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CAP 4 L’OUTSOURCING 4.1 Il fenomeno dell’outsourcing.

“[…] one of the greatest organisational and industry structure shifts of century.”191

Negli ultimi anni si sta assistendo a forti cambiamenti nelle strutture delle imprese, che si stanno gradualmente aprendo all’esterno e stanno creando nuove forme di relazioni con le altre imprese, non più basate solo sulla competizione. Questo perché le strutture integrate verticalmente sono state efficaci finché il mercato ha richiesto prodotti standard e, di conseguenza, le decisioni di acquisto erano essenzialmente basate sul prezzo, ma il cambiamento nelle scelte di consumo ha portato al fallimento di molte di queste strutture, rivelandosi più efficaci complessi flessibili, in grado di instaurare

relazioni sia verticali che orizzontali con le altre imprese.192 Secondo Hakansson, ad

esempio, le relazioni interaziendali sono le risorse di maggior valore dell’impresa sia per il contributo che danno all’aumento dei livelli di produttività e di efficienza, sia in considerazione della loro funzionalità ai fini della circolazione delle informazioni tra le imprese. Solitamente le relazioni tra imprese di tipo cooperativo hanno un orizzonte temporale esteso e prevedono accordi tra aziende che comportano prestazioni congiunte in una o più aree aziendali, ponendosi quindi come una forma di governo delle relazioni alternativa al mercato ed alla gerarchia che, in certi casi, possono ottimizzare il trade–

off esistente tra costi di produzione e di transazione193.

191

James Brian Quinn, del Dartmouth College, presentazione dell’European Outsorcing Summit, 2003, organizzato da Michael F. Corbett & Associates, Ltd

192

Ricciardi Antonio, (2000), L’outsourcing strategico. Modalità operative, tecniche di controllo ed effetti

sugli equilibri di gestione, Franco Angeli, pag.13-17, 26-27.

114 L’outsourcing è definito come la scelta di affidare a fornitori terzi attività precedentemente svolte all’interno dell’azienda; parlando di outsourcing, quindi, il richiamo è alle aziende già operative che scelgono di affidare un’attività prima svolta internamente a terzi, in considerazione (almeno in via ipotetica) di un certo rapporto benefici/inconvenienti, mentre nel caso di aziende di nuova costituzione la situazione è molto diversa, in quanto affidarsi ad un soggetto esterno per la produzione di un bene o di un servizio non comporta alcuna necessità di dismissione, ma solo una scelta tra i

diversi fornitori194. L’espansione del fenomeno degli ultimi anni è dovuta a diversi

fattori: la globalizzazione, le riforme del settore pubblico, gli avanzamenti nel campo dell’information and communication technology, i cambiamenti nelle decisioni di

acquisto dei consumatori, che si dimostrano sempre più esigenti195.

I protagonisti dell’outsourcing sono tre, ovvero:

 l’outsourcer, detto anche provider, vendor o fornitore, quindi colui che si occupa

di fornire quei prodotti e servizi che venivano prima svolti internamente all’azienda;

 l’outsourcee o, come viene normalmente chiamato in Italia, il committente,

ovvero la parte che rinuncia ad un’attività svolta internamente cedendola all’esterno e avvalendosi di quanto prodotto dall’outsourcer;

 il cliente finale, cioè l’utente del servizio/l’utilizzatore del bene realizzato in

outsourcing. Il cliente finale può essere esterno all’azienda o essere parte di un

194

Ventricelli Giuliana, (2004), Outsourcing. Conviene davvero esternalizzare?, RCS Libri Spa, pag.5.

195 McIvor Ronan, (2005), The outsourcing process – strategies for evaluation and management,

115 settore o una divisione della stessa, ed in questo ultimo caso si parla di cliente interno196.

Il termine outsourcing in se stesso non trova un riferimento univoco in letteratura: per alcuni studiosi deriva dalla contrazione di “outside” e “resourcing”, quindi posizionare esternamente all’azienda risorse usate dalla stessa, concentrandosi sul profilo decisionale, intendendo l’outsourcing come la decisione con cui le società scelgono di trasferire esternamente attività o processi per avere creazione di valore; altri ritengono derivi dall’unione di “out” e “sourcing”, il primo termine riferito all’esterno ed il secondo al verbo “to source”, quindi arrivare alla fonte; altri ancora pensano sia un’abbreviazione di “outside resource using”, concentrandosi quindi più sul profilo strategico dell’operazione, intendendo quelle soluzioni con cui le imprese attingono

all’esterno per acquisire le proprie risorse197

.

In italiano il termine outsourcing viene tradotto con “esternalizzazione”, che rende bene l’idea di quello che avviene praticamente, ovvero affidare all’esterno una parte delle proprie attività. Spesso come sinonimo viene usato anche terziarizzazione, ma questo in Italia indica già un altro fenomeno, cioè il passaggio da un’economia industriale ad un basata sul terzo settore (quindi quello dei servizi) e non può perciò essere adeguatamente impiegato intendendo anche l’affidamento all’esterno della

produzione di beni (e non solo di servizi)198.

Un’espressione che può essere vista in relazione ad outsourcing è “integrazione verticale”, che fa riferimento al livello delle attività svolte internamente, sia a monte che a valle dell’attività specifica dell’azienda; entrambi i fenomeni possono essere messi in

196

Ventricelli Giuliana,(2004), op. cit., pag. 6-7.

197 Ventricelli Giuliana, (2004), op. cit., pag. 5-6. 198 Ventricelli Giuliana, (2004), op. cit., pag. 5-6.

116 relazione con la decisione se svolgere un’attività internamente o esternamente. Un altro termine spesso usato è “make or buy”, legato alla decisione se produrre un componente internamente o se acquistarlo da un fornitore esterno. Il termine “make or buy” viene ormai usato da diversi anni, quindi è evidente che le imprese hanno sempre scelto di utilizzare prodotti o servizi esterni, ma prima ciò avveniva limitatamente ad alcuni ambiti, come la sicurezza, la distribuzione, la contabilità, mentre ad oggi molte organizzazioni stanno ampliando l’area delle attività affidate all’esterno, non contemplando più questa scelta solo per le attività marginali ma anche per quelle più critiche ed a maggior valore, andando a complicare notevolmente il processo

decisionale legato all’outsourcing199.

E’ importante fare una distinzione tra due tipi di outsourcing: quello attuato per mantenere la propria posizione competitiva e quello attuato per ottenere un vantaggio competitivo. La prima situazione si verifica, di solito, quando le organizzazioni tentano per la prima volta un approccio all’outsourcing, essendo in questi casi indirizzato essenzialmente alla riduzione dei costi ed al miglioramento della performance in una certa area, ma ci sono anche organizzazioni che perseguono una strategia di outsourcing in una prospettiva di “follow the leader”; nello specifico, l’outsourcing fine a se stesso o per seguire il leader di mercato non può essere una base per la creazione di vantaggio

competitivo, ma può essere usato come un mezzo per ottenerlo200.

La scelta se esternalizzare o meno viene di solito presa dal vertice, nonostante tale politica abbia un impatto in primo luogo sulle linee operative: questo perché i vertici guardano con interesse all’outsourcing, mentre i quadri intermedi ed i responsabili di funzione la vedono con sospetto, in quanto potrebbe portare ad un calo

199 McIvor Ronan, (2005), op. cit., pag. 7-8. 200 McIvor Ronan, (2005),op. cit., pag. 9.

117 del proprio prestigio in azienda. Il rischio è quindi di avere atteggiamenti demotivati, che si riflettono anche sui dipendenti e quindi sull’operatività dell’organizzazione, portando a comportamenti che potrebbero anche ostacolare l’operazione di

esternalizzazione.201

4.2 I riferimenti normativi dell’outsourcing.

Nell’ordinamento giuridico italiano non troviamo nessun riferimento specifico al contratto di outsourcing, che continua quindi ad essere un contratto atipico; in particolare, è parte di quei cosiddetti contratti atipici “misti” o “complessi”, per la cui applicazione si fa riferimento a diverse tipologie di contratti presenti nella normativa, creando quindi un problema in merito alla disciplina applicabile a questi contratti, anche se secondo l’impostazione prevalente si deve utilizzare in questi casi, per analogia, la

disciplina del contratto la cui funzione, in concreto, prevale202.

Nello specifico, il contratto di outsourcing viene accostato ad alcuni contratti tipici: il contratto di appalto, il contratto di subfornitura, il contratto di agenzia, il

contratto di consulenza, il lavoro in affitto, il contratto di comando o distacco203.

Il contratto di appalto, disciplinato dall’art. 1655 c.c., viene definito come “il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro”. Quindi non tutti gli affidamenti a terzi danno luogo ad appalto, perché per poter parlare di tale tipologia contrattuale dobbiamo avere due elementi: l’organizzazione imprenditoriale da parte dell’appaltatore, intesa come organizzazione

201

Ventricelli Giuliana, (2004), op. cit., pag. 25.

202 Ventricelli Giuliana, (2004), op. cit., pag.9.

Riciardi Antonio, (2000), op. cit., pag.101.

203 Ricciardi Antonio, (2000), op. cit., pag.102.

118 non solo in senso materiale ma piuttosto come attività organizzativa, ed una gestione a proprio rischio, quindi con un’assunzione, da parte dell’appaltatore, di un’obbligazione di risultato e non di mezzi. Per l’imprenditore che decide di avvalersi di tale contratto sono previsti alcuni obblighi204 in solido con l’appaltatore, compresi quelli previsti in

tema di igiene e sicurezza sul lavoro205.

Il contratto di subfornitura, invece, è definito dall’art.1 della Legge n.

192/1998206 come quell’accordo con cui “un imprenditore si impegna a effettuare per

conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall'impresa committente”. E’ un tipo di contratto particolarmente usato nel settore industriale, e possiamo facilmente vedere come questa situazione si configuri come outsourcing nel caso in cui l’attività affidata in subfornitura fosse

precedentemente svolta internamente all’azienda207.

Il contratto di agenzia, disciplinato dagli artt. 1742208 e seguenti del Codice

Civile, dai contratti collettivi e dalla legislazione speciale, è definito dall’articolo 1742 c.c., comma 1, come quel contratto con cui “una parte assume stabilmente l'incarico di promuovere, per conto dell'altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”: l’agente è quindi un collaboratore autonomo che si incarica

204

E’ stata invece abrogata la Legge 1369/1960, “Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi” ad opera del D. Lgs. 276/2003

205

Ventricelli Giuliana, (2004), op. cit., pag.11. Ricciardi Antonio, (2000), op. cit., pag.102-103.

206

Legge 18 giugno 1998, n. 192, “Disciplina della subfornitura nelle attività produttive”

207 Ventricelli Giuliana, (2004), op. cit., pag.12.

119 dell’organizzazione dell’attività svolta e si accolla il rischio che comporta; il preponente dovrà fornire all’agente tutte le informazioni necessarie per l’attività di promozione. Anche con questa modalità vediamo quindi che abbiamo le tre figure previste dal contratto di outsourcing: il preponente che dà incarico di svolgere l’attività, l’agente che deve organizzare in proprio l’attività (come l’outsourcer) ed il cliente finale.

Con il contratto di comando o distacco il datore di lavoro, detto distaccante, per proprie esigenze produttive mette temporaneamente a disposizione di un altro soggetto, il distaccatario, uno o più lavoratori, i distaccati, per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. La definizione legale di distacco, in precedenza prevista solo dalla

giurisprudenza, è stata fornita dalla cosiddetta riforma Biagi209. I requisiti di legittimità

di tale operazione sono allora due: la temporaneità del distacco e l’interesse del distaccante. Per temporaneità si intende che il distacco non deve essere definitivo, indipendentemente dalla lunghezza del periodo di distacco, durata che deve comunque essere funzionale alla persistenza dell’interesse del distaccante. Per ciò che riguarda le esigenze produttive del datore di lavoro, con tale espressione si deve intendere qualsiasi interesse produttivo del distaccante, che non sia la mera somministrazione di lavoro altrui; tale interesse deve comunque permanere per tutta la durata del distacco. Si può allora vedere che tale contratto non consiste in un vero outsourcing, ma potrebbe essere un primo passo verso di esso, sperimentando un alleggerimento nel numero dei lavoratori interni210.

L’outsourcing può anche realizzarsi con il trasferimento della titolarità dei mezzi necessari per svolgere l’attività che si decide di affidare a terzi, ed in merito è importante inquadrare la disciplina del trasferimento d’azienda. In particolare, il D. Lgs.

209

Legge 14 febbraio 2003, n.30, “Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro”, così chiamata in ricordo di Marco Biagi, giuslavorista promotore della Legge ucciso nel 2002

120

18/2001211 ha definito trasferimento d’azienda all’art. 1 “qualsiasi operazione che

comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato, ivi compresi l'usufrutto o l'affitto d'azienda”, aggiungendo che può essere configurato come tale anche il trasferimento di parte dell’azienda, intesa come “articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata ai sensi del presente comma, preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità”. La normativa non ha apportato modifiche in tema di diritti del lavoratore, escludendo che il trasferimento d’azienda possa essere un giustificato motivo per il licenziamento; inoltre “In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. […] Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si

produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.”212

4.3 La selezione dell’outsourcer.

Una volta che un’organizzazione ha deciso di voler procedere con un’operazione di outsourcing, è necessario che si accerti che l’outsourcer:

211

Decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.18, “Attuazione della direttiva 98/50/CE relativa al

mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti”

212 Ricciardi Antonio, (2000), op. cit., pag.105-109.

121

 abbia le infrastrutture tecniche, finanziarie ed umane necessarie per poter

permanere nel suo settore con una posizione solida, durevole e competitiva;

 abbia un management ed una struttura flessibile, in grado di reagire prontamente

ai cambiamenti nella tecnologia e nel mercato;

 abbia una credibilità riconosciuta grazie a precedenti esperienze documentate ed

affidabili, e goda quindi di buona reputazione nel suo campo;

 sia in grado di fornire il servizio richiesto/produrre il bene richiesto secondo

parametri economici misurabili;

 sia in grado di attivare uno stretto rapporto di collaborazione se così richiesto dal

committente213.

Gli elementi che allora il committente dovrebbe considerare, per poter possedere una sufficiente griglia di informazioni, sono:

 l’assetto societario ed organizzativo dei potenziali fornitori;

 gli ambiti di attività sviluppati;

 il fatturato;

 il personale, dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo;

 l’area geografica in cui l’azienda opera e quelle in cui è in grado di erogare il

servizio/fornire il prodotto;

 i clienti più importanti;

 il livello di customer satisfaction e di fidelizzazione del cliente;

 i progetti di outsourcing e gli investimenti in corso.

Ovviamente tale elenco è puramente una base, a cui il committente potrà aggiungere ulteriori quesiti in tutti quei casi in cui ritenga di averne bisogno per

213 De Paolis Alessandro, (2001), Outsourcing e valorizzazione delle competenze – le regole base per un

122 procedere con sicurezza ad una scelta: ad esempio, l’analisi sarà tanto più approfondita quanto più la relazione dovrebbe andare oltre la semplice fornitura, verso una partnership strategica. Altri elementi di cui tener di conto nel decidere quanto lo studio preliminare dovrebbe andare in profondità sono la complessità dei processi che si vuole

esternalizzare e la loro criticità ai fini del vantaggio competitivo214.

Una volta svolta questa analisi preliminare sui potenziali fornitori, l’azienda è in grado di restringere il campo di scelta, attuando poi ulteriori studi per elaborare una graduatoria dei possibili outsourcer in base alle esperienze maturate, le competenze distintive, l’economicità dell’offerta, la flessibilità. Una volta scelto un fornitore in questo gruppo ristretto, potrebbe rendersi necessario svolgere una negoziazione degli elementi di dettaglio, ad esempio con analisi presso la struttura del fornitore stesso, entrando nel “cuore” della sua operatività. Il processo di negoziazione non è standard, in quanto può richiedere più o meno tempo in ragione della complessità dell’operazione, ed è utile per definire elementi come i reali costi di gestione, le ipotesi di economie di scala, i livelli del servizio offerto. Da un punto di vista pratico, questa fase prevede la formazione di un team formato dalle parti, impegnato nell’analisi degli aspetti economico - finanziari, organizzativi, tecnici e legali legati all’operazione di outsourcing, che nel concreto significa:

 definire dettagliatamente il contenuto delle prestazioni richieste dal committente

all’outsourcer;

 individuare le soluzioni relative all’impiego del personale del committente

nell’area che viene esternalizzata: le soluzioni possono essere il trasferimento presso l’outsourcer, la riconversione professionale in azienda, l’allontanamento;

123

 definire le modalità di trattamento delle informazioni riservate che il

committente fornisce all’outsourcer;

 definire il costo effettivo dell’operazione;

 individuare i parametri di controllo ritenuti più efficaci;

 definire i sistemi di incentivi in relazione ai risultati raggiunti dall’outsourcer215.

4.4 Il contratto di outsourcing.

Essendo, come detto sopra, il contratto di outsourcing un contratto atipico, si rende necessario negoziarlo in maniera molto dettagliata, cercando di definire precisamente ogni aspetto del contratto: l’oggetto del contratto stesso, quindi le obbligazioni che le parti si assumono reciprocamente rispettando le decisioni in tema di

modalità di pagamento, tempistiche, livelli di servizio e penali216.

La necessità di definire chiaramente l’oggetto del contratto, con particolare attenzione alle prestazioni cui si impegna il fornitore, si scontra con l’effettiva capacità di indicare l’intero spettro delle attività svolte da funzioni aziendali caratterizzate da un’organizzazione complessa di beni e personale. Ciò che solitamente si fa nella pratica è allora stabilire le regole principali delle attività oggetto del contratto, aggiungendo allegati tecnici e un manuale operativo contenenti i dettagli e le procedure di esecuzione

della prestazione.217

Importante è poi regolare eventuali cambiamenti nella prestazione del fornitore, ad esempio creando la “partnership misurabile”, che consiste nella condivisione di interessi da parte del committente e del fornitore. Gli altri elementi che caratterizzano il contratto di outsourcing sono:

215

De Paolis Alessandro, (2001), op. cit., pag. 94-97.

216 Ricciardi Antonio, (2000), op. cit., pag.114. 217 Ricciardi Antonio, (2000), op. cit., pag.114.

124

 la durata: l’outsourcing è un contratto ad orizzonte temporale esteso, anche se

non c’è una durata standard: solitamente si va dai cinque ai dieci anni, anche se vi sono casi di durate annuali e di contratti di quindici anni. La durata dei contratti aumenta in caso di mercati stabili e se l’outsourcer elabora ambiziosi piani di diminuzione dei costi;

 le modalità di pagamento: solitamente i contratti di outsourcing possono essere a

tariffa o di tipo cost plus (o cost down). Nel primo caso si domanda al fornitore di assumere un rischio imprenditoriale, definendo una tariffa e lavorando sui costi per ridurla; nella pratica questo metodo è applicato con due diverse modalità, il prezzo a transazione (con cui il cliente paga un certo prezzo per ogni unità di servizio concordata) e il prezzo programmato (basato su una stima dei costi di gestione dell’outsourcer dal primo anno fino al termine del contratto). Con il metodo cost plus, invece, il cliente paga all’outsourcer esattamente quanto da lui speso più il mark–up. Esistono infine delle forme miste;

 le penali da applicare nel caso in cui non sia rispettato il livello di servizio richiesto, da specificare nel contratto insieme alle relative modalità di misurazione;

 le modalità di estinzione del contratto: sono quelle ammesse dalla legge per i

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