• Non ci sono risultati.

II. Le relazioni diplomatiche dei Carolingi

2. Carlo Magno

2.1) Fra regno longobardo e impero d'Oriente, con il papato

Il 9 ottobre dello stesso anno furono incoronati re Carlo e il fratello Carlomanno, rispettivamente a Noyon e a Soissons: i due si trovarono subito in disaccordo su chi dovesse ricoprire il ruolo più importante, ma in ambito di politica estera continuarono ad agire come sovrani di pari dignità. Appena incoronati furono raggiunti da un emissario papale del neo-eletto papa Stefano III, che riuscì ad ascendere al soglio di Pietro dopo che era stato occupato da un usurpatore, Costantino184, e dal presbitero Filippo, insediato per volere di Desiderio in seguito all’espulsione dell’antipapa. Stefano inviò Sergio, figlio del primicerio Cristoforo (suo principale alleato, grazie al quale egli ottenne l’elezione, ma che poi tenterà di accumulare su di sé sempre più potere a Roma) per comunicare la sua elezione e chiedere l’invio di vescovi alla sinodo che intendeva convocare l’anno successivo. Il

rappresentante di papa Stefano fu accolto dai due sovrani, i quali aderirono alle richieste del pontefice e nel 769 inviarono dodici vescovi, per sottolineare ancora una volta lo stretto legame che intercorreva fra la monarchia franca e il papato185. Se tra i due fratelli era latente una certa ostilità, lo stesso accadeva con il ducato di Baviera, fino al momento in cui Carlo non sposò la figlia del re longobardo Desiderio, creando le premesse per un’alleanza franco-bavaro-longobarda che poteva mettere in pericolo il papato privandolo del suo principale sostegno (nonchè della realizzazione di tutte le

promesse effettuate a Quierzy, solo in parte realizzate). Bertrada, la regina madre, si era infatti recata in Italia nel 770: probabilmente, fra le varie commissioni che portò a termine, ci fu anche quella di parlare con Desiderio e organizzare il matrimonio fra sua figlia e il proprio figlio Carlo186.

Il papa inviò messi e una lettera adirata ai due sovrani187, perché iniziava a essere in difficoltà a Roma con i Longobardi e il partito filo-longobardo in seguito all’assassinio del presbitero longobardo !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

184 Il quale aveva comunque tentato di mettersi in contatto con Pipino per essere riconosciuto legittimo pontefice e per mantenere un rapporto di amicizia e alleanza come era stato con i suoi predecessori: Cod. Car., ed. Gundlach, n. 98 e 99,

pp. 649-653.

185

Liber Pont., I, XCVI, 275, XVI - 278, XX, ed. Duchesne, Paris 1981, I, 96, pp. 473-475. 186 Ann. regni Franc., ed. Kurze, a. 770, p. 30; Ann. q. d. Einh., ed. Kurze, a. 770, p. 31;

Valdiperto188 e temeva che un’alleanza tra Franchi e Longobardi avrebbe potuto schiacciarlo. Carlomanno rinsaldò l’alleanza inviando una delegazione e ottenne una lettera piena di encomi nella quale il papa si offriva di fare da padrino al suo figlio maggiore. Carlo invece tentò di trarre

giovamento dallo spudorato cambio di fronte che aveva attuato: tramite l’alleanza con la Baviera e il matrimonio con una longobarda egli puntava ad allargare la sua sfera d’influenza all’Italia. La madre Bertrada fece in modo che Desiderio consegnasse alcune città al pontefice ma giocò tutte le sue carte affinché il matrimonio fosse celebrato. Il papa inviò una delegazione guidata da Iterio, abate di San Martino di Tours, capo della cappella palatina e collaboratore di Pipino prima e in seguito di Carlo, con la quale cercava di ottenere i beni “perduti dalla Chiesa” nei territori verso Benevento189. A Roma fu sventata anche una congiura ai suoi danni, organizzata da Sergio e Cristoforo, e il papa si pose sotto la protezione, paradossalmente, del re longobardo, in un momento di estrema instabilità politica, mentre questi era accampato con il proprio esercito fuori dalle mura dell’urbe (per ben altri motivi, in realtà, che soccorrerlo)190. Desiderio fu considerato il difensore di Roma, ma non perdonò al papa il fatto di essersi rivolto ai Franchi, e non gli voleva ancora restituire i territori bizantini che aveva promesso al predecessore Stefano!II!in cambio del suo appoggio nell'ascesa al trono longobardo contro Ratchis. Il fitto intreccio d’interessi ebbe termine con la morte di Carlomanno nel 771: Carlo s’impadronì velocemente della sua parte di regno escludendo dalla successione il figlio del fratello, Pipino191. La vedova Gerberga fuggì con i figli trovando rifugio nella corte di Pavia – l’asilo concesso da Desiderio alla moglie del fratello defunto fu considerato un affronto da Carlo. Subito dopo infatti ripudiò la figlia di Desiderio e la rispedì in Italia, riallacciando la propria alleanza con Roma e dichiarando guerra al regno longobardo. Nonostante il voltafaccia nei confronti dei Longobardi, Carlo firmò un trattato di amicizia con Tassilone, favorito dall’abate Sturmi, e riallacciò così i contatti con la Baviera: nel 772 avvenne anche l’alleanza fra la Baviera e il nuovo papa, che battezzò e unse Teodone, figlio di

Tassilone192. In seguito alla frattura con Carlo, il re longobardo inviò al papa appena eletto, Adriano I, un notabile romano indipendente, degli inviati, ovvero il duca di Spoleto Teodicio, Tunnone, duca d’Ivrea e Prandolo, suo vesterarium, che avevano il compito di sollecitare la sua amicizia – egli infatti !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

188 Liber Pont., I, XCVI, 274, XV, ed. Duchesne, Paris 1981, I, 96, p. 472. 189

Cod. Car., ed. Gundlach, n. 45-46-47, pp. 560-67; JE 2335.

190!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!284,!XXVIII!–!288,!XXXII,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!pp.!478=79.!

191 Ann. Mett. prior., ed. de Simson, a. 771, pp. 57-58; Annales Nordhumbriani, M.G.H. SS 13, ed. Pauli, Hannover 1881, a. 771, p. 155: et unxerunt super se dominum suum Carolum gloriosissimum regem et obtinuit feliciter monarchiam totius regni Francorum. La morte di Carlomanno è registrata anche in una lettera di Cathuwulf, vedi H. H. Anton, Fürstenspeigel und Herrscherethos in der Karolingerzeit, Bonner historische Forschungen, 32, Bonn 1968, pp. 75-79; M. Garrison, “Letters to a King and Biblical Exempla: The examples of Cathwulf and Clemens Peregrinus”, EME,7 (1998), pp.305-28. 192M. Ary, The politics of the Frankish-Lombard marriage alliance, in Archivum Historiae Pontificiae Vol. 19 (1981), pp.

temeva il rafforzamento dell’alleanza franco-papale, che avrebbe potuto schiacciarlo. Il pontefice replicò che non poteva dargli fiducia e che doveva onorare gli accordi stipulati, restituendo i territori sottratti alla Chiesa di Roma. Il papa poi inviò una sua delegazione a Desiderio, guidata dal notaio e sacellario Stefano e dal cubiculario longobardo Paolo Afiarta, ma proprio mentre essi erano in procinto di partire giunse la notizia che il re aveva invaso Faenza, Ferrara, Comacchio e messo sotto assedio Ravenna193. Egli desiderava anche che il papa consacrasse con l’unzione reale i figli di Carlomanno, ma il papa non accettò, perché sapeva che doveva mantenere buoni rapporti con l’unico sovrano franco in carica, Carlo. L’arcivescovo ravennate, Leone, chiese aiuto al papa inviando tre tribuni, Giuliano, Pietro e Vitaliano, e il pontefice inviò delle lettere al re in cui ancora una volta chiedeva la restituzione di quanto gli era dovuto194. L’ambasciatore Afiarta giunse a Ravenna per portare richieste di desistere dall’assedio, ma fu fatto imprigionare dall’arcivescovo su ordine del papa, per essere esiliato, colpevole dei disordini che il partito filo-longobardo aveva causato a Roma tempo prima. L’arcivescovo Leone però lo fece giustiziare, anche se aveva promesso a un altro sacellario papale giunto a Ravenna per parlare con Desiderio, Gregorio, che glielo avrebbe consegnato, come il papa aveva richiesto195. Desiderio era nel frattempo sceso verso Roma, per metterla sotto assedio, devastando ogni luogo al suo passaggio196. Adriano I inviò inutilmente l’abate Probato con venti monaci, e poi Pardo, monaco di San Saba, e Anastasio, poco dopo un’ambasceria inviata dal re longobardo, formata dal referendario Andrea e dal duca Stabile.

Nel 773 dunque, dopo vane suppliche a Desiderio tramite la serie di missive e ambasciatori che abbiamo visto, Adriano si rivolse ai Franchi chiedendo aiuto, spinto dalla necessità, e inviò un messo che fu costretto a prendere la via del mare, sbarcando a Marsiglia, perché i passi alpini erano

bloccati197. Si ripercorreva pressappoco la stessa sequenza di avvenimenti che aveva caratterizzato l’assedio di Astolfo a Roma, vent’anni prima.

Carlo, nonostante il gravoso impegno bellico appena iniziato in Sassonia, accolse l’inviato di Adriano I che aveva dovuto passare per Marsiglia e non lasciò inascoltato il grido d’aiuto del papa. Le trattative con i Longobardi erano fallite e Roma era in pericolo, anche se Desiderio, dopo che il papa aveva scagliato l’anatema su di lui tramite tre suoi vescovi, Eustrazio, Andrea Penestre e Teodosio, aveva !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

193!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!293,!V!–!295,!VII,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!pp.!487=88.! 194!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!295,!VII!–!296,!IX,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!p.!488.! 195!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!296,!IX!–!302,!XVII,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!p.!489=491.! 196!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!303,!XVIII!=!306,!XXI,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!pp.!492=493.!

197!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!307,!XXII,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!p.!493; Ann. regni Franc., ed. Kurze, a. 773, p. 34; Ann. q.d. Einh., ed. Kurze, a. 773, p. 35.!

lasciato Viterbo ed era tornato a Pavia198. In realtà, non è ben chiaro come furono accolte le parole del messo alla corte di Carlo: abbiamo visto come già ai tempi di Pipino la prima reazione della nobiltà franca alle richieste d’aiuto papali fu il disappunto199. Carlo quindi non agì subito, rendendosi conto che una repentina discesa militare in Italia avrebbe potuto comportare rischi non indifferenti, e preferì prendere tempo inviando un’ambasceria per controllare la situazione a Roma, passando anche per Pavia. Gli inviati, il vescovo Giorgio, l’abate Gulfardo e il consigliere Alboino, accompagnati da una delegazione romana, si sincerarono del fatto che Desiderio non aveva mantenuto (e non aveva intenzione di mantenere) nessuna delle promesse, non restituendo le città occupate alla Chiesa. Carlo desiderava mantenere la pace, e preferiva evitare di scontrarsi, forse perché intuiva la gravità della guerra che ne sarebbe scaturita200. Con una seconda delegazione dunque offrì al re longobardo 14000 soldi d’oro, purché egli restituisse al papa quanto gli spettava, ma Desiderio proseguì nei suoi obiettivi201. Ogni tentativo di mediazione era fallito e Carlo dovette risolversi ad attaccare l’Italia. Attraversate le Alpi, il re franco mandò nuovamente una delegazione a Desiderio, a cui chiedeva di inviare alcuni ostaggi come garanzia dell’esecuzione dell’accordo stipulato con il papa. Ancora una volta questo gesto di avvedutezza si risolse con un nulla di fatto, perché Desiderio era evidentemente troppo sicuro di sé e della propria forza. Carlo allora agì d’astuzia, aggirando la chiusa nella quale era rimasto fermo per fronteggiare l’esercito longobardo, che quando se ne accorse preferì una disordinata ritirata piuttosto che lo scontro in campo aperto202. La posizione del re longobardo era tutt’altro che solida: lo dimostrarono le numerose diserzioni di massa che interessarono il suo esercito, le ostilità della nobiltà per la sua politica aggressiva, che passò al nemico. Il regno longobardo non crollò perché attaccato dall’esterno, ma cedette a causa di un salasso di forze interne che abbandonarono il loro posto per passare dalla parte di Carlo.

Mentre proseguiva l’assedio di Pavia, una parte delle truppe si accorse che Adelchi era fuggito con Gerberga a Verona: riuscirono a prendere la moglie e i figli di Carlomanno, di cui non si conosce il destino (si può ipotizzare che furono chiusi in monastero), mentre Adelchi riuscì ad arrivare a Costantinopoli203.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

198!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!308,!XXV,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!p.!494.!

199!!Einhard, Vita Karoli, VI: Quod prius quidem et a patre [Pipino] eius, Stephano papa supplicante, cum magna difficultate susceptum est; quia quidam e primoribus Francorum, cum quibus consultare solebat, adeo voluntati eius renisi sunt (…). ! 200!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!308,!XXVI!–!309,!XXVII,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!p.!494.!

201!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!309,!XXVII!–!310,!XXVIII,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!p.!494.! 202!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!310,!XXIX=XXXI,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!p.!495.!

203 Liber Pont., I, XCVI, 314, XXXIV, ed. Duchesne, Paris 1981, I, 96, p. 496. Sul problema longobardo, per una contestualizzazione ampia e precisa vedasi: S. Gasparri, “The fall of the Lombard Kingdom: facts, memory and

Risolta la faccenda di Gerberga, Carlo ne approfittò per compiere un viaggio diplomatico a Roma, dove rinforzò spiritualmente l’alleanza con il papa e al ritorno del quale piegò definitivamente Pavia204. Davanti alla tomba del Principe degli Apostoli Carlo ratificò solennemente il giuramento indissolubile con il quale s’impegnava a sostenere il papa, e pochi giorni dopo firmò la promessa di restituire al pontefice tutti i territori che a suo parere gli erano stati sottratti dai Longobardi e dai Bizantini – impresa che non sarà mai portata a compimento. Lo svolgimento dei fatti avvenne davanti alla tomba del Santo, e prevedeva una successione quasi rituale di azioni giuridiche: la traditio per cartam, ovvero la consegna di un oggetto tramite un simbolo o un documento; la sottoscrizione dell’atto giuridico da parte del re e la compilazione di una lista di testimoni firmatari; la deposizione di un esemplare del documento sulla tomba di Pietro. La promessa quindi di rispettare il contenuto e di far avere al papa quanto richiedeva era diretta al Santo stesso e non al papa: un giuramento “terribile” vincolava il re franco205.

Carlo Magno era ben consapevole che la richiesta del papa era eccessiva, e per questo fino al 781 evitò ogni altro incontro diretto con Adriano, delegando ai suoi messi i contatti e le trattative con lui, ma mantenendosi sempre disponibile per via epistolare. Proprio in questo periodo, tra parentesi, all’interno della curia romana fu steso il testo del Constitutum, ovvero la (falsa) donazione che Costantino avrebbe concesso alla Chiesa di Roma prima di ritirarsi a Oriente, che solo nel XV secolo sarebbe stata

smascherata, mediante un puntuale studio linguistico dell’umanista Lorenzo Valla. Il papa infatti si riferisce al contenuto della donatio in una lettera inviata al sovrano nel maggio 778206.

Carlo aveva promesso al papa di incontrarlo nel 775, per esempio, ma non si presentò: in seguito alle severe lettere papali in cui trapelava lo sdegno per l’assenza di Carlo dalla penisola, dove l’aristocrazia stava organizzando pericolosamente l’opposizione, il re franco mandò un vescovo e un abate come inviati a Roma mentre si preparava a tornare in Sassonia, affinché calmassero l’impazienza del papa di ottenere quanto gli era stato promesso207. Adriano preparò la loro accoglienza con animo ben disposto, ma essi, venendo da Perugia, lo evitarono accuratamente, e si diressero in primo luogo a Spoleto dal duca Ildebrando, suo nemico e poi a Benevento, senza sfiorare minimamente Roma208. Il pontefice scrisse di nuovo a Carlo, preoccupato, perché l’inadempienza o il voltafaccia dei legati stava rendendo !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! propaganda”, in Gasparri, S. ed., 774, ipotesi su una transizione, Atti del Seminario di Poggibonsi, 16-18 febbraio 2016, Roma 2008, pp. 41-67.

204!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!319,!XLIV,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!p.!499. !

205!Liber!Pont.,!I,!XCVI,!314,!XXXV!–!319,!XLIII,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!96,!p.!496=98. ! 206!Cod. Car., ed. Gundlach, n. 60, p. 587.!

207!Cod. Car., ed. Gundlach, n. 51, pp. 571-73.! 208!Cod. Car., ed. Gundlach, n. 56, pp. 580-81.!

tesa la situazione risvegliando il pericolo longobardo, ma grazie a un documento che divulgava la storia di una presunta congiura longobarda ai danni del papato, capeggiata da Adelchi, figlio di Desiderio, rifugiato a Costantinopoli209, egli riuscì a far scendere Carlo al nord Italia, sperando che si recasse a Roma: il re franco sconfisse il duca del Friuli Rotgaudo, conquistò Treviso e intervenne drasticamente contro i Longobardi ribelli, troncando sul nascere ogni tentativo, vero o fittizio, di restaurazione. I messi inviati a Ildebrando di Spoleto comunque riuscirono a far passare il duca dalla parte franco- longobarda, ottenendo un importante successo diplomatico210. Il duca spoletino nel 780 confermerà poi a Carlo questo passaggio di fronte: nel 784 divenne missus, ma alla sua morte nel 788 la dignità ducale non fu rinnovata e il ducato di Spoleto fu incorporato nel regnum Italiae211.

Il problema sassone era sorto proprio poco prima della discesa in Italia di Carlo, con un’offensiva franca che aveva scatenato un conflitto trentennale di cui si erano poste le premesse già durante il “regno” di Carlo Martello. Attraverso esasperanti attacchi di guerriglia e rivolte, interventi franchi, conversioni di massa e abiure violente, Carlo riuscirà a portare il popolo sassone alla conversione e a integrare i territori sassoni al suo Impero. Già un anno dopo lo scoppio delle ostilità, nel 775, i Franchi e i Sassoni s’incontrarono al di là del confine marcato dal fiume Weser e stipularono un accordo di pace, a suggello del quale i Sassoni consegnarono dodici ostaggi. I combattimenti però ripresero presto: l’intera vicenda del conflitto sassone fu marcata da un’altalenante successione di accordi di pace

prontamente disdetti. L’assemblea generale di Paderborn del 777 doveva portare una soluzione a esso: si affrontarono anche altri problemi di politica estera, e si accolse una delegazione araba proveniente dalla Spagna212. La spedizione in Spagna dell’anno successivo, l’unico fatto militare organizzato ed effettuato con avventatezza da Carlo, forse per l’euforia dettata dalla recente vittoria sull’Aquitania e sui Longobardi, si svolse in un nulla di fatto e nella grave perdita delle retrovie a Roncisvalle, al ritorno. Bisogna segnalare però che nell’esercito franco erano presenti anche contingenti bavari, segnale che per il momento i rapporti con Tassilone erano ancora abbastanza buoni. Il regno d’Aquitania fu creato poi proprio per fare da cuscinetto ai territori ispanici, e fu affidato al figlio Ludovico l’anno seguente, dopo l’incoronazione reale.

Nel 780 Carlo partì da Worms alla volta dell’Italia. Festeggiò il Natale a Pavia e, nel marzo 781, chiarì la situazione commerciale di Comacchio, concorrente di Venezia: la città ottenne un vantaggioso !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

209!Cod. Car., ed. Gundlach, n. 57, pp. 580-81.!

210!Cod. Carolinus, ed. Gundlach, n. 56, 57, 58, 61, 64, pp. 580-84, 588-89, 591-92.!

211!D. Hägermann, Carlo Magno, trad. G. Albertoni, Torino 2004, p. 62-63; R. McKitterick, Charlemagne. The Formation of European Identity, Cambridge 2008, pp. 258-59. !

privilegio relativo al commercio e ai dazi. Il papa continuava, nel frattempo, a far presente a Carlo di rispettare le promesse fatte: quando poco tempo prima aveva sedato la rivolta di Rotgaudo del Friuli, il sovrano franco non si era curato di scendere a Roma.

Nonostante l’apparente precarietà, il rapporto fra Carlo e Adriano fu sempre improntato a stima e rispetto: il papa premeva con impazienza per avere i territori che gli spettavano e per ottenere aiuto, sottolineando sempre il vincolo che legava il re a lui, ma Carlo onorava la sua figura di successore di Pietro, pur agendo sempre con molta cautela nei suoi confronti dal punto di vista politico213. Il re franco dovette destreggiarsi infatti per cercare un equilibrio fra le richieste del papa, il mantenimento del regno longobardo, i problemi in Sassonia, i dubbi nei confronti del ducato di Benevento e di Bisanzio. Nell’aprile 781 Carlo festeggiò la Pasqua a Roma: in questo contesto il sovrano fece battezzare il terzogenito Carlomanno da Adriano I, facendo propria la compaternitas che quasi dieci anni prima era stata stabilita fra Stefano II e Carlomanno. Il papa battezzò il figlio con il nome di Pipino, anche se un altro figlio di Carlo, nato dal primo matrimonio con Iltrude (poi rinnegato ma pur sempre valido), aveva lo stesso nome: era uno dei primi campanelli d’allarme della futura emarginazione del

primogenito che, resosi conto della propria situazione, avrebbe tentato di ribellarsi al padre nel 792. Il nome Carlomanno fu invece cancellato, e con questo gesto si tentò di attuare una damnatio memoriae dello zio e del fratello di Carlo dall’apparato storico-genealogico dei Carolingi, parallelamente al figlio maggiore di Carlo stesso, Pipino detto “il gobbo”, cui fu in questo caso preclusa indirettamente la successione, ma non l’eredità del padre, come invece avverrà dopo il 792.

Carlomanno-Pipino e Ludovico ricevettero, nello stesso giorno di Pasqua, rispettivamente l’unzione a re d’Italia e d’Aquitania, contribuendo al rinnovo e al rafforzamento del vincolo personale e spirituale che legava il sovrano franco al papato214. Il collegamento stretto fra la corte regia e le istituzioni ecclesiastiche fu ribadito anche dalle numerose concessioni che il re fece a favore di comunità

monastiche della penisola, come per esempio nel 787 a San Vincenzo al Volturno e a Montecassino215. In realtà queste due importanti concessioni nascondevano l’obiettivo franco di impadronirsi del ducato indipendente di Benevento – anche se non era una priorità.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 213!Cod. Car., ed. Gundlach, n. 68, p. 598. ! 214

Ann. regni Franc., ed. Kurze, a. 781, p. 56: Pippinus, filius supradicti domni Caroli magni regis, ab Adriano papa, qui et ipse eum de sacro fonte suscepit; et duo filii supradicti domni Caroli regis uncti sunt in regem a supradicto pontifice, hi sunt

Documenti correlati