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Il campo lessicale di ‘tempo’ in EQ4

8. Conclusioni

8.2 Il campo lessicale di ‘tempo’ in EQ4

La lingua settaria di Qumran mostra una profonda riorganizzazione del paradigma lessicale, che trova ragione in un totale mutamento di prospettiva rispetto all’ebraico di Ben Sira. La dimensione etica attraverso cui il tempo è osservato cede il passo ad una prospettiva eminentemente escatologica, che mostra cesure e continuità rispetto alla letteratura apocalittica.404 La storia è suddivisa in periodi

disposti in una sequenza preordinata da YHWH. L’attesa del periodo di redenzio- ne finale soggiace a ciò che precede, ovvero tutti i periodi precedenti devono compiersi insieme alla complessa serie di eventi loro connessa, perché la storia possa giungere al suo termine prestabilito. A differenza di quanto è possibile rile- vare nei libri di Enoch e dei Giubilei, il corpus settario non sembra mostrare pecu- liare interesse per il calcolo esatto della durata di tali periodi, ovvero per una sud- divisione della storia in unità di tempo quantificabili.405 L’attenzione si sofferma,

piuttosto, su lunghi periodi, la cui estensione resta indefinita.406 Ciononostante,

404 Cfr. Licht (1965); Ben-Dov (2016: 298-303).

405 Le due opere citate fondano le rispettive cronologie sulle unità עובש “periodo di 7 anni” e

יו ב

ל “periodo di 49 anni (7 םיעובש)”. Il libro dei Giubilei è citato in CD 16:2-4 con il suo probabile titolo originale: םהיעובשבו םהילביול םיתעה תוקלחמ רפס. A Qumran sono state rinvenute almeno 14 copie frammentarie del testo, dato che attesta l’importanza che l’opera doveva avere per la comunità. Cfr. Licht (1965b: 178-180); VanderKam (2000b: 434-435).

406 In CD 1:5 leggiamo che il וןרחץק è in corso a 390 anni dalla caduta di Gerusalemme ad

opera di Nabucodonosor, quando sorge la comunità. Risulta chiaro che tali epoche sono misurate in anni, ma la loro durata esatta non è resa esplicita. Cfr. Collins (2000: 259).

l’aspetto durativo del tempo acquisisce sempre maggior spazio in EQ4 rispetto ad EBS, estendendosi dalle unità calendariali ( יום , חש , שד ה ), cui nelle fasi linguisti-נ che precedenti era in gran parte relegata, agli intervalli indefiniti ( קץ , עת , דעומ). Del resto, intervalli la cui durata non sia percepita come rilevante non possono co- stituire le componenti in cui la storia è suddivisa.

Per denotare tali periodi, la lingua settaria impiega primariamente il lessema ק

ץ , al quale attribuisce due nuovi significati: “(periodo di) tempo” e “era, epoca”. Le unità lessicali קץ 2 e קץ 3 costituiscono le pietre angolari sulle quali si erige la

nuova concezione del tempo. קץ 3 rappresenta le grandi ripartizioni della storia del-

la comunità e sostanzia la speculazione escatologica settaria che scorge nel pro- prio passato, presente e futuro una successione preordinata di epoche, che proce- dono ineludibilmente verso la Fine dei Giorni, teatro dello scontro tra i Figli della Luce e i Figli delle Tenebre, e, infine, verso l’epoca finale di redenzione. In tale contesto le fasi prestabilite per la guerra o per il castigo divino assumono rinnova- ta importanza. Questa volta la lingua settaria altera il significato di uno dei lesse- mi afferenti al campo già nelle fasi linguistiche precedenti dell’ebraico antico dando vita all’unità lessicale דעומ3, per la quale la durata dell’intervallo denotato

diviene saliente. דעומ3, infatti, individua uno dei םיצק in cui la storia si suddivide e

lo “rilegge” sul piano qualitativo attribuendogli carattere di predeterminazione, che risulta centrale nella speculazione escatologica settaria.

Naturalmente, l’attesa escatologica non si esaurisce nella progressione lineare ed unidirezionale della storia. Lo yaḥad esperisce il tempo in una quotidianità scandita dal rito,407 le cui fasi e i cui contenuti sono predeterminati e regolati in

dettaglio. Ogni atto rituale ha il suo קץ 2 predeterminato, ovvero un דעומ3. Tali

מ ו ע ד י

ם sono connessi con il tempo ciclico della natura ed alcuni acquisiscono ca- rattere festivo (דעומ4). Contrariamente a quanto osservato nella lingua di Ben Sira,

407 Cfr. 1QpHab 7:10, in cui l’תמאהתדובע degli הרותה י שו è posta in diretta relazione con il ע

la durata di questi intervalli acquista rilevanza, nella misura in cui hanno un inizio e una fine e compongono la sequenza lineare che per gradi conduce alla Fine.

In tale sistema la dimensione etica dell’azione centrale in Ben Sira recede in secondo piano. L’opportunità di un momento perde salienza al punto che EQ4 non avverte più la necessità di distinguere un’unità lessicale specifica ( עת 2). Né si rile-

va un processo di sostituzione che coinvolga un altro membro del campo lessicale. L’unico tratto semantico sul quale l’opposizione tra lessemi relativa alla qualità del tempo risulti ancora funzionale è il sema predeterminato, poiché la sequenza di tempi — ed eventi — è parte del piano preordinato di YHWH. Tale è la sola qualità del tempo che desti interesse nei membri dello yaḥad.

L’assenza di זן dalla lingua settaria è interessante. Al riguardo EQ4 si distin-מ gue e dall’ebraico biblico tardo e dall’ebraico mishnaico, in una fase in cui il pro- cesso di graduale sostituzione dell’ebraico ad opera dell’aramaico era irreversibi- le. Dunque, è ragionevole supporre che l’assenza del lessema — e più in generale di tutti i prestiti dall’aramaico — sia frutto di una scelta linguistica deliberata, che trova ragione nella volontà dello yaḥad di definire la propria identità in netta con- trapposizione con quella allora dominante.408

L’analisi del campo lessicale nelle due lingue funzionali selezionate rivela due concettualizzazioni del tempo, che mostrano alcuni punti di contatto, ma che in ultima istanza seguono percorsi specifici. Per entrambe abbiamo rilevato, infat- ti, come gli aspetti ciclici del tempo insistano sulla sua natura lineare. Il tempo sa- cro non esiste al di fuori della storia, ma ne costituisce un’ulteriore declinazione, che pone in luce alcuni aspetti fondamentali nella definizione dell’identità di gruppo.

Tuttavia, in Ben Sira l’agire umano è osservato nella sua dimensione etica. Ad ogni azione corrisponde un momento appropriato e compito del saggio è indi-

408 Cfr. Schniedewind (1999) per l’ebraico di Qumran come “anti-lingua”. Si tenga presente

che Schniedewind non distingue una lingua settaria da una non-settaria nei testi rinvenuti nei pressi del Mar Morto. Cfr. Zanella (2009: 26-27), il quale sostiene che il concetto di anti-lingua possa applicarsi al solo EQ4.

viduare tali momenti ed operare coerentemente. Per lo yaḥad la storia è interpreta- ta come una serie di epoche, la cui sequenza è preordinata e che procedono ineso- rabilmente nella direzione loro impartita.

D’altra parte, occorre notare che gli strumenti lessicali elaborati rispondono a molteplici esigenze espressive. Affermare che la setta guardasse al tempo in ter- mini di predeterminazione, non implica che ogni sua partizione, sebbene ugual- mente predeterminata in ultima istanza, sia costantemente osservata attraverso ta- le lente. Non ogni intervallo è considerato in tale prospettiva, fatto che si traduce in una serie di unità lessicali non tutte dotate del corrispondente tratto distintivo.

ק

ץ non denota intervalli predeterminati. Né affermare che in EBS il tempo si de- clini in una dimensione eminentemente etica implica che עת possa solo riferirsi al “momento giusto” e che in ogni sua istanza tradisca la sua natura primaria di mo- mento appropriato.

Se, dunque, vi è una corrispondenza tra lingua e strutture di pensiero, essa non è univoca o lineare, ma sempre complessa e molteplice. Perché questo tipo di analisi possa avere un impatto significativo nella ricostruzione del pensiero e della cultura di un gruppo, occorre portare alla luce tale complessità e non piegarla a modelli precostituiti.

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