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Fin dal secolo XIII la persona ecclesiastica era soggetta a norme di carattere generale e particolare Requisiti precisi definivano l’ecclesiastico tale solo se,

ad esempio, esibiva la tonsura o abiti consoni e se non svolgeva determ inati m e­

stieri, inquadrando così questa figura in una categoria privilegiata133. Allo stesso

m odo anche gli statuti di S. Giovanni offrono precise indicazioni sulla figura del

canonico, insistendo in particolare sulla questione della residenza, la cui irrego­

larità era ormai tipica in m olti istituti ecclesiastici del ducato milanese. La resi­

denza permetteva al canonico di partecipare alle convocazioni capitolari e, di

conseguenza, alle distribuzioni quotidiane. In particolare la norm a < 18> defini­

sce un canonico «residente» solo se capace di cantare determ inati brani liturgici,

canonici di S. Nazaro in Brolo, cfr. Ve n n e r i, Il capitolo della chiesa, cit., pp. 367-368. Ricordo, infine, che sono stati trovati alcuni documenti nelle filze dei notai monzesi con la descrizione dei paramenti usati dai canonici.

131 Sembra che principale fautore di questa iniziativa sia stato il della Croce, i cui interessi lo spinsero a redigere un nuovo calendario liturgico, mai entrato in vigore. La riforma dell’officiatura prevedeva inoltre il canto del Te Deum tra matutinum e laudi, cfr. Be l lo n i, Francesco della Croce, cit., pp. 71-72; Ca t t a n e o, Istituzioni, cit., p. 646. Anche la norma <13> prescriveva ai presbyteri sive capellani di non allontanarsi dal coro usque dieta Salve Regina et oratione post quamlibet horam, et maxime j>ost completionem.

132 Sull’argomento rimandiamo in particolare ai recenti articoli di S. A. Bia n c h i, Chierici ma non sempre preti. Itinerari clericali nel Veneto tra la fine del XIII e gli inizi del X V secolo, pp. 47-91 e G. Ca g n in, «A d adiscendum artem et officium clericatus». Note sul reclutamento e sulla formazione del clero a Treviso, pp. 93-124, entrambi in Preti nel medioevo, cit. Un breve paragrafo della tesi è stato dedicato al cosiddetto v-ufficium clericatus», dove si è cercato, ad esempio, di valutare il pe­ riodo di tempo richiesto per passare dalla carica di custode a quella di canonico, cfr. La collegiata, cit., pp. 149-156.

di saper bene legere e, più in generale, a d faciendum ebdomodam suam 134, m en­

tre la norm a <17> stabilisce che il canonico residente deve avere interesse in di­

vinis offitiis. Ancora la norm a <18> precisa che il candidato era ammesso tra i

canonici residenti solo dopo u n ’attenta valutazione da parte di tre canonici, scel­

ti dal capitolo. Invece se nella norm a <19> si specifica che, per ottenere Xemo­

lumentum totius rescidentie, bisognava teoricamente risultare residenti almeno

per un anno, la norm a <17> chiarisce che in realtà bastava presenziare ai divini

uffici per un periodo m inim o di sette mesi, cercando di non far registrare nel

suddetto periodo le assenze nel librum note. In caso contrario, il canonico

n on avrebbe ottenuto aliquos fructus residentie135. Sempre la norm a <17> accen­

na alla possibilità per il canonico residente di ottenere u n ’indulgenza di quattro

giorni per ogni mese di effettiva presenza136. Se quindi da una parte questi sta­

tu ti richiedevano in m odo piuttosto rigoroso una presenza attiva nell’ufficio per

ottenere le distribuzioni quotidiane, dall’altra offrivano la possibilità all’ecclesia­

stico di godere i redditi del proprio beneficio senza adempiere scrupolosamennte

agli uffici. N o n poche norm e si occupano infatti alle distribuzioni quotidiane,

diverse a secondo della digntà e dell’ufficio celebrato. Se in generale canonici

e arciprete, cui spettava per la sua posizione una doppia retribuzione, percepi­

vano 1 soldo per ogni ufficio, la remunerazione saliva nelle festività più im por­

tanti: partecipando al m attutino di Natale, della Pasqua, della Resurrezione e di

S. Giovanni Battista il Precursore, entram bi le parti percepivano 5 soldi, altret­

tanto nelle messe della notte di Natale, m entre presenziando alle messe delle al­

tre festività la ricompensa scendeva a 4 so ld i137. Inoltre i canonici, presenziando

134 Una supplica di prete Giovanni Antonio de Varena, scritta dopo 2 anni di presenza nella collegiata, chiedeva l’ammissione alla residenza e alle distribuzioni quotidiane, nonostante l’oppo­ sizione alla sua candidatura di non pochi canonici, i quali avevano rilevato che, in base agli statuti, non si era ammessi alla residenza «se non se ritrova a fare la sua settimana», cioè celebrare le messe durante la settimana, obbligo che, secondo Giovanni Antonio, nessun canonico rispettava, cfr. ASMi, F. F. 195, s. d. ma ante i486, prete Giovanni Antonio de Varena al duca. Un altro caso di opposizione alla residenza di un ecclesiastico riguarda la figura di Giovanni Francesco Ferrufi- nus, forse fratello del cancelliere ducale Giovanni Antonio. Successore nella prebenda di Francesco Coldirarius all’inizio degli anni Settanta, solo nel 1480 chiese, alla presenza dell’arciprete e dei canonici residenti, l’ammissione alla residenza, consegnando la cifra di lire 25 imp. pro collatione. Dei quindici membri presenti, compreso l’arciprete, solo sette furono favorevoli alla sua immis­ sione, altri sei non reputarono il soggetto idoneo in base agli statuti e alle consuetudini del capi­ tolo, mentre prete Teodoro de Medicis de Seregnio suggerì di convalidare la posizione del candi­ dato a partire dal 1 gennaio 1481, permettendogli cosi di prepararsi a «cantare e officiare nei di­ vini officii», cfr. ASMi, F. N. 1093, 1480 maggio 20.

135 Alla fine della norma <17> si specifica che statuta facentia mentionem de interessentia divi­ norum intelligantur si voluerint fructus rescidentie percipere. Si veda anche quanto riportato negli statuti di S. Nazaro in Brolo circa la residenza, cfr. Ve n n e r i, Il capitolo della chiesa, cit., p. 3 7 1 .

136 Questo calcolo si effettuava in base a quanto scritto nel librum note, dove si segnavano le assenze e le presenze dei canonici. Anche la norma <19> ricorda che illi canonico non dentur aliqui dies pro indulgentia se risiedeva meno dei sette mesi previsti. Cfr. S. De An g elis, Indulgenze, in Enciclopedia Cattolica, voi. VI, Città del Vaticano 1951, coll. 1901-1910.

alle litanie, ottenevano 5 s o ld i13S. Diversa invece la ricom pensa per i cappellani: