che nella prim a m età del Q uattrocento. E probabile che l’accumulo indiscrimi
nato di altri benefici, insieme alla cappellania ducale, iniziasse a diventare intol
lerabile soprattutto durante il periodo sforzesco, quando lo stesso arciprete G io
vanni de Fidelibus si vide costretto a richiedere un duro intervento contro i
cappellani, al fine di far loro osservare lo statuto. U na supplica del 21 maggio
del 1452 103, inviata al duca e al vicario arcivescovile, evidenzia la necessità di
un personale intervento delle due autorità milanesi contro i cappellani ducali:
in essa l’arciprete, dopo aver accennato alla fondazione delle cappellanie ducali
volute dall’illustre avo di Francesco Sforza, ricorda che com pito principale dei
cappellani era celebrare missam omni die in dieta ecclesia Sancti Iohannis et etiam
debeant tenere interesse divinis offitiis unacum canonicis et capitulo, ma rileva an
che come prefati capellani minime intersunt divinis offitiis unacum canonicis nec
observent ordinationem fundationis, cosa che poteva alla lunga diventare un grave
animarum suarum periculum. D i certo l’importanza nella collegiata dei cappel
lani ducali era stata recepita in m odo imm ediato anche da parte della comunità:
infatti, in occasione del rinnovo dei diplomi viscontei, la popolazione locale ten
tò di ottenere il pieno controllo sulle nom ine, richiesta sempre respinta da parte
degli Sforza104. U na reazione alla supplica del 1452 la si ebbe però solo nel
102 ASMi, F. N. 1092, 1475 settembre 26, elezione di Marchiolo Cassina al posto del defunto cappellano ducale Giacomo de Volunteriis. Si tratta di uno dei rarissimi documenti legati alla no mina di un cappellano ducale. Questa minuta si apre con un formale avviso sulla momentanea vacanza del beneficio per la morte di un cappellano, aggiungendo che solo il duca di Milano, uni co patronm della cappellania, ha provveduto celeriter alla scelta di una idonea persona. Di seguito, l’economo accedendo per prius ad altare maius prefate ecclesie Sancti Iohannis Baptiste cum comu et drapo ipsius altaris et ad capellam ducales Sancte Caterine, sitam in prefata ecclesia, et ad altare ipsius cum comu et drapo ipsius altaris, immette il candidato seguendo le usuali procedure e le solennità necessarie. Nel caso specifico, si riporta la trascrizione di una lettera ducale, scritta in volgare e a firma di Cicco Simonetta, con le motivazioni circa la nomina di Marchiolo Cassina, parente di tale Farsano, legato alla corte ducale. Sul Cassina cfr. sopra n. 46.
103 ASMi, F. C. 58, ad datam.
104 Ci riferiamo alla concessione dei cosiddetti capitoli di dedizione del 19 marzo 1450, usati da Francesco Sforza con la precisa intenzione di non contrastare troppo l’autonomia economica
I
1469, quando, durante una convocazione capitolare, venne letta una lettera del
l’arcivescovo Stefano N a rd in i105, nella quale si ribadiva senza mezzi term ini l’in
compatibilità della carica di cappellano ducale con altri benefici richiedenti ob
bligo di residenza o la celebrazione di una messa. La missiva, indirizzata a tutti
gli ecclesiastici di S. Giovanni, insisteva sulla questione non tanto della «non
residenza» — problem a che in realtà toccava gran parte dei nostri canonici
— quanto della «doppia residenza», cioè ecclesiastici che si ritrovavano ad essere
ad un tem po cappellani ducali e canonici nella stessa chiesa e che ottenevano
così una doppia entrata. N o n si trattava com unque di un semplice richiamo ar
civescovile, poiché N ardini nella lettera non si limitò a ribadire generiche accuse
circa la cattiva attenzione dim ostrata verso il culto divino, m a accusò nello spe
cifico due cappellani ducali, prete Daniele de Seroldonibus106 e prete Cressolo de
Ledeximo, rei di essere canonici residenti e cappellani. N onostante la gravità del
la situazione, l’occasione non si tram utò in una visita pastorale in loco, guidata
ad esempio da uno dei vicari generali del N ardini, anche se provocò una caccia
selvaggia ai «benefici vacanti» del de Ledeximo. Infatti una serie di missive, scritte
tra il 1469 ed il 1472, mostrano da una parte la volontà precisa del duca di ap
profittare della situazione per im m ettere i suoi protetti, dall’altra la strenua di
fesa ingaggiata dal capitolo a favore del suo ecclesiastico, difesa del tutto legitti
del borgo. Il punto XIV faceva riferimento proprio alla nomina dei cappellani ducali, problema cui lo Sforza rispose con un placet, sed substitutum volumus nos eligere. II testo, trascritto da Frisi nelle Memorie storiche, II, «C.D.M.», nr. CCXVII, pp. 200-201, si conserva in ASMi, F. C. 58; Ba r n i, Dall’età comunale, cit., pp. 350-353; Ro v id a, Monza terra separata, cit., pp. 26-26 e n. 32. Sui privilegi, definiti «occasione per esprimere esigenze e aspirazioni profonde della comunità», cfr. Ch it t o l in i, I capitoli di dedizione delle comunità lombarde a Francesco Sforza, in Città, comu nità cit., pp. 39-60, in particolare p. 41.
105 ASMi, F. N. 1033, 1469 aprile 1. La missiva, rogata dal notaio della Curia arcivescovile Giovan Pietro Ciocca il 29 marzo del 1469, era indirizzata anche ai fabbricieri di S. Giovanni. Per la sua importanza, venne trascritta dal notaio monzese Gerardo de Brìoscho e lo stesso Frisi la ricorda nella biografia dell’arciprete Giovanni de Fidelibus, quale simbolo di una concreta vo lontà riformatrice nella gestione della collegiata, cfr. Id., Memorie della Chiesa, cit., IV, p. 36. Sul
Nardini (1461-1484), arcivescovo non residente a Milano, cfr. C. Marcora, Stefano Nardini ar
civescovo di Milano (1461-1484), in «M.S.D.M.», III, (1956), pp. 256-488. Anche se l’autore non accenna alla missiva del 1469 né agli statuti del 1481, non è da escludersi che l’intervento del 1469 contro i cappellani ducali sia il risultato di una sincera stima esistente tra Giovanni de Fi delibus e questo arcivescovo: sappiamo infatti che il nostro arciprete venne convocato da Nardini, insieme ad altri prevosti del ducato di Milano, il 26 settembre del 1468 per l’approvazione di un decreto sulla nomina dei benefici curati, cfr. ibidem, pp. 304-305 e pp. 427-430.
106 Cappellano ducale dal 1448, risulta uno dei pochi legato alla nomina per volere di Bianca Maria di Savoia, cfr. ASMi, F. N. 1961, 1459 marzo 5. Ricopri la carica di decumano, in seguito ceduta a Bartolomeo de Seroldonibus, cfr. ASMi, F. N. 568, 1449 maggio 24. Non è stato possi bile invece sapere con precisione a quando risalga la rinuncia al beneficio ducale a favore di prete Davide de Seroldonibus, q. Bernardo, forse parente dello stesso, rinuncia avvenuta negli anni 1477-1478 e approvata da Bona e Gian Galeazzo Maria Sforza, che precedette di poco la morte di prete Daniele, avvenuta il 26 giugno del 1478. Cfr. ASMi, F. F. 179, s. d., approvazione da parte dei duchi; ASMi, F. Sfor. c. i. 1072, ad datam. Per altre notizie su questo canonico cfr. La collegiata, cit., p. 358.