il carburante nel serbatoio si incendiò, causando un incendio e l'intossicazione di molti alunni dell'istituto e invalidità permanente per 84 di loro.

Il processo lasciò una scia di polemiche in quanto il pilota, che si eiettò dall'aereo ingovernabile senza averlo prima tratto fuori dal centro abitato, e gli ufficiali 175Cenzino Mussa ,intervista al capo di Stato Maggiore dell'Esercito in "Famiglia Cristiana", a. XLIX, 14 dicembre 1980 e interviste sul dopo terremoto in Irpinia in "Famiglia Cristiana", a. LI, 8 novembre 1981, pp. 200-204.

176Franca Zambonini, Cenzino Mussa, Storie di uomini nei paesi del disastro. Il mese più lungo del

responsabili dell'esercitazione e della torre di controllo di Verona, furono condannati in primo grado e poi assolti in appello. Lo stato, però, difese l'aeronautica e non la scuola e le vittime, lasciando ai familiari di queste una sensazione di abbandono. Il pilota non perse la sua idoneità al volo e continuò la sua carriera in aeronautica. La tragedia fece scalpore e, poco dopo l'MB 326 venne ritirato dalle linee operative perché giudicato poco sicuro.

La visione dei settimanali (“Gente” e “Famiglia Cristiana”) dell'avvenimento è simile e cerca, più che di far luce su cause e responsabilità, di offrire un pezzo di costume con testimonianze dell'accaduto: interviste ai familiari e agli insegnanti superstiti, ma non si parla del pilota e, si dice solo che ha avuto un collasso quando ha sentito di avere causato la strage, come detto nell'articolo di “Gente”.177 Sembra quindi che non vi sia

nessuna accusa all'istituzione militare, nemmeno in questo caso, in sostanza la tragedia viene addebitata ad una tragica fatalità.

177Simonetta Pagnotta, La tragedia di Casalecchio di Reno: un aereo militare in avaria piomba contro

una scuola. Una classe distrutta, in "Famiglia Cristiana", a.LIX, 19 dicembre 1990, p. 52 . Il

settimanale intervista l'insegnante di religione dei ragazzi. Andrea Biavardi, La tragedia della classe

dell’istituto “Salvemini” di Casalecchio, sterminata dalla morte arrivata dal cielo. Avevo paura di tutto ma pensavo che mia figlia fosse al sicuro almeno a scuola, in "Gente", a. XXXIII, 27 dicembre

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