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«Il pensiero di fondo degli americani sembra essere che, se l’indignazione popolare in Egitto dovesse dirigersi contro il Regno Unito, sarebbe nell’interesse degli Stati Uniti tentare di evitare qualsiasi condivisione di tale odio».

Sir Oliver Franks, ambasciatore britannico negli Stati Uniti, telegramma al Foreign Office, 10 agosto 1945.

1. Il tentato coinvolgimento di Israele

Alla fine del 1950, si può affermare, gli alleati anglo-sassoni misero a punto dei nuovi piani di difesa per l’area interessata, ed entrambi erano convinti che una maggiore collaborazione tra loro sarebbe stata opportuna per facilitare la soluzione dei problemi con l’Egitto. Sembrava che ormai gli americani avessero abbandonato l’idea che tali territori fossero di esclusiva competenza britannica, tant’è che il punto nodale della nuova strategia per il Medio Oriente si basava su un comando anglo-americano, anche se gli inglesi avrebbero comunque svolto un ruolo principale nella struttura. Gli strateghi del Pentagono si erano resi conto che le risorse militari britanniche nella regione in discussione erano troppo esigue, per garantire al meglio la tutela degli interessi americani, che erano principalmente petroliferi. La debolezza britannica era troppo risaputa, continuava il documento, per non inficiare anche il prestigio politico del regno Unito, motivo per cui una concezione della difesa area, fondata esclusivamente sull’impegno inglese, non era più proponibile486. Contemporaneamente, Israele si era dichiarata favorevole a partecipare attivamente alla difesa del Medio

486

Cfr. Memorandum by the Assistant Secretary of State for Near Eastern, South Asian, and

African Affairs (McGhee) to the Secretary of State, 12/27/1950, in FRUS 1951, Vol. V, The Near

East and Africa, United States Government Printing Office, Washington D.C., 1982, S/P-NSC Files: Lot 61 D 167: “Eastern Mediterranean and Middle East”, pp. 4-14. Il 27 gennaio 1951, Acheson ordinò al Pentagono di studiare un maggiore impegno Americano nel Medio Oriente, aggiungendo che gli interessi della nazione sarebbero stati meglio tutelati tramite sforzi combinati americani, britannici e delle forze locali, in uno schema di difesa collettivo dell’area. Cfr. P. L. HAHN, Containment and Egyptian Nationalism…cit., pp. 28-29.

Oriente, naturalmente collaborando con le potenze occidentali, dichiarandosi pronto anche a dialogare con gli ex colonialisti in Palestina487.

La diplomazia israeliana si era ormai messa in movimento, tanto che sembrava che un nuovo soggetto politico si affacciasse alla ribalta della scena internazionale. I tempi in cui lo Stato ebraico indugiava su quale schieramento scegliere, nel confronto della Guerra Fredda, si stavano allontanando definitivamente, così come si stavano superando le tensioni con la Gran Bretagna. Anche gli inglesi, infatti, intendevano fare affidamento sulle potenzialità del nuovo Stato, considerato molto più potente ed affidabile rispetto alle realtà arabe. Alla luce della documentazione disponibile, si nota che gli anglo-sassoni stavano dibattendo sul modo migliore per sfruttare la volontà di impegno israeliana. Nonostante fosse evidente un certo entusiasmo circa la scelta di campo del nuovo Stato mediorientale, gli alleati non volevano mettere a repentaglio la collaborazione araba, ragion per cui si ventilava l’ipotesi di associare lo Stato ebraico ad una più ampia organizzazione internazionale, che comprendesse Turchia, Grecia, Iran e anche Afghanistan488. Naturalmente, anche Londra condivideva tali preoccupazioni, in quanto, in caso di accordo con Israele, mai le sue truppe sarebbero state utilizzabili in territorio arabo. Occorreva, di conseguenza, discutere una serie di problemi con i rappresentanti dello Stato ebraico489.

Il fattore israeliano cominciava a comparire anche nei piani di difesa britannici. A conferma di ciò, è sufficiente osservare un documento del Joint Planning Staff, sempre di quei giorni, in cui si sosteneva che, allo scoppio di una guerra, quello Stato avrebbe molto probabilmente chiesto di essere associato ad una qualche organizzazione militare a guida occidentale, fornendo ad essa un importante contributo. Stando così le cose, ragionavano i militari britannici, sarebbe stato opportuno intavolare serie trattative con Israele per un eventuale piano di difesa comune, anche se sarebbe stato poco probabile che le truppe inglesi avessero avuto il permesso di stazionare in territorio israeliano in tempo

487 Cfr. Memorandum of Conversation, by the Officer in Charge of Palestine, Israel, and Jordan

Affairs (Rockwell), 12/28/1950, in FRUS 1950, Vol. V, 784A.5/12-2850.

488 Cfr. The Chargé in the Soviet Union (Barbour) to the Department of State, 01/05/1951, in

FRUS 1951, Vol. V, 780.5/1-551: Telegram, pp. 14-16.

489 Cfr. The Ambassador in the United Kingdom (Gifford) to the Department of State,

di pace490. Gli studi su questa nuova prospettiva non si limitavano solo a discussioni e analisi di natura militare. A dimostrazione della serietà con cui veniva affrontata la questione, e della determinazione di Israele a proseguire nella politica intrapresa, a Londra si era svolto un primo incontro tra Elath, Ministro israeliano in Gran Bretagna, e William Strang, Sotto-Segretario Permanente presso il Foreign Office. Il politico britannico disse subito al diplomatico ebreo che la Gran Bretagna era intenzionata a costruire un’alleanza con Israele o in base ad un accordo bilaterale, oppure alla luce di un più ampio consenso regionale. Una volta stabilito ciò, il Regno Unito avrebbe utilizzato infrastrutture militari nel territorio israeliano. Il motivo che induceva la Gran Bretagna ad inoltrare queste richieste, scriveva Elath nel suo rapporto, era l’immobilismo dei negoziati con l’Egitto. Un accordo col Paese arabo si rivelava sempre più difficile, e Londra intendeva cogliere al volo l’occasione creatasi con l’apertura israeliana. Certamente, l’esercito di Davide era meglio armato e meglio addestrato di tutte le forze armate arabe, e gli israeliani stavano dando prova di un più sicuro affidamento alla causa occidentale. Tutto ciò rendeva possibile, per il governo britannico, superare i dissapori e i contrasti con le autorità ebraiche, che solo pochissimi anni prima avevano visto gli inglesi osteggiare la fondazione del nuovo Stato, anche se – commentava Elath – Bevin pareva più interessato ad ottenere da Israele quello che non riusciva ad ottenere dal Cairo, piuttosto che allo sviluppo economico-sociale del nuovo soggetto politico491. Una volta valutata questa prima proposta britannica, il governo israeliano inviò la sua risposta a Londra, sempre tramite il ministro Elath. Gerusalemme, rendeva noto il Primo Ministro Ben Gurion, si sarebbe schierata certamente con l’Occidente, in caso di conflitto, ragion per cui era interesse delle stesse potenze atlantiche favorire lo sviluppo d’Israele. Per quanto concerneva le strutture belliche da mettere a disposizione del Regno Unito, il leader sionista non riteneva che fosse ancora possibile soddisfare le esigenze britanniche in tal senso, in quanto una tale evenienza avrebbe deteriorato i rapporti tra Israele ed Unione Sovietica, cosa che lo Stato ebraico non poteva ancora permettersi, per

490 Cfr. Strategic Importance of the Middle East: Report by the JPS to the COS, 17/01/1951, in

PRO, DEFE 4/39, COS 13(51) 2, Annex.

491 Cfr. Meeting: E. Elath – Sir William Strang (London, 15 January 1951), 16/01/1951, Report:

93.04/37/16, in Y. ROSENTHAL, ed., Documents on the Foreign Policy of Israel (in seguito DFPI), Vol. 6, 1951, Jerusalem, 1991, pp. 30-34.

via delle masse di ebrei russi che intendevano emigrare nella Terra Promessa492. Nonostante che il Regno Unito fosse alleato – e vendeva loro armi – con i Paesi arabi, ancora formalmente in guerra contro Israele, e nonostante i recenti ricordi del conflitto in Palestina contro le truppe britanniche, Ben Gurion propose, in alternativa, di avviare consultazioni anglo-israeliane informali sui piani di guerra nel Medio Oriente, nonché di potenziare le strutture economiche e militari dello Stato Ebraico, di modo che, in caso di conflitto, le potenze occidentali ne avessero potuto utilizzare il potenziale industriale ed umano493. Pur non producendo risultati concreti, i contatti tra i funzionari anglo-israeliani prepararono il terreno per la successiva visita del generale Robertson in Israele. Oltre a ciò, fecero capire che il nuovo Stato – almeno in tempo di guerra – avrebbe collaborato attivamente con l’Occidente. L’alto ufficiale ebbe il compito di indagare fino a che punto si sarebbe estesa la collaborazione delle autorità sioniste494.

Prima di analizzare i verbali delle discussioni tra Robertson e Ben Gurion, occorre fare un passo indietro, alla fine di gennaio, quando furono prodotti i primi studi americani sulla nuova strategia nel Medio Oriente. Affinché fossero tutelati al meglio gli interessi nazionali, il Dipartimento di Stato, si apprendeva, sollecitava una politica più attiva nell’area, senza, tuttavia, impegnare unità di combattimento. Se l’Occidente non avesse contribuito fattivamente alla difesa delle regioni mediorientali, il prestigio degli Stati Uniti stessi ne sarebbe stato compromesso, e in tal caso, anche alla fine di un’eventuale guerra sarebbe stato difficile ottenere la collaborazione degli Stati mediorientali. Gli esperti di Washington suggerivano, per evitare tutto ciò, una maggiore collaborazione anglo-americana, che potenziasse i Paesi interessati. In particolare, grande affidamento veniva riposto nella Turchia, mentre negli Stati arabi e in Israele era richiesta stabilità politico-economica. Nel documento si poteva anche

492

In privato, Ben Gurion criticò Elath, accusandolo di aver commesso un grave errore per aver lasciato che Strang avanzasse quelle proposte, ma soprattutto per aver accettato quel messaggio da sottoporre all’attenzione israeliana. Secondo il Primo Ministro, l’offerta inglese era, allo stesso tempo, un insulto e un pericolo per Israele, poiché esponeva la nazione alla possibilità di una ritorsione sovietica. Cfr. E. PODEH, The Desire to Belong Syndrome…cit., p. 126.

493

Cfr. Working Paper: Outline of E. Elath’s Reply to Sir William Strang, 02/02/1951, in DFPI, Vol. 6, 1951, 130.13/2595/3, pp. 85-88.

494 In Israele, la stampa riuscì a divulgare la notizia dell’imminente visita, che provocò vibranti

intravedere un embrione di Middle East Command: infatti, il testo parlava di «stabilire una missione militare combinata […] che stimolerebbe la co- operazione tra gli Stati, attualmente impossibile tramite raggruppamenti indigeni, in assenza di un determinante impegno americano»495. I vertici politici dovettero superare lo scetticismo delle gerarchie militari, le quali si opponevano ad un maggiore impegno americano in quei territori, sostenendo che la responsabilità della difesa della regione dovesse rimanere britannica. Tuttavia, i funzionari politici precisarono che una collaborazione anglo-americana era ormai necessaria per tutelare gli interessi degli Stati Uniti. McGhee, infatti, adduceva motivazioni politiche a questo nuovo impegno americano, affermando che il prestigio della nazione ne avrebbe risentito, se Washington non avesse profuso un maggiore sforzo per difendere ed assistere lo sviluppo dei Paesi dell’area interessata. Scopo di questa nuovo approccio era costruire un sistema regionale di difesa, in modo da potenziare gli eserciti locali496.

Intanto, i negoziati anglo-egiziani erano fermi ad un punto morto. In questo periodo, Londra stava profondendo energie politico-diplomatiche nei contatti con Israele, mettendo in secondo piano quelli con lo Stato arabo. Il Ministro degli Esteri chiedeva ripetutamente ragguagli all’ambasciatore Stevenson, senza che questi fosse in grado di comunicargli alcuna novità sulla posizione britannica497. Prima della partenza di Robertson per Israele, i funzionari britannici si rivolsero ancora una volta a Washington, chiedendo l’aiuto americano per il progetto di difesa collettiva del Medio Oriente498. Ma, prima ancora che gli Stati Uniti rispondessero alla richiesta londinese, un’ulteriore conferma di quanto gli americani si stessero ormai muovendo autonomamente nel Medio Oriente venne dal National Security Council, il quale produsse una bozza di documento sulla politica verso Israele e i Paesi arabi. Non era ancora

sia l’estrema destra, che l’estrema sinistra attaccarono la decisione dell’esecutivo. Cfr. E. PODEH, The Desire to Belong Syndrome…cit., p. 127.

495 The Secretary of State to the Secretary of Defense (Marshall). Annex: Paper Drafted in the

Bureau of Near Eastern, South Asian, and African Affairs: The Middle East, 01/27/1951, in FRUS 1951, Vol. V, McGhee Files: Lot 53 D 468: “Military Assistance”, pp. 24-27.

496 Cfr. State Department Draft Minutes of Discussions at the State-Joint Chiefs of Staff Meeting,

January 30, 1951, 02/06/1951, in FRUS 1951, Vol. V, State-JCS Meetings: Lot 61 D 417, pp. 27-42.

497 Cfr. Inward Telegram No. 100 from Cairo to Foreign Office, 05/02/1951, in PRO, FO

371/90176. Vedi anche The Ambassador in Egypt (Caffery) to the Department of State, 02/12/1951, in FRUS 1951, Vol. V, 641.74/2-1251, pp. 343-344.

una presa di posizione ufficiale dell’Amministrazione Truman, però si delineavano già i nuovi orizzonti che Washington stava per seguire. L’obiettivo statunitense nell’area, in sostanza, era di orientare i Paesi ivi insistenti verso l’Occidente, e affinché ciò si realizzasse era necessaria una collaborazione anglo-americana, anche se la responsabilità militare rimaneva in primo luogo britannica. Inoltre, terminava il documento, per meglio assicurare tale scopo, Washington doveva ottenere dai suoi alleati nella regione la concessione di basi militari da utilizzare in caso di conflitto, oltre che il diritto di impiegare truppe armate nei territori interessati499. Gli Stati Uniti, inoltre, riconoscevano l’importanza dello Stato ebraico in un sistema di difesa regionale, anche se comprendevano perfettamente che nessuno Stato arabo avrebbe permesso al suo esercito di attraversare il proprio territorio. Ciononostante, gli arabi – ritenevano ottimisticamente gli americani – non sarebbero stati contrari a far parte di un’alleanza, sponsorizzata e supportata dagli anglo-americani, che avesse previsto anche la partecipazione di Israele, purché non ci fossero stati contatti diretti con la realtà sionista. Una volta chiarite le differenti responsabilità militari di Londra e Washington, occorreva avviare un sistema congiunto di programmi e aiuti militari, con lo scopo finale di inglobare l’Egitto – nei riguardi del quale la posizione britannica doveva comunque essere tutelata – in una struttura di difesa regionale500.

Mentre la politica anglo-sassone discuteva il nuovo approccio alla questione mediorientale, furono avviati i contatti tra rappresentanti inglesi ed esponenti israeliani. Pochi giorni prima della visita di Robertson in Egitto, ci fu un colloquio preparativo tra Elath e Shinwell, Ministro della Difesa britannico, di religione ebraica. Shinwell disse al ministro israeliano che era molto poco probabile che gli egiziani venissero incontro alle richieste britanniche, circa il rinnovo del trattato del 1936, né questi mostravano segnali di comprendere le

498

Cfr. The Ambassador in the United Kingdom (Gifford) to the Department of State, 02/10/1951, in FRUS 1951, Vol. V, 780.5/2-1051: Telegram, pp. 43-44.

499 Cfr. Paper Prepared in the Department of State: Outline of Proposed NSC Paper on US

Policy towards the Arab States and Israel, 02/10/1951, in FRUS 1951, Vol. V, S/P-NSC Files: Lot 61 D 167: “Arab States, Israel, Iran”, pp. 44-47.

500 Cfr. Agreed Conclusions and Recommendations of the Conference of Middle Eastern Chiefs

of Mission, Istanbul, February 14-21, 1951, 03/15/1951, in FRUS 1951, Vol. V, 120.4382/3- 1551, pp. 50-76.

esigenze della situazione internazionale501. Il primo incontro tra Robertson e Ben Gurion ebbe luogo 19 febbraio. Secondo il generale, Israele occupava una posizione strategica molto importante nello scacchiere internazionale, in quanto poteva controllare la maggior parte delle comunicazioni verso Nord e verso Est. Inoltre, esso disponeva di grandi aerodromi, sui cui il Regno Unito intendeva fare affidamento, se fosse riuscito ad attirare lo Stato ebraico nell’orbita di un’alleanza militare. A tal fine, Robertson chiese se le autorità israeliane avrebbero concesso agli inglesi il diritto di attraversare il territorio e lo spazio aereo israeliani. Tuttavia, il Premier confermò l’impossibilità che il suo paese diventasse membro di una organizzazione anti-sovietica, dato che era ancora necessario mantenere buone relazioni diplomatiche con il Paese socialista. Riguardo il problema di Suez, Ben Gurion disse che la vera soluzione della vicenda risiedeva nel raggiungimento di un vero trattato di pace israelo- egiziano502. Prima di incontrasi ancora con il capo dell’esecutivo israeliano, Robertson precisò che il ruolo che lo Stato ebraico avrebbe dovuto svolgere, secondo lui, in una guerra globale, sarebbe consistito nell’assicurare una linea di comunicazione tra l’Egitto, che ricopriva un ruolo chiave nella strategia mediorientale, e l’area del fronte principale, che sarebbe stato in Turchia ed Iran503. In occasione del secondo incontro tra il generale e lo statista, quando il militare auspicava un’esplicita risposta alle richieste britanniche, Ben Gurion fece una dichiarazione informale, inaspettata e graditissima al rappresentante britannico. Egli, infatti, suggerì che i rapporti anglo-israeliani, nell’eventualità di un’emergenza internazionale, prendessero la forma delle relazioni tra la Gran Bretagna e gli altri membri del Commonwealth504. In sostanza, se fosse scoppiato un novo scontro armato, Israele si sarebbe comportato come se fosse

501 Cfr. Meeting: E. Elath-E. Shinwell (London, 13 February 1951), 01/03/1951, in DFPI, Vol. 6,

1951, Report: 130.13/2582/4, pp. 143145.

502 Cfr. Meeting: D. Ben-Gurion – B. Robertson (Jerusalem, 19 February 1951), 20/02/1951, in

DFPI, Vol. 6, 1951, Report: 130.13/2603/7, pp. 116-123.

503 Cfr. Meeting: Y. Yadin-B. Robertson (Tel Aviv, 20 February 1951), 20/02/1951, in DFPI, Vol.

6, 1951, Companion Volume, Report: 130.13/2603/7, pp. 59-60.

504

Alla conferenza del Commonwealth, nel gennaio 1951, Shinwell aveva fatto pressioni sui capi dei Paesi membri dell’organizzazione, per convincerli ad inviare dei corpi militari simbolici in Medio Oriente, come contributo per il mantenimento della pace e l’addestramento delle forze armate indigene. La risposta che ne scaturì fu piuttosto tiepida: Menzies, ad esempio, sostenne che l’Australia avrebbe deciso solo al momento opportuno, in caso di conflitto; il rappresentante sudafricano disse di essere preoccupato per la sicurezza interna in Africa, mentre St Laurent, in rappresentanza del Canada, affermò che il suo Paese aveva priorità in Europa, non in Medio Oriente. Cfr. D. R. DEVEREUX, Britain, the Commonwealth…cit., p. 336.

stato un membro del Commonwealth. Con questa proposta innovativa, che rappresentava un taglio netto con il recentissimo passato delle vicende anglo- sioniste, Ben Gurion intendeva anche stabilire una precisa distinzione tra i rapporti anglo-israeliani e quelli che Londra coltivava e intendeva tessere con gli arabi, sui quali lo statista raccomandava di non fare molto affidamento505.

Nonostante Robertson fosse rimasto positivamente sorpreso dalla rivelazione di Ben Gurion, la risposta del Foreign Office, come vedremo fra breve, fu tutt’altro che entusiasta. Nella speranza di rinnovare le trattative con il Cairo, e temendo sempre di disturbare la sensibilità degli arabi riguardo alla questione israeliana, il governo laburista, in pratica, lasciò cadere nel vuoto l’offerta di Gerusalemme. Ma prima di affrontare questo argomento, occorre analizzare ancora quanto gli americani stavano studiando per la nuova politica mediorientale. Washington, infatti, mostrava segni di preoccupazione per il deterioramento della situazione politica nell’area interessata, e ciò costituiva un ulteriore motivo per ingerire in misura maggiore negli affari di quello spicchio di scenario internazionale506. Nell’interesse degli Stati Uniti, il governo doveva ottimizzare la volontà di tutti gli Stati mediorientali di collaborare con le potenze occidentali contro la minaccia sovietica, assicurando loro i mezzi per garantire la sicurezza interna e la capacità difesa da aggressioni esterne. A tal fine, il Consiglio per la Sicurezza Nazionale raccomandava di discutere il tutto con gli alleati inglesi, in modo da definire i compiti e le responsabilità di ciascuno507.

Prima di rispondere a quanto Ben Gurion aveva suggerito, Bevin, che in capo a pochissime settimane si sarebbe dimesso per gravi motivi di salute, volle ascoltare il parere dell’ambasciatore Stevenson. Ciò dimostrava che i tempi e la volontà della politica non sempre coincidevano con quelli dei militari, i quali avevano molte meno preoccupazioni del governo, circa una eventuale alleanza con Israele. L’esercito ebraico sarebbe stato molto utile nella difesa del fronte israelo-libano-giordano, che rivestiva una fondamentale importanza nella

505

Cfr. Meeting: D. Ben-Gurion – B. Robertson (Jerusalem, 21 February 1951), 22/02/1951, in DFPI, Vol. 6, 1951, Report: 130.13/2603/7, pp. 129-135.

506 Cfr. Paper Prepared in the International Security Affairs Committee, Department of State,

02/20/1951, in FRUS 1951, Vol. V, ISAC Files: Lot 53 D 443: ISAC D-6, pp. 80-82.

507 Cfr. Memorandum by the Acting Secretary of State to the Executive Secretary, National

Security Council (Lay). Enclosure 2: National Security Council Staff Study: United States Policy toward the Arab States and Israel, 02/28/1951, in FRUS 1951, Vol. V, S/S-NSC Files: Lot 63 D 351: NSC 47 Series, pp. 88-92.

strategia dell’Inner Core508. Stevenson, invece, era di opinione diversa, ritenendo che un accordo con l’Egitto dovesse assolutamente precedere l’intesa con il nuovo Stato. Una tale eventualità, scriveva il diplomatico, sarebbe stata interpretata da molti arabi come una fonte di pericolo ben maggiore di quella

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