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I caratteri portanti delle regioni a statuto speciale: autonomia legislativa,

CAPITOLO I: LA GENESI DELLA SPECIALITA’

1.3 I caratteri portanti delle regioni a statuto speciale: autonomia legislativa,

Le Regioni ad autonomia differenziata possono essere considerate, singolarmente, un sistema di governo del territorio autonomo rispetto a quello dello Stato, in virtù dei caratteri portanti che la disciplina dei vari statuti speciali prevede: autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria.

Sin dall’approvazione della Costituzione italiana, gli studiosi sono stati concordi nel ritenere che la potestà legislativa regionale costituisse il fulcro dell’autonomia della Regione.

A dare prova di ciò, fu lo Statuto della Sicilia che, per primo, introdusse il concetto di legislazione piena ed esclusiva sulle materie dallo stesso individuate.

È la competenza legislativa che determina il contenuto della specialità105.

L’esistenza della specialità è sempre stata accompagnata dall’approvazione di uno Statuto, nel quale vengono fissate le particolari forme e condizioni di autonomia di una Regione speciale, disciplinandone le competenze esclusive.

Gli ambiti di intervento normativo di ogni singola Regione a Statuto speciale sono diversi tra loro, definiti dai rispettivi statuti.

Dunque, le Regioni ad autonomia differenziata, non esercitano le medesime competenze.

104 G. VERDE, L’autonomia speciale della Regione Siciliana: origini, caratteri e prospettive, in https://core.ac.uk/download/pdf/71792549.pdf.

105 A. POGGI, Le funzioni legislative e amministrative nelle autonomie speciali, tra vecchie e nuove fonti e realtà effettiva, cit.

38 Gli Statuti sono leggi costituzionali atipiche, con ciò confermando la peculiarità delle esperienze regionali speciali, approvati dal Parlamento nazionale con la procedura aggravata di cui all’art.138 Cost. E’ lo Statuto a definirne l’assetto in un regime autonomistico differenziato, in deroga a norme costituzionali, ad eccezione dei principi fondamentali sanciti in Costituzione.

Gli Statuti delle Regioni di diritto comune, invece, sono adottati e modificati con legge regionale, approvati dai Consigli regionali con la procedura di cui all’art.123 (ordinaria, perché meno complessa) della Costituzione italiana.

Essi disciplinano determinati argomenti nell’ambito dell’ordinamento generale regionale definito dalla Costituzione che ne definisce forme e condizioni di autonomia in modo pressoché uniforme.

Da questa principale distinzione discende la prima forma di asimmetria dell’ordinamento regionale italiano, quella tra gli Statuti delle Regioni speciali e gli Statuti delle Regioni ordinarie.

Nel periodo pre-riforma del 2001, andava osservata una netta distinzione tra Regioni ad autonomia ordinaria e Regioni ad autonomia differenziata, poiché le prime godevano di una potestà legislativa significativamente più ampia delle seconde. In particolare, è stata la legge costituzionale n.1/1999 ad aver accresciuto i poteri delle Regioni a statuto ordinario, soprattutto per un aumento delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regione, generando, a detta di molti, una riduzione dell'autonomia delle Regioni a statuto speciale.

Sarà, poi, la legge costituzionale n. 2/2001 recante "Disposizioni concernenti l'elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano" ad ovviare a questo inconveniente106, prevedendo per le Regioni speciali, la possibilità di adottare leggi statutarie107.

106A. D’ATENA, Diritto regionale, Giappichelli, Torino, 2010.

107Questa categoria di atti si differenzia da una normale legge regionale, perché: necessita di una

sola approvazione a maggioranza assoluta del Consiglio regionale; è sottoponibile a referendum confermativo preventivo su richiesta entro 3 mesi dalla pubblicazione (notiziale) da parte di 1/5 dei consiglieri regionali o di 50.000 iscritti agli albi elettorali regionali; è sottoponibile a controllo preventivo di costituzionalità su richiesta entro 30 giorni dalla pubblicazione (notiziale) da parte del Governo. La legge statutaria si differenzia anche dallo Statuto regionale ordinario, che necessita di doppia deliberazione (a maggioranza assoluta). Inoltre, diversamente dagli Statuti regionali ordinari, le leggi statutarie delle Regioni a Statuto speciale non sono competenti in materia di «principi di

organizzazione e funzionamento». La Regione o la Provincia di diritto differenziato, infatti, può

39 Inoltre, le succitate leggi, hanno profondamente innovato il procedimento di approvazione degli statuti108 ed hanno esteso anche le loro materie di competenza: in particolare, il “nuovo” art. 123 Cost. rinvia agli statuti regionali la decisione in ordine alla forma di governo regionale, laddove prima della l. cost. n. 1/1999 questa era disciplinata direttamente dalla Costituzione.

Per quanto attiene la potestà legislativa regionale, bisogna ricordare anche che il quadro che precedeva la Riforma costituzionale del 2001, era ben diverso rispetto a quello successivamente delineato.

Innanzitutto, le leggi regionali non si collocavano sullo stesso piano di quelle statali, poiché la potestà legislativa regionale era tassativa, nel senso che poteva intervenire solo nelle materie espressamente indicate nella Costituzione.

Allo Stato, invece, spettava una potestà legislativa generale.

Come è noto oggi, la Riforma costituzionale del 2001, ha ribaltato il criterio di enumerazione delle competenze, indicando espressamente le materie di competenza esclusiva dello Stato al secondo comma del nuovo art. 117 Cost109.

Relativamente alla competenza concorrente che caratterizza anche le Regioni ordinarie, l’enumerazione è sempre stata presente, sia nella vecchia che nella nuova formulazione dell’art. 117 Cost.

In sintesi, viene capovolto il rapporto tra la potestà legislativa regionale e quella statale: ora, infatti, è lo Stato ad avere una potestà legislativa predefinita, mentre le Regioni hanno una potestà legislativa potenzialmente generale.

popolare ed il referendum, ma non può porre norme di principio analoghe alle norme programmatiche statutarie degli Statuti ordinari.

I principi stabiliti negli statuti speciali vengono definiti da una commissione paritetica Stato- Regione con i decreti legislativi di attuazione. Si veda A. D’ATENA, op.cit. e O. CHESSA,

Specialità e asimmetrie nel sistema regionale italiano, in S. MANGIAMELI, Il regionalismo italiano dall’Unità alla Costituzione e alla sua riforma, Milano, Giuffré, 2012.

108 Attualmente,per il procedimento di approvazione degli statuti delle Regioni ad autonomia

ordinaria non prevede più l’intervento del Parlamento in sede di approvazione e diversifica tale deliberazione da quelle sulle altre leggi regionali, prevedendo che sia necessaria una doppia deliberazione del Consiglio regionale a maggioranza assoluta con un intervallo non inferiore a due mesi.

109 Il riformato art. 117 Cost. attribuisce allo Stato una legislazione esclusiva nelle materie di cui al

secondo comma ed una legislazione concorrente nelle materie di cui al terzo. Nel caso di competenza esclusiva, la disciplina delle relative materie è riservata unicamente allo Stato, mentre nel caso di competenza concorrente viene riconosciuta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi generali, che compete alla legislazione statale.

Il quarto comma dell’art 117 Cost. attribuisce inoltre alle Regioni una potestà legislativa in riferimento ad ogni materia che non sia espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

40 In più, ai sensi del nuovo art. 116, co. 3, Cost., ciascuna Regione può chiedere un ulteriore ampliamento della propria potestà legislativa regionale esclusiva nelle materie di potestà legislativa concorrente o in alcune materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato110, in virtù di una legge statale approvata dal Parlamento nazionale a maggioranza assoluta, sulla base di un’intesa con lo Stato (novità che ha certamente accentuato l’elemento asimmetrico nell’ordinamento giuridico italiano, sotto il profilo competenziale).

La situazione per le Regioni a Statuto speciale è ben diversa.

Per queste, la tecnica che caratterizza la competenza legislativa regionale è quella dell’enumerazione espressa delle materie. Di conseguenza, le materie ricomprese nella potestà legislativa primaria delle Regioni speciali erano maggiormente definite rispetto a quelle riconducibili alla legislazione residuale delle Regioni ordinarie111.

In più, il contenuto semantico di tali materie poteva essere ulteriormente precisato dalle norme di attuazione.

D’altro canto, lo stesso art. 10 della l. cost. n. 3/2001 ha previsto che, fino all’adeguamento degli Statuti speciali, a queste ultime (e alle Province autonome di Trento e di Bolzano) si applicano le disposizioni contenute nella l. cost. n. 3/2001, laddove prevedono un’autonomia più ampia di quella ad esse già attribuita.

Infatti, una delle maggiori difficoltà derivante dall’attuazione della Riforma Costituzionale del Titolo V, ha riguardato l’estensione dell’elenco di materie di competenza delle Regioni speciali.

In attesa dell’adeguamento dei loro rispettivi Statuti, in forza della clausola di maggior favore, questi conservano i “vecchi” elenchi di materie e, al contempo, possono usufruire di ulteriori funzioni in quanto ad esse si applicano le disposizioni della riforma del titolo V Cost. “per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie”, rispetto a quelle che sono loro già attribuite (art. 10 l. cost. n. 3/2001).

110 Istruzione, ricerca scientifica, governo del territorio, salute, beni culturali e ambientali,

ordinamento sportivo, ordinamento dei giudici di pace.

41 In questo modo, le autonomie speciali, beneficiando dei maggiori poteri previsti per le Regioni ordinarie, sono state in grado di “raggiungerle112”.

Inoltre, erano previsti, tre diversi tipi di potestà legislativa regionale113: esclusiva/primaria, solo per le Regioni speciali e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, concorrente/ripartita (di cui all’ex art. 117 Cost.), per quanto riguardava le Regioni ordinarie114 e integrativa-attuativa (ultimo comma ex art. 117 Cost.).

Tale ripartizione delle potestà era soggetta a limiti speciali e generali, quali ad esempio l’interesse nazionale, i rapporti privati, la disciplina penale, le grandi riforme economico-sociali e gli obblighi internazionali dello Stato.

La Riforma Costituzionale del 2001, al nuovo art. 117 Cost., oltre ad equiparare la legge regionale a quella statale, ha provveduto a parificare anche i limiti a cui sono soggette tali leggi.

La Riforma prevede solo tre limiti: la Costituzione, i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e quelli derivanti dagli obblighi internazionali115.

Sono, dunque, venuti meno il limite dei principi generali dell’ordinamento giuridico e quello delle norme fondamentali di riforma economica-sociale che, previsti come limiti della potestà esclusiva negli Statuti speciali, si applicavano anche alla potestà concorrente delle Regioni speciali e ordinarie116.

Tuttavia, la Corte Costituzionale, in merito, ha affermato che gli ambiti riservati alla sua potestà legislativa non possano essere intesi in modo rigido, ma vadano

112 Come è noto, la Riforma Costituzionale del 2001 ha realizzato un potenziamento della potestà

legislativa regionale. Il novellato art. 117 Cost., dispone che allo Stato non compete più una generale potestà regolatrice, ma un potere che, pur essendo esclusivo e pieno, si trova ad essere circoscritto entro ambiti oggettivi di materia bene definiti (così come sancito dal comma II art. 117 Cost.). Invece, le Regioni vedono ampliato il proprio ambito di legittimazione, in funzione, talvolta, di legislazione concorrente con quella statale, talvolta di legislazione residuale.

Una conferma del potenziamento della funzione normativa delle Regioni va ravvisata nell’art. 116, co. 3 da cui risulta che “ulteriori forme e condizioni di autonomia” possono essere riconosciute, con legge dello Stato, a singole Regioni, anche nell’ambito legislativo, avuto riguardo a singole materie (cd. regionalismo differenziato).

113 Potestà legislativa regionale, in www.treccani.it .

114 La disciplina di cui al vecchio art. 117 Cost. relativa alla competenza concorrente, affidava la

normativa di principio alla competenza dello Stato e quella di dettaglio alla competenza delle Regioni.

115 L’ art.117 comma 1 Cost recita: «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».

116 M. CARLI, I limiti alla potestà legislativa regionale, in Le Regioni, fasc. 6, novembre-dicembre

42 identificati con interessi e valori costituzionalmente protetti. Vi sarebbero, infatti, materie “trasversali”, in cui lo Stato deve potere dettare una disciplina unitaria, nonché, in ogni caso, la garanzia della «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» ex art. 117, co. 2, lett. m), Cost.

Inoltre, la Corte ha ribadito che i rapporti privati e la materia penale continuano a costituire un limite generale per la potestà legislativa regionale117.

Chiarificatrici sono alcune sentenze della Corte Costituzionale, con le quali ha precisato che alle materie di competenza esclusiva delle Regioni speciali si applicano i limiti configurati dai loro Statuti118; quando, invece, si applica la

clausola di maggior favore valgono i limiti previsti nel Titolo V, inclusi quelli derivanti dalle competenze statali esclusive in materie trasversali119.

Non si può non segnalare che, in merito al limite dell’interesse nazionale, la Costituzione rimane in silenzio, il che ha portato alcuni studiosi a chiedersi se tale interesse non sia comunque un limite implicito, ricollegabile al principio di unità e indivisibilità della Repubblica ex art. 5 Cost.

Infatti, nonostante la Riforma del 2001 abbia ampliato l’autonomia e le competenze delle Regioni, queste rimangono comunque sprovviste di sovranità, visti i limiti statali alle loro potestà normative e, soprattutto, visto il principio di unità ed indivisibilità della Repubblica che li caratterizzano quali enti subordinati allo Stato. Resta fermo il fatto che, sottoponendo le Regioni speciali e le Regioni ordinarie allo stesso sistema di limiti statali alle loro competenze legislative, si è gradatamente smussata la differenza tra le due tipologie, riducendo il grado di asimmetria120. L’autonomia legislativa, per poter essere attuata, ha bisogno di apparati e di personale, tale per cui «i trasferimenti delle funzioni amministrative hanno assunto una sorta di priorità “logica” sull’attribuzione delle funzioni legislative»121.

117 Cit., La potestà legislativa regionale, in www.treccani.it .

118 Sent. nn. 48 e 227 del 2003 e n. 62 del 2005, in A. POGGI, Le funzioni legislative e amministrative nele autonomie speciali, tra vecchie e nuove fonti e realtà effettiva, cit.

119 Sent. n. 274 del 2003; n. 383 del 2005 e n. 134 del 2006. Ibidem. 120 O. CHESSA, Specialità e asimmetrie nel sistema regionale italiano, cit. 121 Cosi A. POGGI, op. cit, p. 8.

43 Indipendentemente dalla tipologia di Regione, che sia ordinaria o speciale, il trasferimento di funzioni amministrative è condizione necessaria per l’implementazione delle funzioni legislative.

Per le Regioni ad autonomia differenziata, però, si rende necessaria l’intermediazione delle norme di attuazione, in quanto strumento «necessario per calibrare e definire l’autonomia e la specialità regionale nell’ambito del’unità e del decentramento»122.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha operato molto su questo terreno123, giungendo, alla fine, ad affermare che solo le norme di attuazione possono attribuire alle Regioni speciali le loro funzioni, anche se lo Statuto definisce in maniera puntuale l’ambito materiale124 ( criterio della “definizione sufficiente della

materia da parte dello Statuto”).

Pertanto, tali norme rappresentano il presupposto del trasferimento di funzioni amministrative nell’ambito della competenza legislativa regionale, e per le quali, in ogni caso, occorre un coordinamento con lo Stato.

Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome continua a valere, anche dopo la riforma del Titolo V, il c.d. principio del "parallelismo delle funzioni", per cui la Regione ha la competenza amministrativa nelle materie in cui esercita la potestà legislativa.

Da ciò discende che nelle Regioni a Statuto speciale, non trova applicazione automatica il principio di sussidiarietà: la competenza amministrativa generale non è attribuita ai Comuni, come invece accade nelle Regioni a Statuto ordinario in virtù del nuovo art. 118 co. 1 Cost., ma continua a valere il modello della "amministrazione indiretta necessaria" secondo il modello del vecchio art. 118, ovvero della delega di esercizio agli enti locali da parte delle Regioni125.

122 Ibidem.

123 Le sentenze della Corte Costituzionale in materia sono molteplici: n. 1/1958; nn. 22 e 74 del

1961; n. 14/1962 ( nelle quali fa leva sul criterio della definizione sufficiente della materia da parte dello Statuto); n. 22/1961 (nella quale afferma che ogni qualvolta vi sia una possibile interferenza con una competenza statale occorrono le norme di attuazione); n. 14/1962 e n. 145/1967 (nelle quali ribadisce il concetto per cui le norme di attuazione sono previamente necessarie per l’attribuzione delle funzioni amministrative per l’esercizio della potestà legislativa riconosciute alle Regioni speciali). Ivi, p. 11 ss.

124 Ibidem.

44 Il principio del parallelismo di funzioni, continua a valere in forza dello Statuto speciale ma anche della clausola di equiparazione (o di maggior favore) ex art. 10 l. cost. 3/2001.

Per effetto di tale clausola e, visto il rilievo costituzionale conferito al principio di sussidiarietà verticale, non viene impedito alle Regioni speciali che si possano trasferire funzioni amministrative per le materie ulteriori rispetto a quelle indicate dagli Statuti, sempre per il tramite delle norme di attuazione ( funzioni non solo attinenti ai nuovi settori di competenza delle Regioni ma anche in materie in cui la competenza legislativa è rimasta in capo allo Stato)126.

Infatti, si è fatto un massiccio ricorso alle norme di attuazione, le quali spesso hanno fornito un’interpretazione estensiva delle materie di competenza legislativa della Regione speciale (o Provincia autonoma), trasferendo funzioni amministrative prima statali127.

Verrebbe, così, ad applicarsi il principio di sussidiarietà, nonostante la permanenza della regola del parallelismo di funzioni, pur sempre sulla base di un accordo Stato- Regione speciale.

Oltre ad una diversa ampiezza dell’autonomia di ciascuna delle cinque Regioni a Statuto speciale, intesa come possibilità di concreta disciplina ed amministrazione delle materie statutariamente attribuite, è da segnalare anche una diversa ampiezza della rispettiva autonomia finanziaria, altro carattere portante della specialità regionale.

Senza l’autonomia finanziaria l’autonomia stessa non viene in essere.

Essa è condizione indispensabile per la realizzazione dell’autonomia politica e istituzionale. I mezzi finanziari sono il presupposto essenziale per il funzionamento degli enti territoriali e questa tipologia di autonomia dovrebbe consentire loro di reperire tali mezzi attraverso una propria imposizione tributaria, deliberata in modo autonomo rispetto alle scelte fatte dallo Stato128.

Prima della Riforma Costituzionale attuata con l. cost. n. 3/2001, il sistema finanziario era di tipo “derivato”, intendendo con ciò, un sistema basato sulla netta

126 R. CHIEPPA, Le esperienze delle commissioni paritetiche e il valore delle norme di attuazione degli statuti speciali regionali,cit.

127 Questo però è valso soprattutto per le Regioni speciali settentrionali e non tanto per quelle

“insulari” dove, ancora, in ampi settori insistono atti legislativi statali. 128

45 prevalenza di finanziamenti indiretti provenienti dallo Stato e non, dunque, deliberati dall’ente regionale129. In sostanza, era unicamente lo Stato a decidere la qualità e la quantità delle risorse finanziarie da destinare alle autonomie.

Questa compressione dell’autonomia impositiva durò fino agli anni Novanta, quando si realizzò un cambio di rotta attraverso numerosi provvedimenti che mutarono la struttura dei mezzi finanziari a disposizione dei governi regionali. Questi interventi hanno provocato una notevole riduzione dei trasferimenti statali verso le Regioni130.

Tassello importante di questo puzzle è anche l’eliminazione del c.d. vincolo di destinazione delle risorse finanziarie che lo Stato trasferiva alle Regioni; vincolo, questo, che limitava profondamente l’autonomia tributaria regionale.

Con la Riforma del Titolo V, l’autonomia finanziaria riacquista vigore e centralità, spodestando lo Stato dalla sua posizione egemone.

Con la legge cost. n. 3 del 2001, si riconosce autonomia di entrata e di spesa alle Regioni e agli enti locali131 con la capacità di imporre tributi propri e di erogare

liberamente sul proprio territorio le somme percepite.

La Riforma del 2001 si è orientata, dal punto di vista finanziario, verso una più responsabile ponderazione dell’utilizzo delle risorse, sancendo una correlazione tra prelievo tributario e beneficio derivante dall’esercizio delle funzioni.

Questa correlazione sta alla base del principio cardine del c.d. “federalismo fiscale”, ovvero quello secondo cui le funzioni amministrative attribuite alle Regioni (ed agli Enti locali), di cui all’art. 118 Cost., devono essere finanziate integralmente con entrate proprie. In altri termini, si rende necessaria la correlazione tra le funzioni attribuite e le risorse essenziali per poterle espletare132.

129 Idem.

130 Si consideri, ad esempio, l’art. 10 della legge n. 133/1999 che prevede la soppressione della gran

parte dei trasferimenti erariali a favore delle Regioni a Statuto ordinario e, ancora, il d.lgs. n. 56/2000 recante “Disposizioni in tema di federalismo fiscale”, che detta i principi

attraverso cui è disciplinata l’autonomia finanziaria delle Regioni ordinarie. Nello specifico, la legge delega n. 133/1999 ha disposto per gli Enti locali l’abolizione delle compartecipazioni dei Comuni e delle Province al gettito dell’IRAP, ai quali il d.lgs. n. 56/2000 assicura trasferimenti erariali sostitutivi. In Gazzetta Ufficiale n. 113 del 17 maggio 1999.

131 Mentre, nel vecchio assetto pre-riforma, l’autonomia finanziaria riguarda più la spesa che le

entrate, essendo queste gestite prevalentemente dallo Stato.

132 G. SCANU, Il tormentato percorso di riforma del federalismo fiscale italiano, in L' autonomia tributaria delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, in

46 Se quanto detto fin’ora ha validità per le Regioni ordinarie, situazione ben diversa è quella relativa alle Regioni speciali.

Il nocciolo principale della questione è che la Riforma costituzionale deve fare i conti con gli Statuti delle autonomie speciali, nei quali si cela l’essenza stessa della loro autonomia (compresa quella finanziaria).

Da sempre le fonti statutarie speciali hanno riconosciuto, alle Regioni ad autonomia

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