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Sono stati valutati gli effetti immediati, a medio e lungo termine (12 mesi - 4 anni) sulla funzione renale della rivascolarizzazione percutanea mediante angioplastica o stenting in 166 pazienti ipertesi (106 maschi e 60 femmine, età media 61,2 ± 10,9) con stenosi aterosclerotica dell’arteria renale emodinamicamente significativa (> 60%). Di questi pazienti, 23 avevano una stenosi bilaterale: in 18 di questi pazienti la stenosi era emodinamicamente significativa bilateralmente, nei restanti 5 la significatività emodinamica risultava omolaterale.

I valori medi di pressione arteriosa in condizioni basali risultavano di 161,54 ± 21,13 mmHg/ 90,12 ± 13,73 mmHg e il numero medio di farmaci antiipertensivi assunti era di 1,85 ± 1,12 (Tab. I). Il valore medio della creatininemia era 1,32 ± 0,59 mg/dl e il filtrato glomerulare stimato secondo MDRD risultava in media pari a 61,3 ± 20,4 (ml/min/1,73 m²). Il 49,40% (n=82) dei pazienti presentava un

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filtrato glomerulare stimato secondo MDRD superiore a 60 ml/min/1,73m² mentre il 50,60% (n=84) inferiore a tale valore. I pazienti presentavano un BMI medio di 25,5 ± 3,7 (kg/m²) e i pazienti obesi (BMI ≥ 30) ammontavano al 9,64%. Il 26% (n=43) era fumatore mentre il 38,55% (n=64) aveva precedentemente fumato; solo il 35,54% non aveva mai fumato. La glicemia basale media nella popolazione studiata era di 100,1 ± 23,3 mg/dl e la prevalenza di diabete mellito risultava del 9% (n=15). I valori medi di colesterolemia totale erano di 208,8 ± 40,4 mg/dl con percentuale di pazienti ipercolesterolemici (colesterolo totale > 200 mg/dl) del 56,02%. I valori medi di HDL-C sono risultati 50,5 ± 14,8 mg/dl e il 33,96% (36/106) dei pazienti di sesso maschile aveva valori < 40 mg/dl ed il 38,33% (23/60) delle pazienti aveva livelli di HDL-C < 50 mg/dl ; i valori medi di LDL-C risultavano 134,0 ± 36,8 mg/dl con valori di LDL-C ≥ 130 mg/dl nel 27,71% (n=46) dei pazienti; i valori medi dei trigliceridi risultavano di 136,1 ± 62,9 mg/dl con il 27,11% (n=45) di pazienti con valori ≥ 150 mg/dl. La percentuale di pazienti che era sotto trattamento con statine risultava del 36,14% (n=60).

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Il numero di sedi colpite dall’aterosclerosi nei pazienti studiati risultava essere 3,1 ± 1,0 dimostrando un impegno aterosclerotico polidistrettuale.

37 Tab. I

Caratteristiche basali della popolazione studiata (n=166)

Uomini n (%) 106 (64%) Età (anni) 61,2 ± 10,9 BMI (kg/m2) 25,5 ± 3,7 Fumatori n (%) 43 (26%) Ex Fumatori n (%) 64 (38,55%) PAS (mmHg) 161,5 ± 21,1 PAD (mmHg) 90,2 ± 13,7 eGFR (ml/min/1,73 m 2 ) 61,3 ± 20,4 Creatininemia (mg/dl) 1,32 ± 0,59 Sedi di aterosclerosi n 3,1 ± 1,0 Colesterolo totale (mg/dl) 208,8 ± 40,4 Colesterolo HDL (mg/dl) 50,5 ± 14,8 LDL Colesterolo (mg/dl) 134,0 ± 36,8 Trigliceridi (mg/dl) 136,1 ± 62,9 Glicemia (mg/dl) 100,1 ± 23,3 Diabetici n (%) 15 (9%)

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La sede della stenosi è risultata ostiale in 115/184 arterie (62,5%), non ostiale nelle restanti 69 (37,5%); il 27,86% delle arterie trattate (n=51) presentavano una stenosi ≥ 90%, il 33,57% (n=62) una stenosi compresa tra il 70% ed il 90% ed il 38,59% (n=71) una stenosi tra il 60 ed il 70%. (Tab. II)

Tab. II

Caratteristiche della stenosi (n=184) Sede: ostiale n (%) 115 (62,5%) non ostiale n (%) 69 (37,5%) Entità: 60-69% n (%) 71 (38,59%) 70-89% n (%) 62 (33,57%) ≥ 90% n (%) 51 (27,86%)

La prevalenza dei reperti obiettivi suggestivi di MRV (Fig.1) nella nostra casistica è risultata la seguente: presenza di soffio in sede periombelicale in 87/166 (52,41%) pazienti, comparsa di insufficienza

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renale o rapido peggioramento della funzione renale in 48/166 (28,92%) casi, evidenza di malattia vascolare in altri distretti in 119/166 (71,96%) pazienti, riscontro di rene “piccolo” in 20 casi su 166 (12%). Per quanto riguarda la prevalenza di dati anamnestici suggestivi di IRV (Fig. 2) abbiamo osservato: insorgenza di ipertensione arteriosa in età < 30 o > 60 anni in 39/166 (23,49%) pazienti, comparsa improvvisa o rapido peggioramento dell’ipertensione arteriosa in 35/166 (21,1%) casi, resistenza alla terapia in 51/166 (30,72%) pazienti, presenza di insufficienza renale o peggioramento della funzione renale con ACE-I in 6/166 (3,61%) casi. Inoltre una storia di ipertensione arteriosa con episodi di edema polmonare acuto ricorrente in assenza di cardiopatia documentata in soli 2 casi su 166 (1,20%); presenza di ipopotassiemia con perdita renale di potassio in 18/166 (10,84%) pazienti e assenza di familiarità per ipertensione arteriosa in 35/166 (21,08%) casi.

40 Fig.1 Fig.2 0 10 20 30 40 50 60 70 80

Prevalenza dei reperti obiettivi suggestivi di MRV

Soffio periombelicale Comparsa di IR

Evidenza di malattia vascolare in altri distretti Rene “piccolo” 0 5 10 15 20 25 30 35

Prevalenza dei dati anamnestici suggestivi di IRV

Insorgenza di I.A. in età < 30 o > 60 anni

Comparsa improvvisa o rapido peggioramento della I.A. Resistenza alla terapia

IR o peggioramento della funzione renale con ACE-I I.A. con edema polmonare acuto ricorrente

Ipopotassemia con perdita renale di potassio

Assenza di familiarità per ipertensione arteriosa

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Procedura di rivascolarizzazione

L’angioplastica è stata effettuata in 51 arterie, il posizionamento dello stent in 133 arterie per un totale di 184 arterie renale trattate. Il 65,5% delle arterie (n=115) presentava una stenosi ostiale e di queste il 66,95% (n=77) è stata trattata con posizionamento di stent mentre il restante 33,04% (n=38) con PTRA. Il 37,5% (n=69) delle arterie sottoposte all’intervento presentava una stenosi non ostiale e di queste l’81,16% (n=56) veniva trattata con stent mentre il rimanente 18,84% (n=13) con PTRA. Dei 23 pazienti con stenosi bilaterale 18 sono stati trattati bilateralmente in quanto presentavano una stenosi emodinamicamente significativa in entrambe le arterie renali: 16 sono stati sottoposti ad un intervento di posizionamento di stent bilaterale mentre 2 alla PTRA bilaterale. Dopo aver ottenuto consenso informato scritto la procedura interventistica è stata eseguita in sala angiografica presso il Dipartimento Immagini dell’Università di Pisa, in anestesia locale con approccio transfemorale bilaterale. Ogni paziente è stato sottoposto ad angiografia a sottrazione digitale (DSA) dell’aorta addominale e successiva angiografia selettiva dell’arterie renali (MULTISTAR TOP, Siemens, Erlangen, Germany). La

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rivascolarizzazione percutanea è stata effettuata tramite approccio transfemorale72 con introduzione di un catetere a palloncino di diametro tra 4 e 7 mm. Il posizionamento dello stent è stato effettuato dopo dilatazione per mezzo di catetere a palloncino73 o per apposizione diretta (direct stenting). Il successo immediato della procedura è stato definito dall’assenza o persistenza di stenosi residua < 30% in assenza di complicanze maggiori all’angiografia di controllo.

Follow up

Il follow up dei pazienti prevedeva un controllo a 3-6-12 mesi dalla procedura e successivamente a cadenza annuale fino a 4 anni. Durante i controlli venivano valutati la pervietà dell’arteria renale mediante Eco-color-Doppler, il comportamento della pressione arteriosa e la funzione renale.

1) Valutazione della pervietà delle arterie renali

Per lo studio delle arterie renali è stato utilizzato ecografo Technos Imaging ESAOTE Biomedica, con sonda da 3,5 MHz, esaminando pazienti a digiuno da almeno 6-8 ore, prima in posizione supina, per la visualizzazione dell’ostio e del tratto prossimale dell’arteria renale

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principale, ed in seguito in decubito laterale, per studiare la struttura parenchimale renale ed i rami arteriosi intrarenali, con l’acquisizione di almeno tre misure velocimetriche. Nel sospetto di restenosi è stata effettuata valutazione angiografica mediante RMN delle arterie renali e/o TC spirale nei casi sottoposti a stent o con controindicazioni alla RM.

1) Valutazione dell’outcome della pressione arteriosa

Per valutare la risposta della pressione arteriosa alla correzione della stenosi abbiamo considerato:

- CURATO il paziente che in assenza di terapia avesse

valori di pressione arteriosa < 140/90 mmHg.

- MIGLIORATO il paziente i cui valori di pressione

arteriosa diastolica risultassero < 90 mmHg e/o i valori di pressione arteriosa sistolica < 140 mmHg con la stessa terapia o con un ridotto numero di farmaci oppure i cui valori di pressione arteriosa diastolica risultassero ridotti di almeno 15 mmHg con la stessa terapia o con un ridotto numero di farmaci. (AHA, 2002)

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2) Valutazione della funzione renale

La funzione renale è stata valutata mediante stima del filtrato glomerulare secondo MDRD (ml/min/1,73m²). La funzione renale basale dei pazienti è stata considerata:

- normale o lievemente ridotta nei pazienti con un eGFR

≥ 60 ml/min/1,73m²

- moderatamente o severamente ridotta nei pazienti con

un eGFR < 60 ml/min/1,73m²

La funzione renale nei pazienti al follow up è stata così classificata:

- “MIGLIORATA” : aumento dell’eGFR > 20% - “PEGGIORATA” : diminuzione dell’eGFR > 20% - “INVARIATA” : variazioni dell’eGFR ≤ 20%

3.2. Risultati

Il successo immediato della rivascolarizzazione percutanea è stato ottenuto in 180 su 184 (97,83%) arterie renali trattate mentre dopo la procedura nelle restanti 4 arterie renali (2,17%) si è avuto un insuccesso tecnico rappresentato da 4 complicanze (4/184) che hanno compreso: dissezione dell’arteria renale con sanguinamento massivo;

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occlusione dell’arteria renale con infarto renale che ha richiesto l’intervento di nefrectomia; occlusione trombotica che ha richiesto l’endoarterectomia; infarto renale segmentario. Per quanto riguarda le complicanze della procedura in 2 pazienti si è verificato ematoma renale con remissione spontanea e in 2 pazienti si è verificata un’embolizzazione colesterolica agli arti inferiori. Complicanze minori, rappresentate essenzialmente da ematoma o sanguinamento in sede di puntura, si sono verificate nel 5% dei casi (9/184) (Fig. 3).

Fig.3 OUTCOME IMMEDIATO COMPLICANZE successo: 180/184 (98%) maggiori: 8/184 (4%) minori: 9/184 (5%) insuccesso: 4/184 (2%)

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Follow up dopo rivascolarizzazione percutanea 1) Outcome della pervietà dell’arteria renale

Ad un anno di follow up dalla rivascolarizzazione percutanea abbiamo valutato 157 pazienti nei quali in 40 su 169 arterie trattate (23,67%) si era verificata una restenosi significativa: 11/36 (30,55%) sono le restenosi emodinamicamente significative che risultano dall’intervento di PTRA mentre 29/133 (21,80%) conseguono al posizionamento di stent. Risultavano persi al follow up ad un anno 9 pazienti. Nei pazienti che hanno completato il follow up a 4 anni abbiamo osservato una percentuale di restenosi pari a 13 arterie su118 (11,01%). Infatti al follow up dei 4 anni solo un’arteria sottoposta a PTRA (1/118) e 12 arterie (12/118) trattate con stent presentano restenosi (Fig.4). Fig.4 entro 1 anno 40/169 (23,67%) RESTENOSI a 4 anni 13/118 (11,01%)

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2) Outcome della pressione arteriosa

A tre, sei, dodici mesi dalla procedura interventistica la media dei valori di pressione arteriosa risultava ridotta in maniera altamente significativa (p<0,01). Infatti i pazienti mostravano una significativa riduzione dei valori pressori presente già al terzo mese post- procedura (PAS 144,45 ± 19,26 mmHg; PAD 82,33 ± 11,51 mmHg) e tale miglioramento si è mantenuto nel follow up a 12 mesi (PAS 142,29 ± 16,84 mmHg; PAD 81,57 ± 10,24). Lo stesso andamento si è osservato anche ai controlli dopo 4 anni (PAS 139,18 ± 14,77 mmHg; PAD 79,09 ± 8,79 mmHg). Il numero medio dei farmaci si è significativamente ridotto ad 1 anno di follow up (p<0,05) con una media di farmaci assunti di 1,64 ± 1,26 considerata la media dei farmaci prima della procedura: 1,85 ± 1,12. Rimanevano persi al follow up 9/166 (5,42%) pazienti. Dopo un anno dalla procedura di rivascolarizzazione percutanea risultava “migliorato” il 35,67% (56/157) e “curato” il 17,83% (28/157) dei pazienti mentre “invariato” il 26,17% (42/157); dei pazienti migliorati il 28,57% (16/56) aveva una stenosi pre-procedurale > 70%, il 46,43% (26/56) una compresa tra il 70-90% mentre il 23,21% (13/56) aveva una stenosi ≥ 90%; di

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quelli curati il 10,71% (3/28) aveva una stenosi di partenza < 70%, il 60,72% (17/28) compresa tra il 70-90% e il 28,57% (8/28) ≥ 90%; dei pazienti rimasti invariati al nostro controllo a 12 mesi il 30,95% (13/42) aveva una stenosi < 70%, il 33,33% (14/42) una stenosi pre- procedura compresa tra il 70-90% ed il 38,09% (16/42) una ≥ 90%. Dopo 4 anni dei 105 (105/166) pazienti che ha completato il follow up il 38,09% (40/105) aveva un “miglioramento” nei valori della pressione arteriosa e il 12,38% (13/105) è risultato “curato”; il 33,33% dei pazienti (35/105) risultava “invariato” non presentando significative modificazioni dei valori di pressione arteriosa rispetto a quelli basali. Una diminuzione significativa della media dei farmaci antiipertensivi assunti non si osservava attestandosi a valori di 1,83 ± 1,22. Rimanevano persi al follow up dei 4 anni il 33,12% dei pazienti (52/157) (Fig.5).

49 Fig.5

Outcome pressione arteriosa:

56 35,67% 28 17,83% 42 26,17% Dopo 1 anno Pz. migliorati Pz. curati Pz. invariati 40 38,09% 13 12,38% 35 33,33% Dopo 4 anni Pz. migliorati Pz. curati Pz. invariati

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3) Outcome della funzione renale

Per quanto riguarda l’outcome renale i pazienti che hanno completato il follow up ad un anno sono stati 157 di cui 77 avevano una funzione renale basale, normale o lievemente ridotta (MDRD, ≥ 60 ml/min/m²). Essi sono risultati dopo 1 anno “migliorati” nel 15% (12/77), “invariati” nel 77% (59/77) ed un “peggioramento” si è osservato nell’8% dei casi (6/77). Quelli con funzione renale moderatamente o severamente ridotta (eGFR < 60 ml/min/ 1,73m²) che si presentavano ai nostri controlli (80/157), sono risultati, dopo 1 anno di follow up, “migliorati” nel 27% dei casi (22/80), “invariati” nel 54% (43/80), “peggiorati” nel 19% (15/80). Dopo 4 anni di follow up hanno completato i controlli 105 pazienti e si è confrontato l’eGFR con la funzione renale basale che avevano prima della procedura di rivascolarizzazione percutanea: nei pazienti (60/105) che avevano una stima del filtrato glomerulare basale ≥ 60 ml/min/m². abbiamo osservato un “miglioramento” nel 21,67% (13/60), un “peggioramento” nel 16,67% (10/60) ed una funzione renale “invariata” nel 61,67% (37/60) dei pazienti (45/105), sottoposti all’intervento con una funzione renale basale < 60 ml/min/m², si è

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osservato, dopo il completamento del follow up a 4 anni, un “miglioramento” nel 40% (18/45), un “peggioramento” nel 9% (4/45) ed una funzione renale “invariata” nel 51% (23/45) dei casi (Fig.6). Abbiamo analizzato se ci fossero dei parametri predittivi riguardo all’outcome renale, ovvero se ci fossero delle variabili nella popolazione di partenza che influenzassero in maniera significativa la funzionalità renale dopo 4 anni di follow up. Per questo motivo abbiamo correlato le variazioni percentuali dell’eGFR a 4 anni dalla procedura di rivascolarizzazione con: l’età dei nostri pazienti per osservare se pazienti più giovani avevano risultati migliori rispetto a pazienti più anziani; considerato la gravità dell’ipertensione arteriosa sistolica e diastolica e la sua durata come test predittivo in quanto pazienti con valori medi basali maggiori di altri avrebbero potuto beneficiare maggiormente dal trattamento di rivascolarizzazione; esaminato se la glicemia media basale influenzasse l’outcome renale in quanto la presenza di diabete nei nostri pazienti avrebbe potuto avere ricadute negative sulla dinamica renale; considerato il profilo lipidico dei nostri pazienti, in particolare LDL-colesterolo, perché fattore di rischio cardiovascolare, in quanto si poteva pensare che

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individui ipercolesterolemici avrebbero beneficiato in misura minore della procedura interventistica in quanto la funzionalità renale risultava maggiormente depressa per un maggior impegno aterosclerotico; nessuno di questi fattori risultava predittivo dell’outcome renale, abbiamo invece osservato che le variazioni percentuali dell’eGFR a 4 anni correlavano significativamente con l’eGFR basale (r=-0,29; p<0,01) e con la creatinina sierica (r=0,24; p<0,01) (Fig.7).

53 Fig. 6

Outcome della funzione renale:

12 15% 6 8% 59 77% Dopo 1 anno

Pz. con eGFR ≥ 60 ml/min/1,73 m² n=77

Pz. migliorati Pz. peggiorati Pz. invariati 22 27% 15 19% 43 54% Dopo 1 anno

Pz. con eGFR < 60 ml/min/1,73 m² n=80

Pz. migliorati Pz. peggiorati Pz. invariati

54 Outcome della funzione renale:

13 21,66% 10 16,67% 37 61,67% Dopo 4 anni

Pz. con eGFR ≥ 60 ml/min/1,73 m² n=60

Pz. migliorati Pz. peggiorati Pz. invariati 18 40% 4 9% 23 51% Dopo 4 anni

Pz. con eGFR < 60 ml/min/1,73 m² n=45

Pz. migliorati Pz. peggiorati Pz. invariati

55 3.3. Conclusioni

Questi dati confermano la sicurezza e l’efficacia della rivascolarizzazione percutanea della stenosi aterosclerotica dell’arteria renale con rischio di complicanze estremamente limitato. L’intervento induce un maggior beneficio in termini di risposta della pressione arteriosa ed un beneficio parziale sull’outcome renale. Questo beneficio appare correlato con la funzione renale basale, suggerendo un risultato migliore nei pazienti con funzione renale maggiormente compromessa. Dato questo che sembra indicare la necessità di intervenire prima che un’ischemia cronica risulti in un danno irreversibile del parenchima renale.

Sono pertanto auspicabili ulteriori studi che consentano di riconoscere quali pazienti trarranno il maggior beneficio clinico dal ripristino della perfusione renale contribuendo ad individuare con maggior accuratezza i pazienti da sottoporre alla procedura interventistica. Studi da indirizzare quindi principalmente ad accrescere le capacità diagnostiche sulla valutazione funzionale della stenosi, sulla funzione renale valutata nel singolo rene e sulla emodinamica intrarenale.

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Il ricorso alla rivascolarizzazione, ampiamente utilizzato negli ultimi anni, risulta attualmente controverso ed i risultati dei trials più recenti, seppur non esenti da importanti limitazioni, hanno messo in discussione il beneficio dell’intervento nei confronti della cosiddetta terapia medica ottimale che si avvale di farmaci ipotensivi bloccanti il SRA, farmaci ipolipemizzanti ed antitrombotici.

La realtà attuale per quanto riguarda il trattamento e la gestione dei pazienti affetti da lesioni aterosclerotiche stenosanti delle arterie renali propone uno scenario che cambia per il presentarsi di nuove strategie terapeutiche sia per la cura dell’ipertensione arteriosa che per arrestare la progressione della malattia aterosclerotica in questi soggetti. In attesa che gli studi prospettici randomizzati in corso contribuiscano a chiarire,almeno in parte, l’attuale controversia, occorre ribadire l’importanza, per la decisione di rivascolarizzare, in primo luogo di un’accurata selezione dei pazienti con maggior definizione dei parametri predittivi della risposta individuale alla rivascolarizzazione in termini di outcome renale; in secondo luogo della necessità, come prospettiva futura, di individuare nuovi strumenti e/o trattamenti che possano ridurre l’incidenza di restenosi e prevenire il danno renale.

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