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3. Il pignoramento e il suo contenuto

Il pignoramento è il primo atto del procedimento espropriativo anche nel caso di pignoramento presso terzi perciò anch’esso deve essere necessariamente preceduto dalla notifica del titolo esecutivo e del precetto. Il titolo esecutivo, giudiziale o stragiudiziale, di cui è in possesso il creditore pignorante, deve rientrare tra quelli elencati nell’art. 474 c.p.c. Tali titoli, “per valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva”73. Il titolo, munito della formula, può così essere notificato al debitore ex art. 479 c.p.c. La funzione della notifica del titolo esecutivo è quella “di indicare alla controparte la volontà di procedere in executivis nei suoi confronti, proprio per consentirle di valutare l'eventualità di un adempimento spontaneo”74.

Altro compito cui si deve adempiere per attivare validamente la procedura di pignoramento presso terzi è la notifica del precetto. Nell’art. 480 c.p.c. si legge: “Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata”.

73 Art. 475 c.p.c.; la formula si compone della “spedizione”, cioè l’“intestazione «Repubblica Italiana - In nome della legge»” fatta da un cancelliere o da un ufficiale giudiziario sull’originale che deve essere conservato in cancelleria o presso il pubblico ufficiale, e della “formula” vera e propria che il cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale devono apporre sull'originale (per il caso dell'ordinanza con cui il giudice convalida la licenza o lo sfratto o per l’atto che rimane in cancelleria o presso il pubblico ufficio) o sulla copia, che deve recitare: «Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti».

Proprio l’utilizzo del verbo al futuro, con riferimento all’esecuzione forzata, fa capire come il precetto non sia un atto di natura giudiziaria tanto che precede l’azione esecutiva, preannunciandola. “Con riguardo alla esecuzione forzata di titoli giudiziali, ex art. 479 c.p.c., la notificazione del titolo esecutivo può avvenire separatamente dalla notificazione del precetto, oppure contestualmente a questa. Mentre nel secondo caso è richiesta la notificazione di un atto complesso, contenente il titolo esecutivo ed il precetto redatto di seguito al primo, nel primo l'atto di precetto deve contenere solo il riferimento all'avvenuta notificazione del titolo esecutivo”75.

Il pignoramento è lo strumento che serve a vincolare i beni necessari al soddisfacimento delle ragioni del creditore procedente, effetto che viene reso possibile, in particolare, grazie all’ingiunzione a non compiere atti dispositivi sui beni e sui crediti assoggettati al pignoramento (di cui all’art. 492 c.p.c.), inclusa nell’atto di pignoramento.

Il pignoramento presso terzi si esegue tramite un atto di citazione diretto al debitore esecutato e al terzo debitor debitoris (i contenuti di questo atto sono specificati all’interno dell’art. 543 c.p.c.) ma la citazione non lo perfeziona: essa deve contenere l’ingiunzione, rivolta al debitore dall’ufficiale giudiziario e l’intimazione a non disporre del bene o del credito, rivolta al terzo. A questi atti si affiancano la citazione del terzo e del debitore e l’indicazione generica delle cose o del credito, con atti che sono propri del creditore procedente.

Sull’importanza dell’ingiunzione nell’espropriazione presso terzi la giurisprudenza ha più volte chiarito la sua posizione. Innanzitutto ha evidenziato la centralità dell’ingiunzione anche per il pignoramento nella sua forma presso terzi. “L'atto di pignoramento presso terzi ha la funzione di imporre sul credito del debitore esecutato un vincolo di destinazione per il soddisfacimento del procedente all'espropriazione attraverso l'ingiunzione di cui all'art. 492 c.p.c., che deve essere

contenuta nell'atto di pignoramento e rivolta specificamente e direttamente dall'ufficiale giudiziario al debitore esecutato, ed attraverso l'intimazione, rivolta, con la medesima forma, al terzo, di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme e delle cose da lui dovute al debitore esecutato. Pertanto, la mancanza anche di uno soltanto degli elementi indicati nell'art. 543 c.p.c., trattandosi di requisiti essenziali dell'atto, provoca l'inesistenza giuridica del pignoramento”. 76 È pacifico, secondo costante giurisprudenza, che l’ingiunzione sia atto non della parte ma dell’ufficiale giudiziario; rimane da precisare che, secondo puntuale dizione del Supremo Collegio, il pignoramento presso terzi “è validamente eseguito ad opera dell’aiutante dell’ufficiale giudiziario mediante notifica al terzo e al debitore”77.

La mancanza di uno degli elementi essenziali del pignoramento, dunque, era ritenuto causa di inesistenza giuridica dello stesso. Questo almeno fino ad una sentenza della Corte di cassazione del 1998, secondo la quale “Nel pignoramento presso terzi, l'udienza indicata dall'art. 547 c.p.c. svolge, rispetto agli atti esecutivi compiuti anteriormente all'udienza stessa, la funzione preclusiva che le udienze di cui agli art. 530 e 569 svolgono, rispettivamente, per l'espropriazione mobiliare e per quella immobiliare. Consegue che il vizio dell'atto di pignoramento consistente nella mancanza in esso dell'intimazione del debitore indicata dall'art. 492 c.p.c. dev'essere fatto valere con l'opposizione agli atti esecutivi non oltre il termine di cinque giorni dall'udienza fissata, a norma dell'art. 547, per la citazione del terzo e del debitore. (Nella specie la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza del pretore che, nel decidere sull'opposizione agli atti esecutivi, non aveva rilevato l'inammissibilità dell'opposizione)”7879. Un ritorno all’idea che la mancanza di uno degli 76 Cass. 21 giugno 1995, n. 7019, Giust. civ. Mass. 1995, fasc. 6. 77 Cass. 27 agosto 1996, n. 7862, Giust. civ. Mass. 1996, 1226. 78 Cass. 23 gennaio 1998, n. 669; Giust. civ. Mass. 1998, 149. 79 A conferma di tale ultima sentenza si è pronunciata successivamente la Corte di cassazione: cfr. Cass. 1 febbraio 2002, n. 1308.

elementi ex art. 543 c.p.c. sia causa di inesistenza del pignoramento, si è avuto con una ulteriore, successiva sentenza: “Nell'atto di pignoramento presso terzi sia l'ingiunzione al debitore esecutato (che, ex art. 492 c.p.c., fa acquistare certezza e rilevanza giuridica all'obbligo di astenersi da ogni atto pregiudizievole), sia l'intimazione rivolta al terzo, ex art. 543 c.p.c., di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme o cose da lui dovute al debitore esecutato, costituiscono elementi essenziali dell'atto; ne consegue che, anche se non sono necessarie formule sacramentali, la mancanza anche di uno solo di tali elementi implica l'inesistenza del pignoramento, non ammettendosi equipollenti”80. Nello stesso senso la Cassazione, nel 2015, parla di inesistenza e nullità del pignoramento: “la mancanza dell'intimazione comporta la nullità dell'atto in quanto impedisce di raggiungere lo scopo predetto nei confronti del terzo pignorato”81 (questa sentenza può essere riferita, in senso lato, alla mancanza degli elementi essenziali di cui all’art. 543 c.p.c.).

Oltre all’importanza dell’ingiunzione di pagamento ex art. 492 c.p.c., si deve porre l’attenzione su un altro elemento essenziale disciplinato dall’art 543 c.p.c.: l’intimazione al terzo. Lo scopo di quest’ultimo elemento è quello di impedire al terzo di disporre delle somme o delle cose da lui dovute al debitore senza ordine del giudice. L’intimazione, infatti, ha una funzione diversa dall’ingiunzione di cui all’art. 492 c.p.c.: “se l’ingiunzione, comune a tutte le figure di pignoramento, determina nel debitore lo status di soggetto passivo dell’esecuzione, l’intimazione è l’elemento strutturale aggiuntivo che consente di realizzare la funzione

80 Cass. 30 gennaio 2009, n. 2473, Giust. civ. Mass. 2009, 1, 139. 81 Cass. 3 aprile 2015, n. 6835; la stessa sentenza nega la configurabilità di ipotesi di inesistenza o nullità del pignoramento, che cede il posto a una semplice irregolarità, nel caso in cui sia presente l’intimazione al terzo di non disporre delle somme o cose da lui dovute al debitore esecutato ma questa provenga dall’ufficiale giudiziario piuttosto che dal creditore pignorante come previsto dall’art. 543 comma 2, n. 2, c.p.c.

del pignoramento presso terzi. L’intimazione mira, infatti, ad impedire che il terzo compia attività tali da frustrare le finalità dell’esecuzione forzata e determina l’«arresto del credito»”82. Il terzo, infatti, con il suo comportamento, ben potrebbe far perdere ogni significato all’operato dell’ingiunzione fatta al debitore. E’ opinione comune che l’intimazione operi sotto due diversi ma collegati profili: “per un verso, essa legittima il terzo a rifiutare la prestazione dovuta senza incorrere nella mora

debendi, risolvendosi perciò, sostanzialmente, in una opposizione al

pagamento (della quale è traccia nell’art. 2906, 2° co., c.c.); per l’altro, essa determina l’inefficacia, nei confronti del creditore procedente (e degli eventuali creditori intervenuti) della prestazione eseguita, la quale non avrebbe efficacia liberatoria per il terzo e, quindi, non varrebbe a estinguere il rapporto obbligatorio tra costui e il debitore in pregiudizio della procedura esecutiva” 83 . Questa formula è da collegare sistematicamente a quella dell’art. 546, comma 1, c.p.c. che, nel disciplinare gli obblighi del terzo, stabilisce come questo abbia gli stessi “obblighi che la legge impone al custode”; diversi, però, sono gli effetti di questi obblighi di custodia a seconda che si tratti di cose o somme (invero il termine “custode” è parso inopportuno in relazione al pignoramento di somme di denaro). La differenza è ben spiegata da una non recente sentenza della Cassazione: “mentre rispetto alle cose, qualora ne rifiuti la consegna o le sottragga, [il terzo] risponde penalmente (artt. 328 e 334 c.p.), rispetto alle somme, che non sono beni individuali, l’eventuale pagamento ad altri creditori del debitore esecutato (inefficace nei confronti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell’esecuzione, art. 2917 c.c.) non ha alcuna rilevanza, essendo egli tenuto ugualmente al pagamento per effetto del provvedimento di assegnazione, salva l’azione penale nell’ipotesi che

82 ANNA MARIA SOLDI, op. cit., ed. 2008, p. 561.

83 Commentario al codice di procedura civile, volume VI, diretto da CLAUDIO CONSOLO, LUIGI PAOLO COMOGLIO, BRUNO SASSANI, ROMANO VACCARELLA,UTET giuridica, 2013, p. 747.

non sia più in condizione di eseguire il provvedimento”84.

Altro elemento da inserire nell’atto di pignoramento, a norma dell’art. 543 c.p.c., comma 2, n. 3, è “la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente” da parte del creditore procedente, nonché l’indicazione del suo indirizzo di Posta Elettronica Certificata. La violazione dell’obbligo di dichiarazione o elezione di domicilio comporta, come unica conseguenza, non la nullità dell’atto ma una diversa destinazione delle notificazioni e comunicazioni che dovranno essere fatte alla cancelleria del giudice adito (così come prescritto dall’art. 489, comma 2, c.p.c.). L’'art. 1, comma 20, l. 24 dicembre 2012, n. 228 ha aggiunto al comma 2, n. 3 la frase “nonché l'indicazione dell'indirizzo di Posta Elettronica Certificata del creditore procedente”. “Il terzo pignorato, esclusi i casi di crediti originati da un rapporto di lavoro, per i quali è obbligato a partecipare all’udienza, può inviare all’indirizzo PEC indicato dal creditore la dichiarazione circa la sussistenza o meno del credito, in alternativa all’invio a mezzo raccomandata, come era già previsto dal 2006” 85 . La mancanza dell’indicazione dell’indirizzo PEC non costituisce, comunque, causa di invalidità del pignoramento.

Fino al 2014 il testo dell’art. 543, comma 2, n. 4, nell’elencare uno degli elementi essenziali del pignoramento, recitava come segue: “4) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione di cui all'articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori, con invito al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda i crediti di cui all'articolo 545, commi terzo e quarto, e negli altri casi a comunicare la dichiarazione di cui all'articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di

84 Cass. 20 aprile 1962, n. 789; VALENTINA CACACE, SILVIA GRANA, op. cit., p. 620.

85 BRUNO CIRILLO, Il recupero del credito, 2014, Wolters Kluwer Italia, p. 383.

posta elettronica certificata”. Il testo è stato modificato, da ultimo, dall’art. 19, d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162. Se fino alla riforma del 2014 sussisteva l’onere di citare insieme al debitore, anche il terzo, rappresentando, questa, “una tipica figura di litisconsorzio necessario”86, dopo tale data la situazione appare notevolmente cambiata. Il legislatore continua a prevedere la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente nel rispetto del termine di 10 giorni, per l’udienza di comparizione di cui all’art. 501 c.p.c. (non trattandosi dell’introduzione di un processo di natura contenziosa non è prevista l’osservanza dei termini ex art. 163 bis c.p.c.). Per quanto riguarda il terzo, invece, non è più prevista una citazione ma un invito “a comunicare la dichiarazione di cui all’articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata; con l’avvertimento al terzo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un’apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell’ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione”. Viene meno, dunque, per il terzo, l’obbligo di comparire all’udienza insieme al debitore a meno che non si tratti di crediti derivanti da rapporto di lavoro. L’invito rivolto al terzo è quello di trasmettere la propria dichiarazione al creditore procedente tramite lettera raccomandata o indirizzo PEC.

Va evidenziato come il mancato rispetto del termine di dieci giorni di cui all’art. 501c.p.c., previsto dall’art. 543 c.p.c., per la comparizione, non è causa di nullità della citazione se, come previsto dall’art. 156, comma 3, c.p.c., “l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”. La

giurisprudenza è unanime nel considerare, in questi casi, non comminabile la sanzione di nullità; un esempio di questa linea giurisprudenziale è stato dato dalla Cassazione, nel 1991: “Nel procedimento di espropriazione presso terzi, la citazione del terzo per la dichiarazione sul credito pignorato non dà luogo di per sé ad un procedimento di natura contenziosa, ma solo ad una particolare fase del procedimento esecutivo sicché l'eventuale irregolarità del termine assegnato al terzo per comparire, per cui non è comminata specificamente una sanzione di nullità, trova disciplina non nelle regole del processo di cognizione ma nella parte generale del libro primo del c.p.c., inquadrandosi così tra i vizi a rilevanza variabile (art. 156, comma 2 c.c.) i quali producono nullità soltanto quando per carenza di requisiti formali indispensabili impediscano il raggiungimento dello scopo dell'atto, senza che, pertanto, tale nullità sia ravvisabile nel caso in cui venga assegnato al terzo un termine di comparizione di nove giorni, intervallato dai quarantasei giorni della sospensione feriale, in luogo del termine di dieci giorni prescritto ai sensi degli art. 543, 501 c.p.c.”87; ancora il Supremo Collegio, nel 1993: “Nel pignoramento presso terzi, la fissazione dell'udienza per la dichiarazione dell'obbligo del terzo senza il rispetto del termine di cui agli art. 543 ter, comma 3 e 501 c.p.c., non dà luogo, nei confronti del terzo, a nullità dell'atto di pignoramento, atteso che se tale termine non gli consente di organizzare la propria condotta in vista della dichiarazione da rendere, non gli impedisce tuttavia di farla in prosieguo, con effetti identici, cioè nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, rilevando in tal caso il mancato rispetto del termine suddetto solo come elemento da tenere in considerazione ai fini della regolazione delle spese processuali”88. E ancora la Cassazione, nel 2012: “Nel pignoramento presso terzi, la concessione, da parte del creditore procedente, di un termine a

87 Cass. 1 febbraio 1991, n. 983, Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 2. 88 Cass. 5 giugno 1993, n. 6312, Giust. civ. Mass. 1993, 994.

comparire inferiore a quello indicato nell'art. 501 c.p.c. non determina la nullità del pignoramento ma esclusivamente delle attività eventualmente svolte all'udienza di comparizione, con possibilità del debitore di far valere tale nullità con l'opposizione agli atti esecutivi”89. Anche la Corte dei Conti, in una sua pronuncia, ha confermato questo orientamento: “Non è fondata l'eccezione di nullità della citazione notificata al convenuto ed ai terzi per violazione del termine di 10 giorni indicato nell'art. 501 c.p.c. (cui rinvia il comma 3 dell'art. 543 c.p.c. richiamata dall'art. 678 c.p.c.), dopo i quali debba tenersi l'udienza di comparizione del terzo, qualora quest'ultimo, senza nulla eccepire, abbia reso regolare dichiarazione alla presenza anche del difensore del convenuto”90.

L’art. 543 c.p.c. pone, alla fine del comma 2, n. 4, un “avvertimento” al terzo: in caso di mancata dichiarazione egli dovrà comparire in apposita udienza; qualora non compaia nemmeno in udienza o, una volta comparso, non renda dichiarazione e l’indicazione del creditore procedente sia valida ai fini dell’individuazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo, le somme o i beni indicati dal creditore “si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione”. Quest’ultima parte del comma 2, n. 4 pare strutturata in modo analogo all’art. 548 c.p.c. che aveva già creato questo modello in materia di crediti di lavoro, il quale recita: “Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione se l’allegazione del creditore consente l’identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo”.

89 Cass. 18 gennaio 2012, n. 682, Giust. civ. Mass. 2012, 1, 43.

Per quanto riguarda la notifica dell’atto di pignoramento, a seguito delle modifiche apportate dal d.l. n. 132/2014, è stato soppresso il termine “personalmente”, riferito - appunto - alla notifica dell’atto fatta al terzo e al debitore da parte del creditore. Prima della riforma era necessario che la notifica avvenisse “a mano”; la modifica, dunque, ha apportato un notevole miglioramento in termini di tempo e di economicità visto che precedentemente, con la presenza dell’avverbio “personalmente”, per la notificazione occorreva rivolgersi all’UNEP competente per il Comune in cui risiedeva il destinatario dell’atto.

Quando l’ufficiale giudiziario91 abbia provveduto ad effettuare l’ultima notificazione deve consegnare al creditore l’originale dell’atto di citazione. “Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi92 dell’atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro trenta giorni dalla consegna”. Prima della riforma del 2014 era l’ufficiale giudiziario ad avere il compito di depositare l’atto di pignoramento. Attualmente non pare esserci una vera e propria certezza dell’avvio del processo esecutivo. Il termine di trenta giorni diventa “vuoto”, perde di significato, poiché non è previsto dal codice un

91 “Una precedente opinione riteneva che la notificazione dell’atto in esame, contenendo il pignoramento, doveva necessariamente essere eseguita, a pena di nullità, dall’ufficiale giudiziario, posto che l’abilitazione dell’aiutante giudiziario era limitata alle mere notificazioni. Di recente, però, la Cassazione ha sostenuto la piena validità della notificazione dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c. ad opera dell’aiutante giudiziario, sul presupposto che la notificazione degli atti in materia civile è ricompresa, senza alcun limite, nelle attribuzioni dell’aiutante giudiziario, dall’art. 165 primo ed ultimo comma del D.P.R.n.1229/59 e che il momento centrale e determinante del pignoramento presso terzi è costituito dalla notificazione dell’atto sopra indicato” (estratto da “Il pignoramento presso terzi:

procedimento e questioni controverse” pubblicato l’11 agosto 2008 su

http://www.lisug.it/sites/lisug/IMG/pressoterzi.pdf).

92La conformità di tali copie è attestata dall’avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo.”

termine perentorio per il ritiro dell’atto (già notificato) da parte del creditore procedente, presso l’ufficio Notificazioni e Protesti: per questo è il creditore stesso che può “decidere” da quale momento far decorrere il termine per il deposito dell’atto in cancelleria. Fino a che l’atto non è depositato in cancelleria non si forma nessun fascicolo dell’esecuzione a cura del cancelliere e quindi non può essere fissata nessuna udienza di comparizione delle parti. Il rischio è quello di far permanere a tempo indefinito, in capo al terzo, l’onere di vincolare il suo debito nei

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