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Capillariosi urinaria nei carnivori domestici e selvatici.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea in Medicina Veterinaria

TESI DI LAUREA

CAPILLARIOSI URINARIA NEI CARNIVORI

DOMESTICI E SELVATICI

Relatore

Stefania Perrucci

Correlatore Candidato

Francesca Riggio Salvatore Pelligra

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INDICE

RIASSUNTO ... 3

SUMMARY ... 3

INTRODUZIONE I parassiti dell'apparato urinario dei carnivori domestici e selvatici. Eziologia e Morfologia ... 4

Ciclo biologico ... 9

Epidemiologia e spettro d'ospiti ... 11

Sintomi clinici ... 14

Lesioni anatomo-patologiche ... 16

Diagnosi ... 17

Terapia... 21

Profilassi ... 22

OBIETTIVI DELLO STUDIO ... 23

MATERIALI E METODI ... 24

RISULTATI ... 32

CASO 1- GATTO ROMEO ... 32

CASO 2- GATTO BIRBA ... 35

CASO 3- CANE CARLOS ... 37

VOLPI ... 39

DISCUSSIONE ... 43

BIOBLIOGRAFIA ... 48

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RIASSUNTO

Pearsonema plica e P. feliscati sono due specie di nematodi che si localizzano nella vescica

urinaria e talvolta negli ureteri e nella pelvi renale dei carnivori domestici e selvatici in cui sono responsabili della capillariosi urinaria. In questo studio è stata valutata la frequenza dell’infestazione da Pearsonema spp. in 83 cani e 26 gatti di proprietà provenienti da varie regioni del centro-nord Italia e in 42 volpi della provincia di Pisa. Nei cani e gatti positivi sono stati inoltre valutati i sintomi e alcuni parametri urinari associati all’infestazione. Tra i gatti esaminati sono risultati positivi 2/26 animali (7,7%), tra i cani è risultato positivo un solo animale (1/83, 1,2%) mentre il 90,5% (38/42) delle volpi esaminate sono risultate parassitate da P. plica. In tutti i cani e gatti positivi sono stati isolati solo uova immature oppure frammenti di parassiti, mentre l’assenza di sintomi e la cistite ricorrente associata ad ematuria sono state le forme cliniche riscontrate. I risultati ottenuti confermano il ruolo delle volpi di serbatoio di

P. plica e sembrano indicare una più elevata prevalenza dell’infestazìone da Pearsonema spp.

nei gatti in Italia rispetto a quella osservata in altri Paesi.

Parole chiave: cane, gatto, volpe, capillariosi urinaria, Pearsonema plica, Pearsonema

feliscati.

SUMMARY

Pearsonema plica and P. feliscati are two nematode species that colonise the urinary bladder

and sometimes the ureters and renal pelvis of domestic and wild carnivores, in which they are responsible for urinary capillariosis. In domestic carnivores, the prevalence of this infection is still poor known. In this study we assessed the rate of Pearsonema infection in 83 owned dogs and 26 owned cats from various regions of central and northern Italy and in 42 foxes of the province of Pisa. In positive dogs and cats, symptoms and alterations of some urinary parameters associated to the infestation, were also evaluated. Among examined animals, 2/26 cats (7.7%), 1/83 dogs (1.2%) and 38/42 foxes (90.5%) were found positive. In all positive dogs and cats, only immature eggs or fragments of parasites were isolated, while the absence of symptoms or recurrent cystitis and hematuria were the clinical signs found associated with urinary capillariosis. Obtained results confirm the role of the red fox as a reservoir of P. plica

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and possibly show a higher prevalence in cats of Italy than that observed in other countries. Keywords: dog, cat, fox, urinary capillariosis, Pearsonema plica, Pearsonema feliscati.

Introduzione

I parassiti dell’apparato urinario dei carnivori domestici e selvatici

Eziologia, morfologia e ciclo biologico

I parassiti che interessano l'apparato urinario dei carnivori domestici e selvatici sono nematodi inseriti nelle superfamiglie Trichuroidea e Dioctophymatoidea. Nella superfamiglia Trichuroidea, sono incluse le specie Pearsonema plica (Syn. Capillaria

plica) e Pearsonema feliscati (Syn. Capillaria feliscati), nella superfamiglia

Dioctophymatoidea è invece inserita una sola specie di interesse veterinario:

Dioctophyma renale.

Gli adulti di P. plica sono nematodi lunghi e sottili. I maschi misurano dai 13 a 30 mm di lunghezza e circa 48 µm di larghezza (Bowman et al., 2002). A livello della loro estremità caudale sono ben visibili due papille digitiformi (Figura 1) circondate da un'ala caudale triangolare (Figura 2) e uno spicolo di circa 4 mm avvolto solo in parte da una guaina (Figura 3) (Levine, 1968).

Le femmine sono simili ai maschi ma di dimensioni più grandi, misurando 30 a 60 mm di lunghezza e in media 65 µm di larghezza. Inoltre, esse possiedono una struttura caratteristica, ovvero una piccola appendice in rilievo la cui funzione è a scopo riproduttivo (Levine, 1968).

Le uova mature del genere Pearsonema presentano forma e struttura tipica delle uova di capillaridi. Esse sono infatti di forma ovalare, incolori o giallastre e mostrano due

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5 tappi mucoidi ai due poli, i quali possono disporsi a volte in modo asimmetrico (Basso et al., 2013).

Le uova di P. plica misurano 60-68 µm di lunghezza e 24-30 µm di larghezza e la loro superficie si presenta striata e con piccole depressioni (Levine., 1968; Bowman et al., 2002; Mariacher et al., 2016) (Figura 4) In alcuni recenti studi è stata evidenziata la possibile contemporanea presenza nelle urine di uova sia mature che immature; la frequenza di tale riscontro può essere anche piuttosto elevata. Rispetto alle uova mature, le uova immature hanno dimensioni inferiori; inoltre, in base allo stadio di sviluppo, il guscio può essere liscio, bozzellato o può anche mancare e i due poli sono più rudimentali o a volte del tutto assenti (Basso et al., 2013; Mariacher et al., 2016).

P. feliscati è un nematode che interessa solamente i felidi sia domestici che selvatici.

Gli adulti di P. feliscati mostrano caratteristiche simili a P. plica, infatti i maschi adulti misurano dai 13 a 30 mm di lunghezza ed 32-64 µm di larghezza. La loro estremità caudale è fornita di uno spicolo rivestito da una guaina di circa 2,5 mm di lunghezza e 8 µm di larghezza, con funzione riproduttiva. Le femmine adulte hanno dimensioni maggiori rispetto ai maschi e misurano 28-32 mm di lunghezza e 32-144 µm di larghezza (Bowman et al., 2002). Nelle femmine adulte la vulva è localizzata a circa 300-540 µm dall'estremità caudale, mentre adiacenti all'apertura anale sono osservabili tre piccoli lobi. Le uova, a forma di limone, misurano 51-65 µm di lunghezza e 24-32 µm di larghezza, la superficie esterna si presenta leggermente striata e meno bozzellata rispetto alle uova di P. plica (Levine, 1968; Bowman et al., 2002).

D. renale è il più grosso nematode di interesse veterinario che parassita i carnivori

domestici, mustelidi e volpi (Vulpes vulpes). Esso è inserito nella superfamiglia

Dioctophymatoidea, genere Dioctophyma. Questi nematodi hanno una forma

cilindrica, assottigliata alle due estremità, presentano un colore rosso porpora e una cuticola esterna striata trasversalmente. Il sistema digerente ha una struttura tubulare,

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6 stretta e lunga, leggermente dilatata alla sua estremità posteriore. L'apparato buccale è semplice, privo di labbra e circondato da 6 papille. I maschi adulti misurano circa 35 cm di lunghezza. La loro estremità caudale è dotata di una borsa copulatoria a forma di campana, priva di raggi e con un solo spicolo. Le femmine adulte possono arrivare a misurare fino a 60 cm di lunghezza e 1 cm di larghezza. La vulva è situata nella parte anteriore del corpo ed è presente un solo ovario (Levine, 1968). Le uova sono di forma ovoidale e di colore marrone- giallastro. Sono formate da una parte esterna bozzellata e una interna più granulosa, misurano 60-84 µm di lunghezza e 39-52 µm di larghezza (Basso et al., 2013).

Figura 1- Estremità caudale di un maschio adulto di Pearsonema plica. Si rilevano le

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Figura 2 – Estremità caudale di un maschio adulto di Pearsonema plica. Si apprezza

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Figura 3- Estremità caudale di un maschio adulto di Pearsonema plica. Si apprezza

la porzione distale dello spicolo.100x

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Ciclo biologico

Nonostante alcuni autori sostengano che P. plica abbia un ciclo biologico di tipo diretto, ovvero gli animali infestati eliminerebbero con le urine uova gìà infestanti per altri ospiti (Pagnoncelli et al., 2011), la maggior parte degli autori sostiene invece che il ciclo sia indiretto. In questo caso, le uova espulse dall’ospite definitivo tramite l'urina non sono subito infestanti ma per diventare tali devono essere ingerite da un'ospite intermedio, rappresentato da alcuni vermi di terra appartenenti al sottordine dei

Lumbricina. Negli ospiti intermedi sviluppano le larve infestanti (L1) in grado di

infestare l’ospite definitivo (Bèdard et al., 2002; Rossi et al., 2011; Basso et al., 2013). Lo spettro d'ospiti di P. plica comprende canidi e felidi, sia domestici che selvatici. Dopo l'ingestione da parte dell'ospite definitivo, le larve migrano nelle pareti del piccolo intestino, dove restano per un periodo di 8-10 giorni, sviluppando a larve di terzo stadio infestanti. Le larve di terzo stadio raggiungono la vescica attraverso il circolo linfatico ed ematico dopo circa 30 giorni dall’infestazione. Nella vescica le larve sviluppano a larve di quarto stadio prima di diventare adulti (Bowman et al., 2002; Maurelli et al., 2014; Aguilar et al., 2010).

Dopo l'accoppiamento, le femmine producono e rilasciano le uova, che sono espulse tramite l'urina e sono successivamente ingerite dai lombrichi. La resistenza delle uova nell’ambiente non è ancora nota (Bowman et al., 2002; Basso et al., 2013).

All'interno del lombrico, le uova raggiungono l'intestino, dove trovano le condizioni favorevoli per lo sviluppo e la schiusa. Dopo la schiusa le larve di primo stadio superano la barriera intestinale, raggiungendo il tessuto connettivo limitrofo. Alcuni autori hanno ipotizzato che la presenza di ospiti paratenici potrebbe amplificare la trasmissione dell’infezione, come già noto per altri nematodi dei carnivori domestici e

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10 selvatici (Bowman et al., 2002; Rossi et al., 2011). Il periodo che intercorre tra l'ingestione degli ospiti intermedi e l'isolamento delle uova nelle urine dell'ospite definitivo (periodo di prepatenza), è di circa due mesi, ma nel cane si stima possa arrivare a 88 giorni (Senior et al., 1980). Terminato questo periodo e in assenza di reinfestazioni, l'espulsione delle uova è inizialmente

massiva per poi diminuire e concludersi dopo circa 2 mesi e mezzo (Senior et al., 1980).

Il ciclo biologico di P. feliscati risulta ad oggi sconosciuto (Levine. 1968).

Il ciclo biologico di Dioctophyma renale è indiretto e identifica come ospiti intermedi anellidi acquatici (Lumbriculus variegates) e come ospiti definitivi canidi e felidi, domestici e selvatici. Le uova embrionate sono eliminate con l'urina dall'ospite definitivo a grumi o a catena e sono successivamente ingerite dagli anellidi. Dopo l'ingestione, le uova raggiungono l'intestino dell'anellide dove trovano le condizioni ideali per la schiusa e lo sviluppo dei primi due stadi larvali, risultando così infestanti. L'ospite definitivo può infettarsi ingerendo questi ultimi oppure a seguito dell'ingestione di ospiti paratenici come pesci e rane che a loro volta hanno precedentemente ingerito gli anellidi (Measures e Anderson., 1985; Taylor. 2010; Zolhavarieh et al., 2016; Pedrassani et al., 2013). Dopo l'ingestione da parte dell'ospite definitivo le larve penetrano la parete del piccolo intestino e migrano attraverso la cavità addominale in uno dei due reni, generalmente il destro, dove permangono fino allo stadio di adulti. Il completamento del suo ciclo biologico può richiedere fino a due anni. La durata del periodo di prepatenza si stima possa variare da 6 mesi a 2 anni (Taylor. 2010; Duncan. 2005; Ferreira et al., 2009).

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Epidemiologia e spettro d’ospiti

P. plica è un nematode diffuso in tutto il mondo, ed ha un spettro d'ospiti che

comprende sia carnivori domestici che selvatici. Gli animali selvatici risultano spesso colpiti da questo parassita (Mariacher et al., 2015). Infatti, il lupo (Canis lupus, Linnaeus 1758), la volpe rossa (Vulpes vulpes, Linnaeus 1758) e alcune specie di mustelidi sono frequentemente parassitati (Ribas et al., 2004; Magi et al., 2015 Mariacher et al., 2015). La prevalenza elevata osservata nella volpe rossa in Europa, inclusa l'Italia, e in altre parti del mondo ha portato a considerare questo carnivoro selvatico il serbatoio dell'infestazione in grado di diffondere il parassita nell'ambiente. Pertanto, il rischio di infestazione potrebbe essere più elevato nei cani e gatti che vivono o frequentano aree, urbane, periurbane e silvestri, frequentati da volpi rosse (Bork-Mimm S e Rinder., 2011; Magi et al., 2015). In Italia, l'infestazione è stata riscontrata nel 56,8% delle volpi di Liguria e Piemonte (Magi et al., 2015). Prevalenze analoghe o anche più elevate sono state riscontrate in Svizzera e Liechtenstein (Wolff e Bucklar., 1995), Norvegia (Davidson et al., 2006), Ungheria (Sréter et al., 2003), Danimarca (Saeed et al., 2006), Baviera (Bork-Mimm e Rinder, 2011) e Lituania (Bružinskaitė-Schmidhalter et al., 2011). In uno studio condotto in Bosnia – Erzegovina 65/112 volpi rosse esaminate sono risultate positive per P. plica. Gli autori sostengono inoltre di non aver riscontrato differenze statistiche significative riguardo la frequenza dell‘infestazione nelle diverse aree geografiche da cui provenivano le volpi e tra animali di età e sesso diversi (Alić A. et al., 2015). Una prevalenza più bassa invece è stata riscontrata nei Paesi Bassi, dove su 139 volpi rosse esaminate, il 23,5% risultava positivo per P. plica (Borgsteede FH., 1984). Nel lupo, in Lettonia il 41,4% di soggetti è risultato positivo per P. plica (Bagrade et al., 2009). In uno studio condotto

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12 in Italia nel 2014 su otto lupi deceduti e provenienti dalla Toscana e dall' Abruzzo, quattro di questi sono risultati positivi per la presenza di parassiti adulti e uova di P.

plica nella vescica urinaria (Mariacher et al., 2015).

In merito alla prevalenza della parassitosi nei carnivori domestici, in letteratura è presente un solo studio epidemologico condotto negli Stati Uniti. Nello studio in questione sono stati esaminati 127 cani presenti in due canili in è stata rilevata una frequenza dell‘infestazione rispettivamente del 76% e 59%. Tuttavia l'alto livello di prevalenza riscontrato non rispecchia, anche secondo gli stessi autori, la reale prevalenza dell'infestazione e i due canili costituivano probabilmente una situazione epidemiologica peculiare. Inoltre, fra i due canili in questione avvenivano spesso scambi di animali e ciò rappresentava sicuramente una condizione favorevole alla diffusione della parassitosi (Senior et al., 1980). Le segnalazioni in Italia di

Pearsonema spp. nei carnivori domestici si riferiscono a pochi casi clinici sintomatici

e riguardano un gatto di 8 mesi (Rossi et al., 2011), un cane da caccia adulto (Callegari et al., 2010), un cane di 4 anni (Maurelli et al., 2014) e più recentemente sei cani provenienti dal centro-nord Italia (Mariacher et al., 2016). Anche in altri paesi europei sono stati segnalati diversi casi clinici in cani e gatti, risultati positivi per Pearsonema spp. In Germania sono state condotte due indagini sulla prevalenza nel gatto. Nel primo sono stati esaminati 155 gatti randagi ed è stata riscontrata una positività compresa fra l'1% e il 2,7% (Schuster et al., 1997) nel secondo invece su 17 gatti randagi, solo uno è risultato positivo per Pearsonema spp. (Krone et al., 2008). Anche in altri paesi europei come Olanda (Van der Linden., 1986; Van Veen. 2002), Francia (Cazelles et al., 1989) e Regno Unito (Whitehead. 2009) sono state riscontrate positività in cani e gatti ma si riferiscono a singoli casi clinci sintomatici.

Contrariamente a P. plica che è in grado di parassitare sia i felidi che i canidi, P.

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13 Sebbene P. feliscati abbia una distribuzione geografica sovrapponibile a quella di P.

plica, le segnalazioni di questo parassita sono molto scarse e la maggior parte di queste

anche piuttosto datate. Un importante studio condotto in Australia su 400 gatti di età differenti, ha rilevato una prevalenza del 18,3% in gatti di età uguale o superiore ai due anni (Wilson-Hanson S et al. 1982). Recentemente in Brasile è stato condotto un importante studio epidemiologico da Souza Ramos e collaboratori (2013). In questo studio sono stati esaminati 146 gatti, cinque di questi sono risultati positivi per P.

feliscati. Tuttavia gli autori sostengono che la prevalenza in Brasile risulti sottostimata

sia per la bassa insorgenza delle manifestazioni cliniche negli animali parassitati, sia per la metodologia utilizzata per l'analisi dei parassiti che spesso risulta focalizzata principalmente sui parassiti gastrointesinali (Dantas et al., 2008).

Gli animali affetti da capillariosi urinaria sono spesso cani o gatti che vivono all'aperto, in zone boschive, o che comunque hanno uno stile di vita outdoor, che rende più probabile il contatto con gli ospiti intermedi e paratenici. Ciononostante, un recente studio ha dimostrato che l’infestazione può interessare anche cani che vivono prevalentemente in casa (Mariacher et al., 2016).

Dioctophyma renale è un parassita a diffusione cosmopolita che predilige le zone

temperate e subartiche. In letteratura i report nei carnivori selvatici sono rari e riguardano principalmente i lupi e i mustelidi. Uno studio svolto in Minnesota su 27 lupi (Canis nubilus) ha evidenziato una prevalenza del 5,5% (Erickson. 1944), mentre nel 1976 Mace ha rilevato la presenza del parassita in un mustelide (Mustela vison, Schreber 1761).

In America sono stati segnalati 121 casi nei cani (Ehrenford e Snodgrass, 1955). In Brasile sono stati segnalati numerosi casi di infestazione in cani il cui stile di vita era principalmente outdoor e una prevalenza variabile dallo 0.5 al 3% (Silveira C.S. et al., 2015; Nakagawa et al. 2007; Sousa et al., 2011; Ferreira et al., 2009) e in due gatti

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14 adulti (Verocai et al. 2009; Pedrassani et al. 2013). Il parassita è stato anche riportato in un cane in Iran (Zolhavarieh et al. 2015). In Europa invece la segnalazione di D.

renale è sporadica e riferibile a singoli casi clinici. In Germania è stata evidenziata con

la diagnostica per immagini la presenza di parassiti adulti nel rene destro di una cagna adulta, confermata successivamente dall'analisi del sedimento urinario che evidenziava la presenza di uova del parassita (Pedrassani et al. 2009). Il parassita è stato riportato nel cane anche in Olanda (Smits et al., 1965) e in Spagna (Soler et al., 2008).

Analogalmente a quanto osservato nel caso di P. plica, anche per D. renale gli animali selvatici svolgono il ruolo importante di ospiti serbatoio, mantenendo l'infestazione con l'eliminazione di uova in grado di infestare gli ospiti intermedi e, tramite questi, le rane e i pesci ospiti paratenici, nei quali il parassita non compie alcuno sviluppo. Gli ospiti definitivi sono rappresentati dal cane, volpe, visone, furetto, lontra, puzzola, talvolta il gatto, il maiale, il bovino e l'uomo (Taylor et al., 2007).

Sintomi clinici

La maggior parte delle infestazioni sostenute da P. plica e P. feliscati decorrono in forma sub-clinica o asintomatica (Taylor et al. 2007; Basso et al. 2014). L'adesione spesso solo superficiale del parassita alla parete vescicale e il frequente basso carico parassitario, sono i motivi principali dell'elevata frequenza di forme sub-cliniche (Bowman et al. 2002). Tuttavia la capillariosi urinaria può rendersi responsabile della comparsa di sintomi clinici spesso connessi con l'interessamento vescicale e la conseguente cistite, ma anche di sintomi aspecifici che rendono la diagnosi non semplice. I sintomi più comunemente osservati sono disuria, pollachiuria, ematuria, incontinenza, febbre, sensibilità alla palpazione addominale e talvolta blocco

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15 dell'urinazione per ostruzione delle vie urinarie (Bèdard et al., 2002; Rossi et al., 2011; Basso et al., 2013; Maurelli et al., 2014).

La cistite può essere complicata da infezioni batteriche secondarie (Taylor et al., 2007). Callegari et al. (2010), hanno descritto il caso di un cane di 8 anni che presentava insufficienza renale cronica e amiloidosi glomerulare associate a una infestazione da

P. plica. In questo singolare caso clinico, la capillariosi urinaria sarebbe stata una

condizione favorevole all'insorgenza delle altre due patologie. L'infestazione da P.

plica, infatti, comportandosi da stimolo antigenico infiammatorio cronico, può

rappresentare un fattore che contribuisce alla deposizione di amiloide a livello renale (Callegari et al., 2010). Un caso analogo è stato riportato in altro studio recente sempre condotto in Italia. Lo studio in questione ha analizzato sei casi clinici di cani sia sintomatici che asintomatici, risultati positivi per P. plica. Uno di essi è stato sottoposto a biopsia renale che ha evidenziato amiloidosi glomerulare e nefrite interstiziale cronica (Mariacher et al., 2016).

I principali sintomi clinici associati all'infezione da D. renale sono la disuria, spesso in associazione a ematuria. Spesso l'infestazione decorre in forma asintomatica e nella maggior parte dei casi solo un rene risulta colpito, quasi sempre il destro poichè adiacente al piccolo intestino, il controlaterale invece si presenta tendenzialmente ipertrofico, con margini regolari e architettura preservata (Ferreira et al., 2009; Pedrassani et al., 2013). I parassiti adulti causano una graduale distruzione del parenchima renale, finché la capsula dell'organo non contiene solamente nematodi ed essudato (Ferreira et al., 2009; Pedrassani et al., 2013) (Figura 5). Successivamente i nematodi adulti possono migrare in cavità addominale dove la presenza delle femmine è spesso associata ad un gran numero di uova prodotte, che contribuiscono all'insorgenza di peritonite cronica ed ascite, causando un aumento del volume addominale con dolorabilità (Pedrassani et al. 2013; Taylor. 2007).

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Figura 5 – Rene destro di un cane. Si osserva ispessimento della capsula fibrosa,

atrofia del parenchima renale associato alla presenza di parassiti riferibili a

Dioctophyma renale.

Lesioni anatomo-istopatologiche

In letteratura la maggior parte degli studi che descrivono le alterazioni macro e microscopiche degli organi colpiti, riguardano i carnivori selvatici. Diverse ricerche condotte in Europa sulle volpi rosse (Vulpes vulpes, Linnaeus 1758) positive per P.

plica, hanno permesso di evidenziare che la mucosa della vescica urinaria è quasi

sempre ispessita e iperemica e le lesioni sono distribuite in relazione ai siti di attacco dei parassiti (Bork-Mimm e Rinder. 2011; Magi et al., 2015). Le lesioni a carico della vescica sono di tipo flogistico con infiltrato linfo-plasmacellulare ed eosinofilico, quest'ultimo quasi sempre segnalato in associazione ai parassiti. Nel lupo è stata

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17 descritta cistite follicolare cronica o eosinofilica (Mariacher et al., 2015). Ciononostante nelle infestazioni recenti oppure caratterizzate da un basso numero di parassiti adesi solo superficialmente alla mucosa, è possibile che si registri la presenza del solo infiltrato (Alić et al. 2015).

Nonostante la vescica rappresenti l'organo nel quale le lesioni si riscontrano più frequentemente, in alcuni casi la presenza di un infiltrato infiammatorio è stato osservato anche negli ureteri e nella pelvi renale (Fernández-Aguilar et al. 2010). Talvolta la presenza di un considerevole numero di nematodi adulti può causare edema della sottomucosa sia a livello vescicale che uretrale (Senior et al., 1980; Rossi et al., 2011).

Diagnosi

Per la diagnosi di capillariosi urinaria il test diagnostico maggiormente utilizzato è rappresentato dall'analisi microscopica del sedimento urinario, previa colorazione o meno. Le modalità di prelievo del campione urinario possono essere differenti: urinazione spontanea, cateterismo, cistocentesi o spremitura manuale della vescica da parte dell'operatore.

Dopo la raccolta, il campione viene esaminato tal quale allo stereomicroscopio (Rossi et al., 2011), permettendo in questo modo di valutare l'eventuale presenza di parassiti adulti o immaturi e/o frammenti di essi che saranno poi identificati microscopicamente sulla base delle loro caratteristiche morfologiche (Callegari et al., 2010).

A volte l'urina può presentare ematuria o piuria, a causa di fenomeni flogistici che interessano le pareti vescicali dove il parassita risulta spesso adeso (Maurelli et al., 2014).

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18 centrifugazione, al microscopio ottico per la ricerca di uova e/o per l'identificazione microscopica dei nematodi adulti o immaturi eventualmente presenti nel sedimento o frammenti di essi (Senior et al., 1980; Maurelli et al., 2014).

In corso di capillariosi urinaria la valutazione microscopica consente di riconoscere le uova mature e immature di P. plica. Le prime hanno una forma a limone, affusolate alle estremità e misurano 60-68 µm di lunghezza e 24-30 µm di larghezza. Inoltre la superficie esterna delle uova mature appare molto bozzellata e con delle evidenti depressioni. Le seconde invece sono di dimensioni inferiori ed il guscio si presenta, in base allo stadio di sviluppo, liscio, bozzellato o del tutto assente. Inoltre anche i due poli alle estremità possono mancare del tutto o essere più rudimentali (Basso et al., 2014; Mariacher et al., 2016). Nei felidi è possibile differenziare le uova di P. plica da quelle di P. feliscati, in quanto queste ultime nonostante abbiano molte caratteristiche simili alle prime, ne differiscono per le dimensioni, sono più piccole, per la forma tendenzialmente più ovale delle uova e il guscio che presenta delle depressioni meno profonde ed una tramatura più reticolata.

Le uova di Pearsonema spp. devono inoltre essere differenziate dalle uova di altri parassiti a localizzazione urinaria, tra i quali D. renale, dalle quali si differenziano sia per forma, dimensioni e caratteristiche del guscio (Basso et al., 2013). Dal momento che il campione urinario può essere contaminato da feci, le uova di P. plica e P. feliscati devono essere inoltre differenziate anche da quelle di altri capillaridi a localizzazione respiratoria (Eucoleus aerophilus e Eucoleus boehmi) e gastrointestinale (Aonchoteca

putorii) e da quelle di Trichuris spp. Le uova di E. aerophilus, sono opercolate e a

forma di limone, sono lunghe 60-70 µm e larghe 25-40 µm, presentano frequentemente asimmetria assiale dei poli e sono dotate di una parete densamente striata e con fitte anastomosi. Le uova di E. boehmi sono invece più piccole (50-60µm di lunghezza x 30-35 µm di larghezza) e presentano minuscole fessure sulla superficie esterna del

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19 guscio. Le uova di A. putorii misurano da 56 a 72 µm di lunghezza e 23-32 µm di larghezza, hanno una forma ovale con guscio striato e fitte anastomosi. Le uova di

Trichuris vulpis hanno dimensioni maggiori (70-80 µm di lunghezza x 30-50 µm di

larghezza), possiedono un guscio con superficie liscia, poli simmetrici e mostrano un ispessimento simile ad un anello alla base dei tappi polari (Traversa et al., 2010). A fianco delle valutazioni prettamente parassitologiche, l'analisi del sedimento urinario, al microscopio ottico, permette lo studio delle cellule infiammatorie spesso presenti nel campione in esame, la loro identificazione e classificazione. Nei campioni positivi il riscontro di leucociti, microematuria, aumento delle cellule di transizione e proteinuria risultano piuttosto frequenti (Veen, 2002; Rossi et al., 2011; Inforzato et al., 2009; Bèdard et al., 2002) ed occasionalmente anche cristalli di triplo fosfato (Pagnoncelli et al., 2011).

Oltre a questi parametri, è importante valutare anche il ph ed il peso specifico dell'urina, che tendenzialmente, salvo casi particolari, non mostrano valori alterati ma si mantengono all'interno del loro range fisiologico (ph 6/7 e P.S. 1038-1050) (Dantas et al., 2008; Inforzato et al., 2009).

Recentemente uno studio condotto da Maurelli et al. (2014), ha introdotto l'utilizzo del FLOTAC come strumento di diagnosi in vivo di P. plica. I risultati dello studio hanno dimostrato che la tecnica FLOTAC risulterebbe avere una sensibilità più elevata rispetto al Mini- FLOTAC e all'analisi del sedimento urinario. Tuttavia trattandosi di un case report è necessario che altri studi confermino il risultato.

Oltre alla ricerca dei parassiti nelle urine, anche la diagnostica per immagini o la cistoscopia possono essere utili per la diagnosi, soprattutto per valutare l’eventuale presenza di parassiti adulti e immaturi presenti nella vescica durante il periodo prepatente, cioè quando ancora non sono presenti uova nelle urine (Basso et al. 2013). La capillariosi urinaria presenta notevoli difficoltà diagnostiche causate dall'elevata

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20 frequenza di forme asintomatiche, da una non costante eliminazione di un basso numero di uova, soprattutto nelle forme subcliniche e nella fase finale del ciclo del parassita. Inoltre la frequente comparsa dei sintomi nel lungo periodo prepatente e il frequente riscontro di uova immature non facilmente riconoscibili, contribuiscono a rendere difficile il raggiungimento della diagnosi definitiva (Senior et al., 1980; Callegari et al., 2010; Rossi et al., 2011; Basso et al., 2013; Mariacher et al., 2016). Nonostante le tecniche diagnostiche siano sempre in continuo aggiornamento, le difficoltà di diagnosi in vita determinano pertanto una possibile sottostima della frequenza di questa malattia parassitaria.

La diagnosi post-mortem, riportata per lo più in canidi selvatici, prevede la rimozione e l’apertura della vescica urinaria ed un esame microscopico. La vescica viene valutata allo stereo microscopio insieme al suo contenuto, ottenuto tramite lavaggio con etanolo al 70%. Successivamente il contenuto vescicale viene sottoposto ad un esame al microscopio ottico (Fernández-Aguilar et al., 2010; Magi et al., 2015; Mariacher et al., 2015).

Nel caso di D. renale le tecniche diagnostiche e la diagnosi differenziale sono sovrapponibili a quelle di Pearsonema spp., esse comprendono infatti sia la valutazione macroscopica del rene per la ricerca di parassiti adulti o forme immature, sia l'esame microscopico del sedimento urinario. Quest'ultimo viene ottenuto tramite centrifugazione del campione a 2000 rpm per 5 minuti e successivamente sottoposto a flottazione con soluzione satura di NaCl (p.s. 1,2). Inoltre, anche in questo caso la diagnostica per immagini può rappresentare un ausilio importante anche per la diagnosi di D. renale. L'esame ecografico permette di valutare sia eventuali anomalie strutturali del rene colpito, sia il possibile riconoscimento di forme parassitarie riferibili verosimilmente a D. renale. Il parassita presenta una struttura tubulare con una parete a doppio strato, in cui può essere distinta una zona più esterna iperecogena,

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21 una interna ipoecogena ed una zona ecogena al centro (Soler et al., 2008; Ferreira et al., 2009; Pedrassani et al. 2009; Pedrassani et al. 2013; Zolhavarieh et al. 2015).

Terapia

Ad oggi il trattamento della capillariosi urinaria non prevede un protocollo standard. Uno studio condotto nel 2014 ha permesso di valutare l'efficacia clinica nell'utilizzo di un nuovo farmaco (Broadline) specifico per il gatto (Knaus et al., 2014), risultando così l'unico farmaco registrato in Europa per la terapia della capillariosi urinaria nel gatto. Per il cane invece non esiste un farmaco specifico, ciononostante in diversi studi il trattamento è stato tentato con l'uso del fenbendazolo (50mg/kg per OS una volta al giorno per sette giorni) (Van Veen L. 2002; Maurelli et al., 2014; Mariacher et al., 2016). Qualora l'uso del fenbendazolo non sia risolutivo, è possibile somministrare una singola dose di ivermectina (0,2mg/kg SC), come dimostrano differenti studi (Kirkpatrick CE, Nelson GR. 1987; Bèdard et al., 2002; Pagnoncelli et al., 2011; Basso et al., 2013; Studzinska MB. 2015; Mariacher et al., 2016). La conoscenza della farmacocinetica e biodisponibilità dei farmaci utilizzati per la terapia risulta fondamentale per l’efficacia del trattamento, infatti maggiore è la capacità del farmaco di essere escreto per via urinaria, maggiore è la sua efficcia. Il fenbendazolo possiede una buona percentuale di distribuzione e assorbimento tissutale, tuttavia il suo grado di eliminazione renale risulta scarso (0,5-2%), poiché più del 90% dei metaboliti farmaco-indotti attivi contro i parassiti vengono escreti tramite bile e feci. Al contrario il levamisolo, viene quasi completamente escreto per via urinaria (94%), e per tale motivo risulterebbe una valida alternativa ai trattamenti sopra elencati (7,5mg/kg BW/day IM) (Basso et al., 2013).

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22 infatti dovrà essere effettuato a 14 giorni e a 28 giorni dal termine del trattamento, e consiste nella rivalutazione microscopica del sedimento urinario.

Il trattamento farmacologico di D. renale risulta ancora sconosciuto o del tutto sperimentale. In letteratura tutti i casi clinici descritti, riportano come unica soluzione l'intervento chirurgico di nefrectomia (Pedrassani et al., 2009; Verocai GG et al., 2009; Pedrassani et al., 2013). Recentemente è stata riportata nel cane la combinazione di Fenbendazolo (45 mg/kg PO, sid, per 5 giorni) e Ivermectina (0.02 mg/kg, SC, singola dose), ciononostante i risultati non sono stati soddisfacenti (Zolhavarieh et al., 2015).

Profilassi

Le procedure messe in atto per prevenire l'infestazione da Pearsonema spp e D. renale in cani e gatti sono molteplici e comprendono misure volte a ridurre il più possibile il contatto con gli ospiti intermedi, paratenici ed ospiti serbatoio. Mantenere i gatti in casa e tenere i cani al guinzaglio o in un'area recintata rappresentano dei metodi validi per limitare l'opportunità di acquisire l'infestazione da Pearsonema spp. tramite l'ingestione di lombrichi oppure di ospiti paratenici. Particolare attenzione va rivolta a quei soggetti che vivono in zone adiacenti ai boschi, ai corsi d'acqua, stagni o a zone in cui la prevalenza di volpi rosse è elevata, poiché in queste zone è più probabile che avvenga il contatto con ospiti intermedi e paratenici infestati.

In merito al controllo ed alla prevenzione di D. renale, è necessario evitare di alimentare i cani e i gatti con rane o pesci crudi o poco cotti, in quanto ospiti paratenici del parassita. Come nel caso di Pearsonema spp. anche per D. renale è fondamentale evitare che cani e gatti abbiano contatto con ospiti paratenici che possono essere presenti in corsi d'acqua, stagni o laghi.

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Obiettivi dello studio

Considerate le scarse conoscenze sulla diffusione dei parassiti che si localizzano nell’apparato urinario dei carnivori domestici e la gravità delle forme cliniche di cui questi parassiti possono essere responsabili, l’obiettivo principale di questo studio è stato quello di valutare nel cane e nel gatto le infestazioni sostenute da Pearsonema spp. e da altri nematodi urinari. A tal fine sono stati considerati animali di proprietà, con uno stile di vita sia indoor che outdoor e che presentavano tutti, ad eccezione di un singolo animale, sintomi clinici riferibili ad un interessamento delle basse vie urinarie. La sempre più frequente colonizzazione delle aree urbane e periurbane da parte della volpe rossa osservata in tutta Europa e i pochi dati disponibili sulla diffusione della capillariosi urinaria nella volpe rossa in Italia, hanno invece rappresentato i motivi principali per la valutazione della frequenza di questa malattia parassitaria in una popolazione di volpi rosse della provincia di Pisa.

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Materiali e metodi

In questo studio sono stati analizzati 109 campioni di urine, di cui 83 di cane e 26 di gatto, raccolti da animali riferiti all'Ospedale Didattico Veterinario M. Modenato dell’Università di Pisa e ad altre cliniche veterinarie della Toscana, Lombardia e Piemonte, nel periodo di tempo compreso tra maggio 2015 e marzo 2017. Ad eccezione di un gatto, tutti i soggetti analizzati presentavano sintomi clinici riferibili a problematiche del tratto urinario. Di ciascun soggetto sono stati raccolti i dati relativi al segnalamento e quelli riferibili a eventuali trattamenti antiparassitari ricevuti (molecola, dosaggio e frequenza nella somministrazione), i segni clinici, analisi delle urine incluse, gli eventuali esami di diagnostica per immagini dell'apparato urinario (ecografie e/o endoscopia) o di istopatologia, le eventuali terapie per parassiti urinari e follow-up del paziente, con particolare riferimento all'esame del sedimento urinario. Da ciascun animale esaminato è stato raccolto e analizzato un campione di urina di almeno 2,5 ml. In alcuni casi i campioni sono stati raccolti previa urinazione spontanea, in altri previo cateterismo, in altri ancora previa cistocentesi o spremitura manuale della vescica urinaria da parte del medico veterinario. Tutti i dati riferibili ai cani e ai gatti esaminati sono riportati rispettivamente nelle Tabelle 1 e 2.

Ciascun campione urinario è stato fissato in una uguale quantità (2,5 ml) di etanolo al 90%.

L’analisi dei campioni prevedeva una prima valutazione macroscopica, valutandone così aspetto, colore e consistenza. Successivamente, il campione veniva posto in una piastra Petri ed osservato allo stereo microscopio, al fine di valutare l’eventuale presenza di eventuali stadi parassitari, sia larvali che adulti. I parassiti isolati sono stati sottoposti a valutazione microscopica morfometrica, tramite l’utilizzo di un oculare

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25 micrometrico, e identificati a livello di specie sulla base dei dati bibliografici disponibili (Levine, 1968). Successivamente ogni campione è stato centrifugato a 2000 rpm per 5 minuti (o 1000 rpm per 10 min) ed il sedimento ottenuto è stato diviso in due aliquote, di cui una è stata è stata esaminata direttamente al microscopio ottico per la ricerca di uova, parassiti adulti o immaturi. L’altra aliquota è stata invece analizzata al microscopio ottico previa flottazione con soluzione satura di NaCl (p.s. 1,2). Tutte le uova isolate sono state sottoposte a valutazione morfo-metrica e identificate sulla base dei dati bibliografici disponibili (Mariacher et al., 2016; Basso et al., 2013). Sono inoltre state analizzate le vesciche di 42 volpi rosse (Vulpes vulpes) decedute e provenienti dalla provincia di Pisa. I parassiti eventualmente presenti al loro interno sono stati isolati e sottoposti a valutazione morfologica al fine di identificare la specie sulla base dei dati bibliografici disponibili (Levine, 1968). Dopo la raccolta dei parassiti, il contenuto delle vesciche è stato processato come specificato per i campioni urinari di cane e gatto, al fine di valutare la presenza di uova di parassiti.

Tabella 1. Cani esaminati per i parassiti urinari nel periodo maggio 2015-marzo 2017

Data Campione

Razza Sesso Età

1 09/11/15 Meticcio MI 4a 2 12/11/15 Meticcio MI 3a 3 11/12/15 Meticcio MI 8a 4 13/12/15 Pastore Tedesco MI 2a 5 13/12/15 Labrador retriever MI 3a

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26 6 18/12/15 Meticcio FC 1,5a 7 05/01/16 Meticcio MI 4a 8 10/01/16 Rottweiler MI 6a 9 15/01/16 Meticcio FI 2a 10 21/01/16 Pastore tedesco M.I 1 ½ a 11 21/01/16 Boxer M.I 9 a 12 03/02/16 Meticcio FC 3,5a 13 15/02/16 Golden retriever FC 2a 14 15/02/16 Meticcio MI 4a 15 15/02/16 Yorkshire terrier FI 3a 16 24/02/16 Bulldog MI 1,5a 17 24/02/16 Meticcio FC 8a 18 26/02/16 Meticcio MI 2a 19 02/03/16 Europea FS 2a 20 06/05/16 Pastore tedesco MI 3,5a 21 09/05/16 Pastore tedesco MI 5a 22 10/05/16 Barboncino gigante FC 4a 23 13/05/16 Meticcio FI 6a 24 16/05/16 Segugio del FI 6a

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27 bernese 25 16/05/16 American bully FI 1,5a 26 17/05/16 Meticcio FI 11a 27 20/05/16 Bovaro del bernese MI 2a 28 24/05/16 Yorkshire terrier MI 3 a 9 m 29 24/05/16 Bovaro del bernese MI 3 a 10 m 30 25/05/16 Meticcio FI 2a 31 27/05/16 Meticcio FI 2a 32 27/05/16 Weimaraner FI 3a 33 28/05/16 Rhodesian ridgeback MI 7a 34 30/05/16 Carlino MI 1a

35 03/06/16 Setter inglese FC 3,5a

36 03/06/16 Labrador retriver MI 4a 37 03/06/16 Bovaro del bernese MI 2a 38 06/06/16 Pastore tedesco FC 2a 39 06/06/16 Pinscher MI 1,5a 40 20/06/16 Meticcio FC 5a

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28 41 21/06/16 Pastore tedesco MI 6a 42 21/06/16 Yorkshire terrier FC 4a 43 22/06/16 Meticcio MI 11a 44 24/06/16 Dogo argentino MI 4 a 8 m 45 25/06/16 Boxer MI 7 a 4 m 46 25/06/16 Setter inglese MC 15m 47 28/09/16 Cavalier king FC 6a 48 31/10/16 Boxer MI 5a 49 02/11/16 Bovaro del bernese MI 8a 50 02/11/16 Meticcio MI 5 a 3 m 51 03/11/16 Meticcio MI 6a 52 06/11/16 Meticcio FC 8 a 10 m 53 07/11/16 Barboncino gigante FC 5a 54 07/11/16 Pastore tedesco FC 6a 55 07/11/16 Meticcio MI 11a 56 07/11/16 Boxer FC 12a 57 08/11/16 Meticcio FI 4 a 7 m 58 08/11/16 Volpino FC 6 a 4 m 59 10/11/16 Pastore MI 8 a 2 m

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29 tedesco 60 11/11/16 Meticcio FC 8a 61 15/11/16 Setter inglese FC 6 a 1 m 62 15/11/16 Pinscher MI 13a 63 15/11/16 Meticcio FC 16a 64 17/11/16 Meticcio FC 5a 65 17/11/16 Barboncino gigante FC 8a 66 18/11/16 Meticcio FC 5a 67 21/11/16 Boxer MI 7 a 4 m 68 23/11/16 Juck Russel MI 8a 69 24/11/16 Yorkshire terrier MI 6 a 9 m 70 27/11/16 Boxer MI 8a 71 28/11/16 Meticcio FC 8a 72 28/11/16 Dogo argentino FC 5 a 8 m 73 28/11/16 Cavalier king FI 4a 74 28/11/16 Bovaro del bernese FC 6a 75 01/12/16 Golden retriver MI 2a 76 02/12/16 Meticcio FC 6a 77 02/12/16 Carlino MI 5 a 4 m 78 03/12/16 Juck Russel MC 2a

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30 79 05/12/16 Meticcio MI 5a 80 07/12/16 Boxer FI 7a 81 10/12/16 Dogo argentino FC 8a 82 10/12/16 Meticcio FC 7 a 4 m 83 10/12/16 Pastore tedesco MI 4a

MI: maschio intero; MC: maschio castrato; FI: femmina intera; FS: femmina sterilizzata; a: anni; m: mesi.

Tabella 2. Gatti esaminati per i parassiti urinari nel periodo maggio 2015-marzo 2017

Data Campione

Razza Sesso Età

1 01/05/15 Europea MI 8a 2 20/11/15 Persiana MC 6a 3 25/11/15 Persiana FS 2a 4 28/11/15 Europea FS 3a 5 18/12/15 Europea FS 7a 6 21/01/16 Europea MC 6a 7 24/02/16 Europea MC 4a 8 24/02/16 Persiana FS 1,5a 9 26/02/16 Europea FS 3,5a 10 02/03/16 Europea FS 2a 11 09/05/16 Europea MC 3a 4m

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31 12 16/05/16 Europea FS 2a 13 17/05/16 Siamese FS 3a 5m 14 23/05/16 Europea MI 4a 3m 15 24/05/16 Europea MC 3a 16 25/05/16 Europea MI 4a 17 27/05/16 Europea MC 2a 18 28/05/16 Siamese MC 1,5a 19 03/06/16 Europea FS 2a 20 07/06/16 Persiana FS 1,5a 21 09/06/16 Bengala FS 3a 3m 22 28/09/16 Europea FS 2a 23 18/11/16 Europea MC 3a 8m 24 22/11/16 Europea MC 14a 25 26/11/16 Europea MC 7a 26 27/11/16 Europea FS 5a

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RISULTATI

Al fine di rilevare l‘eventuale infestazione da parassiti urinari, in questo lavoro sono stati esaminati campioni di urine di 83 cani (43 maschi e 40 femmine) e 26 gatti (13 maschi e 13 femmine) di proprietà, con uno stile di vita indoor/outdoor e provenienti da Toscana, Lombardia e Piemonte. Tutti gli animali esaminati in questo studio, ad eccezione di un gatto, presentavano sintomi clinici riferibili riferibili a un interessamento dell‘apparato urinario. Tra gli animali esaminati, due gatti e un cane sono risultati positivi per Pearsonema spp. all’esame del sedimento urinario. Pertanto, la capillariosi urinaria ha mostrato una prevalenza pari a 1,2 % nel cane e a 7,7% nel gatto.

CASO 1- GATTO ROMEO

Data: novembre 2015

Segnalamento: gatto razza persiano, maschio castrato, 6 anni. Stile di vita/attitudine: indoor + outdoor.

Provenienza: Toscana (Pisa)

Motivo della visita: minzione frequente (pollachiuria).

Esame fisico: il gatto pesa 4,8 Kg. Alla visita clinica il gatto appare in buono stato di salute.

Diagnostica di laboratorio: L'esame emocromo-citometrico evidenzia una leggera diminuizione della concentrazione cellulare media di emoglobina (MCH) ed un leggero aumento del volume piastrinico medio (MPV 9,1 fL) e della fosfatasi alcalina (ALP 7 IU/L).

Le urine prelevate per minzione spontanea, sono state sottoposte ad esame fisico, chimico ed analisi del sedimento. Le urine sono di colore rosso, odore acre e aspetto

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33 torbido. Il campione urinario mostra inoltre valori anomali di sangue occulto e proteinuria, entrambi i valori prossimi ai valori più alti del range fisiologico. All'esame del sedimento si evidenzia un livello moderato di leucociti (non è stato possibile effettuare una conta leucocitaria del campione in esame ma è stato utilizzato un range "visivo", benchè soggettivo, abbontante/moderato/scarso/assente su campo miscoscopico a 10X della presenza di cellule infiammatorie nel sedimento urinario), una marcata presenza di eritrociti (tappeto eritrocitario presente sul vetrino che conteneva il campione urinario in esame), rare cellule epiteliali, presenza moderata di cristalli di fosfato e batteri di tipo cocchi (Tabella 3).

L'analisi del sedimento urinario risulta inoltre positivo per la presenza di un frammento di un nematode adulto o di stadi immaturi verosimilmente riferibile a Pearsonema spp. per la forma e le dimensioni. Il frammento riscontrato misura infatti 12 mm di lunghezza e 39 µm di larghezza (Figura 5).

Diagnosi: cistite emorragica e infestazione da Pearsonema spp.

Terapia: il paziente viene trattato con antibiotici chinoloni (Enrofloxacina 5 mg/Kg sid) per 10 giorni, antinfiammatorio non steroideo (Robenacoxib 1mg/Kg sid per 6 gg), Fenbendazolo (50 mg/Kg per via orale, una volta al giorno per sette giorni), integratori (Urys) per aiutare sia a mantenere la funzione fisiologica della mucosa vescico-uretrale sia ad abbassare tendenzialmente il pH urinario evitando in tal modo la proliferazione batterica, ed inoltre è stato modificato il piano alimentare (c/d Hill's a basso tenore proteico).

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Tabella 3- Esame urine gatto Romeo. 16/11/15 Ph 7 PS 1020 Proteine +++ Sedimento WBC moderati RBC abbondanti cristalli di fosfato ++ cocchi +

Parassiti Larva immatura di

Pearsonema

spp. o frammento di un nematode adulto.

Figura 5- Larva o frammento di nematode adulto di Pearsonema spp. di 12 mm di

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CASO 2- GATTO BIRBA

Data: maggio 2015

Segnalamento: gatto europeo, maschio intero, 8 anni di età. Stile di vita/attitudine: indoor + outdoor.

Provenienza: Toscana (Collesalvetti, LI) Motivo della visita: incidente stradale.

Anamnesi: il gatto non aveva mai manifestato in precedenza sintomi clinici riferibili ad un interessamento dell'apparato urinario. L'esame delle urine e del sedimento urinario è stato occasionale e indipendente dal tipo di ricovero.

Diagnostica di laboratorio: in occasione della visita è stato effettuato un esame delle urine, prelevate per minzione spontanea. L'esame del sedimento urinario evidenzia una notevole proteinuria in associazione ad un alto livello di leucociti ed eritrociti. Il riscontro dell'elevato livello di eritrociti nelle urine è stato considerato una probabile conseguenza del trauma subito (Tabella 4).

L'esame del sedimento urinario consente di mettere in evidenza uova immature di

Pearsonema sp. di circa 31 µm di lunghezza e 18 µm di larghezza (Figura 6).

Diagnosi: Ernia addominale post-traumatica, frattura del bacino ed infestazione da Pearsonema spp.

Terapia: il soggetto viene trattato con Antibiotici (Enrofloxacina 5mg/Kg sid e Amocillina/ac.clavulanico 10 mg/kg bid), antinfiammatorio non steroideo (Meloxicam 0,1 mg/Kg sid) e terapia antidolorifica secondo necessità (Metadone 0,1 mg/Kg).

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Tabella 4- Esame urine gatto Birba. Data 01/05/15 Ph 6,5 PS 1030 Proteine +++ Sedimento WBC abbondanti RBC abbondanti (ma si supponeva come conseguenza del trauma subito)

Parassiti Uova immature di

Pearsonema spp.

Figura 6- Uovo immaturo di Pearsonema sp. identificato nel sedimento urinario del

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CASO 3-CANE CARLOS

Data: maggio 2016

Segnalamento: cane, razza carlino, maschio intero, 2 anni di età. Stile di vita/attitudine: indoor + outdoor

Provenienza: Lombardia (Varese).

Anamnesi: il paziente presentava cistiti ricorrenti.

Diagnostica di laboratorio: in occasione della visita viene effettuato un esame delle urine, le quali macroscopicamente apparivano color giallo intenso e di aspetto semi torbido. L'esame chimico ha rilevato un leggero aumento del ph urinario (8) e delle proteine (tracce). L'esame del sedimento ha evidenziato abbondanti leucociti (200 hpf), eritrociti (5hpf) in associazione a cristalli di struvite (2+) e cellule epiteliali (2+), (Tabella 5). Inoltre nel sedimento è stata evidenziata la presenza di rare uova di nematodi che per la forma ovalare e le dimensioni (35 µm X 22 µm) sono state identificate come uova immature di P. plica (Figura 7).

Diagnosi: cistite e infestazione da Pearsonema plica.

Terapia: è stata impostata quindi una terapia che prevedeva Pantoprazolo 20 mg (1/3 di cpr sid), Clavaseptin 250mg (2/3 di cpr ogni 12h), Antepsin compresse 1g (1/4 cpr ogni 8h), Flagyl 250mg (1/5 cpr ogni 12h) e Panacur 250 mg (1 + 1/2 cpr sid per cinque giorni).

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Tabella 5- Esame urine cane Carlos.

Data Ph PS Proteine Sedimento Parassiti 30/05/16 8 1030 + WBC 200 hpf RBC 5 hpf cellule epiteliali ++ cristalli di struvite ++ Uovo immaturo di P. plica

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VOLPI

Data: 2015-2017

Segnalamento: volpi rosse (Vulpes vulpes), 31 maschi e 11 femmine. Stile di vita/attitudine: outodoor

Provenienza: Toscana (provincia di Pisa).

Tra le volpi esaminate, 38/42 animali (90,5%) sono risultati positivi per la presenza di adulti di P. plica e di uova nella vescica urinaria. All'analisi microscopica dei parassiti è stato infatti possibile distinguere diverse caratteristiche morfologiche proprie di P.

plica. Gli adulti, sia maschi che femmine sono lunghi, sottili e le loro dimensioni

rientrano nei range di lunghezza e larghezza riportate in letteratura per P. plica (Levine, 1968). In particolare, il maschio misura in media 27,7 mm di lunghezza e 50 µm di larghezza, la femmina invece 43 mm di lunghezza e 62,4 µm di larghezza. Al microscopio ottico sono stati inoltre distinti i caratteri morfologici relativi di alcune strutture degli apparati riproduttori. Infatti nell'estremità caudale dei maschi si apprezzava lo spicolo di 2,2 mm di lunghezza e 15,6 µm di larghezza e le papille digitiformi circondate da un'ala caudale triangolare (Figura 8). In alcune femmine, invece, è stato possibile osservare l‘appendice vulvare esterna che in media misura156 µm di lunghezza e 33,8 µm di larghezza (Figura 9) e la presenza di uova disposte a collana di perle (Figura 10). Le uova isolate dal contenuto vescicale mostravano le caratteristiche morfologiche proprie delle uova mature di P. plica, erano cioè a forma di limone, incolori, con guscio con evidenti bozzellature ed una fitta tramatura e mostravano dimensioni comprese tra i 60- 68 µm di lunghezzza e i 24-30 µm di larghezza (Figura 11).

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Figura 8- Estremità caudale di un maschio adulto di Pearsonema plica. Si apprezza

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Figura 9- Appendice vulvare di una femmina adulta di Pearsonema plica. 10x

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DISCUSSIONE

L'obbiettivo principale di questo studio è stato quello di valutare le infestazioni sostenute da nematodi del genere Pearsonema e da altri nematodi urinari nei carnivori domestici. A tal fine sono stati esaminati principalmente cani e gatti con sintomi clinici riferibili ad un interessamento delle basse vie urinarie. Tra i 109 animali inclusi nello studio, la capillariosi urinaria causata da Pearsonema spp. è stata diagnosticata nell‘1,2% dei cani (1/83) e nel 7,7% dei gatti (2/26). Considerate le difficoltà di diagnosi in vita della capillariosi urinaria a causa di una incostante eliminazione di un basso numero di uova nella fase finale del ciclo del parassita e della frequente comparsa dei sintomi nel lungo periodo prepatente in cui le uova sono assenti (Senior et al., 1980; Callegari et al., 2010; Rossi et al., 2011; Basso et al., 2013; Mariacher et al., 2016), e considerato anche che di ciascun animale è stato analizzato un solo campione di urine, è probabile che le prevalenze osservate siano sottostimate. Dalla bibliografia consultata sembra che questo studio rappresenti il primo lavoro in Italia sui parassiti urinari dei carnivori domestici in cui sia stato esaminato un così ampio numero di animali.

Riguardo i casi clinici, il CASO 1 si riferisce ad un gatto di proprietà, con stile di vita sia indoor che outdoor e proveniente da un'area urbana (Pi). Il soggetto manifestava alterazione dei parametri urinari, sia all’esame delle urine che del sedimento urinario, con elevata proteinuria ed ematuria che ha consentito di formulare una diagnosi di cistite emorragica. Il riscontro di un frammento di una forma immatura o adulta presumibilmente riferibile a Pearsonema spp., ci consente di attribuire la cistite emorragica alla presenza del parassita in associazione ad un infezione batterica secondaria. La cistite ricorrente in associazione all'ematuria sono segni clinici delle basse vie urinarie che spesso si manifestano nei gatti colpiti da capillariosi urinaria,

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44 che tendono a ripresentarsi qualora il trattamento non sia specifico. Inoltre è noto come questa parassitosi possa essere complicata da infezioni batteriche secondarie (Taylor et al., 2007). Nel gatto l’infestazione da Pearsonema sp. è infatti frequentemente riportata come responsabile di pollachiuria, disuria e cistite, talvolta emorragica (Bedard et al., 2002; Inforzato et al., 2009; Pagnoncelli et al., 2011).

Sulla base della bibliografia consultata, questo studio sembra rappresentare la prima segnalazione del riscontro di Pearsonema sp. e, più in generale, di nematodi in un campione urinario di gatto. La morfologia del frammento isolato e l’assenza di report di altri nematodi che potrebbero essere confusi con Pearsonema sp. localizzati ectopicamente nell’apparato urinario, ci ha condotti alla diagnosi di capillariori urinaria. A differenza del cane per il quale esistono report sulla localizzazione urinaria soprattutto di Angiostrongylus vasorum (Oliveira et al., 2004) e Dirofilaria immitis (Grimes et al., 2016), infatti, nel gatto non ci sono segnalazioni in cui siano state riportate localizzazioni ectopiche a livello vescicale di nematodi che interessano altri distretti corporei. L'assenza di uova nel sedimento urinario potrebbe derivare da diversi fattori, come per esempio uno scarso numero di uova presenti nelle urine, la loro eliminazione intermittente e la presenza di parassiti immaturi o “vecchi“ (Senior et al., 1980). Il gatto è stato sottoposto a un trattamento con fenbendazolo, un antiparassitario che in precedenti case report ha dimostrato la sua efficacia nel trattamento di questa malattia parassitaria (Van Veen L. 2002; Maurelli et al., 2014; Mariacher et al., 2016). Nonostante il soggetto esaminato viva in un ambiente urbano, l’abitudine del gatto a frequentare l’ambiente esterno potrebbe aver favorito la possibilità di incontro con ospiti intermedi o paratenici infetti presenti in un’area contaminata da uova e, quindi, l’infestazione del gatto di questo caso clinico.

Il CASO 2, a differenza del caso CASO 1, si riferisce ad un gatto di proprietà che non presentava alcun sintomo clinico di cistite. La presenza di uova nelle urine è da

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45 considerare quindi un reperto incidentale. È noto infatti che nel gatto questa infestazione parassitaria frequentemente mostra un decorso asintomatico o sub-clinico passando così facilmente inosservata (Bedard et al., 2002; Inforzato et al., 2009; Pagnoncelli et al., 2011; Ramos et al., 2013). L'analisi del sedimento urinario di questo caso ha evidenziato la presenza di uova immature di Pearsonema spp. Pur essendo stata riportata nel cane in corso di infestazione da P. plica (Basso et al., 2014; Mariacher et al., 2016), questo riscontro rappresenta la prima segnalazione nel gatto. Questo risultato sottolinea le difficoltà diagnostiche di questa malattia parassitaria poiché le uova immature presentano caratteristiche morfologiche differenti rispetto alle uova mature e il loro riconoscimento risulta spesso non semplice. In questo caso infatti, è possibile notare come le uova isolate mostrino dimensioni inferiori e, soprattutto, la completa assenza degli opercoli ai due poli e un guscio esterno che si presenta più liscio e privo di bozzellature (Basso et al., 2013; Mariacher et al., 2016). Il CASO 3 riguarda un cane di proprietà con stile di vita sia indoor che outdoor. A seguito della visita clinica viene diagnosticato un quadro di cistite in associazione ad una presenza marcata di leucociti, moderata di eritrociti e di cristalli di struvite all'esame delle urine. In questo cane sono state isolate solo uova immature di P. plica. La presenza nel sedimento urinario di eritrociti, come nel CASO 1, sottolinea la capacità di questi parassiti di indurre lesioni nelle sedi di localizzazione (Van Veen L., 2002; Maurelli et al., 2014; Mariacher et al., 2016). La sintomatologia manifestata dal soggetto risulta sovrapponibile a quella riportata in diversi casi clinici della letteratura, infatti l'interessamento vescicale con conseguente cistite rappresenta un sintomo frequente nei soggetti infetti (Basso et al., 2014; Maurelli et al., 2014; Mariacher et al., 2016).

In merito alla prevalenza nei cani, ad oggi esiste un solo studio epidemiologico condotto negli Stati Uniti in cui sono stati esaminati 127 cani appartenenti a due canili

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46 diversi ma tra i quali avvenivano scambi di animali, e in cui la frequenza dell'infestazione osservata (76%-59%) risultava poco attendibile anche secondo gli stessi autori (Senior et al., 1980). Pertanto, un confronto fra questi e i nostri risultati risulta quindi poco significativo.

Al contrario del cane, nel gatto domestico e selvatico la bibliografia risulta più ricca e approfondita. Infatti in Germania (Krone et al., 2008) P. plica e P. feliscati sono state isolate solo nei gatti selvatici con una prevalenza del 7%, mentre i 17 gatti domestici esaminati sono risultati negativi. In Australia (Wilson-Hanson et al., 1982) è stata osservata in gatti domestici una prevalenza pari al 18,3% negli animali di età superiore ai due anni. Infine, in uno studio condotto in Brasile (de Souza Ramos et al., 2012) il 3,4% circa dei gatti randagi esaminati è risultato positivo per P. feliscati. In questa indagine la prevalenza della capillariosi urinaria riscontrata nei gatti è stata del 7,7% che rappresenta una frequenza più elevata rispetto a quella riscontrata in altri Paesi. Inoltre, in questo studio la capillariosi è stata diagnosticata solo in due gatti delle provincie di Pisa e Livorno ciò potrebbe indicare una più elevata probabilità di infestazione nei gatti di questa area.

In merito alla prevalenza riscontrata nelle volpi, in questo studio (90,5%) è stato possibile invece confrontare il risultato ottenuto con quello di un altro studio che ha esaminato volpi di Liguria e Piemonte in cui il 56,8% degli animali esaminati è risultato positivo (Magi et al., 2015). Pertanto, i dati ottenuti in questo lavoro sembrano indicare che nelle volpi della provincia di Pisa la prevalenza della capillariosi urinaria sia più elevata rispetto ad altre aree italiane e confermano l’importante ruolo di serbatoio di P. plica svolto da questo carnivoro selvatico.

La colonizzazione delle aree urbane e periurbane da parte delle volpi osservata in tutta Europa, determina pertanto un aumento del rischio di infestazione nei cani e gatti, soprattutto se questi ultimi hanno la possibilità di contatto con l’ambiente esterno.

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47 In conclusione, i risultati ottenuti in questo studio forniscono nuove informazioni sulla capillariosi urinaria nel cane e nel gatto. In particolare i dati ottenuti sembrano indicare una più elevata frequenza del riscontro di questa infestazione nei gatti rispetto ai cani, questi dati devono essere però confermati con ulteriori studi. Inoltre, sia nel gatto che nel cane, dai risultati ottenuti la capillariosi urinaria sembra essere spesso causa di cistite associata ad ematuria negli animali sintomatici. I risultati ottenuti confermano anche le difficoltà diagnostiche di questa patologia in quanto in tutti gli animali positivi è stata evidenziata la presenza di uova immature sia nel cane che, per la prima volta, anche nel gatto oppure di frammenti di parassiti eliminati con le urine di soggetti sia sintomatici che asintomatici. È auspicabile pertanto che il campione urinario sia esaminato da personale esperto e anche che in futuro vengano effettuati ulteriori studi finalizzati alla ricerca di nuovi metodi diagnostici di questa infestazione. Queste considerazioni associate al costante aumento del fenomeno dell'inurbamento da parte di animali selvatici serbatoi, sottolineano l’importanza di includere questa malattia parassitaria nella diagnosi differenziale delle cause di patologie urinarie, soprattutto nei cani e, in particolre, nei gatti di proprietà che hanno uno stile di vita anche outdoor, che sono affetti da patologie croniche o ricorrenti o che non rispondono ai trattamenti farmacologici a base di antibiotici o antinfiammatori.

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