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CARATTERIZZAZIONE MECCANICA

Viene fatta con prove meccaniche a trazione, compressione e flessione per ottenere i parametri caratteristici delle strutture. Le prove sono svolte a 37° per verificare il comportamento in condizioni termiche simili a quelle corporee in ambiente con fluidi che replicano quelli fisiologici.

Ulteriori analisi sono quelle reologiche che danno informazioni sul comportamento visco-elastico, le transizioni sol-gel,il gel point e la variazione del comportamento a diverse temperature o frequenze.

Analisi reologiche e dinamico-meccaniche

La reologia è la scienza che studia la deformazione e il flusso della materia sotto condizioni di prova controllate, per valutare la relazione tra sforzo applicato e deformazione ottenuta.

Nelle prove reologiche si applica uno sforzo al campione e si determina la sua risposta in termini di shear rate (velocità di rotazione) o strain (ampiezza di oscillazione).

La macchina di prova è in grado di misurare i parametri viscoelastici e la viscosità di un materiale sotto diverse condizioni:

- Flusso (rotazione continua): determinazione della viscosità e della sua dipendenza da shear rate e temperatura.

- Sollecitazione oscillatoria: determinazione dei parametri viscoelastici (moduli conservativo e dissipativo) in relazione alla loro dipendenza da temperatura, frequenza, ampiezza di oscillazione.

- Transitorio: caratterizzazione della risposta di un campione sottoposto a sforzo costante (creep) o deformazione costante (stress relaxation)

• Test di flusso: shear rate costante, rampa di shear rate o stress, rampa di shear rate in regime stazionario, rampa di temperatura. Con questo test si valuta la viscosità, ovvero la resistenza interna di un fluido allo scorrimento; nel modello di Newton la viscosità rappresenta la costante di proporzionalità tra shear rate e stress, in realtà essa non è costante ma dipende da temperatura (fluido newtoniano), tempo, shear rate.

o Shear rate costante per un periodo di tempo impostato dall’operatore: si misura la viscosità in funzione del dato valore di shear rate e si controlla la dipendenza dal tempo

o Prova a rampa continua: il campione viene sottoposto a una rampa di shear rate o stress crescente o decrescente nel tempo. Lo scopo è quello di misurare la pseudo elasticità o lo shear thickening del campione e il relativo limite di scorrimento

o Prove in rampa di temperatura: campione sottoposto a un profilo definito di temperatura con shear rate mantenuto costante. Lo scopo è quello di valutare la dipendenza della viscosità dalla temperatura.

• Oscillazione: time sweep, strain/stress sweep, frequency sleep, rampa di temperatura.

Nei test oscillatori il campione viene sottoposto a uno sforzo o deformazione variabile nel tempo (sinusoide), la risposta del campione viene monitorata e analizzata in termini di sfasamento rispetto alla forzante.

Durante il test è possibile variare parametri quali la temperatura, frequenza, ampiezza e tempo, così da misurare la dipendenza da essi delle proprietà viscoelastiche.

Lo strumento di misura restituisce i parametri viscoelastici che descrivono il comportamento del materiale:

a. modulo complesso G* (generale)

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b. modulo conservativo G’ (elastico, capacità di immagazzinare energia della forzante sotto forma di deformazioni elastiche reversibili)

c. modulo dissipativo G’’ (dissipativo, dissipazione di energia della forzante attraverso il calore e le deformazioni permanenti)

d. angolo di sfasamento tan = G’’/G’

I test vengono eseguiti a basse ampiezze di oscillazione o strain percentuali, con piccole oscillazioni la risposta del campione può essere considerata lineare, ossia data una forzante sinusoidale la risposta sarà sinusoidale.

Ogni test oscillatorio va svolto in zona viscoelastica lineare (LVR): è il range di strain nel quale la risposta del campione è lineare, con moduli G’ e G’’ costanti al variare dell’ampiezza di oscillazione. Ciò mi serve per poter correlare le

caratteristiche strutturali del campione a livello molecolare con la performance del prodotto.

o Strain/stress sweep: il campione viene sollecitato con una forzante di ampiezza via via crescente, mantenendo temperatura e frequenza costanti → misuro LVR

o Time sweep: campione sollecitato con una forzante di ampiezza e frequenza costante e anche la temperatura viene mantenuta costante. Lo scopo è di misurare la stabilità del materiale per studi di reticolazione ed evaporazione di solventi

o Rampa di temperatura: il campione è sottoposto a una rampa crescente o decrescente, continua o a scalini di temperatura mentre la frequenza e l’ampiezza vengono mantenuti costanti. Lo scopo è duplice: sia analisi dinamico meccanica che termodinamica andando a trovare le temperature caratteristiche per poter fare studi di reticolazione indotta dal calore e studi della dipendenza delle proprietà viscoelastiche dalla temperatura.

• Transitorio: stress relaxation e creep-recovery. Con questi test si prevede lo studio del comportamento di un campione quando sottoposto a sforzo o deformazione costante, per valutare come il campione si adatta alle condizioni. → uso DMA

VALUTAZIONE DELL’ARCHITETTURA E DELLA POROSITA’ DI UNO SCAFFOLD.

Nel design degli scaffold, struttura e architettura sono fondamentali per mediare l’interazione tra scaffold e cellule.

 Porosità e dimensione dei pori, le caratteristiche ottimali sono un’ampia area superficiale per favorire l’adesione e la crescita cellulare, con volume dei pori adeguato a ospitare un numero sufficiente di cellule.

 Va tenuto conto anche dell’interconnessione dei pori, per un corretto scambio di soluti.

Queste caratteristiche devono essere ottimizzate in base al tessuto che si vuole rigenerare.

Le strutture più usate per gli scaffold sono:

- Regolare a nido d’ape - Tessuta

- Porosa 3D

- Fibre nanometriche

In tutti questi casi è necessario valutare la porosità, il volume occupato dai pori e l’interconnessione.

Caratteristiche fisico-morfologiche da valutare dopo l’ottenimento di uno scaffold sono:

Valutazione della porosità di uno scaffold e altri parametri morfologici:

• METODI TEORICI

Porosità calcolata considerando parametri geometrici e di processo utilizzati.

Questi metodi sono impiegati soprattutto per la valutazione della porosità di scaffold ottenuti con metodi non tradizionali e sono specifici per strutture con una geometria regolare.

 La tecnica di massa calcola la porosità come 100*(1-Vg/Va) dove Vg= volume del materiale e Va=volume apparente di tutta la struttura.

 Tecnica di Archimede calcola la porosità come [ massa scaffold bagnato – massa scaffold asciutto (massa fluido nei vuoti)] / [ (massa scaffold bagnato – massa scaffold sommerso)]. Questa tecnica non tiene conto dell’idrofilicità del materiale.

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 Il metodo di spostamento del liquido utilizza un volume noto di etanolo (V1) in cui viene immerso uno scaffold (V2 = etanolo + o scaffold) , si misura il volume di etanolo che resta dopo la rimozione dello scaffold (V3) → porosità = (V1 – V3) / (V2 - V3).

• MICROSCOPIA ELETTRONICA E OTTICA Tecnica complementare ai metodi teorici.

Va a fare una misura diretta della dimensione dei pori e dello spessore di struttura o pareti, oltre che un’analisi qualitativa di interconnessione, anisotropia e sezione resistente.

La microscopia ottica richiede una preparazione minima dei campioni ma vi sono delle difficoltà nella messa a fuoco di campioni 3D porosi per la scarsa opacità del materiale.

La SEM necessità di un software di analisi e interpretazione delle immagini, in grado di definire elaborati parametri morfologici.

Gli svantaggi di questa tecnica sono i possibili artefatti ed effetti di bordo dovuti al sezionamento dei campioni, inoltre si visualizzano piccole zone non rappresentative dell’intero pezzo.

• POROSIMETRIA AL MERCURIO

Questa tecnica valuta la diffusione del mercurio nei pori basandosi sulla formula di Washburn DP=-4ɣcosϑ dove D è il diametro dei pori, P la pressione applicata, ɣ la tensione superficiale del mercurio (480 dyne/cm), ϑ l’angolo di contatto tra la parete dei pori e il mercurio (140°).

Si ha proporzionalità inversa tra pressione e diametro. Per ottenere il valore del diametro si crea il vuoto e si applica una determinata pressione, quindi il mercurio inizia a entrare nei pori, con pori più larghi riempiti dal mercurio e una pressione più bassa.

Questa tecnica misura il volume dei pori, la porosità aperta ma non i pori chiusi e la distribuzione volumetrica dei pori in base alla dimensione dei pori stessi.

Vi sono degli artefatti dovuti al collasso e alla compressione dei campioni per l’elevata pressione che rende il test distruttivo.

È possibile ottenere una curva di intrusione diversa da quella di estrusione, con isteresi indicativa della forma dei pori. Questa tecnica fornisce i valori di permeabilità, tortuosità dei pori, densità, dimensioni di cavità e gola dei pori, distribuzione della dimensione della cavità dei pori.

• PICNOMETRO A GAS

Valuto la porosità aperta in termini di percentuale volumetrica dei pori aperti, determinabili identificando la variazione di pressione data dallo spostamento di gas inerte nel materiale. I pori chiusi non sono valutabili.

Questo metodo non è distruttivo, quindi il campione può essere mantenuto per analisi e colture successive.

La porosità viene definita in base al volume reale del campione, senza considerare i pori.

Vx=(PEVc + PEVr -PCVC - PrVr)/(PE – PC), con Vc volume della camera del campione, Vr volume della camera di riferimento, PE pressione di equilibrio, Pc pressione della camera del campione, Pr pressione della camera di riferimento. La porosità è quindi definita come 100*(1-Vx/VA).

• ADSORBIMENTO DI GAS

L’adsorbimento è definito come l’attrazione e l’adesione degli atomi e le molecole alla superficie del materiale scelto, tramite forze elettriche e attrazioni di Van der Waals. In base all’attrazione delle molecole di gas alle superfici dello scaffold si possono misurare pori in un range di dimensioni tra gli 0.35 e i 400 nanometri o 3.5-2000 micron → tecnica utile per scaffold nano-featured o nano-modified.

Anche in questo caso non è possibile misurare i pori chiusi e non è applicabile a scaffold con area superficiale ridotta.

• POROMETRIA A FLUSSO CAPILLARE

Tecnica non distruttiva in grado di determinare la dimensione dei pori e la relativa distribuzione, oltre alla massima dimensione.

Anche questo metodo si basa sulla formula di Washburn e va ad analizzare un campione umido e anidro per valutare in entrambi i casi la distribuzione dei pori. In particolare, una variazione della dimensione dei pori lungo il percorso fa si che la pressione del gas richiesta per spostare il liquido cambi, in funzione del diametro dei pori, in particolare la pressione cresce al diminuire del diametro

• MICRO-CT

Tecnica non distruttiva che fornisce informazioni qualitative e quantitative sulla morfologia tridimensionale di strutture complesse, con elevata risoluzione a livello micrometrico. Altri vantaggi di questa tecnica sono la riproducibilità delle misure e la semplicità di utilizzo, oltre alla

possibilità di ottenere una valutazione quantitativa dell’interconnessione dei pori e della anisotropia (identificazione di orientazioni preferenziali).

Questa tecnica si basa sull’uso di raggi X, che vengono stoppati o attenuati dal campione in analisi → consente analisi della composizione delle fasi del campione, in base a diversi coefficienti di assorbimento e al diverso numero atomico.

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MATRICI TUBOLARI PER LA RIGENERAZIONE DI VASI DI PICCOLO CALIBRO

In Europa il 48% dei decessi è legato a problematiche cardio-vascolari. Le principali patologie a carico dei vasi ematici sono: stenosi, aneurisma, scorretta fluidodinamica.

Tecniche utilizzate prevedono l’uso di protesi sintetiche per bypass dei vasi; queste sono protesi a diametro medio-largo o piccolo, le protesi per vasi grandi hanno dimostrato risultati positivi nel trattamento mentre quelle a piccolo calibro hanno riscontrato diverse problematiche.

Nel dettaglio i grafts sono soggetti a infezioni, aterosclerosi, iperplasia, aneurisma, trombosi acuta e bassa compliance per dimensioni ridotte.

I possibili approcci per risolvere questi problemi sono:

- Clinici con allograft/xenograft o autograft

- Tissue engineering → TEVG (tissue engineered vascular graft) devono rispettare requisiti di biocompatibilità e proprietà meccaniche e processabilità.

Ottenimento dei TEVG:

A. Scaffoldi di matrici decellularizzate: matrici ECM da vasi animali o cadaveri a cui è stata rimossa la componente cellulare per ridurre la risposta immunitaria, queste matrici hanno dimostrato di avere un comportamento dipendente dall’età e dalle condizioni di salute del donatore, oltre che dal processo di fabbricazione. Questo ha influenza su qualità, proprietà meccaniche e biochimiche,

biocompatibilità e prestazioni cliniche del graft.

La matrice decellularizzata deve essere ricellularizzata con cellule autologhe del paziente, poi viene utilizzato un bioreattore artificiale oppure si utilizza il corpo come bioreattore direttamente.

➔ Questo approccio non è ancora utilizzato in clinica perché si è ancora fermi alla decellularizzazione dei vasi B. TEVG senza scaffold: utilizzo il corpo stesso come bioreattore.

Il tubo di Silastic viene impiantato nella cavità peritoneale autologa, in situ si ha reazione da corpo estraneo con formazione di una capsula fibrotica attorno al mandrino. La capsula è composta da miofibroblasti in una matrice di collagene e monostrato di mesotelio.

Dopo 2-3 settimane si ha l’espianto del tubo con il tessuto, si inverte la matrice per avere il mesotelio esterno.

I principali limiti di questa tecnica sono:

- Doppio intervento sul paziente

- Possibile adesione TEVG sulla parete peritoneale durante la maturazione del tessuto - Non può essere fatto d’urgenza

C. TEVG in polimeri naturali:

è possibile utilizzare la seta da bombix mori dopo sgommature per eliminazione della sericina, così da ottenere filamenti di fibroina biocompatibile, senza effetti trombogenici e con ottime proprietà meccaniche.

Il processo di ottenimento di un film di seta parte dai bozzoli sottoposti a sgommatura, poi si ha dissoluzione in LiBr e dialisi in acqua, poi si mette in soluzione acquosa e infine si ottiene il film per solvent casting, pronto per l’elettrofilatura in set-up sperimentale.

Questa tecnica consente di ottenere una struttura nanofibrosa che richiama quella dell’ECM e permette una nuova ricolonizzazione delle cellule. È possibile poi incrementare la cristallinità della fibroina e la stabilità in acqua per renderla insolubile, attraverso trattamento in metanolo per 5-10-15 minuti. Per valutare le proprietà ottenute si fanno analisi morfologiche (SEM) per vedere se la dimensione delle fibre varia, termiche (DSC) per vedere se cambia il punto di fusione e chimiche (ATR-FTIR).

In generale, la caratterizzazione di matrici tubolari elettrofilate prevede analisi morfologica (macro e SEM), analisi meccanica con prove a trazione assiali e circonferenziali e compliance, analisi biologica con test in vitro (fibroblasti murini), in vivo sotto-cute su ratto, in vivo biofunzionali su ratto. Partendo dall’analisi macroscopica si caratterizza il diametro del vaso, poi si valuta con SEM la struttura, la disposizione e la morfologia delle fibre. Le prove a trazione assiali danno informazioni sulla rigidezza, la forza e l’allungamento a rottura. Per le prove a trazione circonferenziale vengono create clamp ad hoc per valutare la rigidezza in diversi tratti, forza e allungamento a rottura. Le prove di compliance misurano il diametro esterno del provino al variare della pressione interna (8 120mmHg) a 37°C. I parametri caratteristici delle prove di degradazione in vitro sono: enzima Protease XIV, 5 mg come peso del provino, tre provini, soluzione enzimatica 1U/ml, soluzione buffer a pH 7.5, concentrazione di enzima 0.1 e 1 U/mg, campioni di controllo in soluzione buffer e rime points a diversi giorni.

Si va a valutare la perdita di peso percentuale in base al peso iniziale. La velocità di degradazione dipende dalla concentrazione dell’enzima, quanto più è bassa tanto più è lenta la degradazione con andamento che passa da esponenziale a quasi lineare.

L’interazione cellulare in vitro fa uso di fibroblasti murini (linea 3T3 con densità di semina 5x104 cell/ml), mezzo di coltura Dulbecco’s modified Eagle’s medium+10% FBS, time points 1,2,3,5,7 giorni, analisi finali di vitalità cellulare (saggio MTT) e morfologiche (SEM).

Un’alternativa è quella di seminare le cellule in condizioni rotanti (4h) per poi mantenere una coltura statica per 7 giorni, in questo caso si utilizzano cellule muscolari lisce di aorta porcina con densità di semina 3x106 su provini lunghi 1 cm e con diametro 1.5 mm. Le cellule migrano dalla superficie esterna del tubo fino al lume del vaso, con distribuzione delle cellule SMC eterogenea nella parete del vaso. Gli impianti sottocute in vivo vengono impiantati in ratti maschi ed espiantati dopo 15 giorni. L’analisi successiva evidenzia una sottile capsula fibrotica con cellule che oltrepassano la capsula e colonizzano uniformemente il campione. Tramite analisi con immunofluorescenza si nota una risposta infiammatoria moderata, con pochi macrofagi. Un ulteriore esperimento prevede l’impianto in vivo di scaffold senza cellule nell’aorta addominale di ratti maschi, con anastomosi end to end. Si notano assenza di trombosi o dilatazione aneurismatica senza apparente iperplasia. A cinque giorni si ha colonizzazione cellulare lungo l’intero spessore e formazione di neo-tessuto vascolare nel lume. Si può notare la presenza di cellule muscolari lisce, con struttura organizzata con elastina neoformata. Gli scaffold tubolari a due strati vanno a mimare la struttura del vaso ematico nativo, per migliorare le proprietà meccaniche e promuovere l’endotelizzazione in vivo. Lo strato esterno in gel-filato favorisce l’adesione e la proliferazione delle cellule muscolari lisce, lo strato intermedio è elettrofilato, potrebbe essere inserito uno strato più interno funzionalizzato per favorire adesione e proliferazione delle cellule endoteliali. Questa tecnica prevede elettrospinning con soluzione acquosa di fibroina della seta con concentrazione 7% e diametro del collettore 3.2mm, seguito da dipping in metanolo per 10 minuti. Successivamente si ha gel spinning sui tubi elettrofilati con soluzione acquosa di SF con concentrazione 7-8% e diametro del collettore 3.2mm. Infine, si ha freeze-drying (liofilizzazione) e trattamenti post-processing per variare la cristallinità tramite liofilizzazione e water vapor annealing o metanolo. La caratterizzazione meccanica di questi scaffold mette in luce che un aumento della cristallinità fornisce migliori proprietà meccaniche. La caratterizzazione biologica utilizza un bioreattore per la cocoltura di SMC (superficie esterna) umane e EC (superficie interna): due

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camere indipendenti con tubi di diametro 3.4mm che costituiscono un sistema chiuso (pompa peristaltica e reservoirs) con doppio sistema fluidico. Per migliorare le prestazioni dei graft in SF è possibile rivestire le strutture elettrofilate in fibroina tramite gelatina reticolata (gel) per promuovere l’adesione cellulare.

INGEGNERIA DEL TESSUTO ADIPOSO

Il tessuto adiposo è un tessuto connettivo 3D con le seguenti funzioni: isolamento, protezione e supporto, immagazzinamento di energia.

L’ingegneria del tessuto adiposo si rende necessaria in caso di traumi, tumori o per cosmesi.

Limitazioni nell’applicazione clinica degli scaffold: il tessuto è altamente vascolarizzato e la mancanza di vascolarizzazione degli scaffold determina la necrosi cellulare → necessario sviluppare metodi per promuoverne la vascolarizzazione.

Le patologie del tessuto adiposo sono - Lipodistrofie

- Rimozione masse tumorali Trattamenti clinici:

- Uso di protesi sintetiche con risultati incerti sul lungo termine - Prelievo di tessuto autologo

Uno scaffold per tessuto adiposo interviene per la necessità di una strategia che ripristini sia la funzionalità che l’estetica.

Requisiti di uno scaffold adiposo:

- Porosità

- Presenza di segnali biochimici - Proprietà meccaniche adeguate - Degradabilità

1. Scelta di un materiale: esempio gelatina reticolata chimicamente

2. Il metodo di reticolazione scelto è Micheal-type addition con reticolante MBA a 50° per 24 ore Si ottengono 4 formulazioni variando la concentrazione di gelatina e la stechiometria di reazione.

3. Caratterizzazione dell’idrogelo di gelatina reticolata parte da prove di variazione ponderale per valutare la stabilità in acqua distillata a 37° per cinque settimane: la variazione % di peso diminuisce quanto più è reticolato l’idrogelo, una maggior reticolazione rende più stabile l’idrogelo con peso costante nel tempo. Una maggior concentrazione di gelatina fa sì che la variazione di peso sia minore quindi si mantiene costante nel tempo.

4. Prove meccaniche a compressione con un precarico 0.001N, in controllo di  = 25%/min fino a 30% e poi scarico a 5%/min. si nota così la risposta viscoelastica tipica dei soft tissues, con proprietà meccaniche che dipendono dallo swelling.

Per valutare le proprietà biologiche si fanno frequency sweep tests a frequenza variabile tra 0.1-10Hz con  0,1%. Si nota un modulo conservativo costante al variare della frequenza tipico degli idrogeli reticolati, con modulo più alto al crescere della reticolazione.

5. Per valutare la citocompatibilità e differenziamento adipogenico in vitro gli scaffold sono seminati anidridi con preadipociti in coltura adipogenico o di mantenimento.

6. L’attività metabolica è stata valutata con saggio Alamar Blue, mentre la valutazione delle cellule vitali è avvenuta con LIVE/DEAD staining prima di indurre il differenziamento (6 giorni).

7. Dopo il sesto giorno si è notato un netto aumento di attività metabolica con il mezzo di coltura adipogenico, grazie al supporto che l’idrogelo fornisce ad adesione e proliferazione dei preadipociti.

1. È possibile utilizzare strutture sacrificali per produrre canali pervi negli scaffold e guidarne la vascolarizzazione, i materiali utilizzati devono essere temporaneamente stabili per poi essere rimossi: Pluronic, PVA, zuccheri, gelatina. Il seguente progetto si propone di realizzare uno scaffold poroso che promuova la vascolarizzazione. Partendo dall’idrogelo di gelatina reticolata con microsfere di alginato per ottenere macropori nell’idrogelo, si stampa in 3D l’alginato con geometria desiderata (canali vascolari) poi si ricopre con un secondo strato di gelatina reticolata con microsfere di alginato. Infine, si rimuovono selettivamente le microsfere e l’alginato stampato tramite chelanti di ioni Ca2+.

2. Le microsfere vengono prodotte con flusso coassiale di soluzione di alginato/aria in soluzione di CaCl2, poi poste nella gelatina.

3. La caratterizzazione degli scaffold parte da microscopia elettronica e istologica per valutare morfologia e struttura ottenuta con e senza microsfere nella gelatina.

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4. Caratterizzazione meccanica prevede test in compressione (DMA) per valutare le proprietà in relazione al tessuto adiposo subcutaneo

→ si è visto che l’utilizzo di microsfere abbassa notevolmente la curva sforzo e deformazione portando il materiale nel range del

→ si è visto che l’utilizzo di microsfere abbassa notevolmente la curva sforzo e deformazione portando il materiale nel range del

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