2. QUADRO TEORICO: IL COLLEGIO SINDACALE
2.5 Le caratteristiche della governance delle PMI: il ruolo confuso del collegio sindacale
Le imprese di piccole e medie dimensioni49 sono caratterizzate da una compagine
societaria ristretta, caratterizzata solitamente da pochi proprietari ⎼ se non addirittura da un unico proprietario ⎼ direttamente inseriti e coinvolti nella gestione e nell’organizzazione della società. La coincidenza tra proprietà e amministrazione è accompagnata dalla presunzione che si eserciti un controllo diretto su tutte le decisioni, dal momento che è possibile intervenire personalmente per far fronte alle diverse
problematiche50. L’efficacia di tale controllo diretto è garantita dalla profonda
conoscenza delle attività, dei processi, dei rischi operativi e dall’esattezza delle informazioni che si hanno a disposizione, non sussistendo nessun problema di agenzia.
49 Con il termine “PMI” si fa riferimento alla definizione attribuita dalla legislazione vigente ⎼ Raccomandazione della Commissione Europea 361/2003/CE del 06 Maggio 2003 e dal Decreto del Ministero Attività Produttive del 18 aprile 2005, pubblicato nella G.U. 238 del 12 ottobre 2005 ⎼ che considera:
➢ medie imprese: le società con un numero di dipendenti sotto le 250 unità e un fatturato annuo
inferiore ai 50 milioni di euro;
➢ piccole imprese: le società con un numero di dipendenti inferiore alle 50 e un fatturato annuo minore
di 10 milioni di euro;
➢ microimprese: le società con un numero di dipendenti inferiore a 10 e un fatturato annuo o il totale
dell’attivo di Stato patrimoniale inferiori ai 2 milioni di euro.
50 Questo controllo può essere esercitato anche da dirigenti, dotati di poteri discrezionali, i quali possono
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Tuttavia, la situazione in cui il proprietario è colui che gestisce ma anche che controlla la società e l’assenza sia di un sistema di contrapposizione dei poteri sia di un sistema di gestione del rischio, rappresentano i due maggiori limiti dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della quasi totalità delle PMI; che subiranno particolarmente l’impatto delle nuove disposizioni.
Come già accennato, la governance delle S.r.l. è stata modificata dalla Riforma del 2003, che ha valorizzato i profili di carattere personale presenti nelle PMI. Rimane comunque la tripartizione tra assemblea dei soci, organo amministrativo e collegio sindacale, ma con alcune differenze rispetto alle S.p.a..
I soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo e, in ogni caso, sull’approvazione del bilancio e sulla distribuzione degli utili, sulla nomina degli amministratori, ed eventualmente dei sindaci, del presidente del collegio sindacale o del revisore legale dei conti, sulle modifiche dell’atto costitutivo e sulle decisioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci. La gestione amministrativa della società è affidata ad uno o più soci ⎼ che in tal caso costituiscono il consiglio di amministrazione ⎼ che restano in carica anche a tempo indeterminato.
Il collegio sindacale o il revisore legale sono nominati solo in caso di superamento dei requisiti richiesti dal Codice civile, che si analizzeranno nel seguito, ferma restando l’ipotesi di nomina volontaria.
Tuttavia, nelle S.r.l. di minori dimensioni, tradizionalmente condotte da una compagine societaria ristretta e a base familiare, nel caso di nomina dell’organo di controllo ⎼ anche volontaria ⎼ tende ad emergere un problema culturale. Infatti, non avendo in mente la corporate governance così come nelle aziende strutturate e ispirate al modello anglosassone, il piccolo imprenditore spesso decide ⎼ o perlomeno era spesso così nel passato ⎼ di affidare il compito di sindaco allo stesso soggetto ⎼ dottore commercialista ⎼ che cura la consulenza continuativa della società o ad una persona vicina allo stesso. Risalta facilmente il conflitto nel diverso ruolo delle due figure che, si ritiene, possa essere giustificato proprio da quel problema culturale per il quale l’imprenditore tende a ricercare un “amico”, un consulente nel sindaco della società, piuttosto che un “controllore” indipendente, confondendone palesemente i doveri. A ciò si somma la facilità con cui gli indicatori di indipendenza ⎼ previsti per la nomina del
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sindaco ⎼ erano nella realtà facilmente aggirabili51, dando spazio al perpetrarsi di tale
comportamento scorretto.
Fortunatamente, grazie anche all’attenzione normativa che negli ultimi anni è stata riservata al tema dei controlli societari, questa cultura scorretta sta via via
venendo meno. Infatti, già nel 2008 una sentenza della Corte di Cassazione52 ribadiva
che il sindaco che intrattiene un rapporto continuativo di consulenza con la società nella quale esercita il potere di controllo decade automaticamente ⎼ come da art. 2399 c.c.. Addirittura, gli Ermellini specificavano come il rapporto continuativo non si identificasse esclusivamente con un rapporto contrattuale duraturo, ma anche con la presenza di una pluralità di incarichi formalmente distinti, tali da configurare un legame stabile. Ciò, proprio nel rispetto della ratio della norma che vuole garantire l’indipendenza del soggetto-controllore, nel caso in cui sia direttamente implicato nell’attività sulla quale dovrebbe esercitare la propria funzione.
Ancora, una sentenza del Tribunale di Torino del dicembre 2019 afferma che decade automaticamente il sindaco unico o il revisore di una S.r.l. se, a prescindere dall’entità dei compensi pattuiti, conclude con la stessa società un contratto di assistenza contabile esteso alla predisposizione del bilancio; sia pure in qualità di rappresentante legale del suo studio associato e non avendo stipulato personalmente il contratto. In tal caso, né il contratto stesso né le regole di organizzazione interne dello studio sarebbero in grado di assicurare al controllore una adeguata indipendenza. Infatti, lo studio avrebbe la facoltà di avvalersi di collaboratori e dipendenti ma pur sempre “sotto la direzione e responsabilità” dello stesso soggetto che, oltretutto, si sottopone al c.d. rischio di auto- riesame. Quanto detto, integra una causa di incompatibilità ex art. 2399 c.c., applicabile anche alle S.r.l. in virtù del rinvio contenuto nell’art. 2477, comma 4, c.c..
La problematica sull’individuazione ⎼ da parte dei “non addetti” ⎼ del ruolo e dell’identità di questa figura tuttavia permane, così come la poca chiarezza tra la posizione del revisore e quella del sindaco. Ancora una volta, con questa Riforma si è mancata l’occasione per farla.
51 Le soglie previste per giudicare l’indipendenza del sindaco sono infatti abbastanza alte da consentire al
professionista di non superarle avendo a disposizione anche lo Studio in cui ipoteticamente esercita la propria professione.
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