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Data: maggio 2016

Segnalamento: cane, razza carlino, maschio intero, 2 anni di età. Stile di vita/attitudine: indoor + outdoor

Provenienza: Lombardia (Varese).

Anamnesi: il paziente presentava cistiti ricorrenti.

Diagnostica di laboratorio: in occasione della visita viene effettuato un esame delle urine, le quali macroscopicamente apparivano color giallo intenso e di aspetto semi torbido. L'esame chimico ha rilevato un leggero aumento del ph urinario (8) e delle proteine (tracce). L'esame del sedimento ha evidenziato abbondanti leucociti (200 hpf), eritrociti (5hpf) in associazione a cristalli di struvite (2+) e cellule epiteliali (2+), (Tabella 5). Inoltre nel sedimento è stata evidenziata la presenza di rare uova di nematodi che per la forma ovalare e le dimensioni (35 µm X 22 µm) sono state identificate come uova immature di P. plica (Figura 7).

Diagnosi: cistite e infestazione da Pearsonema plica.

Terapia: è stata impostata quindi una terapia che prevedeva Pantoprazolo 20 mg (1/3 di cpr sid), Clavaseptin 250mg (2/3 di cpr ogni 12h), Antepsin compresse 1g (1/4 cpr ogni 8h), Flagyl 250mg (1/5 cpr ogni 12h) e Panacur 250 mg (1 + 1/2 cpr sid per cinque giorni).

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Tabella 5- Esame urine cane Carlos.

Data Ph PS Proteine Sedimento Parassiti 30/05/16 8 1030 + WBC 200 hpf RBC 5 hpf cellule epiteliali ++ cristalli di struvite ++ Uovo immaturo di P. plica

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VOLPI

Data: 2015-2017

Segnalamento: volpi rosse (Vulpes vulpes), 31 maschi e 11 femmine. Stile di vita/attitudine: outodoor

Provenienza: Toscana (provincia di Pisa).

Tra le volpi esaminate, 38/42 animali (90,5%) sono risultati positivi per la presenza di adulti di P. plica e di uova nella vescica urinaria. All'analisi microscopica dei parassiti è stato infatti possibile distinguere diverse caratteristiche morfologiche proprie di P.

plica. Gli adulti, sia maschi che femmine sono lunghi, sottili e le loro dimensioni

rientrano nei range di lunghezza e larghezza riportate in letteratura per P. plica (Levine, 1968). In particolare, il maschio misura in media 27,7 mm di lunghezza e 50 µm di larghezza, la femmina invece 43 mm di lunghezza e 62,4 µm di larghezza. Al microscopio ottico sono stati inoltre distinti i caratteri morfologici relativi di alcune strutture degli apparati riproduttori. Infatti nell'estremità caudale dei maschi si apprezzava lo spicolo di 2,2 mm di lunghezza e 15,6 µm di larghezza e le papille digitiformi circondate da un'ala caudale triangolare (Figura 8). In alcune femmine, invece, è stato possibile osservare l‘appendice vulvare esterna che in media misura156 µm di lunghezza e 33,8 µm di larghezza (Figura 9) e la presenza di uova disposte a collana di perle (Figura 10). Le uova isolate dal contenuto vescicale mostravano le caratteristiche morfologiche proprie delle uova mature di P. plica, erano cioè a forma di limone, incolori, con guscio con evidenti bozzellature ed una fitta tramatura e mostravano dimensioni comprese tra i 60- 68 µm di lunghezzza e i 24-30 µm di larghezza (Figura 11).

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Figura 8- Estremità caudale di un maschio adulto di Pearsonema plica. Si apprezza

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Figura 9- Appendice vulvare di una femmina adulta di Pearsonema plica. 10x

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DISCUSSIONE

L'obbiettivo principale di questo studio è stato quello di valutare le infestazioni sostenute da nematodi del genere Pearsonema e da altri nematodi urinari nei carnivori domestici. A tal fine sono stati esaminati principalmente cani e gatti con sintomi clinici riferibili ad un interessamento delle basse vie urinarie. Tra i 109 animali inclusi nello studio, la capillariosi urinaria causata da Pearsonema spp. è stata diagnosticata nell‘1,2% dei cani (1/83) e nel 7,7% dei gatti (2/26). Considerate le difficoltà di diagnosi in vita della capillariosi urinaria a causa di una incostante eliminazione di un basso numero di uova nella fase finale del ciclo del parassita e della frequente comparsa dei sintomi nel lungo periodo prepatente in cui le uova sono assenti (Senior et al., 1980; Callegari et al., 2010; Rossi et al., 2011; Basso et al., 2013; Mariacher et al., 2016), e considerato anche che di ciascun animale è stato analizzato un solo campione di urine, è probabile che le prevalenze osservate siano sottostimate. Dalla bibliografia consultata sembra che questo studio rappresenti il primo lavoro in Italia sui parassiti urinari dei carnivori domestici in cui sia stato esaminato un così ampio numero di animali.

Riguardo i casi clinici, il CASO 1 si riferisce ad un gatto di proprietà, con stile di vita sia indoor che outdoor e proveniente da un'area urbana (Pi). Il soggetto manifestava alterazione dei parametri urinari, sia all’esame delle urine che del sedimento urinario, con elevata proteinuria ed ematuria che ha consentito di formulare una diagnosi di cistite emorragica. Il riscontro di un frammento di una forma immatura o adulta presumibilmente riferibile a Pearsonema spp., ci consente di attribuire la cistite emorragica alla presenza del parassita in associazione ad un infezione batterica secondaria. La cistite ricorrente in associazione all'ematuria sono segni clinici delle basse vie urinarie che spesso si manifestano nei gatti colpiti da capillariosi urinaria,

44 che tendono a ripresentarsi qualora il trattamento non sia specifico. Inoltre è noto come questa parassitosi possa essere complicata da infezioni batteriche secondarie (Taylor et al., 2007). Nel gatto l’infestazione da Pearsonema sp. è infatti frequentemente riportata come responsabile di pollachiuria, disuria e cistite, talvolta emorragica (Bedard et al., 2002; Inforzato et al., 2009; Pagnoncelli et al., 2011).

Sulla base della bibliografia consultata, questo studio sembra rappresentare la prima segnalazione del riscontro di Pearsonema sp. e, più in generale, di nematodi in un campione urinario di gatto. La morfologia del frammento isolato e l’assenza di report di altri nematodi che potrebbero essere confusi con Pearsonema sp. localizzati ectopicamente nell’apparato urinario, ci ha condotti alla diagnosi di capillariori urinaria. A differenza del cane per il quale esistono report sulla localizzazione urinaria soprattutto di Angiostrongylus vasorum (Oliveira et al., 2004) e Dirofilaria immitis (Grimes et al., 2016), infatti, nel gatto non ci sono segnalazioni in cui siano state riportate localizzazioni ectopiche a livello vescicale di nematodi che interessano altri distretti corporei. L'assenza di uova nel sedimento urinario potrebbe derivare da diversi fattori, come per esempio uno scarso numero di uova presenti nelle urine, la loro eliminazione intermittente e la presenza di parassiti immaturi o “vecchi“ (Senior et al., 1980). Il gatto è stato sottoposto a un trattamento con fenbendazolo, un antiparassitario che in precedenti case report ha dimostrato la sua efficacia nel trattamento di questa malattia parassitaria (Van Veen L. 2002; Maurelli et al., 2014; Mariacher et al., 2016). Nonostante il soggetto esaminato viva in un ambiente urbano, l’abitudine del gatto a frequentare l’ambiente esterno potrebbe aver favorito la possibilità di incontro con ospiti intermedi o paratenici infetti presenti in un’area contaminata da uova e, quindi, l’infestazione del gatto di questo caso clinico.

Il CASO 2, a differenza del caso CASO 1, si riferisce ad un gatto di proprietà che non presentava alcun sintomo clinico di cistite. La presenza di uova nelle urine è da

45 considerare quindi un reperto incidentale. È noto infatti che nel gatto questa infestazione parassitaria frequentemente mostra un decorso asintomatico o sub-clinico passando così facilmente inosservata (Bedard et al., 2002; Inforzato et al., 2009; Pagnoncelli et al., 2011; Ramos et al., 2013). L'analisi del sedimento urinario di questo caso ha evidenziato la presenza di uova immature di Pearsonema spp. Pur essendo stata riportata nel cane in corso di infestazione da P. plica (Basso et al., 2014; Mariacher et al., 2016), questo riscontro rappresenta la prima segnalazione nel gatto. Questo risultato sottolinea le difficoltà diagnostiche di questa malattia parassitaria poiché le uova immature presentano caratteristiche morfologiche differenti rispetto alle uova mature e il loro riconoscimento risulta spesso non semplice. In questo caso infatti, è possibile notare come le uova isolate mostrino dimensioni inferiori e, soprattutto, la completa assenza degli opercoli ai due poli e un guscio esterno che si presenta più liscio e privo di bozzellature (Basso et al., 2013; Mariacher et al., 2016). Il CASO 3 riguarda un cane di proprietà con stile di vita sia indoor che outdoor. A seguito della visita clinica viene diagnosticato un quadro di cistite in associazione ad una presenza marcata di leucociti, moderata di eritrociti e di cristalli di struvite all'esame delle urine. In questo cane sono state isolate solo uova immature di P. plica. La presenza nel sedimento urinario di eritrociti, come nel CASO 1, sottolinea la capacità di questi parassiti di indurre lesioni nelle sedi di localizzazione (Van Veen L., 2002; Maurelli et al., 2014; Mariacher et al., 2016). La sintomatologia manifestata dal soggetto risulta sovrapponibile a quella riportata in diversi casi clinici della letteratura, infatti l'interessamento vescicale con conseguente cistite rappresenta un sintomo frequente nei soggetti infetti (Basso et al., 2014; Maurelli et al., 2014; Mariacher et al., 2016).

In merito alla prevalenza nei cani, ad oggi esiste un solo studio epidemiologico condotto negli Stati Uniti in cui sono stati esaminati 127 cani appartenenti a due canili

46 diversi ma tra i quali avvenivano scambi di animali, e in cui la frequenza dell'infestazione osservata (76%-59%) risultava poco attendibile anche secondo gli stessi autori (Senior et al., 1980). Pertanto, un confronto fra questi e i nostri risultati risulta quindi poco significativo.

Al contrario del cane, nel gatto domestico e selvatico la bibliografia risulta più ricca e approfondita. Infatti in Germania (Krone et al., 2008) P. plica e P. feliscati sono state isolate solo nei gatti selvatici con una prevalenza del 7%, mentre i 17 gatti domestici esaminati sono risultati negativi. In Australia (Wilson-Hanson et al., 1982) è stata osservata in gatti domestici una prevalenza pari al 18,3% negli animali di età superiore ai due anni. Infine, in uno studio condotto in Brasile (de Souza Ramos et al., 2012) il 3,4% circa dei gatti randagi esaminati è risultato positivo per P. feliscati. In questa indagine la prevalenza della capillariosi urinaria riscontrata nei gatti è stata del 7,7% che rappresenta una frequenza più elevata rispetto a quella riscontrata in altri Paesi. Inoltre, in questo studio la capillariosi è stata diagnosticata solo in due gatti delle provincie di Pisa e Livorno ciò potrebbe indicare una più elevata probabilità di infestazione nei gatti di questa area.

In merito alla prevalenza riscontrata nelle volpi, in questo studio (90,5%) è stato possibile invece confrontare il risultato ottenuto con quello di un altro studio che ha esaminato volpi di Liguria e Piemonte in cui il 56,8% degli animali esaminati è risultato positivo (Magi et al., 2015). Pertanto, i dati ottenuti in questo lavoro sembrano indicare che nelle volpi della provincia di Pisa la prevalenza della capillariosi urinaria sia più elevata rispetto ad altre aree italiane e confermano l’importante ruolo di serbatoio di P. plica svolto da questo carnivoro selvatico.

La colonizzazione delle aree urbane e periurbane da parte delle volpi osservata in tutta Europa, determina pertanto un aumento del rischio di infestazione nei cani e gatti, soprattutto se questi ultimi hanno la possibilità di contatto con l’ambiente esterno.

47 In conclusione, i risultati ottenuti in questo studio forniscono nuove informazioni sulla capillariosi urinaria nel cane e nel gatto. In particolare i dati ottenuti sembrano indicare una più elevata frequenza del riscontro di questa infestazione nei gatti rispetto ai cani, questi dati devono essere però confermati con ulteriori studi. Inoltre, sia nel gatto che nel cane, dai risultati ottenuti la capillariosi urinaria sembra essere spesso causa di cistite associata ad ematuria negli animali sintomatici. I risultati ottenuti confermano anche le difficoltà diagnostiche di questa patologia in quanto in tutti gli animali positivi è stata evidenziata la presenza di uova immature sia nel cane che, per la prima volta, anche nel gatto oppure di frammenti di parassiti eliminati con le urine di soggetti sia sintomatici che asintomatici. È auspicabile pertanto che il campione urinario sia esaminato da personale esperto e anche che in futuro vengano effettuati ulteriori studi finalizzati alla ricerca di nuovi metodi diagnostici di questa infestazione. Queste considerazioni associate al costante aumento del fenomeno dell'inurbamento da parte di animali selvatici serbatoi, sottolineano l’importanza di includere questa malattia parassitaria nella diagnosi differenziale delle cause di patologie urinarie, soprattutto nei cani e, in particolre, nei gatti di proprietà che hanno uno stile di vita anche outdoor, che sono affetti da patologie croniche o ricorrenti o che non rispondono ai trattamenti farmacologici a base di antibiotici o antinfiammatori.

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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio anzitutto la mia relatrice, la Prof.ssa Stefania Perrucci, per l’aiuto sempre attento e precisissimo che ha saputo darmi, per la competenza con cui mi ha indirizzato nelle occasioni di dubbio e per la pazienza davvero biblica che ha dimostrato nei miei confronti durante tutto il periodo di preparazione di questa tesi.

Un dovuto ringraziamento alla Dott.ssa Francesca Riggio, per la sua disponibilità, gentilezza e professionalità dimostratami.

Ai miei genitori, a mia sorella e alla mia famiglia tutta, grazie ai quali sono la persona che sono e ai quali posso dire solo un sincero grazie.

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