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Il cambiamento nei consumi in Italia

Partendo dall’Italia del dopoguerra, troviamo un Paese stremato sia dal punto di vista economico e sociale, sia dal punto di vista infrastrutturale, con un sistema produttivo duramente colpito e una società gravemente danneggiata dalla povertà. Non dobbiamo dimenticare infatti che lo stivale fu uno dei Paesi maggiormente colpiti dal conflitto bellico.

Da questo momento di drammatico lascito della Seconda Guerra Mondiale, il Paese si ritrovò a dover ripartire. Una ripartenza che ebbe un avvio tentennante, infatti, l’accesso al cibo si rivelò un’operazione molto più complessa del previsto. Lo Stato, attraverso degli organi provinciali e comunali si impegnò a riorganizzare l’approvvigionamento delle derrate alimentari e alla distribuzione degli aiuti, in maggior parte proveniente dagli Stati Uniti, i quali importarono in Italia nuovi cibi, come: la Coca Cola, i crackers, le gomme da masticare, la carne in scatola, …

Fino agli anni Cinquanta i cittadini italiani lottarono per la sopravvivenza, condizionati dalla paura per la fame e la lotta per il cibo. Sono gli anni a seguire che portano l’Italia a fare un balzo in avanti, sviluppandosi e modernizzandosi e portandola ad un’epoca di benessere a livello alimentare.

2 Recordati, G.B.P. (2014/2015). The food industry: history, evolution, and current trends. Department of Business and Economics. https://tesi.luiss.it/15698/1/177941.pdf

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I fattori che portarono a questa evoluzione furono essenzialmente tre3: il primo inerente alla crescita dei consumi delle famiglie italiane negli anni del cosiddetto “miracolo economico”, il secondo aspetto era il ritmo del processo di sviluppo e modernizzazione della società italiana ed infine la radicale trasformazione della bilancia alimentare, con un’esponenziale crescita delle importazioni di carne. In particolare, è da sottolineare che la crescita dei consumi, tra cui quelli alimentari, era caratterizzata da un’ascesa senza precedenti, infatti, tra il 1951 e 1970 i consumi alimentari crebbero di due volte e mezzo.

Fu nei decenni successivi che si verificò un significativo rallentamento dovuto alla crisi e all’inflazione, con prezzi quattro volte superiori, tornando ai livelli precedenti solo a ridosso degli anni Novanta.

In questi anni, più precisamente tra il 1951 e il 1983, si verificò un aumento sensibile della quantità degli alimenti nei consumi delle famiglie italiane, in parallelo a questo incremento quantitativo avvenne un cambiamento anche sulla qualità della dieta, con:

la stabilizzazione del consumo dei cereali, la progressiva affermazione della pasta, la crescita esponenziale dei consumi di carne bovina, suina e avicola e non solo. Vi fu anche l’aumento del consumo di ortaggi, di latte, di zucchero, di olio d’oliva e di semi, di pesce fresco e conservato. Il granoturco, alimento che aveva costituito per anni un alimento di base, iniziò a scomparire, assieme ad una progressiva riduzione di altri cibi caposaldo dell’alimentazione rurale e povera come: il lardo, lo strutto, i legumi secchi, le patate e il riso, ma al contempo emersero nuovi alimenti come la birra e l’olio di semi.

Da queste innovazioni ne risultò un intreccio tra una dieta di stampo europeo, dall’alto tasso di proteine animali e una di stampo “mediterraneo”, ricca di pasta, frutta e verdura. In aggiunta, furono gli anni Ottanta che segnarono un mutamento considerevole delle abitudini alimentari dei consumatori italiani, passando da cittadini alla continua ricerca dell’abbondanza, a consumatori maturi, orientati alla qualità, alla varietà e alla leggerezza, ovvero una maggiore attenzione ai cibi salutari. Aumentano quindi di importanza alcuni alimenti come: pesce, bevande, frutta e verdura e come

3 Alberto De Bernardi, “I consumi alimentari in Italia. Uno specchio del cambiamento”, p. 11 https://www.academia.edu/19559901/I_consumi_alimentari_in_Italia_Uno_specchio_del_cambiament o

conseguenza ne ebbero un ridimensionamento altri come: pane, cereali, latte, formaggi e uova.

La trasformazione delle abitudini alimentari determinò, oltre ad un aumento delle importazioni, anche la crescita della produzione interna, accompagnata da una riorganizzazione produttiva del Paese. Con la progressiva industrializzazione dell’Italia, anche il settore alimentare iniziò ad essere meccanizzato e a erodere progressivamente sempre più terreno alla preparazione domestica dei cibi, con l’introduzione di piatti pronti e surgelati accompagnati dalla diffusione domestica dei metodi di riscaldamento degli alimenti, come i forni a microonde che caratterizzarono gli anni Ottanta.

Se negli Stati Uniti primeggiava il fast food, in Italia nel 1986 l’enogastronomo Carlo Petrini lanciò un grido di allarme per portare un messaggio di riscoperta del “buono, pulito e giusto”, il che stava ad indicare il far convivere il gusto, che oltre alla qualità dell’alimento doveva evocare emozioni, territorialità, memorie, identità, ecc. La sua voce rilanciò l’idea di autenticità e differenziazione, rifiutando un sistema industrializzato per tornare alle origini, la terra.

Anche la filiera alimentare, come molti altri settori, fu duramente colpito da scandali, come quello del vino al metanolo o quello della “mucca pazza” (per citarne alcuni).

Questi avvenimenti ebbero degli effetti anche sul consumatore, rendendolo più esigente. Le aziende furono obbligate ad esporre maggiori informazioni sui loro prodotti e, al contempo, si svilupparono su tutto il territorio nazionale piccole imprese che promuovevano i cosiddetti “mercati della terra”, legati al territorio e acquistati direttamente dai contadini o dalle aziende produttrici. Il successo di queste piccole attività è stato determinato anche da nuovi orientamenti e comportamenti di consumo e di acquisto dei consumatori. In effetti, attualmente il settore del commercio al dettaglio, assieme alla GDO (Grande Distribuzione Organizzata) è la principale forma di vendita, seguita da altre modalità che operano in maniera non tradizionale e che sono in continua crescita, in particolare la distribuzione automatica e le vendite attraverso internet (l’e-commerce).

Un ritorno al locale, in un mercato globale.