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CASA ALBERGO

Nel documento Abitare in alto a Milano 1920 - 1960 (pagine 121-127)

CAPITOLO TERZO ABITARE IN ALTO

7. CASA ALBERGO

Una tipologia particolare è rappresentata dalla casa albergo: si tratta di una forma di residenza temporanea, di cui troviamo alcune applicazioni nella prima parte del XX secolo.

Il comune di Milano sostiene, nel 1946, un progetto per la costruzione di alcune case albergo che contribuiscano ad alleviare la pressione data dalla necessità di abitazioni a basso costo, nel tentativo di creare delle linee guida per la ricostruzione della città. Le aspettative vengono tuttavia disattese, e degli originari ventidue edifici previsti se ne portano a compimento soltanto tre, in via Bassini, via Lazzaretto e via Corridoni, tutti realizzati da Moretti e Rossi con lavori di cinque anni e per un costo complessivo di tre miliardi, ben lontani dai preventivati diciotto mesi e dalla spesa di un miliardo.102 Il modello tipologico studiato da Moretti è quello costituito da un massimo di quattro corpi che si sviluppano in altezza, ciascuno pensato per almeno cento alloggi minimi da riservare a senzatetto, persone sole, lavoratori, studenti e piccole famiglie. Le case albergo seguono uno schema di grande chiarezza, economia e funzionalità, ed un lungo corridoio che permette di accedere ai monolocali prende luce da profondi tagli verticali. La forma del lotto avrebbe poi determinato la giacitura dei diversi blocchi, completati da volumi che fungessero da accoglienza, smistamento e collegamento, e dove si sarebbero dovuti concentrare i sistemi di servizio collettivi quali biblioteca, ristorante ecc.103

In un articolo riportato su Casabella n.243 del 1960, si parla dell’arredamento di una casa – albergo del centro urbano (Fig.106), tipologia considerata per un destinatario bisognoso soprattutto in prossimità dei centri direzionali delle grandi città:

«La soluzione proposta vuole essere qualcosa di più di ciò che viene solitamente definito: un appartamento di albergo. I servizi generali adempiono una funzione simile a quella di un albergo, ma per le sue attrezzature, e principalmente per il tono dell’ambiente, l’alloggio vuole avere un carattere più vivo. Si noti la ricerca di un valore ambientale attraverso il ritmo dei livelli che definisce i diversi spazi (il soggiorno, il pranzo, il letto): ci troviamo di fronte a una cellula la cui caratterizzazione non vuole predeterminare l’ambiente , ma lasciare molteplici possibilità di interpretazione mediante suggerimenti latenti […] La cellula ha una sua continuità che vuole essere un elemento di libertà per chi la abita.»104

Lo stesso Gio Ponti, in occasione della IX Triennale di Milano del 1951, propone una camera tipo (Fig.107) di 4 x 3 metri, organizzata con un unico pannello che corre lungo due delle quattro pareti della stanza: tutte le attrezzature necessarie, lampade, ripiani e cassetti, pulsantiere ecc. vengono qui concentrate in modo da non avere bisogno di mobili ingombranti sparsi per la camera.105

Emilio Lancia partecipa insieme a De Finetti alla stesura di un manuale progettuale per l’edilizia più propriamente alberghiera106, i cui capitoli relativi alla costruzione, ai materiali, all’impiantistica ed alle

finiture affrontano il tema in maniera completa, fino a delineare i canoni teorici e pratici di questo tipo di architettura. Il punto di contatto tra albergo e residenza viene individuato nella ricerca di comfort ed

102 SANTUCCIO S. (a cura di), Luigi Moretti, Zanichelli Editore Bologna, Bologna 1986, p. 70. 103 POLI S., scheda dell’Itinerario milanese Milano alta, in www.ordinearchitetti.mi.it.

104 Cit. RABONI F., RABONI R., Arredamento in una casa albergo del centro urbano, in Casabella n. 243, 1960, p. 35.

105 Autore: Gio Ponti con la collaborazione di Aldo De Ambrosis. Cfr. PONTI L.L., Gio Ponti. L’opera, Leonardo Editore,

Milano 1990, p. 151.

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il primo, privo dei vincoli della tradizione, si presenta come punto di partenza per il rinnovamento dell’idea di abitare e come luogo di sperimentazione anche delle soluzioni d’arredo.

Fig.106

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Casa – albergo in Via Corridoni, L. Moretti

Alla proposta presentata nel 1947 dal comune di Milano per un complesso di ventidue case - albergo da realizzare ad anello intorno alla città in autonomia tecnica, progettuale e finanziaria, l’architetto Luigi Moretti partecipa in prima persona. Del totale di edifici con miniappartamenti affittabili per brevi periodi a persone sole, se ne realizzeranno in definitiva solo tre, dei quali quello in via Corridoni rappresenta un modello tipologico ripetibile: il progetto presentato da Moretti prevede un gruppo di edifici composto dai due ai quattro corpi di fabbrica a seconda della grandezza e della conformazione del lotto a disposizione, con un centinaio o più di alloggi ciascuno che, distribuiti in ugual modo ad ogni piano, siano dotati di uno o due letti, servizi igienico-sanitari propri ed un arredamento essenziale107 oltre ad acqua corrente calda e fredda con boiler a contatore individuale; ambienti comuni, spazi di soggiorno e sale lettura sono invece previsti a piano terra, meglio ancora se in un volume apposito, generalmente più basso delle torri con gli alloggi e in posizione strategica rispetto ad esse.108

La costruzione di via Corridoni, portata a compimento nel 1950, è composta da due volumi alti rispettivamente nove e dodici piani, affiancati lungo l’asse nord – sud: il primo, allineato al filo strada, è destinato ad ospiti femminili, in origine “donne laureate”, l’altro, per soli uomini, risulta invece arretrato; un corpo basso, aperto sulla via ad ospitare le funzioni di accoglienza, fa da giunzione tra le due torri, ruotate l’una rispetto all’altra109. La distribuzione verticale avviene a partire dal volume di

smistamento centrale tramite quattro ascensori, due per ogni corpo scale di ciascuno degli edifici alti. Il complesso contiene dunque un numero di alloggi vicino alle cinquecento unità ed una dotazione di attrezzature comuni paragonabile ad un intero quartiere cittadino: bar, ristorante, biblioteca, sala lettura e sale soggiorno, posta, telefono, sartoria, camiceria e addirittura sauna, bagni termali e palestra.110

Gli impianti tecnologici voluti dall’architetto sono i più moderni, e lo studio dell’organizzazione del cantiere ne consente la perfetta ripetibilità: l’impianto di riscaldamento è a termosifoni con termoconvettori e la centrale termica è localizzata in un locale sotto l’atrio principale. Vi è poi un impianto idraulico munito di autoclave che permette ad ogni unità di disporre di acqua corrente calda e fredda con boiler a contatore individuale.

La semplicità e la decisione di rinunciare a qualsiasi elemento che non sia strettamente funzionale, caratterizzano anche l’aspetto estetico dell’architettura: mentre il volume basso è segnato soltanto dalla finestratura abbinata delle camere, i fronti dei corpi alti risultano segnati da una fenditura in corrispondenza dei giunti dei pilastri, mentre i lati corti da un taglio a tutta altezza che permette al corridoio di distribuzione centrale di godere di ricambio d’aria e luce naturale ad ogni livello.

107 Ciascun alloggio misura una superficie media di 16 mq ed è composto da uno spazio d’ingresso, servizio privato, stanza

per soggiorno e letto, cucinetta minima, un armadio, un tavolo e due sedie. Cfr. ROSTAGNI C., Luigi Moretti: 1907 – 1973, Electa, Milano 2008.

108 SANTUCCIO S. (a cura di), Luigi Moretti, Zanichelli Editore Bologna, Bologna 1986.

109 Il progetto definito da Moretti e presentato in un numero monografico della Mostra Permanente della costruzione, del

1946, viene di volta in volta adattato dal progettista sulla base delle specificità del lotto. Pur mantenendo la stessa impostazione generale, infatti, la configurazione dei diversi casi risulta sempre differente e pensata ad hoc dall’architetto. Cfr. FINELLI L., Luigi Moretti. La promessa e il debito. Architetture 1926 – 1973, Officina Edizioni, Roma 1989, p. 224.

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Rivestiti interamente in mosaico bianco vetroso con lame in aggetto in tessere grigie, i volumi sono trattati in modo da accentuarne i giochi chiaroscurali con gli architravi delle finestre, delle testate degli edifici e delle scale in tessere vetrose miscelate in pasta di colore verde e nero. Il basamento dei due edifici è rivestito in pietra di ceppo, mentre le pareti del corpo basso della hall sono in intonaco terranova e pietra di ceppo. I serramenti sono in legno verniciato, tranne quelli delle testate e della hall che sono in ferro verniciato. I pavimenti dei piani residenziali sono in seminato alla veneziana di tonalità differente per ogni piano, mentre al piano rialzato i pavimenti sono in palladiana di differenti mescole di colore o in lastre di marmo bardiglio bianco o comunque chiaro. Nel grande atrio, le boiseries sono realizzate in legno di castagno.

L'opera è considerata bene artistico di particolare interesse e dal 1998 sottoposta a tutela da parte del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Oggi la residenza, gestita dal Politecnico, è occupata solo in una parte del corpo più alto, la cosiddetta Torre A, da studenti Erasmus e da docenti universitari stranieri.

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Fig.110 Fig.109

Capitolo terzo Abitare in alto 118 Fig.111 Fig.112 Fig.113

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