2.2 L’Oriente affascinante di Annie Vivanti ne La terra di Cleopatra
2.2.2 Le caratteristiche del racconto
Dopo aver mostrato in breve il contenuto del racconto, cercheremo ora di identificare e sottolineare ciò che è di nostro interesse. Annie Vivanti conferisce al suo diario una struttura narrativa ben meditata: temi e situazioni si susseguono secondo una dispositio corrispondente all’itinerario della viaggiatrice, ma vengono collocati anche secondo un evidente principio di variatio, nell’alternanza tra indicazioni turistiche e storico-archeologiche, pagine di impegno socio-politico, momenti d’espansione lirica e di meditazione sul mistero della morte, episodi dal carattere giocoso o schiettamente comico tra il canzonatorio e l’autobiografico. Il testo mescola dati autobiografici e finzione letteraria, come già avviene, a contario, nei racconti americani, dove la verosimiglianza è ottenuta con lo stratagemma di fare della narratrice la protagonista del viaggio.160 In questo diario l’attenzione della scrittrice si concentra sull’Egitto il luogo che preferisce rispetto a tutti gli altri posti che ha visitato:
160
Cfr. AA.VV., Sirtori Marco, Viaggiando imparerem geografia, Annie Vivanti tra narrativa e
93 Io ho creduto fino oggi di avere molto viaggiato. Mi pareva, perché sono
stata a Parigi e Montecarlo, a Stoccolma e New York, sulle nave della Jungfrau e sotto le cateratte del Niagara, di essere un’avventurosa pellegrina del mondo. Ma quanto convenzionali e meschine mi appaino quelle esperienze di treno e piroscafo, di slitta e ferry-boat, in confronto alla mia fantasia escursione d’oggi161.
Pur essendo Alessandria la terra di Cleopatra, la scrittrice non volle visitarla, la descrisse infatti come una città non di suo gradimento, piena di caos e disordine. Scelse il titolo “Terra di Cleopatra” solo perché Cleopatra rappresenta il nome storico dell’Egitto:
Alessandria. Un pandemonio! Orde di demoni neri in turbante e camicioni bianchi si precipitano a bordo gesticolando e gridando. Si slanciano verso di me: afferrano tutte le cose mie, bauli, valigie, ombrellino, cappelliera, borsetta … […] scendiamo tutti nell’indescrivibile baraonda della dogana, tra urlanti facchini, interpreti, guide, agenti, funzionari, portieri d’albergo che tutti insieme gesticolano, gridano e litigano162.
Alessandria non piacque a Vivanti perché era una città affollata ed assomigliava alle città europee per il suo caos. La scrittrice si recò in Oriente alla ricerca di solitudine e silenzio, quindi si trattava di un viaggio terapeutico163. Era malata, e il medico le prescrisse «Silenzio e solitudine per due mesi». Quindi l’Oriente fu per lei una cura, come lo fu per Sanya nel romanzo di Bruno Corra.164
L’Oriente di Annie Vivanti è visto sempre come un sogno,165
la parola sogno viene, infatti, ripetuta più di cinque volte nel testo stesso. La narrazione della scrittrice e la sua partenza per l’Oriente inizia da un sogno: “Io certo sogno. Non è possibile che sia vero tutto quanto mi accade!... mi pare ch’io stia facendo uno dei quei sogni stravaganti e pazzeschi …”.166 L’Oriente come sogno è un tema che è stato già trattato da Edward Said. Il temine orientalismo in Said indica generalmente l’approccio occidentale nei confronti dell’Oriente sotto due aspetti: come una disciplina teorica con cui l’Occidente si avvicina all’Est in modo sistematico,
161
Annie Vivanti, Terra di Cleopatra, cit., 1943, p. 104. 162
Ivi, p. 34. 163
Cfr. AA.VV., Sirtori Marco, Viaggiando imparerem geografia, Annie Vivanti tra narrativa e
odeporica, cit., p. XI.
164
Cfr. Bruno Corra, Sanya la moglie egiziana, Sonzogno, Milano, 1935. 165
Cfr. Annie Vivanti, Terra di Cleopatra, cit., pp. 9, 11, 17, 33, 54, 119, 122, 148, 189 166
94 attraverso lo studio, l’esplorazione geografica e lo sfruttamento economico, e, allo stesso tempo, per indicare l’insieme di sogni ad occhi aperti, immagini e risorse lessicali messe a disposizione di chiunque desiderasse parlare di ciò che si trova al di là della linea di confine tra Est ed Ovest.167 “L’autorevolezza e diffusione dell’orientalismo produssero, oltre a un certo numero di informazioni obiettivamente esatte sull’oriente, una specie di conoscenza di second’ordine, che si scorge, per esempio, nelle fiabe ‘orientali’, nella mitologia dell’Est misterioso, nell’idea di Asia imperscrutabile; una conoscenza dotata di una peculiare vitalità autonoma”,168
ciò che è stato definito da V.G. Kiernan “Sogni a occhi aperti collettivo dell’Europa sull’Oriente”.169
Said prese in prestito questa definizione. Giustamente Said attribuiva questo genere letterario le opere di Hugo, Goethe, Nervale, Flaubert e Fitzgerald. Il sogno dell’Oriente di Vivanti è diverso da quello di Nervale e Flaubert, che vedevano l’Oriente rappresentato nella corporeità della donna orientale.170
Quello dell’autrice è infatti un sogno più verosimile, un sogno reale, ed è qui che notiamo il punto di svolta tra l’immagine ottocentesca dell’Oriente e quella novecentesca.
Annie Vivanti nel suo diario citò e parlò spesso di personaggi contemporanei noti, tra i quali molti erano giornalisti, come: Ignacy Paderewsky, Howard Carter (V conte di Carnarvon, George Edward Stanhope Molyneux Herbert), Charley Chaplin, Lionello Venturi (professore di Storia dell’arte all’Università di Torino), il grande egittologo Ernesto Schiaparelli, il conte Luigi di Valmarana, l’antropologo Giovanni Marro e il patriota nazionalista egiziano Saadi Sagloul. Soltanto a due di questi personaggi venne riservata una grande attenzione nel testo, il primo è Howard Carter che raccontò la storia misteriosa della morte di Lord Carnarvon. In quell’epoca era apparsa sui giornali la notizia della morte dello scopritore della tomba di Tutankhamon; l’autrice e i suoi amici avevano creduto che fosse Carter, che invece era presente sulla nave diretta in Egitto. Vivanti fece raccontare a Carter la storia del canarino e il segreto della morte di Lord Carnarvon, ed entrambe risultarono misteriose e catturarono l’attenzione dei suoi amici (come lei descrisse “Noi non gli togliemmo gli occhi da dosso”).171
L’aspetto del “misterioso” nel racconto di Vivanti
167
Edward W. Said, Orientalismo: l'immagine europea dell'Oriente, cit., p. 78. 168
Ivi, p. 59. 169
Kiernan, The Lords of Human Kind, op. cit., p. 131 170
Cfr. Edward W. Said,Orientalismo: l'immagine europea dell'Oriente, cit., pp. 181- 193. 171
95 è molto importante (lo tratteremo più avanti), e ciò che la scrittrice narrava dei suoi amici, che vennero catturati dal racconto vale anche per i suoi lettori, visto che in un certo senso Vivanti aveva portato i suoi lettori (amici) con sé in Egitto, anche se i suoi amici verranno abbandonati subito dopo l’arrivo in Egitto, per essere poi ritrovanti solo alle fine per testimoniare l’altra modalità, turistico - mondano, del viaggio di fruizione dell’Egitto.172
L’altro personaggio che occupò un ruolo importante nel racconto, essendo anche suo amico, fu Saadi Zagloul Pascià,173 anche se non spenderemo e qui ancora parole per lui. È importante sottolineare che questi episodi e personaggi mostrano la natura giornalistica della scrittrice, dato che sono elementi facenti capo al genere della cronaca giornalistica, inoltre tutto quanto è un segno di attualità aggiunto all’immagine orientale, un aspetto che non avevamo ancora trovato nell’immagine dell’Oriente del Novecento.
A parte la particolarità dei sogni e dei personaggi contemporanei, sottolineiamo tre elementi peculiari:
La preferenza della vita primitiva alla vita moderna
Vivanti rifiutò la mondanità occidentale a favore di una vita primitiva e selvaggia. Questo rifiuto lo troviamo nelle prime pagine del diario, quando l’autrice definì “orrendo” il cappello parigino della sua amica Flora174
occasione da cui scaturisce non solo la narrazione, ma anche la sua antipatia nei confronti del mondo al quale apparteneva. Vivanti così affermò, descrivendo i suoi sintomi al suo medico: “non saprei precisarli.. sono un po’ vaghi. Soffro, per esempio di antipatie, di forti antipatie... (pensavo al capello di Flora) e di distrazioni, di dimenticatine; dimentico gli impegni che ho colla gente noiosa; perdo spesso ombrelli e borsette; ho orrore di rispondere alle lettere e alle visite …”.175
Oltre ciò, lungo tutto il diario notiamo che la narratrice non andava alla ricerca della vita moderna o di quello che cercavano gli altri turisti e viaggiatori, cercava bensì l’esotico dell’esotico (l’extra esotico), andava cioè alla ricerca di quello che sarebbe stato esotico anche per i suoi amici e i suoi colleghi di viaggio. La vita moderna nel racconto del diario non è presente, la
172
Cfr. AA.VV., Sirtori Marco, Viaggiando imparerem geografia, Annie Vivanti tra narrativa e
odeporica, cit., p. 213.
173
Cfr. Vivanti, La Terra di Cleopatra, cit., pp. 46-50, 58-78. 174
Ivi, p. 12. 175
96 possiamo notare solo attraverso gli occhi dei suoi amici, occasione per un confronto tra il punto di vista del turista tradizionale (Flora) e quello di se stessa. I luoghi che si rifiutò di vedere, vengono invece visti ed osservati dalla sua amica (Flora), tipo il Bazar, l’Harem (invece Vivanti andò a visitare l’Harem delle regine egiziane antiche)176 e i segreti del matrimonio egiziano, la fumeria di Hashish e i siti archeologici e artistici. Citiamo alcuni passi del discorso tra Flora ed Annie Vivanti:
(parla Flora dando la sua opinione sull’Egitto) – Ebbene, secondo me, L’Egitto è una montatura. L’Egitto … è un «bluff». -
Sciagurata! – esclamai - che dici? (dopo lunga discussione, in cui Flora mostrò di essere annoiata e delusa, dice Vivanti) Io risi. È strano - osservai, - come l’Egitto non ti ha cambiata! la sua grande grandezza, la sua arte non hanno lasciato impronta sulla tua anima? la sua storia non ti ha impressionata?
- sì, sì! Mi ha impersonata - disse Flora - la notte soffro d’insonnia, o mi sveglio di soprassalto credendo d’avere la stanza piena di Faraoni. […] - Basta. L’Egitto mi esce dai pori. Preferisco Viareggio o Montecarlo.
L’abbandono della vita europea - “Europa colle sue moderne città febbrili e rumorose”177
- e la ricerca di un contatto con la vita primitiva selvaggia sono già presenti nella vita stessa della scrittrice.178
Anche il fascino delle solitudini179
che ha trovato nel silenzio del deserto egiziano rappresenta il rifiuto della vita mondana europea: “il silenzio del deserto che non somiglia ad alcun altro silenzio; il silenzio in cui si ascolta la muta voce dell’immensità”;180
“l’aria del deserto è un’aria speciale; chi la respira prova una gioia quasi violenta; un senso di vitalità ardente, il desiderio di slanciarsi avanti e sempre più avanti nella libera immensità”.181
Se questi luoghi venissero a contatto con la modernità, verrebbero privati della poesia che fa parte di loro, sostiene Vivanti che “lontano, uno stridente sibilo di vaporiera lacera con orrida stonatura il grandioso silenzio del deserto; è la ferrovia di Shellal, villaggio arabo accoccolato sulla sponda del Nilo, dove la ferrea attività britannica ha svolto la usa azione utile e inestetica, trasformando il sognante, squallido villaggetto
176 Ivi, pp. 148-159. 177 Ivi, p. 148. 178
Cfr. Annie Vivanti, Zingaresca, Milano-Verona, A. Mondadori, 1931, p. 24. 179 Cfr. Ivi, pp. 17-75. 180 Cfr. Ivi, p. 58. 181 Cfr. Ivi, p. 108.
97 di fango in un affaccendato alveare d’operosità. […]. Qui nessuna miseria e nessuna poesia”.182
In questa dimensione spaziale troviamo la voce dell’Io libero di Vivanti, la voce del rimpianto per la morte dell’isola File (Philae) e il Tempio di File,183
un richiamo all’umanità per salvare l’isola sacrificata dalla malvagità umana per lo scopo della vita moderna, e di costruire una grande Diga:
File, dov’è? Dov’è l’Isola degli incanti? La Sirena del Nilo che erta sull’ultimo lembo dell’Egitto sula suo seno l’ultimo Tempio egiziano? Sparita! Annegata nei flutti profondi e luminosi; scarificata alla fame degli uomini e alla sete della terra.
Addio, File sacra, tragica, perduta! Lontana da te udrò ancora nei miei sogni il murmure dell’acqua, che non sommesse voci batte alle tue pareti, singhiozza tra i tuoi colonnati, e pare che pianga di doverti arrecare la morte. (Vivanti, pp. 113, 119)
Queste immagini e tante altre mostrano il richiamo storico umano della scrittrice, e la voce dell’Io in movimento alla ricerca del cambiamento per acquisire il nuovo, ma un nuovo nei suoi sensi primitivi, in cerca di una vita zingara, come le descrisse Borgese: “destino di zingara e di fata”, ma “la zingara prevale sula fata”184
. E’ questo che fa di lei una scrittrice poco attuale, come la descrisse Giusso: “di fronte alle nostre sottigliezze occidentali, essa porta qualche cosa della selvaggia e forte concitazione anglosassone d’un Kipling. In questo senso, Annie è certamente una scrittrice assai poco moderna e «attuale»”.185
L’aspetto anti-britannico coloniale e la voce nazionale
Annie Vivanti si sposò nel 1892 in Inghilterra con l’irlandese John Chartres, uomo politico, giornalista ed in seguito attivista del Sinn Féin, movimento indipendentista irlandese fondato nel 1905. Da quel momento, la scrittrice trascorse quasi vent’anni tra Gran Bretagna e Stati Uniti, scrivendo solo in inglese, romanzi ed 182 Cfr. Ivi, p. 110. 183 Cfr. Ivi, pp. 104-119. 184
Giuseppe Antonio Borgese, La vita e il libero, Torino, Bocca, 1913, pp. 231, 233. 185
98 opere teatrali.186
Durante la Prima Guerra Mondiale si impegnò a difendere la causa italiana sulle colonne dei principali giornali inglesi, e, nell’immediato dopoguerra abbracciò la causa nazionale si espresse principalmente in chiave antibritannica, avvicinandosi sempre di più a Mussolini e al nascente fascismo. Contemporaneamente sostenne col marito – attivista sinnfeiner187- la difesa dell’indipendenza irlandese, impegnandosi su varie testate giornalistiche europee e facendo da assistente alla delegazione irlandese a Versailles nel 1919, dove strinse un rapporto d’amicizia personale anche con Zagloul Pascià d’Egitto188
. Il tono antibritannico e anticoloniale del racconto di Vivanti è ben chiaro nel tono dei discorsi ebbe con Zagloul Pascià, con Lord Meston189
e con la sua guida Hassen. Sostenne senza riserve il caso nazionale egiziano e il leader Zagloul. Quando si recò al Mena-House Hotel incontrò un giovane ufficiale inglese,“biondissimo, con gli occhi d’acciaio e l’aria sdegnosamente apatica che in Inghilterra denota una buona educazione”, con il quale, chiedendo di Zagloul, ebbe il modo di conversare. Egli mostrò la sua antipatia nei confronti dell’Egitto e degli egiziani, descrivendoli come una “popolazione indigena e nauseante”, e descrivendo la Sfinge come un vecchio fungo.190
Aggiunse poi riferendosi a Zagloul:
Ormai egli non è più che il campione moribondo d’una causa morta. Non si ha idea, […] che cosa fosse l’esaltazione degli egiziani per lui. Nella strage non si udiva che gridare: Viva Zagloul e nelle case si tenevano i lumi accesi davanti al suo ritratto. Per fortuna, il colpo che ha freddato Sir Lee Stack è stato mortale anche per Zagloul e i suoi sogni di un Egitto autonomo. Posiamo star tranquilli che per cinquant’anni se ne parlerà più. (Vivanti, p. 49)
L’autrice dedicò due capitoli a Zagloul Pascià e al suo caso, come abbiamo visto rimase impressionata nel parlare con lui e nell’ascoltare i suoi discorsi. Avendole chiesto di portare i saluti alle sue povere genti fellahin (agricoltori), ella partì fino a Assuan portando i saluti del Pascià, e le popolazioni locali la ricambiarono con un gran benvenuto e tanti regali, mostrando di essere contenti di riceverla come se fosse un messaggero del Pascià, dichiara Vivanti: “[…] Li ho qui davanti a me, mentre
186
Cfr. Valeria Palumbo, Annie Vivanti, Enciclopedia delle donne:
. http://www.enciclopediadelledonne.it/index.php?azione=pagina&id=1091. (aprile 2014) 187
Cfr. Barbara Allason, “Ricordi di Annie Vivanti”, in Nuova Antologia, n. 4 aprile 1952, p. 378. 188
Cfr. Vivanti Annie, Racconti Americani, cit., p. 19, sg. 189
Annie Vivanti, La Terra di Cleopatra, cit., pp. 22, s. 190
99 scrivo, tutti quei doni fattimi in nome di Zagloul Pascià. E la loro vista mi intenerisce il cuore”.191
Vivanti provocò il suo accompagnatore egiziano Hassen per comprendere la sua opinione a proposito della presenza inglese nel suo paese,ma egli, intelligentemente repella con una risposta che: “la sua risposta era una parabola”192
. In questo modo la scrittrice mostrò anche l’opinione delle persone più semplici nei confronti del colonialismo. Ella attaccò con forza anche lo sbarramento dell’acqua del Nilo da parte degli inglesi.193
Questi sono i passi in cui Vivanti mostra il suo anticolonialismo e la sua antipatia nei loro confronti.
Accanto all’anticolonialismo, nel diario-racconto, troviamo il tono del nazionalismo italiano. Vivanti ama l’Italia e la difende, Croce ammirò Vivanti in una poesia fatta per l’Italia:
My Lady Italy, when thou art gay, deched as a maiden for holiday
in thy tricolour’s bright resplendency… Open the Pincio and the Boboli! But not thy soul, oh grieved Italy, But not thy soul, affronted Italy
Questa poesia venne inviata da Vivanti al Times dopo l’arrivo della spedizione italiana a Tripoli; Croce affermò riguardo a questa poesia:
Ed io ammirai come, nella sua fantasia, avesse saputo trasformare e non allegoricamente, l’Italia in una donna, in una vera donna, bella e desiderata, in mezzo alla folla degli ammiratori e innamorati, e dare piena realtà d’immaginazione a questa dramma muliebre di corteggiamento. Di abbandono, di rinnovato corteggiamento e di cuore offeso che non dimentica.194
I riferimenti al patriottismo di Annie Vivanti sono attribuiti in gran parte al ruolo dell’Italia nella scoperta archeologica dell’Egitto. Durante il discorso di Carter infatti 191 Ivi, p. 68. 192 Ivi, pp. 110-112. 193 Ivi, p. 52. 194
Benedetto Croce, Annie Vivanti, in Letteratura della Nuova Italia, saggi critici, Vol. VI, Bar, Gius., Laterza, 1940, pp. 314, 315. La versione in italiano, Annie Vivanti, Tutte le poesie, cit., p. 246.
100 riporta anche che il professore Lionello Venturi gli pose delle questioni molto serie e di carattere scientifico alle quali Carter diede riposte evasive; Vivanti, infastidita, disse:
io non posso fare a meno di confrontare la rumorosa notorietà di questo giovane cui i suoi connazionali hanno fatto una così enorme fama, col silenzio che avvolge uno scienziato nostro, grande e modesto, cui sono dovute delle scoperte di ben altra importanza. (Vivanti, pp. 30, sg.)
Subito dopo cominciò a parlare del grande egittologo Ernesto Schiaparelli, facendo riferimenti alla missione di Abydos e alla perdita di questa scoperta da parte del governo italiano.
Bisogna ricordare che “le suggestioni sahariane e l’intelaiatura narrativa di Terra di Cleopatra trovano un ‘esuberante’ rielaborazione in Mea Culpa (1927), romanzo erotico-sentimentale dal taglio fortemente melodrammatico che compone, accanto al diario di viaggio, il dittico egiziano della Vivanti”.195
Senz’altro questo è un romanzo che “ha ingredienti di criticismo antirazzista e anticoloniale, riferibile all’azione livellatrice di una passione d’amore in posizione onnipervasiva”.196
Il misto tra il fascino e la misteriosità
Oltre al carattere femminile,197 Annie Vivanti “Dà un tono di scritture; le risolve in un certo acquarellsiamo di maniera, ma saporoso e pittoresco; pare intinga, in grazia alla sua natura giocosa, le cose più decadute e più tarlate di tutti i libri e di tutte le terre in un grande mare di poesia, donde le trae come avviate da una colorata grazia sentimentale”.198
Nei suoi racconti si assapora l’arte del fascino misterioso, con il quale ella riesce a catturare l’attenzione del lettore, facendolo sognare e facendogli vivere un’esperienza avventurosa, concedendogli lo spirito del vagabondo
195
Cfr. AA.VV., Sirtori Marco, Viaggiando imparerem geografia, Annie Vivanti tra narrativa e
odeporica, cit., p. 216.
196 Pischedda Bruno, “Annie Vivanti”, in Belfagor, Olschki, Firenze, n. 1-31, 1991, p. 47. 197
Cfr. Giuseppe Ravegnani, I contemporanei, dal tramonto dell’Ottocento all’alba del Novecento, Torino, Fratelli Bocca, 1930, p. 57; “ il mondo di Annie Viavnti ha le sue leggi, che non sono quelle di nessun altro mondo reale o fantastico: il genio è tutto delle donne e la stupidità è tutta degli uomini”, Borgese, La vita e il libero, cit., p. 237.
198
101 e la libertà di sognare, attraverso l’uso dell’intelletto femminile con agilità, tra sorrisi e serietà. Croce affermò che:
Sono racconti che ella fa con agile e viva intelligenza, con rapidità, senza mai dare nel goffo o nel volgare, si direbbe con furberia; e senza prenderli troppo sula serio, senza farli pensare sulla sua anima a rischio di renderla grave e pensosa delle umane passioni e ansiosa delle umane sorti; piuttosto come giuoco dell’immaginazione che come coscienza di conflitti reali; e il lettore, da parte sua, li accoglie e li segue con curiosità, sedotto e trascinato, dalla prima all’ultima pagina, ama anche lui non prendendoli troppo sul serio; sicché pare che, ella fine, un sorriso si scambi tra esso e l’autrice, un sorriso come tra esseri che si siano volentieri lasciati ingannare a vicenda, senza perciò ingannarsi, e così si siano reciprocamente procurati un piacere, sul quale non è il caso di riflettere e sottilizzare, perché quale sia, è stato un piacere.199
L’aspetto citato da Benedetto Croce è lo stesso che troviamo nel racconto-diario Terra di Cleopatra. La scrittrice mise in un gioco di saggezza e misteriosità per