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CASA CARIGNANO

Nel documento Convitto nazionale di Salerno (pagine 44-92)

(18311Carlo A lb erto il M agnanimo n a c q u e a

T orino il 2 o tto b re 1798 ria C allo E m an u ele I p rin c ip e di C arig n an o e da M.a C ristin a di Sasso­ nia, che nel 1800 passò a seconde nozze col p rin ­ cipe di M on tleart. A 10 an ni d a v a di sè le più b elle sp e ra n z e p e r lo sv e g lia to in g eg n o e p e r lo sp irito v iv ac e . N apoleone I nomin'ollo ufficiale p e r d esiderio della m ad re C ristina: a v e v a a p p e n a 16 anni. Caduto l ’ im pero e r is ta u r a ta in P iem o n te la m o n a rc h ia di Savoia , Carlo A lb erto tornò in p a tria . Figlio di p rin c ip e v a ­ loroso e lib e ra le e di u n a d on n a che l ’ A u­ striac o M e tte rn ick c h ia m a v a « donna di p rin ­ cipi p o litici d e te stab ili e fo m e n tatric e n e ll’ a- nim o di C arlo A lberto di se n tim e n ti lib e ra li », C arlo A lb erto p o rtò sul tro n o n u o v e id ee m i­ tig a te d a un sen tim en to religioso p iu tto sto spinto. P e r la su a b e lla m en te, p e r i suoi studi egli sep p e a c q u is ta rs i fa m a u n iv e rs a le e tu tti c o n c ep iv a n o in lui u n a s p e ra n z a di a v v e n ire m igliore. Il M onti s c riv e v a a ta l p ro p o sito :

« Beati voi, g io v an i P ie m o n tesi, che v e d re te « la redenzione d ’ Ita lia . Voi a v e te il p rin c ip e « di Carignano. Q uesto è un sole che s ’ è le- « vato sul v ostro orizzonte ». Nel 1821 C arlo Alberto p rese v iv a p a rte ai m oti riv o lu zio nari del Piem onte, e l ’A u stria relegollo a F ire n z e donde egli p a rtì p e r la S pagna.

Nell’ a p rile 1831, m orto C arlo F elice sen za prole m aschia, la co rona di C asa S avo ia spettò a Carlo A lberto come il più prossim o a lla di­ scendenza m ascolina di V ittorio Am edeo I. S a ­ lito al trono sem brò p e r un m om ento che egli volesse c a n g ia re c a ra tte re , allo n ta n a n d o si da quei re tti p rin cip i che la m ad re gli a v e v a in ­ spirati. Ma im pressionato d a lla s a tira il Re

Tentenna di D om enico C arbone, si ricordò dei

p recetti m atern i, udì i lam en ti del popolo ed allora si m ostrò sem pre p ro n to a sp en d ere ogni cosa p e r la lib e rtà e p e r il b en e del po­ polo. In fa tti l'e s e rc ito , la m arina, le finanze, la giustizia, l'is tru z io n e p u blica, le scienze, le le tte r e , le a r t i , l ’ a g ric o ltu ra furono oggetto delle sue cu re indefesse. R iconosceva m e r ite ­ voli di onori, g l’ingegnosi, gli onesti ed i v a ­ lorosi ed istituì due m edag lie u n a d ’ a rg e n to ed u n a d ’ oro p e r le azioni s e g n a la te di v a lo r m ilitare e l'o rd in e civile di S av oia p e r m e­ riti em inenti n elle s c ie n z e , le tte re ed a rti. L a rifo rm a dei Consigli co m u n ali, p ro v in ­ ciali , b asati su ll’ elezione p o p o lare a v e v a n o fatto s p e ra re g ra n d i cose n el p a e s e , quando

g iu n sero le notizie d ella p o litic a lib e ra le di Pio IX e d e lla costituzione d a ta da F e rd i­ nando a N apoli (1848). F u a llo ra che C avour ed il consiglio com unale di Torino so lle c ita ­ rono il r e a c o n c ed e re lo S tatu to . Lo diede con lealtà d i re e con affetto di pad re e scop­ p ia te le rivo lu zion i a M ilano e a V enezia, egli volle s o c c o rre re i fra te lli ita lia n i co n tro la p re p o te n z a stra n ie ra . « Che b el giorno s a rà q u e llo , in cui potrò m o n ta re a c a v allo coi m iei figli p e r la g u e rra d e ll’in d ip e n d e n za d ’I­ talia! » a v e v a p iù v o lte detto e s c ritto C arlo A lberto; onde il suo cu ore di soldato ita lia n o gli balzò in p e tto di gioia ineffabile: p o rta v a loro l ’aiuto che il fra te llo a s p e tta dal fra tello . Ed ai popoli d e lla L o m b ard ia e d e lla V ene­ z ia pubblicò 1111 p ro c la m a che te rm in a v a così

(23 ap rile) « S econderem o i v o stri giu sti desi- derii, fidando in quel Dio ch e con sì m e ra v i­ gliosi im pulsi pose l ’Ita lia in g rad o di fa r da sè. E p e r viem m eglio d im o stra re il sentim en to d e lla unione ita lia n a , v ogliam o che le n o stre tru p p e e n tra n d o n el te rrito rio d ella L o m b a r­ dia e d e lla V en ezia p o rtin o lo scudo di S a ­ v oia so v rap po sto a lla b a n d ie ra trico lo re ita ­ lia n a ». D ic h ia ra ta la g u e rra a ll’A u stria, C arlo A lb erto coi suoi figliuoli V ittorio E m an u ele D uca di S av o ia e F e rd in a n d o D uca di G enova e con 25000 m ila uom ini passò il Ticino il 29 m arzo. V inse a Goito, P a stre n g o a R ivoli e G overnolo e tu tta l ’ I ta lia su p e rio re si m ise

sotto il suo scettro . Nello stesso tem po com ­ batterono m al p ro v v isti e con fo rtu n a c o n tra ­ ria i Veneti a C ornuda, i P iem o n tesi a S. L u ­ c ia e i T oscani a M o n tan ara e C u rtato n e . Il P ap a, il re di N apoli ed il g ra n d u c a di To­ scana, che av ev an o m a n d a te tru p p e , le riti­ rarono. Carlo A lberto non si sgom entò p e r questo , nè diede ascolto a lla F r a n c ia ed al- l ’ Inghilterra che lo consig liav an o a ch ied ere pace. D a solo continuò la g u e rra : v in cito re alla Sforzesca fu vinto a M o rta ra e da ultim o a Novara. In q u e sta san g uin o sa b a tta g lia si attaccò il fuoco la m a ttin a del 22 m arzo 1849 e durò tino a sera. Il re ed i piem ontesi com ­ batterono con v a lo re m a furono so p raffatti dal num ero. Il m agnanim o Cario A lb erto r i­ soluto di non v o ler so p ra v v iv e re a lla scon­ fitta , c e rc a v a la m orte e a G. D u ran d o che lo p re g a v a c a ld a m e n te di uscire dal co m b a t­ timento rispose : « G e n e r a le , è questo il mio ultimo giorno, lasc iate m i m o rire ». Visto in u­ tile ogni sforzo ch iese a R a d e ts k i, g e n e ra le Austriaco, u n a tre g u a che v en n e co ncessa con patti duri e vergognosi. A llora C arlo A lberto chiam ato a sè i g e n e ra li ed esposte le cose disse: Signori io mi sono sagrificato a lla ca u sa d e lla in d ipen d enza italian a: p e r essa ho espo ­ sto la m ia v ita , q u e lla dei m iei figliuoli e la co ro n a : non ho potuto c o n se g u irla , e Dio sa se m ’è dolore v e d e r fallite le m ie sp eran ze non tan to p e r m e q uanto p e r la p a tria . Coni-

p ren d o che la m ia p e rso n a p o tre b b e r e c a r e im pedim ento a lla conclusione di u n a p a c e di­ v e n ta ta in dispen sab ile. P oiché non mi fu d ato di tro v a re la m o rte sul cam po di b a t t a g l i a , com e a rd e n te m e n te d e sid e rav o , farò l'u ltim o sagrificio in v a n ta g g io del mio p aese. Io de- pongo la c o r o n a , e abdico a fa v o re di mio figlio il D u ca di Savoia. P o ssa egli o tte n e re p a tti più onorevoli d al v in cito re e p ro c u ra re al p a e se u n a p a c e v a n ta g g io sa — « E voltosi al figliuolo V ittorio E m an u ele soggiunse : Ecco il v o stro re ! A m atelo , s a rà degno degli av i suoi e della p a tr ia » — P oche ore dopo il re con un solo c a m e rie re r e c a v a s i in v o lo n tario esilio. A p o ca d ista n z a da N o v a ra s ’ im b a ttè in un d rap p e llo d ’ a u s tr ia c i , e ric h iesto del nom e, disse: Io sono il con te di B arge colon­ nello d e ll’ E sercito S ardo ; ho d ato le m ie di­ m issioni e mi reco a Torino. A vuto la c o n fe r­ m a p e r ta le d ich ia ra z io n e d a un se rg e n te p ie­ m ontese p rig io n iero , il g e n e ra le T h u rn lo a c ­ colse c o rtesem en te, gli offrì u n a ta z z a di thè e cogli ufficiali a u s tria c i volle a c c o m p a g n a rlo a lla v e ttu ra . P a r tita q u e sta uno degli ufficiali dim andò a l se rg e n te: Chi e ra qu esto C onte di B a rg e ? Al che il s e rg e n te risp o se: il C onte di B a rg e , sig n o ri, è C arlo A lb erto di S a v o ia; il Re! Ed il g e n e ra le s o g g iu n se : « Dio p ro ­ te g g a 1’ A ustria! Che a v re b b e detto di noi il m ondo se i n o stri so ld ati a v e sse ro fatto fuoco su lla su a v e ttu r a e l ’a v e sse ro u cciso? R in g ra ­

ziamo la Provvidenza che ci ha risparm iato questa sventura ! E rallegriam oci di av er am ­ mirato da vicino questo eroico avversario».A Nizza ultimo limite del suo Stato C. A lberto diceva al S antarosa: « In qualunque loco e in qualunque tempo si alzi da ordinato governo una bandiera contro l’A ustria, possono esser certi gii austriaci di trovarm i semplice sol­ dato, nelle schiere dei loro nemici ». Questo fu l’ultimo saluto che diede alla sua diletta patria. Ed alla deputazione del Senato I ta ­ liano che recavagli in Oporto 1’ indirizzo ap ­ provato dal medesimo il 29 marzo 1849 , di­ ceva : « La D ivina Provvidenza non ha p e r­ messo per ora si compiesse la rigenerazione italiana. Confido che non sarà che differita, e che non riusciranno inutili ta n ti esempi vir­ tuosi , tante prove di generosità e di valore date dalla nazione, e che un’ av v ersità pas- seg'giera am m onirà solam ente i popoli italiani ad essere un’a ltra v o lta più uniti ond’essere invincibili ».

Cesare Balbo , dopo parlato della grandis­ sima im portanza assunta da Carlo A lberto nel preparare i moti del 1848 d iceva lui più che a nessuno mirarono, lui cercarono, circonda­ rono, travagliarono e torm entarono variam en ­ te, buoni, forti, fiacchi, cattivi d ’ogni sorte; ed aggiungendosi alla v arie tà degli uomini la v arietà della fortuna, ne usci quella v aria na­ tu ra che tutti se p p e ro , molti calu n n iaro n o ,

pochi conobbero , e più pochi sanno apprez­ zare. I più degli uomini perdono ad essere studiati; questi h a bisogno di essere studiato, per e s s e re , cosa r a r a , com patito insieme ed am m irato ».

Quanto am ore avesse questo m onarca p er l ’indipendenza della p a tria e q u an ta indigna­ zione verso i nemici di essa ce lo mostra chia­ ram ente la le tte ra da lui scritta dopo una rissa av v en u ta a C astelletto Ticino fra Piemontesi ed Austriaci. Il Sindaco del predetto paese, intimidito dalla m inaccia d ’ un ufficiale au­ striaco, av ev a lasciati liberi i prigionieri fatti. Il re deplorò e fu irritatissim o da ta n ta de­ bolezza e scrisse al m archese di V illam arina la seguente le tte ra :

Racconis le 2 septem ber 1843. « Ami Villa- m arina je desapprouve hautem ent la conduite du Syndic et du juge de C astelletto-Ticino: y ay a n t eu com bat et b lé ssé s, ils ne deva- ient en aucune facon rem ettre les soldats A utrichiens à leur officici-: ils ont fait ime g race qui n ’etait point en leur pouvoir; le Roi seni peut faire g ràce en sem blable cas. Veul- liez bien faire connaitre im m édiatem ent au governeur de N ovare tonte m a desapproba- tion de cette conduite pieine de faiblesse et sans dignité; et donnez lui surtout bien l'in- jonction que si sem blable cas v in t jam ais à se representer, que toutes les autorités aien t à agir avec l’energie q u ’elles doivent avoir

pour soutenir l’honneur national. Si l'officier ait osé en cas de refus m ettre en execution sa rodomantade, le Syndic devait faire sonner toutes les clo ch es, et lev er en masse la po- pulation pour tomber sur les A llem ands, et polir dire un cas im possible, qu’ il eut pu reussir m algrè c e l a , oh alors c ’ est moi qui au rait fait sonner les cloches depuis le Te­ sili jusqu’au dernier village de la S av o ie, et je ine serais im m ediatem ent mis à la téte de 1’ armée et de tous les hommes de coeur, et j ’ aurais attaq ué , si on ne m ’ eut pas im- mediatement envoyé ime am bassade pour me faire les esecuses et me donner toutes les satisfations desiderables. Notre arm ée est plus petite que la leur mais je connais le coeur de nos hommes, j ’aurais poussé le cri de l’inde- pendance de la p atrie lom barde et fort de la protection do Dieu je serais m arché en avant; et c’est ce que je suis encore p ret à faire si le besoin arrive; je vaia faire dem ander ime satisfaction sur la personne de l ’officier pal­ le ministero des affaires étrangères, en atten- dant donnez l’ordre au gouverneur de N ovare qu ii prohibe sous les peines les plus sévères à nos soldats de passer la frontière. Votre ami C. A lbert.— P. S. Veuillez bien aussi très chez V illam arina faire connaìtre à A vet quo vu 1’ état des clioses et la cession des priso- niers autrichiens, que m a volonté est que l’on istruisse l’affaire, mais secretem en t, et que

surtout l ’on n ’a rrè te personne, puisque les cou- pables Allemancls ont été reclam és et rendus ».

T re mesi dopo (28 luglio) Carlo A lberto morì ili Oporto in volontario esilio. La salma di questo re riposa in Superga sepolcro dei re Sabaudi.

(1849) Vittorio Emanuele II nacque in Tori­ no figlio del precedente e di M aria T eresa di Lorena. Ebbe la prim a educazione dalla pro­ p ria m am m a la quale diceva di lui « Vittorio im para a leggere e finora ho voluto essere io solo la m aestra. E assai docile; m a ci vuole un po’ di pazienza, perchè ha sempre, una gran voglia di co rrere, di s a lta re ; m a quando ha im parato una cosa difficilmente la dim entica». Ancor baihbino poco mancò che non rim anesse bruciato p er incuria della sua nutrice T eresa Gianotti, che accostatasi col lume in mano al letto di lui, fece ap p iccar fuoco alle cortine. Vittorio riportò leggere sco ttatu re e la povera G ianotti morì dopo pochi giorni. A m ava ten e­ ram ente il fratello Ferdinando (duca di Ge­ nova) e la m am m a scriveva di loro : » Q uan­ do sono in casa io li tengo n ella m ia cam era seduti su un tappeto p er terra, e in quella che io leggo e scrivo si divertono insieme. V itto­ rio am a tanto il suo piccolo fratello eh ’ è pro ­ prio un piacere a vederlo. Sono proprio due amori ! » A 4 anni Vittorio si b alloccava coi soldatini e la mamma soleva sem pre ripetere.... Gli piace molto di fare a ’ soldatini ! e mio p a ­

dre l’ha reso felicissimo regalandogli un bel fucilino, che m aneggia tutto il giorno». F atto adulto si di è con am ore allo studio é all’a rte della guerra; allo insegnam ento della Storia di Casa Savoia si dava grande im portanza dai suoi precettori, dal quale insegnam ento si fa­ cev a trasparire costantem ente la massima che regolò tutti i principi di questa illustre fami­ glia che: « Chi non sa tenere la spada, perde lo scettro ! »

Il 12 Aprile 1842 Vittorio Em anuele sposò Maria Adelaide d’ A ustria principessa adorna di grazia e di virtù. P erdette quest’ angelo, co­ me soleva chiam arla, nel 185;") e nello stesso anno morivano pure M aria T eresa sua m adre e suo fratello F erdinando D uca di Genova.

Narrasi che m entre fervevano i lavori di p re­ parazione per la cam pagna contro l’A ustria re Vittorio recatosi in casa del presidente dei Ministri Balbo, gli avesse chiesto: «Vengo a p re ­ garla vivam ente, signor conte, di non dim enti­ carmi con mio fratello nel form are i quadri del­ l ’esercito. Avrò un comando? Deh, lo scongiuro, ne parli subito a mio padre». Il conte sbalordito e commosso rispose : Stia tra n q u illa , V ostra Altezza, i duchi di Savoia e di Genova non po­ tevano essere e non sono stati dim enticati. Avranno un comando. .

Segui, col fratello Ferdinando, il re Carlo Alberto nella g u erra dell’ indipendenza scop­ piata nel 1848 e si n a rra che nel primo fatto

d’ arm i dopo av er inteso tuonare il cannone e fischiare le palle intorno la sua persona, sch er­ zando, proferisse queste parS le:Che bella m usica è quella del ca m p o d i b a t t a g l i a ! Questa s i che mi

p i a c e ! Questa si che la c a p is c o ! » Coraggioso si

segnalò n ell’ accanito com battim ento di S. Lu­ cia (6 Maggio 1848) ed il 30 n ella b attag lia di Coito. Quivi fu visto sorridere come in una festa, ed a D a vico, suo aiu tan te di Campo disse: P reg ate Dio che mi faccia la g razia di esser ferito! E quel voto m agnanim o fu esaudito, riportando una ferita leggiera alla coscia de­ stra. Scendendo da cavallo p e r esser medicato disse : oh come m ’invidierà mio fratello ! 11 D uca di Dino, testim one oculare di questo com­ battim ento, lo descrisse nei seguenti term ini: Vidi p assare innanzi a m e, come un turbine un giovine generale : il suo cavallo arabo era coperto di schium a ; il sangue sgorgava di sotto gli speroni. Il cav aliere dagli occhi di fuoco, colla spada in pugno, coi suoi baffi folti arricciati, si lancia verso un bel reggim ento di Guardie. Q ualche passo innanzi egli si fer­ m a ed esclama. A me le guardie per salv are 1’ onore della Casa Savoia ! Un grido generale risponde a questo invito cavalleresco. Il reg ­ gim ento si muove ; il com battim ento si fa più che mai accanito. G,li austriaci si arrestano, indietreggiano, ricevono rinforzi, tornano al- l’ attacco e stanno p er schiacciare il reggi­ mento delle Guardie, i cui ufficiali fanno mi-

l abili pruove di valore. A ppare e scom pare ai miei occhi, in mezzo al fumo dei fuochi di fila il giovine generale ; percorre instancabilm ente il cam po; colla voce e col gesto incorraggia i soldati, e quantunque ferito di una p alla nella coscia, pure rim ane saldo nel più forte della mischia.

Finalmente il generale d’A villars fa av an ­ zare una b atteria leggiera, e al passo di ca­ rica guida la b rigata Cuneo. Quella ap re il fuo­ co, e gli austriaci si fermano sbigottiti; questa entra in b attag lia e il nemico suona in ritirata .

Ad un ufficiale che mi passa vicino ferito, io domando : Chi è quel g enerale che ha espo­ sto si coraggiosam ente la sua v ita ?

È il duca di Savoia (Vittorio Emanuele). Vi­ va Casa Savoia ! I discendenti di E. Filiberto non hanno degenerato, e il carciofo di questo principe forse a v rà trovato chi ne m angerà più foglie in una volta ».

E il carciofo fu m angiato fino a ll’ultima foglia. Sostenne anche valorosam ente il memora­ bile com battimento di Custoza (25 luglio 1848) o riportò pel lo la m edaglia di argento e pel secondo fatto d’ arm i quella d’ oro al Valore militare. A N ovara i due fratelli fecero pro­ digi di valore : il D uca di Savoia si esponeva impavido ai tiri della m itraglia, ed il duca di Genova quantunque avesse uccisi 3 cavalli sotto di sè, pure per una q u arta volta condusse la sua divisione a ll’ assalto.

Racletski nella relazione della b attag lia di N ovara ebbe a scrivere cosi : « Senza la forte m aggioranza del numero e dei nuovi battaglioni che avanzavano a rin fran c are la b atta g lia, la g io rn ata sarebbe stata p erd u ta per noi.

P erd u ta la b attag lia di N ovara e nella n e ­ cessità di doversi ottenere un arm istizio , re Vittorio mandò a far avvisato Rade.tski del- 1' abdicazione e p arte n za del re Carlo Alberto e a prevenirlo che si sarebbe recato da lui p er tra tta re . In fatti il m attino del 24 Vittorio, m ontato a cavallo e seguito da pochi ufficiali giunse presso V ig n a le , donde vide venirgli incontro il R adetski. V ittorio Em anuele itn- m antinenti scese da cavallo : ciò vedendo R a­ detski, compreso da rispetto, ne imitò l’esem ­ pio. A vanzatosi verso il re gli fece il saluto m ilitare e poscia l’ abbracciò e baciò come figlio. Ed alle solleticanti offerte del R adetski Vittorio rispose: esser disposto a subire la sorte del vinto, ad acc e ttare le condizioni più dure, m a non potere e non volere violare il patto costituzionale concesso e giurato dal padre suo; esser pronto infine a qualsivoglia sagri- ficio, meno a quello dell’ onore e del dovere di sovrano e di onest’uomo. Ed a ll’insistenza del M aresciallo, il giovine re rispose : la no­

Nel documento Convitto nazionale di Salerno (pagine 44-92)

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