CAPITOLO 2
L’Ucraina
Fin dal dicembre dell‟anno 1991, quando fece la sua prima apparizione nella storia come uno Stato sovrano e indipendente, l‟Ucraina ha dato prova di essere la repubblica ex sovietica più problematica e più complessa sotto molti punti di vista: (geo)politico, linguistico, sociale ed economico. L‟Ucraina post-sovietica è un‟entità statale artificiale che non è mai esistita prima del 1991, tantomeno entro i suoi confini attuali, disegnati ed emendati da Lenin, Stalin e Chrušĉёv in modo arbitrario e cervellotico. Questo è il principale motivo per cui l‟Ucraina è divisa sostanzialmente in due aree, dove le rispettive popolazioni appartengono a due differenti culture e perfino a due diverse civiltà che hanno aspirazioni geopolitiche completamente opposte: una parte sud- orientale, russofona e filo-russa, e una parte occidentale, ucrainofona, nazionalista, influenzata dalla cultura occidentale e dove prevale la religione greco-cattolica. In Ucraina manca quindi un centro unificatore forte che sia in grado di tenere unite le regioni orientali e quelle occidentali che hanno costruito a propria immagine e somiglianza un‟identità ucraina alternativa e in conflitto l‟una con l‟altra. Tuttavia, prima di analizzare le vicende sociali, politiche ed economiche dell‟Ucraina post- sovietica, ritengo necessario fare una breve digressione storica partendo dal XI secolo, allorquando si formò quell‟entità statale slavo-orientale conosciuta con il nome di “Rus‟ Kieviana”, da cui discendono non solo gli odierni Ucraini, ma anche i Russi e i Bielorussi. Solo la storia permette di comprendere appieno la profonda spaccatura sociale, linguistica, culturale e (geo)politica che caratterizza l‟Ucraina attuale.
2.1 Breve storia dell’Ucraina: dalla Rus’ alla fine dell’Unione Sovietica
Secondo la leggenda narrata nella Povest‟ Vremennych let (“Cronaca dei tempi passati”) la città di Kiev fu fondata da tre fratelli, Kij, Šĉek e Choriv, appartenenti alla tribù slava dei Poljani. Inoltre, sempre secondo la leggenda, la città fu denominata Kiev
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in onore del fratello maggiore, Kij115. Il toponimo Kiev è composto, infatti, dal nome
Kij al quale è stato aggiunto il suffisso -ev. In lingua slavo-orientale Kiev significa,
dunque, “di Kij” o “appartenente a Kij”. Tuttavia, gli storici attribuiscono a questa leggenda un valore prettamente simbolico e mitologico.
Secondo molti archeologi e storici, la fondazione di Kiev va fatta risalire alla dominazione dei cazari sulle steppe pontico-caspiche. I cazari furono un popolazione di origine turanica, seminomade e in parte giudaizzata116, che tra il VII e il IX secolo fondò un vasto khanato che si estendeva grossomodo dal fiume Dnepr alle steppe centroasiatiche e dal Caucaso meridionale alla Bulgaria del Volga (l‟attuale Tatarstan).
Secondo lo storico ucraino Omeljan Pritsak, il toponimo Kiev deriverebbe da
Kuya117, il nome proprio di un visir musulmano che servì nel Khanato Cazaro e che, a detta di Pritsak, avrebbe fondato una cittadella sulle rive del Dnepr, dove ora si trova Kiev118. Secondo lo storico lituano Julius Brutzkus, invece, la denominazione Kiev deriverebbe dall‟unione dei termini turchi Küi, che in tutte le lingue turciche, significa “riva fluviale” oppure “banchina”, ed ev che significa “insediamento”. Pertanto, la parola Küiev e, di conseguenza, il toponimo Kiev significano, secondo Brutzkus, “insediamento fluviale”119
.
Tra il IX e il X secolo, un drappello di vichinghi (in slavo-orientale varjagi) appartenenti alla dinastia dei Rjurikoviĉi (dal nome del suo fondatore, Rjurik, in norreno Hrœrekr o Hrørīkr) si stabilì sulle rive del Lago Ladoga dove iniziò a dominare su una comunità norreno-slavo-finnica120. In quel periodo i variaghi assunsero anche il pieno il controllo della via che, lungo il corso del fiume Dnepr, portava dal Mar Baltico
115 Povest’ Vremennych let , Institut russkoj civilizacii, Moskva 2014, p. 61,
http://rusinst.ru/docs/books/Povest_vremennyh_let.pdf.
116 Cfr. J.P ROUX, Storia dei Turchi, Argo, Lecce 2010, pp. 89-93.
117 P.B. GOLDEN, Khazar Studies: Achievements and Perspectives, in P.B. GOLDEN, H. BEN-SHAMMAI,
A. RÓNA-TAS (a cura di), The World of the Khazars: New Perspectives, Brill, Leiden 2007, p. 40,
http://cnqzu.com/library/To%20Organize/Books/Brill%20Ebooks/Brill._Handbook_of_Oriental_Stud ies/Brill.%20Handbook%20of%20Oriental%20Studies/The_World_of_the_Khazars__Handbook_of_Ori ental_Studies_.pdf.
118 K.A. BROOK, The Jews of Khazaria, Rowman & Littlefield, Lanham 2018, p. 27-28,
https://books.google.it/books?id=MqhFDwAAQBAJ&printsec=frontcover&dq=The+Jews+of+Khazaria &hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiZy-W_m_HaAhUDKpoKHRDUDWkQ6AEIKzAA#v=onepage&q&f=false.
119 J.D. BRUTZKUS, “The Khazar origin of ancient Kiev”, The Slavonic and East European Review, Vol.
3, No. 1, May 1944, pp. 108–124, http://www.avetruth-books.com/2017/07/j-brutzkus-the-khazar-
origin-of-anicient-kiev-1944.html.
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al Mar Nero, da dove salpavano per Costantinopoli, con la quale intrattenevano relazioni commerciali121. Lungo questo percorso i variaghi conquistarono villaggi e centri urbani appartenenti ai cazari e, nel giro di alcune generazioni, si assimilarono alle popolazioni slave, che costituivano il gruppo etnico dominante lungo l‟asse Kiev-Novgorod. I variaghi si impadronirono anche di Kiev che divenne il nucleo originario di quella compagine statale che prese il nome di Rus‟, forma slavizzata dell‟etnonimo finnico
Ros, che indicava un popolo settentrionale venuto dal mare.
La Rus‟ del X secolo non poteva però essere considerata unno Stato vero e proprio. Si trattava piuttosto di un agglomerato di tribù soggette all‟autorità di un principe della dinastia dei Rjurikoviĉi che risiedeva a Kiev ed era scortato da un nutrito gruppo fedeli combattenti, che in slavo-orientale prese il nome di družina122.
Alla fine del X secolo si verificò un evento che segnò profondamente la storia dell‟Europa orientale: la conversione della Rus‟ di Kiev al Cristianesimo bizantino per opera del Gran Principe Vladimir. In quel periodo, a Cherson (l‟attuale Sebastopoli), la popolazione si ribellò all‟Imperatore bizantino Basilio II e fu riconquistata grazie all‟aiuto del Gran Principe di Kiev. Come ricompensa, Vladimir chiese la mano di Anna Porfirogenita, sorella del Basileus. Il matrimonio ebbe per condizione la conversione al Cristianesimo del Principe variago (988), fortemente ancorato ai culti pagani slavo- norreni. Successivamente, Vladimir costrinse alla conversione tutto il popolo della Rus‟, in gran parte ancora pagano123.
La conversione al rito bizantino favorì l‟instaurarsi di legami più profondi con Costantinopoli e creò le premesse per la diffusione del cristianesimo in tutte le terre che in futuro sarebbero state occupate dagli slavi orientali. Inoltre, la conversione della Rus‟ inaugurò una vera e propria età d‟oro per il principato, che nel giro di un secolo si espanse in un territorio assai vasto: dal Mar Baltico al Mar Nero e dai confini dell‟Ungheria all‟alto corso del Volga124.
121 M. GARZANITI, Gli Slavi. Storia,culture e lingue dalle origini ai nostri giorni, Carocci Editore, Roma
2013, pp. 162-163.
122 P. BUSHKOVICH, Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin, cit., pp. 8-9.
123 Cfr. P. BUSHKOVICH, Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin, cit., pp. 9-10; M. GARZANITI,
Gli Slavi. Storia,culture e lingue dalle origini ai nostri giorni, cit., pp. 164-165.
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Tuttavia, a partire dal XII secolo, si inaugurò un periodo di lenta disgregazione della Rus‟ Kieviana, che si frammentò in tre aree principali che iniziarono a differenziarsi125. A nord, nella regione contigua al Mar Baltico si consolidò il dominio di Novgorod e nei territori centro-orientali acquisirono importanza i principati di Vladimir-Suzdal‟ e Rostov. In queste terre nord-orientali iniziò a formarsi un‟entità linguistica e culturale definibile come propriamente russa. A sud-est invece si formarono i principati di Galizia e Volinia che, alla fine del secolo, venero unificati dal Principe Roman Mstislaviĉ. Con il passare del tempo queste due regioni si legarono e si integrarono sempre di più al mondo occidentale, ponendo così le basi per lo sviluppo di una lingua e di una cultura specificatamente ucraine, entrambe fortemente polonizzate.
Verso la fine degli anni Trenta del XIII secolo, le orde tataro-mongoliche, capeggiate dal Khan Batu, nipote di Gengiz Khan, sottomisero gran parte dei territori della Rus‟ e rasero al suolo la capitale Kiev. Solo Novgorod fu inizialmente risparmiata dall‟occupazione ma dovette fare i conti con le minacce dei cavalieri teutonici e degli svedesi.
In Galizia-Volinia, il Principe Daniil Galickij, figlio di Roman Mstislaviĉ, fu costretto a sottomettersi all‟autorità di Batu e a pagargli un tributo in cambio della sopravvivenza del suo Principato. Galickij fu così mantenuto sul trono e riuscì a condurre una politica sostanzialmente autonoma e cercò di approfondire le relazioni con le potenze occidentali126. Il Papa Innocenzo IV, per convincerlo a lottare contro i tataro- mongoli, gli inviò la corona con la quale nel 1254 assunse il titolo di “Re di Rutenia”127. Tuttavia, dopo la sua morte, avvenuta nel 1264, il Principato sperimentò un rapido declino. Nella seconda metà del XIV secolo cadde sotto l‟egemonia delle due potenze occidentali confinanti: la Galizia fu annessa al Regno di Polonia degli Jagelloni, e la Volinia diventò parte del Granducato di Lituania128. Quest‟ultimo conquistò gran parte della Rus‟ spingendosi fino a Kiev e nel periodo della sua massima espansione raggiunse le rive del Mar Nero.
125 M. GARZANITI, Gli Slavi. Storia,culture e lingue dalle origini ai nostri giorni, cit., p. 236. 126 A. GIANNOTTI, Fra Europa e Asia. La politica russa nello spazio post-sovietico, cit., p. 153. 127 M. GARZANITI, Gli Slavi. Storia,culture e lingue dalle origini ai nostri giorni, cit., p. 244. 128 Ibidem, p. 243.
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Nel frattempo, più ad est, la Moscovia impose la propria egemonia sulla regione nord-orientale, incorporando nel proprio territorio il principato di Vladimir-Suzdal‟ e molti altri principati minori. Nel 1380, Dmitrij Donskoj, Principe di Mosca, inflisse una pesante sconfitta all‟esercito tataro-mongolo sul campo di Kulikovo, nei pressi di Tula. Questa vittoria moscovita segnò l‟inizio dell‟emancipazione dal dominio tataro- mongolo, che si realizzò progressivamente nel corso del secolo successivo.
Nel 1474, nel 1478 e nel 1485 entrarono rispettivamente a far parte dei territori di Mosca anche Rostov, Novgorod e Tver‟. Alla fine del XV secolo la Russia iniziò dunque ad emergere come un‟entità statale vera e propria attorno alla città di Mosca. È proprio in questo periodo che il termine Rossija iniziò a sostituire la parola Rus‟129.
Nel corso del XVI secolo, Ivan IV, il primo Zar della storia russa, intraprese verso Oriente la cosiddetta “raccolta delle terre dell‟Orda d‟Oro” e, conquistando ad uno ad uno i khanati tatari e musulmani di Kazan‟, Astrachan‟ e Sibir‟, trasformò la Russia, limitata dapprima alle foreste nord-orientali dell‟Europa, in un gigantesco impero eurasiatico, multietnico e multiconfessionale130.
Nel XVII secolo, la Russia aveva in politica estera un grande e potente avversario: la confederazione Polacco-Lituana, costituitasi nel 1569 con l‟Unione di Lublino. È nell‟ambito di questo confronto che va inserita la questione Ucraina.
Con la morte di Ivan IV (1584), si inaugurò in Russia il cosiddetto “Periodo dei torbidi” (in russo Smutnoe Vremja), caratterizzato da una violenta lotta tra le varie fazioni presenti alla corte russa per accaparrarsi il trono, dato che nel giro di pochi anni vennero a mancare anche tutti i figli di Ivan IV, i quali non lasciarono eredi, ponendo così fine alla dinastia dei Rjurikoviĉi.
Nel 1610 la Rzeczpospolita approfittò di questo periodo di instabilità politica dello Stato moscovita per invaderlo ed occupare Mosca nel 1610. Ma due anni dopo l‟esercito polacco fu sconfitto da un‟armata di volontari guidata dal mercante di Novgorod Kuz‟ma Minin e dal Principe Dmitrij Poţarski131.
Ben presto fu convocato lo Zemskij Sobor (una sorta di parlamento in cui erano rappresentati i boiari, l‟alto clero ortodosso, i comandanti dell‟esercito, la piccola
129 P. BUSHKOVICH, Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin, cit., p. 45. 130 Cfr. A. KAPPELER, La Russia. Storia di un impero multietnico, cit. pp. 15-36. 131 Cfr. P. BUSHKOVICH, Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin, cit., pp. 64-67.
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nobiltà e i mercanti di Mosca) per eleggere un nuovo Zar. La scelta cadde su Michail Romanov il quale venne incoronato Zar nel 1613132.
Anche il successore di Michail, suo figlio Alessio, si ritrovò ben presto a fare i conti con i polacchi nei territori che oggi compongono l‟Ucraina orientale. In quelle terre si erano organizzate da tempo delle comunità libere di militari e contadini cosacchi (dal turco-tataro kazak, qazaq che significa appunto “uomo libero”133) che si erano poste al servizio sia dei russi che dei polacchi, i quali li impiegavano per difendere i propri confini. In particolare, ai confini della Confederazione Polacco-Lituana, i cosacchi costituirono una risorsa importante nella difesa del territorio dalle incursioni dei tatari del Khanato Crimea, uno Stato emerso nel XV secolo come vassallo dell‟Impero Ottomano a seguito dello disfacimento dell‟Orda d‟Oro. I territori del Khanato di Crimea non si limitavano solamente all‟omonima penisola, ma comprendevano tutta la Steppa a nord e ad est del Mare d‟Azov134.
Già a partire dall‟Unione di Lublino del 1596 tra Lituania e Polonia si intensificarono i tentativi di quest‟ultima di esercitare il proprio controllo, soprattutto fiscale, sui territori corrispondenti all‟attuale Ucraina e di cattolicizzare le popolazioni slavo- orientali che vi abitavano135. A questo proposito, con l‟Unione di Brest (1569) nacque la Chiesa greco-cattolica ucraina o Uniate, subordinata al Papa che, pur preservando tradizioni e riti orientali, subì profondamente l‟influenza del cattolicesimo polacco per quanto riguarda la fede e i dogmi. Parallelamente al processo di polonizzazione sociale, linguistico e religioso, si rafforzò la pressione dei proprietari terreni sui contadini cosacchi slavo-orientali136. Questi, per fuggire al servaggio e alla polonizzazione, scapparono verso le steppe meridionali. Inoltre, i cosacchi erano profondamente legati alla fede e alle tradizioni ortodosse, e rigettavano ogni forma di cattolicizzazione. Anche per questo decisero di fuggire a sud. In questo modo, sia il fattore sociale, sia quello culturale che quello religioso assunsero già all‟epoca un connotato geopolitico137.
132 Ibidem, pp. 68-69.
133 M. GARZANITI, Gli Slavi. Storia,culture e lingue dalle origini ai nostri giorni, cit., p. 331.
134 Cfr. . A. KAPPELER, La Russia. Storia di un impero multietnico, cit. pp. 44-45; J.P ROUX, Storia dei
Turchi, cit., p. 297.
135 A. GIANNOTTI, Fra Europa e Asia. La politica russa nello spazio post-sovietico, cit., p. 153. 136 A. KAPPELER, La Russia. Storia di un impero multietnico, cit. pp. 59.
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Lungo il corso inferiore del Dnepr, i cosacchi fondarono la Zaporožskaja Seč‟, una comunità che aveva il suo epicentro nella regione dello Zaporoţ‟e situata al di là delle rapide del Dnepr (Zaporož‟e significa appunto “oltre le rapide”), ai confini della steppa. Da qui deriva il toponimo slavo-orientale Ukraina, formato dalla preposizione locativa
u (“presso”) e dalla parola kraj (“bordo”, “margine”, “confine”). Pertanto, Ukraina
significa “presso il confine”, o meglio, “terra di confine”. Infatti, nella lingua ucraina moderna esiste il termine окраїна (traslitterato: okrajina) che significa – come la parola russa окраина (traslitterato: okraina) – “periferia” o “territorio al confine”. Secondo lo storico ucraino Omeljan Pritsak e lo storico statunitense John S. Reshetar, il toponimo
Ukraina iniziò ad essere utilizzato nell‟accezione di “terra di confine” nel XVI secolo
proprio dai cosacchi dello Zaporoţ‟e per indicare le loro terre da loro abitate138.
I cosacchi ucraini erano guidati da un capo elettivo che prendeva il nome di atamano (in slavo-orientale: ataman). Ci sono molte versioni circa l‟etimologia di questo termine. Secondo alcuni, deriverebbe dalla parola polacca hetman che indica il grado militare più alto dell‟esercito della Rzeczpospolita e che a sua volta deriva dal termine tedesco hauptmann, che significa “capitano”. Secondo altri, ataman sarebbe un prestito linguistico dal turco-tataro ataman o utaman che in molte lingue turaniche delle steppe eurasiatiche significa “capo” e che è formato dall‟unione tra la parola ata (“padre”) e il suffisso accrescitivo -man. In questo caso ataman significa letteralmente “grande padre” o “il maggiore”139
.
Nel 1648, l‟atamano Bogdan Chmel‟nickij mosse i suoi cosacchi verso nord-ovest ed incitò la popolazione a liberarsi da ogni oppressione religiosa e sociale. La sommossa si trasformò ben presto in una grande rivolta contro la nobiltà e l‟amministrazione polacche e contro il clero cattolico. L‟esercito polacco, radunato affrettatamente, fu sgominato e i nobili polacchi vennero uccisi o cacciati. I cosacchi furono così in grado di creare un Etmanato indipendente e ad estendere la Zaporoţskaja Seĉ‟ su una parte cospicua dei territori ucraini.
138 O. PRITSAK, J.S. RESHETAR, “The Ukraine and the Dialectics of Nation-Building”, Slavic Review,
Vol. 22, No. 2, June 1963, p. 246,
http://shron1.chtyvo.org.ua/Pritsak_Omelian/The_Ukraine_and_the_Dialectics_of_Nation- Building_anhl.pdf.
139 Ė.V. SEVORTJAN, Ėtimologičeskij slovar’ Tjurskich Jayzkov, Izdatel’stvo Nauka, Moskva 1974, p.
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Tuttavia, siccome la Polonia rifiutò la secessione delle terre ucraine, i cosacchi dovettero cercare degli alleati, dato che sapevano di non poter competere con il più potente e numeroso esercito polacco. Chmel‟nickij si rivolse così ad Alessio, implorandolo di accorrere in suo aiuto, ma, inizialmente le richieste dell‟atamano furono respinte. Lo Stato moscovita si era appena ripreso dal “Periodo dei Torbidi” e lo Zar non era intenzionato a combattere un‟altra guerra.
Nel 1653, i cosacchi di Chmel‟nickij offrirono ad Alessio di sottomettersi a Mosca se fosse intervenuto in loro aiuto. Questa volta lo Zar acconsentì, anche perché la Russia aveva da tempo avanzato pretese sull‟eredità dei territori della Rus‟ Kieviana e decise quindi di aiutare i fratelli slavo-orientali a liberarsi dal giogo polacco. Nel 1654, nella cittadina di Perejaslav, i cosacchi e gli ambasciatori di Alessio sottoscrissero un trattato che stabiliva il passaggio dei territori della Zaporoţskaja Seĉ‟ alla Russia. Lo Zar, a sua volta, dovette garantire ai cosacchi il mantenimento dei loro privilegi e un‟amministrazione autonoma, seppur entro i confini dello Stato moscovita. Lo Zar, inoltre, si autodefinì “Autocrate di tutte le Russie, Grande, Piccola e Bianca” (in slavo- orientale: всея Великия и Малыя и Белыя России самодержец140). Il termine
Malorossija (“Piccola Russia”) divenne da quel momento la denominazione ufficiale
dell‟Ucraina.
La logica conseguenza del Trattato di Perejaslav fu la guerra tra la Russia e la Confederazione Polacco-Lituana che durò fino al 1667, allorquando le due potenze siglarono l‟Armistizio di Andrusovo in base al quale si spartirono i territori ucraini, secondo un confine segnato dal fiume Dnepr: la parte situata alla destra del Dnepr (Pravoberežnaja Ukraina) spettò alla Polonia, mentre le terre alla sinistra del fiume (Levoberežnaja Ukraina) andarono alla Russia, compresa Kiev, sebbene fosse situata sulla riva destra141. La Zaporoţskaja Seĉ, posta sul basso corso del Dnepr, doveva rimanere sotto prottettorato di entrambe le potenze e proteggere i confini delle Steppe dalle incursioni dei tatari di Crimea.
140 D.JU. ALEKSEEV, E.E. NEČAJ, T.A. VASIL’EVA, “Nekotorye osobennosti političeskogo processa na
Ukraine”, KiberLeninka, https://cyberleninka.ru/article/n/nekotorye-osobennosti-politicheskogo-
protsessa-na-ukraine.
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L‟Etmanato della riva sinistra conservò una vasta autonomia militare, amministrativa, istituzionale ed economica all‟interno della Russia. Tuttavia, con l‟ascesa al trono di Pietro I, fautore di una politica modernizzatrice dello Stato che comprendeva un forte grado di centralizzazione del potere, venne sacrificata una parte dell‟autonomia cosacca142. Per questo, l‟atamano Ivan Mazepa si schierò con gli svedesi nella guerra contro la Russia.
È doveroso sottolineare, che Mazepa, pur essendo di fede ortodossa fu educato dai gesuiti venendo così influenzato dalla cultura europea. Egli rappresenta dunque un esempio interessante, forse il primo, della profonda differenza sociale e culturale che intercorre fra l‟Ucraina occidentale, e quella orientale, influenzata dalla Russia143. Non è un caso che, ancora oggi, Mazepa sia considerato dagli ucraini orientali (e dai russi) come un traditore che aspirava a spezzare l‟unione fraterna degli slavi orientali, mentre è visto dagli ucraini che guardano all‟Occidente come un eroe che fallì nell‟intento di strappare l‟Ucraina dalla “dominazione russa” attraverso un‟alleanza con le potenze europee144.
Nel 1708 Carlo XII di Svezia invase la Malorossija. Il suo scopo era di usarla come punto di partenza per sferrare un attacco finale contro Mosca. Mazepa riponeva in lui tutte le speranze affinché il suo etmanato diventasse completamente indipendente dalla Russia145. Tuttavia, soltanto poche migliaia di uomini si unirono alla sua causa e si