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Nell‘immaginario collettivo il concetto di ―Ragione di Stato‖ e la letteratura ad esso connessa rimandano a una dimensione segreta, nascosta, inaccessibile. È la dimensione degli arcana imperii, dei segreti di Stato che tali devono restare, al fine di garantire la stabilità e la sopravvivenza dello stato stesso. La ragione e l‘interesse di Stato64

obbediscono a leggi eccezionali, non riconducibili direttamente alle leggi e alle regole che strutturano il vivere quotidiano nella società. Nella Storia

d’Italia, Guicciardini racconta vari episodi (ad esempio quelli già citati nel cap. 3 di Consalvo e del

Duca d‘Alba) in cui appare chiaramente come il fedele servitore dello Stato deve essere pronto a sacrificare al proprio padrone non solo l‘interesse proprio, ma anche le regole morali – ad esempio la parola data – e religiose. Più ci si avvicina alla ragione e all‘interesse di Stato, scrive Guicciardini, più aumenta la possibilità di avere a che fare con uomini malvagi e senza scrupoli. Sia per la segretezza degli affari fondamentali dello Stato, sia per la pericolosità insita negli ambienti nevralgici della gestione statale, la regola fondamentale dell‘azione politica del Principe sembra essere la dissimulazione. Un governante che non sappia dissimulare, è un governante che mette in pericolo tanto il proprio interesse, quanto quello del proprio Stato. Da ciò deriva l‘idea, apparentemente condivisa anche da Machiavelli, secondo la quale l‘interesse deve essere ―camuffato, spostato, travestito‖ (Taranto 1992: 62).

La stretta convergenza tra interesse/ragione di Stato da un lato, e dissimulazione/segretezza dall‘altro, potrebbe spingere a pensare che il problema di rendere chiaro l‘interesse debba essere stato posto necessariamente successivamente alla stagione dei teorici della ragione di Stato (fine ‗500 – prima metà del ‗600). Perché mai sforzarsi a chiarire qualcosa che, in ottemperanza alle proprie regole di funzionamento, deve restare segreto?

Questa incompatibilità permane soltanto nella misura in cui si resta legati a una visione monolitica e schematica del gruppo in realtà variegato dei teorici della ragione di Stato. Abbandonando questo schema stereotipico e osservando più da vicino le riflessioni di alcuni autori, apparirà come siano stati proprio alcuni teorici della ragione di stato a porre in modo inequivocabile il tema del chiarimento e della comprensione dell‘interesse. Un chiarimento e una comprensione che possono

83 avere per oggetto tanto l‘interesse del principe, quanto l‘interesse dello Stato, e infine addirittura – come vedremo nel caso di Guicciardini – l‘―interesse di tutti‖. In tutti e tre i casi, la centralità – e per alcuni di questi autori l‘inevitabilità – di questo svelamento comporta il compito difficile di comprendere la natura specifica di questi interessi, e con essi del funzionamento della vita politica e sociale.

4.1 Leggere l‟interesse del principe: Boccalini

Boccalini è una figura originale all‘interno dei teorici della ragione di Stato.65

Polemista e letterato prima ancora che trattatista, espone le proprie idee politiche tanto in saggi satirico-letterari, come ad esempio I ragguagli di Parnaso, quanto in commentari di opere classici – ad esempio il commentario a Tito Livio incluso nella raccolta Bilancia politica. In entrambi i casi emerge come le riflessioni di Boccalini sull‘interesse si sviluppino nel quadro di una concezione pessimistica e scettica del proprio tempo. Impiegando il linguaggio caratterizzante il tema trattato nel capitolo precedente, è sicuramente possibile affermare che il letterato marchigiano sia un sostenitore della tesi della pericolosità dell‘interesse.

Ne i Ragguagli, opera letteraria satirica in cui vengono rappresentate le discussioni immaginarie tra Apollo, le Muse e alcuni letterati contemporanei all‘autore, la musa della fedeltà spiega alle sue sorelle i motivi della sua fuga dal Monte Parnaso, e la sua decisione di restare a vivere con gli animali:

e che l‘infame interesse, che in questi tempi infelici tiranneggia gli animi di tutte le megliori nationi, m‘ha sbandito da quel cuor degli uomini, che prima fu tutto mio (...) son stata forzata far la risoluzione, che vedete, di viver tra questi cani, ne‘ quali compitamente trovo hoggi quella vera Fedeltà verso i Padroni loro, che con tanti miei sudori, sempre mi son forzata inserire nell‘interessato e perfido cuore degli uomini. (Boccalini 1612: 46)

Dietro all‘allegoria si nasconde un giudizio tranchant sulla propria epoca, su ―il presente secolo, il quale tutto è interesse, tutto violenza‖ (Boccalini 1612: 76). Nella finzione satirica di Boccalini, un ruolo centrale è svolto dall‘allegoria degli occhiali. Nel fondaco immaginario dei politici è infatti possibile trovare diversi tipi di occhiali. Ci sono ad esempio gli occhiali indossati dai cortigiani e che ingrandiscono i benefici ottenuti da chi ha dedicato tutta la propria vita alla società di corte,

65 Per una comprensione più ampia della complessa figura di Boccalini, cfr. Pini (2014); Sberlati (2006); Ciccarelli (2011). In particolare, quest‘ultimo contributo mostra in modo chiaro il rapporto dialettico che Boccalini intrattiene con Machiavelli e con i teorici della ragione di Stato. In particolare, lo scrittore marchigiano apprezza lo svelamento machiavelliano dei motivi reali dell‘azione politica, ma allo stesso tempo rifiuta ogni declinazione amoralistica e giustificatoria dell‘esercizio spregiudicato dell‘azione di governo: ―Boccalini rilegge strumentalmente il Principe per mostrare il volto demoniaco della politica declinata nelle regole della ragion di stato, sulle quali vedeva fondato l‘immorale imperialismo spagnolo‖ (Ciccarelli 2011: 22).

84 oppure ci sono gli occhiali che permettono di vedere da vicino i principi, che in realtà sono lontanissimi e distanti. Accanto a questi tipi di occhiali, che fungono da vero e proprio strumento del potere, ve ne è tuttavia un altro tipo. Si tratta di occhiali dal potenziale sovversivo, occhiali che permettono di perscrutare l‘interiorità dei principi, e quindi di capire le loro intenzioni. Sono occhiali fabbricati da Tacito, il grande storico romano, dei quali esistono pochi esemplari. Un paio di questi occhiali vengono indossati da un letterato, al quale Apollo chiede un giudizio sulla propria epoca. Se a occhio nudo il letterato percepisce la realtà a lui contemporanea in termini positivi e ottimistici, la vista cambia drasticamente una volta inforcati gli occhiali di Tacito:

quello che io ora con questi occhiali rimiro, non altramenti è il secolo nel quale ora viviamo, ma un mondo pieno di ostentazioni e d‘apparenza con pochissima sostanza di bene e di vera virtù; dove numero grande d‘uomini sono foderati d‘una finta semplicità; vestiti della falsa alchimia di una apparente bontà, ma pieni d‘inganni, di artifici e di macchinazioni: dove ad altro più non si studia che a cercar d‘ingannare il compagno, e co‘ falsi pretesti di santissimi fini né baratri di scelleratissime imprese aggirar il suo prossimo. Veggio un secolo pieno d‘interesse, e nel quale anco tra il padre e il figlio non so scorgere perfetta carità ne candidezza di amore; e solo con questi mirabilissimi occhiali vengo fatto chiaro che ‗l mondo altro non è che una grandissima bottega, dove non è cosa sotto la luna, che non si comperi e non si venda; di modo che il vero fine degli uomini, che vi abitano, solo è il guadagno, l‘ammassar danaro. (Boccalini 1612: 89)

Il primo svelamento richiesto a chi voglia capire la politica e in generale il comportamento umano è di tipo generale. Gli occhiali di Tacito, ossia gli occhiali della riflessione storica e razionale,66 permettono di percepire chiaramente la realizzata universalizzazione dell‘interesse (cap.I). Un interesse che è ovunque, e che ovunque porta ―inganni‖, ―artifici‖, ―macchinazioni‖. Una visione spiacevole, ma necessaria nella misura in cui si voglia comprendere la ratio dell‘azione dei principi: ―Non operano, Signori, i Prencipi a caso, come molti scioccamente credono, nè (come facciamo noi) nelle attioni loro si lasciano guidare dalle passioni dell‘animo, ma ogni loro operazione è interesse, e quelle cose, che a privati paiono errori, e oscitazioni sono accuratezze e eccellenti precetti politici‖ (Boccalini 1612: 338-339).67

L‘interesse è la motivazione esclusiva dei principi: ―i Prencipi non caminano nelle cose grandi con altri piedi, che con quelli dell‘interesse‖ (Ivi, 457).68

Fallire nella comprensione di questo interesse, significa fallire nella comprensione della politica. Questo assioma fondamentale è confermato da

66 Vedi Pini (2014)

67 L‘universalizzazione non comporta in Boccalini alcuna neutralizzazione, ma al contrario un giudizio negativo del contesto storico entro il quale tale universalizzazione avviene: l‘egemonia spagnola, giustificata dai teorici della ragione di Stato.

68 Nell‘asserire questo legame strettissimo tra azione del principe e interessi, Boccalini sembra sfuggire alla dicotomizzazione interesse di roba – prerogativa del popolo – e interesse d‘onore – caratteristico del Principe e dei nobili. Se infatti i privati si interessano alla reputazione, i Principi non hanno altra motivazione che il puro interesse: ―i privati molto più che i Prencipi attendono à far quelle cose che detta loro la propria riputazione, servendo al Privato l‘honor per patrimonio; ma il Prencipe libero da tutte le altre passioni, attende solamente gli interessi‖ (Boccalini 1612: 448). In tale passaggio, il significato stesso di interesse pare tanto rarefatto da divenire pressoché indeterminato.

85 Boccalini nel suo commentario all‘opera storica di Tacito. L‘importanza della comprensione degli interessi non va in alcun modo a confliggere, contrariamente a quanto ipotizzato in apertura di capitolo, con la centralità delle dinamiche di dissimulazione. Quanto più l‘azione politica è dissimulata, quanto più diviene importante e centrale vedere aldilà di questa dissimulazione. La pericolosità degli interessi non consiste soltanto nel fatto che essi siano infami e immorali,69 ma anche e soprattutto nel fatto che la loro centralità come fattore motivazionale dell‘azione politica sia dissimulata sotto un velo di inganno e finta benevolenza:

Guardatevi dunque voi, che negoziate co‘ Prencipi, da i concetti maliziosi, e dall‘empiastro di morbide parole; perche quando dolcemente cantano, allora crudelmente incantano. L‘interesse muove la loro lingua, non la giustizia, e non l‘amore del Benpubblico. Pochi arrivano a intendergli, perche parlano in cifra. Guai a chi si ferma sulla superfizie delle loro espressioni lavorate al torno, per ingannare i semplici, e per erudire i saputi. Chi misura bene il genio, e l‘interesse del Prencipe, non troverà molto difficile a indovinare, quali siano i suoi fini, e i disegni, benché mascherati tra gli enigmi di speziose parole. (Boccalini 1678: Intro)

La difficoltà nel ―perscrutare‖ gli interessi è legata a una complessità di tipo epistemologico. Mentre lo sguardo umano si ferma al livello dell‘azione esteriore, dominato dalla dissimulazione, l‘interesse è invece nascosto all‘interno dei pensieri e delle intenzioni umane. Da questa considerazione70 deriva un ulteriore consiglio destinato a coloro i quali navigano nelle tormentate acque della politica e della relazione con i principi:

Ricordiamo, che fà mestieri essere oculatissimo nel pratticar con Prencipi, e per non dar negli scogli con essi loro, non si trova più esquisita, né più vera tramontana per navigar i vastissimi pelaghi de loro pensieri cupi, che perscrutare il loro interesse; perciocché difficilissimo è il regolarsi con l‘azioni loro esteriori, le quali come quelle, che non dicono mai il vero, non procedendo dalla schiettezza d‘animo, cagionano, che si fanno nel procedere con esso loro, lagrimevolissimi naufragii (Boccalini 1677: 159)

Emerge dunque il carattere estremamente realista delle considerazioni di Boccalini. ―Realista‖ non sta qui a significare un‘adesione amorale, disincantata, spietata e giustificatoria dell‘azione politica. Al contrario, si tratta di un precetto prudenziale diretto a tutti coloro i quali abbiano a che fare con i politici della loro epoca. La capacità di leggere gli interessi del principe assume un valore epistemologico prima ancora che morale. Dietro alla natura precettistica di molte delle osservazioni

69 Come in Guicciardini, e probabilmente in modo ancora più marcato, il carattere potenzialmente pericoloso e immorale non viene attribuito soltanto agli interessi personali, ma anche all‘interesse di Stato. Il pericolo comportato da tale potenziale immoralità rischia di riversarsi sulla famiglia del Principe, che spesso deve sacrificare i propri affetti più cari alla tirannia dell‘interesse: ―L‘interesse di Stato è un Tiranno, che fà tiranni tutti co‘oro, che più il loro interesse amano, che ne‘l Cielo, nè l‘honor, nè gli stessi figliuoli.‖ (Boccalini 1677: 202). ―Che il Padre ammanza il figliuolo, il figliuolo il Padre, è cosa da Prencipi per gli interessi loro‖ (Ivi, 328). Tuttavia, la violenza dell‘interesse di Stato talvolta non risparmia nemmeno lo stesso principe e la sua stessa persona: ―L‘interesse di Stato è per aponto come i Cani d‘Atteone, straccia le viscere al proprio Padrone. Non hanno gli inferni spavento per atterrire un cuore innamorato di regnare‖ (Ivi, 503).

70 E da altre considerazioni analoghe, ad esempio: ―L‘Azzioni grandi de‘ Prencipi non si possono se non da pochi con molta difficoltà penetrare, d è la ragione, per la molta secretezza che si trova negli ufficiali, e nelle loro ....; oltre che ricoprono gli proprii interessi con pretesti honoratissimi da quello che si pubblica per il volgo‖ (Ivi, 164).

86 di Boccalini – le quali mirano a consigliare gli attori sociali che hanno a che fare con i principi – si delinea pur in modo non sistematico una tesi epistemologico-politica: non è possibile comprendere e prevedere l‘azione di qualunque attore politico, se non si comprendono gli interessi che lo muovono.

L‘esempio di Boccalini sembra così suggerire un‘integrazione della celebre tesi di Hirschman, secondo la quale a partire dal secolo XVII l‘interesse cessa di essere percepito come un elemento di instabilità e incostanza, e diviene invece elemento di stabilità e prevedibilità del comportamento umano. Una versione embrionale e originale di questa idea è infatti già presente nelle riflessioni del letterato marchigiano. Sebbene l‘interesse mantenga il suo carattere di pericolosità, esso assume in Boccalini lo status di criterio di intelligibilità e prevedibilità dell‘azione umana – senza che questa ―prevedibilità‖ introduca un potere pacificatorio all‘interno delle relazioni sociali. In aggiunta a queste evidenti differenze rispetto agli autori protagonisti del processo di neutralizzazione esposto nel capitolo III, ciò che manca nel letterato e polemista satirico Boccalini è una spiegazione metodologica del ―come‖ sia possibile conoscere gli interessi. Un‘intenzione metodologica che invece possiamo rinvenire in un autore cruciale nella ricostruzione di Hirschman, quale Henri de Rohan.

4.2 Comprendere l‟interesse degli stati: il duca di Rohan

Il capo degli ugonotti francesi a cavallo tra ‗500 e ‗600 Henri de Rohan è un autore centrale all‘interno della riflessione francese sulla ragione di Stato.71

Nel saggio dedicato all‘interesse dei principi, Rohan assume una postura in cui piano descrittivo e piano normativo si intrecciano profondamente. Oggetto dell‘analisi di Rohan non è tanto e solo l‘interesse del principe, quanto soprattutto l‘interesse di Stato. A livello descrittivo, il duca ugonotto sostiene che gli interessi di uno stato non siano nascosti, imperscrutabili e misteriosi di per se stessi. L‘interesse di una nazione può infatti essere compreso e definito attraverso l‘impiego della ragione. In questo senso, l‘interesse finisce così per determinare la natura di uno Stato. Pertanto, mancare agli interessi di un determinato stato implica mettere in pericoloso la sua stessa sussistenza.

Da questo forte legame tra interesse e identità emerge un piano normativo della riflessione di Rohan. L‘interesse non è solo una motivazione interna, ma è anche e soprattutto una regola. Chi segue l‘interesse dello stato, fa il bene dello stato. In tal modo l‘interesse assume una funzione

71 Sull‘importanza storica di Rohan nell‘Inghilterra del ‗600 vedi Gunn (1969). Per un‘introduzione generale al profilo storico, politico e teorico cfr. l‘imprescindibile Lazzeri (1995).

87 regolativa tanto a livello epistemologico – capire e definire l‘interesse al fine di comprendere le dinamiche politiche – quanto a livello pragmatico – orientare la propria azione politica verso un interesse che, a differenza delle inclinazioni personali e delle passioni individuali, non fallisce mai: ―Le prince se peut tromper, son conseil peut etre corrompu, mais l‘interet seul ne peut jamais manquer‖ (Rohan 1638 [1995]: 161).72

Ma affinché l‘interesse non ―manchi‖, esso va inteso correttamente.

La riflessione sulla natura dell‘interesse di Stato è un elemento integrante dell‘opera di Rohan. L‘importanza di questa riflessione è insieme teorica e pragmatica. L‘interesse infatti, secondo che sia bene o male inteso, fa vivere o morire gli stati. (Ivi, 161) Affinché questo interesse sia bene inteso, e la sopravvivenza e il benessere dello Stato siano realizzati, è necessario seguire la guida della ragione. La ragione individua l‘interesse di ogni stato, e verifica se l‘azione politica è conforme rispetto ad esso. Rohan propone così un metodo oggettivo e pubblicamente osservabile. Viene così perduta, o quantomeno limitata, la natura necessariamente ―segreta‖ dell‘interesse di Stato.73 Inoltre, il compito di valutare gli interessi non spetta solo ai governanti, Il giudizio degli interessi di Stato diventa pubblico, e non più necessariamente segreto e dissimulato. La valutazione dell‘interesse di Stato presenta dei caratteri razionali e specificamente scientifici. Una scienza irriducibile al metodo matematico-geometrico – a differenza di quanto non avvenga in Hobbes –, e che non si ispira al presente, piuttosto che ai modelli e all‘esempio della storia – differentemente da Machiavelli.74

Il criterio che Rohan sembra seguire nel delineare gli interessi specifici dei diversi stati è quello della posizione.75 Dobbiamo intendere il termine ―posizione‖ in almeno due sensi. Innanzitutto, un senso geografico-naturale. La Francia, protetta dalle Alpi e dai Pirenei e da due mari, sembra essere invitata dalla natura a opporsi ai progressi della potenza vicina, ossia la Spagna (Ivi, 170). La stretta dipendenza della Svizzera e delle Provincie Unite rispetto ai vicini tedeschi è suggerita dal fatto che le due terre appaiono come le braccia della Germania (Ivi, 181). La seconda accezione di ―posizione‖ è invece contingente-politica, e di natura ancora più marcatamente relazionale. L‘interesse di uno stato è strettamente dipendente dagli interessi, dalle strategie e dalla forza degli stati confinanti e delle altre potenze continentali. Ad esempio, è impossibile pensare l‘interesse francese a prescindere dalle tendenze egemoniche della Spagna, dal rapporto di quest‘ultima con la Chiesa e con la frammentazione politica italiana, e dalle relazioni con gli stati Protestanti. In

72 Questa frase verrà tradotta infedelmente in inglese con l‘espressione: ―Interest will not lie‖. Questa massima e la sua importanza nel dibattito politico inglese secentesco sono trattati da Gunn (1968).

73 Come nota Lazzeri, ―il momento della decisione può certamente restare segreto, ma non il principio stesso della decisione‖ (Lazzeri 1995: 136).

74 Rohan denuncia esplicitamente le mancanze degli attori politici che si lasciano guidare nelle loro azioni dagli esempi del passato, piuttosto che dalle ragioni presenti (Rohan 1638 [1995]: 159).

88 particolare, gli interessi delle due grandi potenze continentali sembrano rincorrersi in un continuo gioco di specchi. Se in merito alle questioni politiche religiose ―la prima massima dell‘interesse della Spagna‖ è la persecuzione dei Protestanti e delle loro ricchezze, è interesse della Francia mostrare ai cattolici il pericolo rappresentato dal disegno che muove la politica spagnola, il cui compimento porterebbe alla sottomissione della Chiesa e del suo vicario allo strapotere di una monarchia senza più avversari politici e militari.76 O ancora, rispetto alle complicate vicende politiche italiane il vero interesse della Spagna è impedire che la Francia entri in Italia; il vero interesse della Francia consiste nel mantenere una via d‘accesso alla penisola, così da evitare l‘egemonia spagnola; infine, il vero interesse degli italiani sarebbe cacciare tutti gli stranieri dall‘Italia. Ma non potendolo fare, i principi italiani possono solo mirare a conservare la loro libertà, giocando un ruolo di contrappeso e mediazione tra le due grandi potenze spagnole e francesi (Ivi, 200).

In virtù di tale criterio relazionale, l‘identità dell‘interesse cambia al cambiare della posizione dello Stato e degli Stati che lo circondano. L‘interesse è un criterio dinamico e performativo: ogni stato nella sua posizione attuale ha un suo proprio interesse. Al cambiare della posizione, cambia l‘interesse: ―n‘appartient-il pas à tous, de juger le vrai intérêt d‘un État, et le savoir suive. Il faut des lumiere plus que naturelles, pour observer les mutations d‘une chose si difficile à comprendre‖ scrive Rohan nella sua dedica a Richelieu (Ivi, 159). È dunque un grave errore pensare l‘interesse e dunque l‘identità stessa dello Stato in termini atemporali. Ritenere che uno Stato mantenga invariato il suo interesse al variare delle condizioni politiche, religiose ed economiche non solo dello Stato stesso, ma anche e soprattutto delle potenze che lo circondano, significa cadere in un pericoloso inganno.

È importante notare come i tratti che caratterizzano la metodologia di Rohan nell‘indagine sulla natura degli interessi di Stato – centralità della posizione e della relazione; attenzione alla

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