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4.1 – CARATTERISTICHE DELL’ALLEVAMENTO DI S. aurata E D. labrax 4.1.1 – Impianti estensivi

Tradizionalmente l’allevamento di spigola e orata è estensivo, tipologia d’impianto che vede ancora adesso una notevole diffusione in Italia, basti pensare agli allevamenti nelle lagune costiere italiane (100.000 ha) e alla vallicoltura (36.000 ha), mentre nel resto d’Europa ormai è preponderante l’itticoltura intensiva.

Laguna di Marano, Provincia di Udine (www.visitmaranolagunare.it)

L’acquacoltura sostenibile praticata nella vallicoltura estensiva implica una bassa densità di pesci (non oltre 0.0025 kg/mc) all’interno di bacini naturali o semi-naturali, di grandi dimensioni, con superfici generalmente comprese tra 3-5 e 10 ha (ma esistono bacini di dimensioni superiori ai 20 ha), confinati da sbarramenti naturali o artificiali, in origine costituiti da argini in terra e canneti, poi da reti e muri in calcestruzzo. Questi allevamenti si basavano sull’ingrasso di avannotti selvatici catturati in fase di “montata”, che favoriva “l’impesciamento” della valle, ossia quando i juveniles di diverse specie ittiche, in primavera giungono in massa nelle aree costiere, attirati dalle temperature più elevate e dalla disponibilità di cibo, costituito da prede come insetti, anellidi, policheti, ecc. oltre a sostanze organiche in decomposizione come residui vegetali, sostanze umiche e altro.

Le gestione della valle prevede 3 fasi; fase attrazione e intrappolamento dei pesci, durante la quale le barriere vengono tenute aperte nel periodo primavera – estate; fase di ingrasso in cui le barriere vengono chiuse, periodo fine estate - autunno; fase di cattura

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nel periodo fine autunno - inverno, durante il quale le barriere nell’impedire il ritorno degli animali in mare aperto si trasformavano in “lavorieri” per la pesca degli animali di taglia

commerciale che

naturalmente cercavano di guadagnare il mare aperto. In questo modo non si può avere un controllo delle specie che sono catturate, anzi la biocenosi che naturalmente si determina nel bacino della valle costituisce la vera ricchezza in termini di sostenibilità, favorendo la formazione di una policoltura naturale, in cui si producono sia specie di elevato valore commerciale (spigole, orate, cefali e anguille), sia specie che, sebbene di minore interesse di mercato, rappresentano le prede di cui si alimentano le specie carnivore più apprezzate.

In seguito, con la pratica della pesca del novellame e della riproduzione in avannotteria, sono diventate possibili le semine di avannotti, al fine di integrare l’abbondanza di specie pregiate peraltro già presenti nella laguna. Tuttora, a partire dagli anni ’60 per la spigola e dagli ’80 per l’orata, questa pratica, almeno per quanto riguarda queste due specie, è stata affiancata alla gestione della valle e ha contribuito in modo importante all’economia dell’impresa dell’acquacoltura estensiva.

Il nutrimento per le specie allevate è costituito esclusivamente o comunque in prevalenza dalle risorse trofiche già presenti naturalmente nell’ambiente di allevamento, mentre l’allevatore fornisce unicamente un’integrazione alimentare, soprattutto attraverso delle concimazioni che enfatizzano la produzione naturale d’invertebrati: protozoi, insetti, molluschi, anellidi ecc.

L’intervento antropico principale che si svolge nella valle è il controllo idraulico, che viene effettuato tramite realizzazione di idonee canalizzazioni che regimano sia le maree, che permettono l’afflusso dell’acqua di mare, sia il deflusso, che favorisce l’ingresso in

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valle delle acque dolci. Inoltre, possono essere realizzati a fianco alle lagune dei bacini di acqua dolce, utili per lo svernamento dei pesci adulti ma non ancora pronti per la vendita. Un’altra pratica è il controllo dei predatori, in particolar modo degli uccelli marini ittiofagi, contro i quali si agisce in modo sostenibile con reti anti uccello, emissione di suoni terrificanti ad imitazione dei rispettivi predatori (ad esempio nibbio, poiana, falco pellegrino).

I vantaggi dell’acquacoltura estensiva sono in primo luogo la preservazione della biodiversità e dell’ambiente costiero, che viene sottratto a scenari più antropizzati come quello degli stabilimenti balneari. Inoltre, la qualità del prodotto ottenuto è molto elevata, anche se tuttora il mercato ittico non consente una distinzione del prodotto sulla base delle caratteristiche di pregio, ad esempio il minor contenuto di grassi, maggiore consistenza delle carni, gusto più intenso, che si ottiene con alimentazione naturale e tempi di allevamento più lunghi, in contrapposizione ad un’alimentazione ricca di grassi e alla rapidità del ciclo produttivo dell’allevamento intensivo. La produttività della valle è invece molto scarsa, in media, in area Nord-mediterranea di 50-150 kg/ha/anno di produzione totale, di cui 30-60 kg di spigola ed orata insieme, con l’ottenimento di spigole di 400-500 g in circa 36 mesi e orate commerciabili di 350 g in 20 mesi, e quindi la remunerazione è bassa anche a fronte dei bassi costi di mantenimento dell’attività; infine, bisogna considerare l’attività di predazione e disturbo da parte degli uccelli marini che possono procurare ingenti danni.

Tuttavia, il valore economico di questa forma d’impresa gli può consentire l’affermazione sul mercato. Infatti, i “prodotti di valle” spuntano sempre un prezzo maggiore sul mercato rispetto ai prodotti della concorrenza degli allevamenti intensivi. Inoltre, i costi di esercizio sono necessariamente contenuti, cui si aggiunge anche la possibilità che attraverso lo smaltimento delle deiezioni animali (concimazioni organiche della valle), si ottenga sia un reddito aggiuntivo diretto (esempio i liquami della suinicoltura o le deiezioni della avicoltura intensiva), sia perché con le concimazioni della valle si ottiene una maggiore produttività dell’allevamento, il tutto favorendo la sostenibilità ambientale.

36 4.1.2 – Impianti semi-intensivi

Questo tipo d’impianto, a metà tra intensivo ed estensivo, si basa sullo sfruttamento di ambienti naturali le cui produzioni vengono massimizzate tramite l’intervento antropico, il quale, mentre nell’allevamento tradizionale è facoltativo e saltuario, qui diventa tipicamente utilizzato. A fianco alle medesime pratiche di somministrazione di alimento integrativo e di semina (Fig. 1), di concimazione organica e di regimazione degli scambi idrici, si aggiunge la possibilità di aumentare il tasso di ossigeno disciolto in acqua, magari con micro-ossigenatori o aeratori a fungo (Fig. 2), e quella di disporre un approvvigionamento idrico artificiale invece che naturale.

I bacini adibiti ad impianti semintensivi hanno in genere una superficie inferiore ai precedenti estensivi e possono essere sia naturali, ad esempio recinti all’interno di lagune costiere o stagni salmastri, che artificiali, ossia vasche in terra realizzate appositamente. Quasi sempre è necessaria la realizzazione di stagni per lo svernamento, fossi periferici contenenti acqua salata o dolce per la regolazione della salinità dell’acqua di allevamento e, soprattutto negli allevamenti incentrati su spigole o orate, di stagni dove vengono fatti crescere gli avannotti in un primo periodo separatamente dai pesci adulti. Nel caso delle vasche a terra o in lagune con scarsi collegamenti al mare è necessario realizzare dei canali di collegamento per permettere un maggiore ingresso di avannotti e un arricchimento dell’acqua di allevamento in plancton. Inoltre in molti casi, in cui i parametri di N (Nitrati, nitriti e ammonio), P, sostanza organica disciolta, BOD e COD siano oltre i limiti di legge fissati nazionalmente, ma anche a livello Regionale o di bacino idrogeologico, si evidenzia la necessità di depurare le acque reflue al fine di renderle compatibili con le prescrizioni di legge.

Negli allevamenti semintensivi la densità di pesce allevato sale da 0,0025 kg/mc degli impianti estensivi a 1-2,5 kg/mc.

Fig. 1 – Raccolta del novellame per la semina (P. Franzoi)

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In Italia questa tipologia di itticoltura ha avuto una diffusione scarsa, a causa soprattutto del notevole costo di

investimento iniziale nel caso sia necessario l’acquisto delle superfici e la preparazione del bacino. A ciò si aggiungono i costi di mantenimento, che pur non essendo lontanamente paragonabili a quelli dell’acquacoltura intensiva, non

sono mai giustificati da produttività elevate (in media 500-700 kg/ha/anno), e allo stesso tempo non sono bassi e limitati come nell’acquacoltura estensiva della vallicoltura. I pochi impianti semi-intensivi presenti nel nostro paese sono spesso realizzati in lagune di proprietà o in concessioni di aree umide, nei delta o estuari di fiumi, in cui viene praticata la pesca professionale.

4.1.3 – Impianti intensivi

L’approccio intensivo all’allevamento nasce per soddisfare la domanda di mercato di pesce pregiato, salita fortemente con la crescita del benessere a partire dagli anni ’60. Nelle condizioni di un normale ambiente naturale le risorse naturali non consentono di alimentare una biomassa elevata, ma a seguito del trasferimento delle specie allevate all’interno di un

ambiente artificiale, realizzato e organizzato appositamente ai fini dello sfruttamento del massimo potenziale biologico degli organismi, diventa possibile ottenere densità elevatissime e crescite esponenziali degli animali. “L’intensificazione” riguarda

Ciclo della spigola in impianto intensivo (www.fao.org) Fig. 2 – Ossigenatore a fungo (M. Rampacci)

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l’ottimizzazione delle caratteristiche e la massimizzazione delle risorse dell’ambiente, in particolare, in ordine d’importanza, cibo, ossigeno, temperatura e rimozione dei cataboliti.

Nel caso particolare dell’acquacoltura, la salvaguardia ambientale e le restrizioni legislative in materia hanno obbligato gli allevatori a non scegliere impianti estensivi e semi-intensivi, i quali non sempre sono compatibili con l’ambiente. D’altra parte però gli allevamenti intensivi hanno il problema del trattamento dei reflui e dell’immagine negativa che deriva dalla percezione dei consumatori, e del mercato in generale, nei riguardi degli allevamenti intensivi di animali.

L’ambiente di allevamento ittico è costituito da vasche di materiale sintetico di forma e volume variabile, spesso in vetroresina (Fig. 3), o materiale plastico, e circolari, tuttavia possono essere anche in cemento e di forma rettangolare o quadrata con angoli smussati, o ancora ovale. Oltre alle vasche la moderna tecnologia rende disponibili le gabbie galleggianti che consentono di allevare il pesce direttamente in mare. Le gabbie galleggianti e sommergibili, stanno sempre più assumendo un ruolo dominante sia per l’effetto che ha l’immagine del mare aperto a cui sono abbinate, sia perché ormai vengono realizzate lontano dalle coste e dalla vista.

L’attività di allevamento che vi si svolge riguarda le fasi di pre-ingrasso e ingrasso, mentre l’attività di svezzamento e post-svezzamento viene svolta a terra o in alcune gabbie galleggianti sotto costa in ambienti più riparati. I pesci a partire da una taglia di circa 10 cm, vengono trasferiti in gabbie in mare poste al largo (off shore), galleggianti o sommergibili, e raggiungibili tramite barche, oppure in shore, ma solo in limitate zone soggette a moti ondosi minimi, con onde di altezza non superiore al metro. Quest’ultima tipologia di allevamenti ittici è sempre più rara perché limitata e in forte competizione

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con le attività turistiche (ed entra comunque in conflitto con la tutela degli ambienti naturali costieri), ma soprattutto per i minori costi di esercizio, tra cui l’ammortamento delle strutture di allevamento, che si accompagnano alla tecnica delle gabbie in mare.

Viceversa, mentre le gabbie sono molto diffuse in mare, in Europa l’allevamento in gabbie nei laghi è molto rara, solo in Scozia per i salmoni e in alcune aree dell’est europeo per gli storioni (Russia, Romania, Ucraina e Moldavia), causa l’estrema potenzialità che rappresentano nel produrre danni ambientali gravi causa le deiezioni e la dispersione di alimenti non ingeriti nell’ambiente e soprattutto sul fondale, in assenza di correnti o flussi di acqua, in grado di disperdere l’eccessivo carico organico generato dall’allevamento intensivo. Forma o materiale Effetto Autopulente Utilizzazione superficie Circolazione idraulica

Durata Manut. Costo

Circolare ++++ + ++++ Quadrangolare ++ +++ ++ Terra + ++ ++ ++++ + + Cemento ++ +++ +++ +++ ++ ++ PVC +++ ++ ++++ ++ +++ ++ Vetroresina ++++ ++ ++++ +++ + ++++

Per quanto riguarda invece gli impianti a terra, come per gli in shore, il livello tecnologico molto elevato delle gabbie off shore, una maggiore pressione del legislatore per gli effetti ambientali, la maggiore incidenza dell’investimento iniziale e l’elevato costo di esercizio e di manodopera degli impianti a terra, stanno assottigliando questa forma di allevamento, a vantaggio delle gabbie galleggianti off shore. Negli allevamenti a terra l’acqua è prelevata nel 90 % dei casi da pozzi sotterranei tramite pompe con una forte spesa energetica, quindi l’acqua è sottoposta a processi di sedimentazione per l’eliminazione del particolato solido sospeso, minerale e organico, e di eventuali microrganismi inquinanti. Queste operazioni, sono generalmente molto costose dal punto di vista dell’investimento, per il mantenimento e anche sotto il profilo energetico.

Tabella che mostra vantaggi e svantaggi delle varie tipologie di vasche (Acquacoltura responsabile, 2001)

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Oltre a questo l’acqua necessita di abbondante saturazione di ossigeno, condizione necessaria a permettere l’allevamento di supportare elevate densità di biomassa.

Negli allevamenti a terra la qualità dell’acqua è indispensabile al fine di ottenere le migliori condizioni ambientali di allevamento, e tutto questo comporta costi non indifferenti, sebbene essi siano variabili in funzione delle specificità ambientali in cui si opera e dei limiti dei parametri fisco chimici caratteristici della specie. Basti pensare che l’acqua deve essere libera da particolato in sospensione perché rappresenta un rischio per l’irritazione dell’epitelio branchiale dei pesci, oltre a diventare substrato per lo sviluppo di batteri dannosi alla salute dei pesci; infine, a seguito delle fermentazioni anaerobie cui è sottoposto, rilascia nitriti, nitrati, ammonio e solfuri, in quantità tale da risultare tossici e nocivi alle specie ittiche allevate, rendendo in generale più difficoltose tutte le operazioni di gestione dell’allevamento stesso.

Per l’eliminazione di queste sostanze pericolose si utilizzano circuiti costituiti in successione da vasche di sedimentazione, filtri meccanici a tamburo (per l’eliminazione di solidi difficilmente sedimentabili, costituiti da particelle con 30-90 μm di diametro) e filtri biologici che sfruttano la matrice batterica in essi contenuta per eliminare i composti organici azotati, attraverso i processi di nitrificazione e denitrificazione, e anche per intrappolare le particelle di dimensioni minori. È importante inoltre sanificare l’acqua, eliminando i microrganismi patogeni o potenzialmente dannosi attraverso sistemi di lampade UV in successione a schiumatori e immissioni di ozono.

Non solo è necessario depurare l’acqua in entrata nel circuito quando proveniente dall’ambiente naturale, ma soprattutto nel caso in cui essa venga ri-circolata nell’impianto di allevamento. Infatti è necessario evitare l’aumento del carico organico che vi si accumula in conseguenza della dispersione di alimenti e delle deiezioni.

Oltre a ciò bisogna tenere presente che l’attività respiratoria dei pesci e quella di denitrificazione dei batteri aumenta il tenore di anidride carbonica in acqua, che costituisce un elemento di disturbo diretto alla fisiologia dei pesci, oltre che una sostanza acidificante. Per eliminare la CO2 in eccesso spesso sono sufficienti torri di degassaggio, tuttavia nei casi in cui l’acqua abbia già in partenza un elevato carico organico, può essere necessario aggiungere sostanze alcalinizzanti.

In alcuni casi all’acqua salata si aggiunge quella dolce, il cui apporto può essere regolato per ottenere la salinità desiderata.

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Normalmente per le specie marine non è necessario usare acqua dolce, poiché la salinità del mare (37-39 g/l), consente di allevarle direttamente sia che l’acqua venga prelevata in falda, sia che si prenda in superficie, captandola sotto sabbia. Per l’allevamento dell’orata e della spigola, soprattutto quest’ultima, in virtù della maggiore eurialinità, è possibile utilizzare anche acqua salmastra con 30 g/l di sale.

Per velocizzare la crescita dei pesci, ma soprattutto in avannotteria, per stimolare la riproduzione artificiale negli adulti, è bene disporre di un controllo della temperatura dell’acqua e mantenerla all’interno dei livelli ottimali caratteristici di ciascuna specie, 13-18 °C per la spigola e 18-22 °C per l’orata; per fare ciò è necessario disporre di scambiatori e pompe di calore che anche in questo caso rappresentano un costo per l’allevamento.

Per quanto riguarda il ricambio idrico, si possono realizzare due tipi di sistemi di circolazione: nei sistemi semichiusi l’acqua è prelevata dall’ambiente naturale e fatta circolare nelle vasche, di questa una parte viene continuamente fatta uscire dal circuito di allevamento per essere sostituita con acqua nuova. Nei sistemi chiusi il rinnovo è assente. Viceversa questo tipo di costi non sono presenti nelle gabbie in mare dove si realizza sempre un sistema aperto, poiché viene utilizzata acqua dell’ambiente naturale che entra ed esce continuamente dall’ambiente di allevamento grazie alle correnti marine, al moto ondoso e alle variazioni termiche naturali dell’ambiente.

Siccome le reti trofiche ambientali sono completamente assenti (tranne che nei sistemi a gabbie in mare, dove comunque costituiscono una risorsa irrisoria), tutto l’alimento è fornito dall’uomo sotto forma di alimenti composti integrati a forma di pellets, distribuiti spesso tramite distributori automatici che mirano a rendere continuo l’approvvigionamento alimentare (ad libitum). Alimenti vivi, costituiti da Rotiferi ed Artemia, sono necessari soltanto nelle prime settimane di vita e vengono distribuiti nelle avannotterie.

Un altro fattore su cui è necessario intervenire nell’itticoltura intensiva è la quantità di ossigeno disciolto in acqua, la quale va monitorata e mantenuta costante dal momento che si utilizzano densità di popolazione molto elevate (> 10-15 Kg/m³). I pesci hanno dei picchi di consumo di questa risorsa in caso di stress e soprattutto subito dopo l’assunzione di cibo, fenomeno che, moltiplicato per un elevato numero di esemplari, provoca un rapidissimo calo del contenuto di ossigeno in acqua, che deve essere dunque

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reintegrato. D’altra parte, quando si regola l’immissione di ossigeno in acqua, è necessario considerare che una sua presenza eccessiva, non in equilibrio con la temperatura e la pressione atmosferica, può provocare embolie e danni agli organi dei pesci fino alla morte.

Per orata e spigola l’optimum di ossigenazione si raggiunge con una concentrazione di ossigeno disciolto compresa tra il 70% e il 100% di saturazione (tra i 5 e i 7,5 mg/l), variabile a seconda delle condizioni di allevamento. Spesso il controllo dell’ossigenazione si avvale di sistemi automatizzati, controllati da una centralina che riceve da alcune sonde i dati relativi alla quantità di ossigeno disciolto nelle vasche, e che controlla delle elettrovalvole che permettono il rilascio dell’ossigeno. Sono disponibili svariati tipi di ossigenatori, ad esempio piastre e pietre porose sono tra i più usati, che possono insufflare aria o, molto più spesso, ossigeno puro. Nei casi in cui si usi O2 puro si ottiene una sovrasaturazione della composizione relativa dell’aria disciolta, in equilibrio nell’acqua, che viene usata nei casi di elevata biomassa (> 25 kg/m³), ma anche in casi particolari di risanamento ambientale delle vasche di allevamento.

Negli impianti a terra, almeno nelle vasche che ospitano le larve di spigola e orata, è necessario avere anche il controllo dell’intensità luminosa e del fotoperiodo. Durante le prime settimane di vita esse non hanno ancora una pigmentazione completa, per cui sono molto delicate ed esposte agli effetti nocivi della radiazione solare, soprattutto ai danni prodotti dai raggi UV; per incrementare la sopravvivenza larvale è necessario schermare l’ambiente dalla luce naturale ed utilizzare invece lampade a bassa emissione di UV, regolabili o di diversa intensità (spesso in modo automatizzato). La regolazione del fotoperiodo e dell’intensità luminosa è inoltre necessaria all’induzione artificiale della riproduzione negli adulti.

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Le avannotterie dove si producono le forme giovanili di varie specie ittiche, dispongono di un settore broodstock che ospita le vasche dei riproduttori, giovani maschi di 2-3 anni e femmine di 4-7 nel caso delle orate. Nel caso della spigola, che a differenza dell’orata non è ermafrodita, gli esemplari maschi e femmine diventano sessualmente maturi dopo 3-4 anni.

La provenienza di questi pesci può essere sia da selezione interna, ossia da precedenti riproduttori allevati, sia dal mare; nel primo caso si preferisce utilizzare materiale con caratteri selezionati geneticamente, nel secondo invece si desidera aumentare la variabilità genetica nelle vasche, per impedire il verificarsi degli effetti depressivi del sistema immunitario dovuto alla consanguineità dei riproduttori. In tutti i casi, le aziende aspirano a realizzare una produzione autonoma di uova e quindi di avannotti, evitando il rischio di contaminazioni dovuto all’immissione nelle proprie vasche di pesce proveniente da altri allevamenti e portatore di possibili patologie infettive, come ad esempio la SEV (Setticemia Emorragica Virale).

La riproduzione avviene naturalmente gennaio e marzo per l’oratae tra febbraio e aprile per la spigola, ma può essere stimolata artificialmente per ottenere avannotti quasi durante tutto l’anno attraverso il controllo della temperatura dell’acqua, del fotoperiodo e la somministrazione di GnRHa, l’ormone di rilascio delle gonadotropine. Gli adulti possono riprodursi direttamente nelle vasche in cui vivono, tuttavia più spesso sono trasferiti in apposite vasche per lo spawning, ossia il rilascio delle uova da parte delle femmine e degli spermatozoi da parte dei maschi.

Schema di impianto intensivo per l’allevamento di spigola e orata. 1: vasche di allevamento larvale (Incubatoio); 2: Vasche di deposizione e schiuditoio (Hatchery); 3: sala mantenimento ceppi; 4: area tecnica; 5: fitoplancton; 6: artemia; 7: rotiferi; 8: ufficio; 9: magazzino; 10:

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