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In un quadro così eterogeneo ciò che preme qui sottolineare è la presenza di alcuni motivi, autori e modelli che più di altri incisero sul cammino di formazione personale e artistica di Venedikt Vasil’evič, tanto da venir poi in parte sviluppati in ipotesti di riferimento per le successive sue opere.

Innanzitutto,

7 Il catalogo Moja biblioteka (v. Appendice, p. 293), redatto a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, è utile per dare un’idea della quantità dei volumi presenti nella biblioteca di Erofeev (li lesse davvero tutti? Impossibile dirlo con certezza) nonché della vastità degli interessi dello scrittore limitatamente all’ambito letterario.

La letteratura russa

In un’intervista rilasciata a Igor’ Bolyčev, delle sue passioni letterarie lo scrittore raccontò quanto segue:

Ven. Erofeev: Da giovane mi innamoravo per ordine di tutti. Prima mi presi una cotta per Konstantin Bal’mont, poi dopo due mesi per Igor’ Severjanin, passati altri tre mesi per Andrej Belyj, e così via. Ero uno che si innamorava facilmente. […]

Igor’. Bolyčev: E qualcuno di questi innamoramenti giovanili si è trasformato in amore?

V. E.: Tutti, questo è il bello. Sono grato a tutti. La gente invece solitamente si sbarazza in fretta di coloro ai quali deve qualcosa. […] Io amo in modo totale ogni persona che, anche solo in parte, mi ha lasciato qualcosa. Siano pure Bal’mont e Severjanin: so che sono un po’ degli idioti ma io li amo comunque.

I. B.: E dove ha conosciuto i suoi innamorati?

V. E.: È avvenuto tutto quando ho iniziato il primo anno all’MGU [l’Università Statale di Mosca]. […]

I. B.: E chi considera suoi maestri?

V. E.: Ovviamente Saltykov-Ščedrin, Sterne, Gogol’, il primo Dostoevskij, eccetera eccetera… Ne potrei elencare moltissimi. Alla fine, però, anche Severjanin è stato un maestro, e persino Afanasij Fet. [AErofeev, Bolyčev 1989: 521]

Immancabili riferimenti sono i grandi maestri dell’Ottocento russo, da Gogol’ (“se non fosse esistito Nikolaj Vasil’evič non esisterei neanch’io come scrittore” [AErofeev, Tosunjan 1990: 5]) a Dostoevskij8: nelle opere di questi autori Erofeev vede in particolare la rappresentazione del “piccolo uomo”, di personaggi di irrimediabile banalità e volgarità umana, di non-eroi frustrati ed emarginati, di idioti derisi ma capaci di momenti di illuminazione.

Il primo esperimento realizzato dal piccolo Venja, ad appena cinque anni, a quanto pare imitava – come si è detto – le Memorie di un pazzo di Gogol’; nei diari dei primi anni Sessanta numerose sono invece le citazioni riprese da La mite, I demoni, Delitto e castigo, L’idiota, L’adolescente, opere attraverso le quali Venja riflette (mediante il filtro dostoevskiano) su temi quali la morte e il timore del nulla dopo di essa, la figura di Cristo, la sofferenza e la malattia [AZapisnye knižki

2005: 17-21].

Altro grande amore fu quello per gli autori dell’età d’argento. Già con la fine degli anni Cinquanta Venja si appassionò alla poesia di Konstantin Bal’mont (uno dei maggiori esponenti del decadentismo russo dal ricercato virtuosismo formale), di Igor’ Severjanin (l’eccentrico egofuturista “re dei poeti” inviso a Majakovskij e noto per i suoi versi arditi e spesso volgari), dei poeti simbolisti (Aleksandr Blok e Andrej Belyj in particolare) e ancora di Saša Čërnyj (pseudonimo letterario di Aleksandr Glikberg, poeta satirico vissuto tra Otto e Novecento). A lui Erofeev dedicò un breve racconto datato Natale 1982 dal titolo Saša Čërnyj i drugie (Saša Čërnyj e gli altri):

8 Ricordo qui solo alcuni dei numerosi contributi a proposito dei richiami alla poetica gogoliana e dostoevskiana in

я влюблен во всех этих славных серебрянновековых ребятишек, от позднего Фета до раннего Маяковского, решительно во всех, даже в какую-нибудь трухлявую Марию Моравскую, даже в суконно-кимвального Оцупа. А в Гиппиус – без памяти и по уши. Что до Саши Черного – то здесь приятельское отношение, вместо дистанционного пиетета и обожания. Вместо влюбленности – закадычность. И “близость и полное совпадение взглядов”, как пишут в коммюнике. [ASaša Čërnyj 1991: 316]

io sono innamorato di tutti questi bravi ragazzi dell’età argentata, dall’ultimo Fet al primo Majakovskij, decisamente di tutti, perfino di una tarata come Marija Moravskaja, perfino di uno sbiadito-lisciato come Ocup. Della Gippius, poi, sono cotto alla follia e fino alla punta del naso. Per quanto concerne Saša Černyj va detto che con lui ho un rapporto di buona amicizia, al posto della venerazione e adorazione a distanza. Al posto dell’amore c’è l’amicizia per la pelle. E “vicinanza e piena coincidenza dei punti di vista”, come scrivono nei comunicati stampa.

Tra gli “innamoramenti giovanili” vi sono poi Daniil Charms (narratore di “casi” paradossali), Nikolaj Zabolockij (con i versi grotteschi del suo mondo “bislacco e stralunato” [CRipellino 1954: XCIII]), Nikolaj Olejnikov (portatore di molteplici maschere dalla funzione parodizzante) e i poeti oberiuty. In questi autori e più in generale nelle avanguardie letterarie di inizio secolo Erofeev trovò esempi brillanti di utilizzo dell’elemento satirico e assurdo, nonché alcune soluzioni linguistiche sperimentali che lo entusiasmarono.

Non solo. Venja sentì questi prosatori e poeti affini al proprio modo di pensare e di vivere: sono figure scivolate in secondo piano nella storia letteraria per uno stile di vita e una poetica non convenzionali; sono autori non canonici né canonizzati, anzi spesso messi al bando (prima in età zarista poi in Unione Sovietica) che incarnano talvolta i caratteri tipicamente russi dello

jurodivyj, dello strannik o del čudak. È proprio a questi outsider nella letteratura e nella vita che

Erofeev guarda con maggior affetto: non-eroi ‘fratelli’ e compagni di viaggio.

Per tutta la vita non ha fatto che leggere e leggere. Era capace di starsene dei mesi seduto alla Biblioteca di Storia, e la sua capacità di apprendere era straordinaria. Non leggeva però tutto indistintamente. Aveva un impulso selettivo molto marcato: non ha letto un sacco di cose comuni, ad esempio non credo che abbia mai riletto Anna Karenina. Non so se l’abbia mai interessato. Andava sempre a caccia, come un segugio, del “suo”. [Murav’ëv, BNeskol’ko monologov 1991: 90]

Erofeev trovò il “suo”, la propria “anima gemella” [Sedakova, BNeskol’ko monologov 1991:

101], in Vasilij Rozanov, forse lo scrittore da lui sopra tutti amato (i cui lavori, anch’essi proibiti in epoca sovietica, Venja conobbe in versioni diffuse nel samizdat). Se tra le protagoniste donne un posto di primo piano nell’olimpo delle passioni erofeeviane spettava alla sovversiva ed eretica poetessa simbolista Zinaida Gippius (“l’amo sia come poeta che come persona” [AErofeev, Tosunjan 1990: 5]), tra gli scrittori uomini non v’erano dubbi:

Comunque Vasilij Rozanov. Finalmente ora cominciano a capirlo. Io posso vantarmi di essere stato il primo a considerarlo in un momento in cui si aveva addirittura paura a parlare di lui. Ho letto alcune delle sue Foglie cadute. Molti letterati moscoviti ora scrivono su temi tratti dalla storia russa, sulla morale, sul destino del paese… Gli ho fatto capire che Rozanov oltre mezzo secolo prima di loro ne aveva parlato in maniera assai più vasta e chiara. [AErofeev, Tosunjan 1989: 513]

La personalità enigmatica e dissacrante ma al tempo stesso profonda e inquieta di Vasilij Rozanov, la sua morale spesso paradossale e la libertà dal senso del decoro e dalle convenzioni incantarono Venedikt Erofeev: dell’intensa sintonia spirituale che lo legò al filosofo resta una vivida traccia nel racconto del 1973, pubblicato con il titolo Vasilij Rozanov glazami ėkscentrika, in cui il nostro autore dialoga e si confida proprio con il suo pensatore più amato9.

La religione cristiana

Una parte consistente delle letture di Erofeev è dedicata poi a tematiche di tipo religioso: oltre alla Bibbia, testo – come già sottolineato – fondamentale per Venedikt, si inseriscono in questo filone scritti di teologia e storia della religione, approfondimenti sulla figura di Cristo e sul Cristianesimo, vite di santi, opere dei padri della chiesa, articoli di riviste ecclesiastiche, riflessioni di sacerdoti cattolici o di pastori protestanti contemporanei.

Erofeev si interessò agli scritti del riformatore tedesco Martin Lutero e alle opere più tarde di teologi dell’Otto e Novecento come Karl Barth, Domenico Mondrone, Walter Nigg, Arthur Prior. Tra le annotazioni nei diari vi sono poi frammenti tratti da articoli della «Civiltà cattolica», organo della Compagnia di Gesù, e del «Žurnal Moskovskoj patriarchii», Rivista del Patriarcato moscovita, unico strumento di stampa consentito alla chiesa ortodossa in età sovietica.

A conoscenza del pensiero dei primi filosofi cristiani (le cui opere spesso non erano ancora state tradotte in lingua russa) Venja giunse attraverso la mediazione di Ludwig Feuerbach: del pensatore bavarese lesse Das Wesen des Christentums (L’essenza del Cristianesimo, 1841), un testo chiave dell’ateismo moderno che offriva un’interpretazione antropologica della religione (orientata all’uomo e alla sua natura terrena) nonché una critica radicale al teismo e al dogmatismo. Attraverso quest’opera, la cui circolazione era permessa nell’atea Unione Sovietica,10 Erofeev recuperò le riflessioni di importanti figure della storia cristiana, altrimenti difficili da rintracciare.

Frammenti dagli scritti degli apologeti greco-antichi Clemente Alessandrino e Origene, dello scrittore Tertulliano, del filosofo romano Boezio, dei santi e padri della Chiesa Ambrogio, Agostino, Girolamo, Giovanni Damasceno, e ancora del frate domenicano e maggior filosofo medievale della Scolastica Tommaso d’Aquino: i quaderni d’appunti di Erofeev della prima

9 Per un approfondimento sull’interesse di Erofeev per Rozanov rimando al capitolo 7 [infra, p. 202].

10 Le opere di Feuerbach, che in Russia erano state date alle stampe già alla fine dell’Ottocento e nel primo decennio del Novecento, vennero riedite nel 1955 presso le edizioni Gospolitizdat nella raccolta in due volumi Izbrannye

metà degli anni Sessanta contengono numerosi passi recuperati alla lettera da Feuerbach, in particolare da citazioni riportate nelle note a piè di pagina.

Климент Александрийский. […] Очень хорошо: «Поэтому из всех наук самая ценная и важная – самопознание, ибо кто познал самого себя, познал и Бога». «Кто ищет Бога, тот заботится о своем собственном спасении». [AZapisnye knižki 2005: 37]11 Иоанн Дамаскин. Последний из Могикан. У меня под рукой слишком мало извлечений из его «Orthod. fidei». В основном – о Христовом «завете невинности»:

«Безбрачие есть подражение ангелам» (Orth. f. lib. IV, c. 25). [ivi, 63]12

Фома Аквинский. О людских узах: «Душа наслаждающаяся исключительно богом, все-таки блаженствует, даже если она не имеет возле себя ближнего, которого она любила бы». [ivi, 43]13

Clemente Alessandrino. […]

Molto bene: “Perciò conoscere se stessi è l’insegnamento più prezioso e importante fra tutti. Infatti chi ha conosciuto se stesso ha conosciuto anche Dio”. “Chi cerca Dio si preoccupa della propria salvezza”.

Giovanni Damasceno. L’ultimo dei Mohicani. Ho sottomano troppo pochi estratti dal suo Orthod.

fidei. Principalmente sull’“insegnamento d’innocenza” di Cristo:

“Rimanere celibi significa imitare gli angeli” (Orth. f. lib. IV, c. 25).

Tommaso d’Aquino. Sui vincoli tra gli uomini. “L’anima che gode esclusivamente di Dio è comunque beata, pur non avendo accanto a sé nessuna delle persone che ama”.

L’essenza del Cristianesimo venne dunque utilizzato come testo per conoscere altri testi, come

raccolta dalla quale estrapolare particolari utili alla propria riflessione.

Erofeev tradisce un interesse profondo per il dibattito religioso e le dinamiche teologiche e una conoscenza di questi temi sorprendente per il clima dell’epoca: forse più che nella conoscenza a memoria della Bibbia è proprio in questo studio della storia religiosa, delle sue principali tendenze e dei suoi protagonisti, che si manifesta il desiderio vivo dello scrittore di indagare le radici della cultura cristiana.

Poesia, prosa, religione, ma anche storia e filosofia: il quadro delle letture erofeeviane risulta assai composito. In questa vastità d’interessi Venedikt Erofeev cercò comunque di ‘fare ordine’, ovviamente a proprio modo, e di compattare il ‘magma informe’ di saperi e suggestioni in un unico luogo – i suoi diari, i zapisnye knižki.

11 Entrambe le citazioni da Clemente Alessandrino sono tratte da due note inserite da Feuerbach rispettivamente nel secondo e nel ventesimo capitolo de L’essenza del Cristianesimo: CFejerbach 1955b: 43, 220.

12 Questa citazione è presente in una nota del capitolo diciottesimo: CFejerbach 1955b: 199.

CAPITOLO 4

L’organizzazione del sapere nei

zapisnye knižki

Venja se ne stava disteso, appoggiando la sua testa arruffata sul pugno della mano, e scriveva qualcosa. Quando vide me e Vadja, si affannò in maniera insolita, spinse il quaderno su cui stava scrivendo sotto il cuscino e con un sorriso imbarazzato si alzò e ci venne incontro. [Avdiev,

BNeskol’ko monologov 1991: 104]

Un lettore vorace ma non per questo privo di spirito critico e selettivo, dotato di una memoria tale da poter fissare ogni minimo dettaglio ed evento; un eterno studente che sognava di starsene tutta la vita a leggere in una biblioteca. A questo ritratto si accompagna un altro fotogramma di Erofeev che lo ritrae mentre scrive continuamente qualcosa su un quadernetto, secondo una particolare tendenza alla catalogazione e all’organizzazione sincretica del sapere.