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Carlo Martello e Pipino III: il regno e le sue alleanze

II. Le relazioni diplomatiche dei Carolingi

1. Carlo Martello e Pipino III: il regno e le sue alleanze

Nello spazio esiguo che dedica al regno merovingio all’inizio della Vita Karoli, Eginardo collega il declino dei sovrani Merovingi all’ascesa dei futuri Carolingi, provenienti dalle due famiglie franche degli Arginolfingi e dei Pipinidi, nascondendo accuratamente il fatto che la famiglia da cui

provenivano Carlo Martello, Pipino e poi Carlo e Carlomanno, pur appartenendo all’alta aristocrazia non era affatto di stirpe regale. Si era trattato solo di far apparire l’incoronazione di Pipino del 754 come la naturale conseguenza di una già avvenuta frattura politica fra chi deteneva il potere solo a livello astratto, potenziale, come (paradossalmente) i re, i cosiddetti rois fainéants, fantocci dai capelli lunghi che fingevano di rappresentare la nazione, e chi invece lo esercitava de facto, i maestri di palazzo155. La visione partigiana di Eginardo, che dipinse il periodo tardo-merovingio come epoca oscura di negligenza e debolezza, è stata in parte superata, perché si è dimostrata l’importanza dei Merovingi nella formazione della monarchia franca nella quale l’eredità franco-germanica ha trovato un equilibrio con la tradizione romana nell’esercizio del potere, la struttura sociale e l’organizzazione economica, all’interno di una weltanschauung cristiana supportata e difesa dalla Chiesa di Roma, che cercò sempre di assicurare il proprio influsso politico.

Il declino dei Merovingi comunque ci fu, si aggravò dopo la morte precoce di Dagoberto I (639) e fu causato da problemi interni al potere regio, divisione del regno e ostilità fra i membri della dinastia, e problemi esterni, in particolare l’ascesa di alcune famiglie aristocratiche (fra cui i maestri di palazzo “carolingi”) che entrarono in competizione con i sovrani nel possesso di proprietà fondiarie,

nell’esercizio dell’influenza nella società e soprattutto del potere. Nel corso degli anni i maestri di palazzo unirono sempre di più potere amministrativo e beni fiscali nelle loro mani. Fin dalla fine del VII secolo fra le varie famiglie aristocratiche era in corso una lotta per la successione al potere, come dimostra il fallito colpo di stato del maiordomus Grimoaldo o la battaglia di Tertry del 687, nella quale a prevalere fu Pipino II, maestro di palazzo in Austrasia. Carlo Martello governò per un certo periodo !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

155 Einhard, Vita Karoli, I: Nam et opes et potentia regni penes palatii praefectos, qui maiores domus dicebantur, et ad quos

summa imperii pertinebat, tenebantur. Neque regi aliud relinquebatur, quam ut regio tantum nomine contentus crine profuso, barba summissa, solio resideret ac speciem dominantis effingeret, legatos undecumque venientes audiret eisque abeuntibus responsa, quae erat edoctus vel etiam iussus, ex sua velut potestate redderet; cum praeter inutile regis nomen et precarium vitae stipendium, quod ei praefectus aulae prout videbatur exhibebat, nihil aliud proprii possideret quam unam et eam praeparvi reditus villam, in qua domum et ex qua famulos sibi necessaria ministrantes atque obsequium exhibentes paucae numerositatis habebat.

come un “principe”, facendo le veci del re merovingio in sua assenza, e tentò di entrare in relazione con una casa regnante per poter dare alla propria famiglia un supplementare elemento di prestigio che la potesse rendere superiore alle altre dal punto di vista sociale: proprio in questo frangente si colloca l’invio, nel 737, del proprio figlio Pipino dal re longobardo Liutprando156.

L’esagerazione della gravità del declino merovingio testimoniata dal cronista di Carlo Magno non ha comunque oscurato del tutto ai nostri occhi la reale importanza che questi sovrani hanno mantenuto fino alla fine e la loro indubbia superiorità per la detenzione di elementi tradizionali tipici del potere monarchico e imprescindibili da esso. Una di queste caratteristiche riguarda l’ambito di nostro interesse, la diplomazia, di cui troviamo menzione in Eginardo stesso. A riprova della considerazione in cui era tenuto e per quanto “vincolato” dai suoi maggiordomi, l’ultimo re merovingio riceveva ancora personalmente i legati provenienti da altri sovrani, dava loro udienza e licenza di ripartire157. L’accoglienza degli ambasciatori, il dialogo con essi e il loro congedo era l’importante prerogativa di un grande potere: nell’817, con l’Ordinatio imperii, Ludovico il Pio cercò di sottomettere i figli minori al maggiore, Lotario. Uno dei privilegi che interessavano Lotario, unico imperatore, e lo rendevano superiore ai fratelli, sovrani di secondo grado (reguli), era proprio la possibilità di ricevere gli

ambasciatori presso la propria corte. Il controllo della politica estera era dunque completamente di sua pertinenza158.

Fu limitato il numero di ambascerie che i maestri di palazzo Carlo Martello e poi Pipino III (fino alla sua incoronazione regale) inviarono. Si trattò sempre di contatti diplomatici privati: le delegazioni erano soprattutto rivolte o provenienti dalla corte di Pavia, oppure dal papa, e miravano a scardinare il potere dei re creando contatti con altre famiglie reali o cercando di costruirsi un certo prestigio. Per sbarazzarsi dei Merovingi era opportuno aggirare il loro sacro carisma regale, e per portare a compimento questo obiettivo era necessario l’intervento e l’appoggio del papa. Secondo l’opinione tradizionalmente diffusa, l’alleanza fra Pipino III e il papato avrebbe segnato definitivamente la fine dell’antica dinastia: Childerico III, qui false rex vocabitur, l’ultimo rappresentante, sarebbe stato tosato (il taglio dei lunghi capelli dell’ultimo dei long-haired kings, oltre a ricollegarsi alla vicenda biblica di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

156!Paolo Diacono, HL, ed. Waitz, VI, 53, p. 183.!

157 Einhard, Vita Karoli, I: (…) legatos undecumque venientes audiret eisque abeuntibus responsa, quae erat edoctus vel

etiam iussus, ex sua velut potestate redderet (…)

158 Ordinatio imperii, MGH Capit. 1, ed. A. Boretius, Hannover 1883, p. 272, 8: De legatis vero, si ab exteris nationibus vel

propter pacem faciendam vel bellum suscipiendum vel civitates aut castella tradenda vel propter alias quaslibet maiores causas directi fuerint, nullatenus sine senioris fratris conscientia ei respondeant vel eos remittant. Si autem ad illum de quacumque parte missi directi fuerint, ad quemlibet illorum primo pervenerint, honorifice eos cum fidelibus missis usque ad eius praesentiam faciat pervenire; de levioribus sane causis iuxta qualitatem legationis per se respondeant. Illud tamen monemus, ut , quomodocumque se res in confinibus eorum habuerint, semper ad senioris fratris notitiam perferre non neglegant, ut ille semper sollicitus et paratus inveniatur ad quaecumque necessitas et utilitas regni postulaverit.

Sansone, vuole significare simbolicamente quasi una cesura con il passato) e rinchiuso in monastero159. Nelle fonti si sottolinea che il capovolgimento politico sarebbe stato voluto dal pontefice, perchè si voleva evitare che il fatto fosse percepito come una rivoluzione e, soprattutto, come la presa di potere di una famiglia di parvenu a dispetto di un’antica famiglia reale le cui radici affondavano nel mito – si raccontava che il capostipite Meroveo fosse stato generato dall’unione tra la moglie di re Clodio e un mostro marino160. Tuttavia, nonostante l’impegno che il pontefice avrebbe profuso in questa vicenda, non è registrato questo cambiamento nel Liber Pontificalis, che non riporta questi fatti161. Questa

omissione è il primo campanello d’allarme che ha portato a dimostrare l’infondatezza dell’ipotesi di un contatto politicamente orientato fra Pipino e papa Zaccaria.

La narrazione che l’inizio del regno di Pipino fosse iniziato sotto gli auspici della protezione papale, e che fra Pipino e il papa fosse in atto un accordo vicendevolmente vantaggioso in cui da un lato il re otteneva la benedizione per il proprio “colpo di stato” e l’avvio della propria stirpe e del proprio carisma (solo la Chiesa poteva trasmettere la grazia divina, mentre per quanto riguardava il grave problema dell’illegittimità, grazie a intricati giri genealogici i Carolingi tentarono di collegarsi per via parentale ai Merovingi e all’aristocrazia tardoromana, fino ad arrivare al troiano Anchise, padre di Enea, fondatore di Roma162), dall’altro il papa otteneva un supporto per contrastare le minacce sempre più drammatiche dei Longobardi su Roma, è una forzatura storica creata e diffusa a scopo

propagandistico per le ragioni che abbiamo visto sopra163.

I contatti fra Pipino e il papa sono avviati con decisione e si rafforzeranno solo durante i cinque anni di pontificato del successore di Zaccaria, Stefano II: qui avrà inizio la costante presenza papale nelle vicende dei Carolingi di cui Eginardo nella sua opera mostra fastidio, forse perché testimone della fortissima influenza ecclesiastica che era in atto durante il regno di Ludovico il Pio. Egli tace o rende equivoci diversi avvenimenti. Non parla della visita del papa alla corte franca del 754, durante la quale !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

159 Ann. regni Franc., ed. Kurze, a. , ed. Kurze, a. 750, p. 9 in cui si specifica che tutto avvenne per ordine del papa: secundum Romani pontificis sanctionem. Einhard, Vita Karoli, I: Pippinus autem per auctoritatem Romani pontificis ex praefecto palatii rex constitutus (…).

160 Fredegario, Chronicarum…, III, ed. Krutsch, p. 95, 9: Fertur, super litore maris aestatis tempore Chlodeo cum uxore

resedens, meridiae uxor ad mare labandum vadens, bistea Neptuni Quinotauri similis eam adpetisset. Cumque in continuo aut a bistea aut a viro fuisset concepta, peperit filium nomen Meroveum, per co (!) regis Francorum post vocantur Merohingii.

161 Liber Pont., I, XCIII, ed. Duchesne, Paris 1981, I, 93, pp. 426-39.

162 P. Diacono, Gesta episcoporum Mettensium, Liber de episcopis Mettensibus, MGH SS 2, ed. G. Pertz, Berlin 1829, p. 264: cuius Anchisi nomen ab Anchise patre Aeneae, qui a Troia in Italiam olim venerat, creditur esse deductum. Nam gens Francorum, sicut a veteribus est traditum, a Troiana prosapia trahit exordium. Ricordiamo che in quest’opera Paolo Diacono attua una celebrezione del regno e della Chiesa franca evitando (a fini evidentemente propagandistici) ogni menzione della precedente dinastia Merovingia.

il giovane Carlo ebbe il compito di accogliere il pontefice, tace ugualmente l’unzione regia dei figli di Carlo, Ludovico e Pipino, avvenuta a San Pietro nel 781, mentre è molto stringato nel citare

l’incoronazione imperiale dell’800. Egli aveva forse condiviso con il suo sovrano la contrarietà per la modalità con cui era avvenuta la propria incoronazione, con l’eccessiva centralità del papa e del popolo romano durante il cerimoniale. Proprio per questo motivo nell’813 Carlo organizzerà l’incoronazione imperiale di Ludovico ad Aquisgrana, nella chiesa di Santa Maria, lontano dal papa e da Roma che l’aveva acclamato come se fosse stata parte del suo Impero.

Già nel 739 il papa Gregorio III si era rivolto al maggiordomo di allora, Carlo Martello, per chiedergli aiuto e sostegno contro il pericolo longobardo, inviandogli tramite una delegazione preziosissimi doni, le chiavi della tomba di san Pietro e reliquie, tra cui un anello della catena del santo164. La personalità ferrea di Carlo Martello pose senza dubbio le fondamenta sulle quali il figlio e il nipote costruiranno un regno e poi un impero di vastissima portata, e il suo nome è collegato soprattutto a conquiste e a grandi vittorie militari: la Frisia, la Franconia, la regione del Meno attorno a Würzburg, l’attacco alla Sassonia e all’Aquitania (preludio delle feroci guerre di Carlo Magno sugli stessi territori), la vittoria fra Tours e Poitiers dell’ottobre 732, che limitò l’espansione degli Arabi verso nord e preparò il futuro dominio franco nel sud-ovest della Gallia. La fama di Carlo Martello oltrepassò le Alpi e giunse fino alle orecchie del papa, che desiderava maggiore sicurezza, territori più stabili sotto il suo potere, l’allontanamento progressivo dall’orbita da Bisanzio, con cui erano sorte divergenze teologiche, la risoluzione del problema longobardo. Il papa invierà anche lettere al maggiordomo di palazzo,

lamentando la situazione dell’Italia centrale (e in particolare dell’esarcato ravennate) e degli abitanti di quei luoghi a causa delle scorrerie longobarde165. Il subregulus accolse di buon grado la stima e le attenzioni pontificie, ma respinse molto cortesemente le richieste d’intervento del papa, non

desiderando mettersi contro i Longobardi con cui poco tempo prima era venuto in contatto sia per l’ “adozione” del figlio Pipino da parte di Liutprando, sia perché al medesimo sovrano aveva chiesto e ottenuto aiuti contro gli Arabi che avevano varcato pericolosamente i Pirenei. Nonostante il notevole potere accumulato e la stima di cui godeva anche oltre i confini del regno, Carlo Martello si astenne dal compiere un’azione che avrebbe potuto mandare in frantumi un processo di accumulo di potere che non era ancora maturo - anche se effettuò comunque una divisione del regno “al pari di un re” fra i suoi figli !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

164!Fredegario, Chronicarum…, IV, 110, 22, ed. Krutsch, p. 178-179; un accenno della vicenda si trova in Liber!Pont.,!I,! XCIIII,!235,!XV,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!94,!p.!444.!

165!Cod. Car., ed. Gundlach, n. 3, p. 477; vedi anche G. Arnaldi, “Il papato e l’ideologia del potere imperiale”, in Nascita dell’Europa ed Europa carolingia: un’equazione da verificare, I, Spoleto 1981, pp. 370-372; Id., “Alle origini del potere temporale dei papi: riferimenti dottrinari, contesti ideologici e pratiche politiche”, in Storia d’Italia. Annali, IX, La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di G. Chittolini, G. Miccoli, Torino 1986, pp. 103-104.!

di primo letto, Pipino e Carlomanno, escludendo Grifone, figlio nato dalla sua seconda moglie, che i due fratelli maggiori faranno poi imprigionare per un periodo. Alla sua morte, avvenuta nel 741166, gli subentrarono i figli come maestri di palazzo, che “regnarono” per un periodo in comune, fino a quando Carlomanno non decise di ritirarsi dal suo ufficio e farsi monaco, recandosi a Roma, dove fondò il monastero di Monte Soratte, e poi a Montecassino. Pipino dovette affrontare la lotta con Grifone, nel frattempo liberato, a cui assegnò poi la Baviera. La necessità di consolidare definitivamente il proprio potere era evidente, e secondo la narrazione ufficiale di propaganda che abbiamo visto, Pipino avrebbe cercato la propria legittimazione nel papa, a cui inviò una delegazione con la quale voleva ottenere il riconoscimento ufficiale che i re Merovingi erano decaduti. Burcardo, vescovo di Würzburg di origine anglosassone, e Fulrado, abate di Saint-Denis, abbazia di primaria importanza per Pipino e per la formazione dei Carolingi, avrebbero posto a papa Zaccaria la famosa questione se fosse un bene o un male che i re franchi non esercitassero un effettivo potere regio. Il papa avrebbe dato la risposta attesa, affermando che era meglio che fosse chiamato re colui che deteneva veramente il potere piuttosto che tale titolo fosse attribuito a chi era in realtà privo di questo potere167. Il papa dunque avrebbe ordinato che Pipino fosse eletto re – atto di per sé rivoluzionario, perché vedeva il papa intervenire direttamente nelle questioni politiche di un regno, fondando un rapporto di dipendenza destinato a durare nel tempo. Si era messa in pratica l’agostiniana teoria dell’ordo, secondo cui l’esatta congruenza fra i nomi e le cose, denominazione e contenuto, era da considerarsi una necessità. In questo modo sarebbe stato avviato un legame di subordinazione fra il re e il pontefice romano, insieme alla gerarchia ecclesiastica, un legame altalenante nel corso dei secoli che fu messo realmente in discussione solo nel pieno

medioevo con la lotta per le investiture168.

In realtà, i contatti fra i Carolingi e il papato non ebbero inizio ufficialmente con papa Zaccaria, ma con il suo successore, Stefano II. I nomi di Fulrado e Burcardo non sono presenti nel Liber pontificalis e non vi sono prove del contatto tra Pipino e Zaccaria per motivi politici169

La Chiesa di Roma, completamente in balìa delle iniziative longobarde perché l’Impero orientale non voleva o non poteva prestarle il necessario sostegno militare era alla ricerca di un alleato su cui !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

166 La Continuatio Bedae registra la morte nel 741 e si riferisce erroneamente a Carlo Martello come rex Francorum, titolo che non ha mai posseduto. Questo fraintendimento può essere dovuto al fatto che quest’opera fu compilata molto gli eventi: non prima del decimo secolo secondo R. Pauli, Karl der Große in northumbrischen Annalen, Forschungen zur deutschen Geschichte, 12 (1872), p. 157.

167 Ann. regni Franc., ed. Kurze, a. , ed. Kurze, a. 749, p. 8; Ann. q.d. Einh., ed. Kurze, a. 749, p. 9. 168

La cui formulazione era già presente in una lettera di papa Gelasio I all’imperatore Anastasio I: “Esistono due poteri che governano il mondo: uno è il potere dei re [potestatis regalis] e l’altro la sacra autorità dei papi [sacrata autoritas

pontificum]”.

poggiarsi per avere protezione e per ottenere quanto riteneva dovesse essere in suo possesso170. Come abbiamo visto, il papato aveva avviato contatti con i maestri di palazzo franchi già inviando una delegazione a Carlo Martello, che però aveva rinunciato a effettuare una spedizione in Italia per salvaguardare il proprio legame con la corte longobarda. Si era cercato un contatto anche in

precedenza, tramite i vescovi-missionari anglosassoni Willibrord e Bonifacio, ma solo con Pipino la Chiesa riuscì ad assicurarsi una sicurezza nel regno franco171.

I legami con il pontefice sono dunque sicuri con il successore effettivo di Zaccaria, Stefano II, salito al soglio di Pietro dopo il quasi-pontificato di un presbitero Stefano che morì prima della propria

consacrazione e non viene quindi conteggiato fra i pontefici172. Egli tentò un approccio diplomatico con Astolfo fin da subito, tre mesi dopo l’elezione, inviandogli doni tramite due legati, il diacono Paolo e il primicerio Ambrogio, per mantenere un clima di pace: Ravenna era stata conquistata dalle truppe longobarde nel 751. L’armistizio fu raggiunto, ma il re longobardo lo ruppe molto presto, inizando a vessare Roma con minacce e con un oneroso tributo173. Nello stesso anno un’ambasceria da

Costantinopoli guidata da Giovanni Silenziario giunse con la richiesta di restituire Ravenna all’imperatore, e il papa la inviò a Ravenna con suoi delegati per rivolgersi ad Astolfo, senza

risultati174. L’imperatore di Costantinopoli era lontano, e quando il pontefice realizzò che non avrebbe ricevuto aiuti da lui, dopo un tentativo di richiesta, si rivolse ancora ad Astolfo per i territori ravennati, e poi si rivolse al sovrano franco175. L’anonimo autore del Liber Pontificalis non manca di sottolineare che il legame con i Franchi era già stato preparato dai suoi predecessori: è uno stratagemma con cui si cerca di evitare il fattore di novità, cercando invece nel sostegno della tradizione un motivo di

giustificazione del lungo viaggio papale e mascheramento della decisa svolta storica a cui stava portando. Le trattative fra Stefano e Pipino si svolsero con un fitto scambio di ambascerie: una prima !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

170!!Bisanzio!era!in!effetti!in!piena!guerra!difensiva!contro!gli!Arabi!e!in!un!periodo!di!rivolgimenti!politici:!Teofane,

A. M. 6240-6246, ed. H. Turtledove, The Chronicle of Theophanes, Philadelphia 1982, pp. 114-117.!

171!In!merito!a!Willibrord!vedi:!Beda,!HE,!ed.!Colgrave, Mynors,!V.!11;!Alcuino di York, vita Willibrordi Traiectensis episcopis, MGH Poetae I, ed. E. Dümmler, Berlin 1881, VI-VII, pp. 210-211;!W.!Levison,!“St.!Willibrord!and!his!Place!in! History”,!The!Durham!University!Journal,!32!(1940),!23=41;!K.=F.!Werner,!“Le!rôle!d’aristocratie!dans!la! christianisation!du!nord=est!de!la!Gaule”,!Revue!de!l’historie!de!l’église!de!France,!62!(1976),!pp.!45=74;!P.!Fouracre,! The!age!of!Charles!Martel,!Harlow!2000,!pp.!42=47.!Su!Bonifacio:!T.!Schieffer,!WinfridJBonifatius!und!die!christliche! Grundlegung!Europas,!Freiburg,!1954;!C.!Raabe,!H.!Büttner,!S.!Hilpisch!ed.,!SanktJBonifatius.!Gedenkgabe!zum! zwölfhundersten!Todestag,!Fulda!1954;!T.!Reuter,!The!Greatest!Englishman:!Essays!on!St.!Boniface!and!the!Church!at! Crediton,!Exeter!1980;!R.!McKitterick,!“Anglo=Saxon!Missionaries!in!Germany:!Personal!Connections!and!Local! Influences”!Vaughan!Papers!36,!Leicester!1990,!ristampato!poi!come!Capitolo!I!in!R.!McKitterick,!The!Frankish!Kings! and!the!Culture!in!the!Early!Middle!Ages,!Aldershot!1995;!Story!2003,!cit.!p.!45=47.! 172!Liber!Pont.,!I,!XCIIII,!227,!I=III,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!94,!p.!440.! 173!Liber!Pont.,!I,!XCIIII,!230,!V=VI,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!94,!p.!441.! 174!Liber!Pont.,!I,!XCIIII,!232,!VIII=IX,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!94,!p.!442.! 175!Liber!Pont.,!I,!XCIIII,!235,!XV=!XVI,!ed.!Duchesne,!Paris!1981,!I,!94,!p.!444.!

lettera di aiuto, nella quale si descriveva la terribile situazione della provincia di Roma, fu portata tramite un pellegrino, in segreto, nei primi mesi del 753. Il papa desiderava anche che Pipino tramite suoi ambasciatori lo invitasse a corte. L’abate Droctegang giunse come legato di Pipino poco tempo dopo con il compito di rassicurare il papa circa il soddisfacimento della sua richiesta, mentre una seconda ambasceria franca, composta dal vescovo Crodegang e dal duca Autcar, portò l’invito ufficiale di Pipino176. Giovanni Silenziario e il resto della legazione papale stavano giusto tornando da Ravenna, s’incontrarono a Roma con gli ambasciatori franchi e il 14 ottobre 753 papa Stefano II partì per la Francia con tutti questi accompagnatori. Era un viaggio che nessun pontefice aveva mai compiuto in

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