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Casi di crisi reputazionale

Nel documento Il rischio reputazionale in banca (pagine 108-146)

3. Definizione di rischio operativo e sue correlazioni con il rischio reputazionale

3.4 Casi di crisi reputazionale

Una solida reputazione, dal punto di vista dell’Autorità di Vigilanza, rappresenta per le banche un elemento cruciale per il perseguimento degli obiettivi di supervisione ad un duplice livello:

- Microprudenziale, inteso come perseguimento della sana e prudente gestione del singolo intermediario vigilato. Il deterioramento della reputazione di un intermediario può determinare perdite in grado di compromettere la sua stessa stabilità e, più in generale, può generare riflessi negativi sulla fiducia del pubblico che è il presupposto della stabilità;

- Macroprudenziale, ossia tutela della stabilità finanziaria. L’incrinarsi della reputazione può tradursi in una crisi di fiducia del mercato con potenziali effetti destabilizzanti a livello generale e conseguente manifestazione del rischio sistemico, ad esempio attraverso una crisi di liquidità (Antonicelli, 2009).

Negli ultimi anni, l’attenzione delle Autorità di vigilanza alla componente reputazionale si è tradotta nella declinazione più articolata di regole e controlli focalizzati sul presidio del rischio di reputazione delle banche e questo perché l’esposizione degli intermediari ai rischi di reputazione è aumentata notevolmente. Le ragioni risiedono essenzialmente nell’evoluzione dell’industria finanziaria intesa come cambiamento della struttura e dell’operatività degli intermediari e dell’ambiente in cui operano. Riflettendosi in una crescente complessità delle stesse banche, dei prodotti e dei servizi offerti, degli schemi relazionali con i soggetti che ruotano all’esterno e all’interno dell’azienda bancaria, tale evoluzione rende essenziale, per la stabilità e la competitività degli operatori, la capacità di far evolvere coerentemente il modo di analizzare e gestire i rapporti con i vari stakeholder. Sono questi ultimi infatti che, in base alla percezione delle capacità della banca a soddisfare le loro esigenze e/o aspettative, concorrono a determinare il livello della reputazione aziendale. Nella fase attuale, il rischio di reputazione degli intermediari è oggetto di una rinnovata e specifica enfasi, soprattutto per le sue manifestazioni connesse con lo sviluppo del modello di business originate-to-distribute (modello con cui l’intermediario, sfruttando le tecniche per il trasferimento del rischio di credito, dalla cartolarizzazione ai derivati creditizi, seleziona i debitori e poi trasferisce il prestito recuperando la liquidità) ed emerse durante la crisi. Ciò che per prima cosa è necessario domandarsi è: che cosa si intende per crisi reputazionale ? Per natura, una crisi di reputazione comporta ovviamente una minaccia della reputazione. Zyglidopoulos and Phillips (1999) dichiararono che le crisi di reputazione avvengono quando eventi negativi ed ampiamente

108 pubblicizzati portano i soggetti interessati a cambiare negativamente le loro impressioni nei confronti di un'organizzazione. Minacce alla reputazione spesso portano a perdite finanziarie attraverso un calo delle entrate, un esaurimento nel valore del patrimonio, un crollo nel valore del marchio, un aumento del costo del capitale, una maggior difficoltà di reperimento delle risorse, problemi organizzativi e addirittura, nei casi più gravi, al fallimento della banca (Larkin, 2003). La minaccia alla reputazione è quindi un elemento necessario per definire una crisi reputazionale, ma non è comunque un elemento sufficiente. Difatti, sulla base della letteratura esaminata, si definisce crisi di reputazione un grande evento che ha il potenziale di minacciare le percezioni collettive e i giudizi che i vari stakeholder nutrono per l’organizzazione bancaria. Una crisi di reputazione ha alla base un evento scatenante che deve portare la banca ad individuare la fonte del problema. Tuttavia la questione sta nel capire se l’istituto finanziario sta affrontando un problema di reputazione o una crisi reputazionale, dato che la cosa è ben diversa. Considerando che una crisi di reputazione può essere spiegata come una conseguenza di un fatto critico specifico, un problema di reputazione è più probabile che sia causato da una debolezza o da un difetto in corso, come ad esempio da un'inefficienza, malfunzionamento gestionale, deficienze nel promuovere il brand o l’immagine bancaria. In secondo luogo, la minaccia causata da una crisi è ben più importante. Lee (2005) ha affermato che la crisi si distingue per ampiezza e portata dell’evento. Al contrario, un problema di reputazione è qualcosa di più contenuto che, se tempestivamente rilevato, può essere risolto in tempi brevi. Fischer e Reuber (2007) hanno affermato che l'organizzazione ha una reputazione per qualcosa, come quello di avere prodotti e/o servizi di alta qualità, prezzi competitivi e buone relazioni strategiche. Sulla base di questa “definizione” si potrebbe ipotizzare che una crisi di reputazione non potrà comportare danni verso tutti gli aspetti della variabile reputazionale. Per esempio, alcuni tipi di crisi possono causare danni alla reputazione dal punto di vista della qualità del prodotto o servizio offerto, mentre altri possono generare perdite dovute ad una violazione di norme o codici di condotta. Difatti si ritiene che l’affidabilità e la credibilità di un’organizzazione bancaria si rinviene da un lato, sulla competenza circa la fornitura dei prodotti e servizi e dall’altro, sull’ottemperanza agli obblighi sociali e morali. Se ciò viene meno, le percezioni degli stakeholder circa la capacità della banca di creare valore economico si modificano sfavorevolmente comportando altresì uno sgretolamento della loro fiducia nella moralità e nell’integrità della stessa istituzione. Le crisi reputazionali sono quindi eventi straordinari a bassa probabilità di accadimento ma ad elevata capacità di impatto (Cafarotti, 2012). Esse si caratterizzano per:

- Eccezionalità (probabilità di accadimento): da qui l’importanza di una programmazione preventiva di piani di emergenza per la gestione dell’evento reputazionale. È fondamentale la tempestività con cui agisce nel porre rimedio a tali circostanze.

109 - Visibilità (esposizione al rischio): importanza della programmazione tempestiva al fine di

prevenire le crisi reputazionali in ragione dell’impatto ridondante che hanno sul mercato. - Severità (impatto sul business della banca): importanza di un monitoraggio costante e

pervasivo degli eventi di rischio reputazionale.

Evidentemente tali effetti di ricaduta varieranno in relazione all’interpretazione che i vari stakeholder attribuiscono all’evento di rischio reputazionale. Resta comunque indubbio che il riconoscimento da parte del management bancario dell’evento rischioso o dell’aspetto della reputazione più danneggiato porterà a decisioni gestionali maggiormente efficaci. Ciò consentirà di investire le giuste risorse per ripristinare la reputazione (Sohn and Lariscy, 2014). In questa sezione si propone un’analisi descrittiva di importanti casi di crisi reputazionale che rappresentano alcuni tra i più significativi scandali finanziari avvenuti in Europa dopo l’inizio della crisi finanziaria. La scelta dei casi si riconduce principalmente a due fattori: in primis l’impatto mediatico che essi hanno avuto sul mercato – sappiamo che il ruolo dei media influisce notevolmente sulla reputazione di una banca, amplificando altresì l’impatto dell’evento operativo – e per tipologia di evento rischioso. Quest’ultimo elemento ci consente di approfondire i diversi canali di trasmissione delle perdite reputazionali, rimarcando ancora una volta, il carattere multidimensionale del rischio in esame. Inoltre, sebbene ogni caso si caratterizzi per specifici problemi e peculiarità, la componente di rischio operativo rimane predominante, confermando ancora una volta lo stretto legame tra rischio operativo e rischio reputazionale. Ciascuna vicenda si distingue poi per le relative cause ed i conseguenti effetti, evidenziando così specifiche caratteristiche delle crisi bancarie reputazionali.

“Banca Italease S.p.a.”

Banca Italease S.p.a è stata una banca italiana specializzata nel leasing immobiliare. Nata nel 1968 come società per il volere di diverse banche popolari, ha raggiunto anch’essa lo status di banca nel 1995. Nel 2010, a seguito di vari e gravi problemi che tratteremo di seguito, diviene completamente controllata dal Banco Popolare e revocata dalla quotazione presso la Borsa valori di Milano. Dal 16 marzo del 2015, Banca Italease non esiste più come entità giuridica a se stante essendo stata fusa nella capogruppo Banca Popolare ed assorbita dalla sua Divisione Leasing. I problemi che hanno interessato la banca italiana nel corso del 2007 mostrano l'importanza che le perdite di reputazione possono avere per quanto riguarda l'attività bancaria. Infatti, in pochi mesi, la banca ha assistito ad una rapida caduta del suo valore di mercato, determinato da un grave scandalo finanziario legato all’uso fraudolento di strumenti finanziari derivati (Dell’Atti, 2012). L'inizio dei problemi di Italease è coinciso con il primo semestre del 2007 quando la banca è stata oggetto di un'ispezione da parte della Banca d'Italia, le cui conclusioni sono giunte nel luglio 2007. Le carenze riscontrate riguardano principalmente le

110 funzioni di controllo interno, la piattaforma tecnologica utilizzata e l'adeguamento delle strutture interne al nuovo modello di business intrapreso da Italease. Inoltre, l'Autorità di vigilanza rilevò una significativa attività in strumenti finanziari derivati non supportati da un adeguato sistema di controlli per il monitoraggio del portafoglio, per la valutazione del rischio e per la determinazione dei prezzi. Alla luce di questi risultati, la Banca d'Italia chiese di procedere con la nuova elezione del Collegio Sindacale e con la riorganizzazione totale della struttura di governance, inadeguata e mal strutturata. Le prime modifiche apportate dalla Banca Italease si conclusero con la nomina di nuovi amministratori e sindaci, con un aumento di capitale pari a 700 milioni di euro e con l’approvazione di un nuovo piano industriale per il periodo 2008-2010 allo scopo di rilanciare la propria attività. Ciò nonostante, Banca Italease perse la sua indipendenza come soggetto giuridico indipendente a seguito di un’offerta pubblica di acquisto avvenuta nel 2009 che ha comportato il controllo da parte del Banco Popolare. Vi è da notare, sin da subito, che la manifestazione di una grave crisi di reputazione può comportare, se non tempestivamente e correttamente gestita, una perdita di indipendenza sulla scena bancaria. Ma cerchiamo di comprendere la dinamica della crisi reputazionale. Essa è stata determinata dalla concomitanza di diverse fattispecie rischiose (e dei conseguenti eventi) che insieme hanno dato origine ad uno dei più importanti scandali finanziari anche da un punto di vista mediatico (ecco perché si parla di rischio reputazionale come “risk of risks”). In primo luogo, la causa della perdita di reputazione per la banca è dovuta alla zona di compliance e quindi alla funzione di controllo indipendente di secondo livello la cui missione consiste nel presidiare il rischio di non conformità alle norme, ovvero il rischio di sanzioni legali o disciplinari, perdite finanziarie e/o reputazionali in cui la banca può incorrere a causa del mancato rispetto di leggi, regolamenti e codici di condotta. Infatti, Italease cominciò ad operare come broker in strumenti derivati che non solo risultavano estranei al proprio core business, ma anche completamente privi di regole di base per la valutazione, la gestione e il controllo dei rischi. Furono venduti interest rate swap completamente privi di una ragione economica, le cui formule di calcolo erano talmente macchinose da rendere i contratti derivati in esame inutilizzabili per finalità di copertura dei rischi di tasso di interesse. Probabilmente, come Banca d’Italia sosteneva, ciò sarebbe servito a stornare illecitamente, tramite abnormi commissioni di intermediazione, parte del patrimonio di Italease. Questa è solo un ulteriore dimostrazione che l'area di governo societario difettava su più fronti. Tra le altre cose, l'attività in derivati portò a numerosi conflitti di interesse (altra causa di rischio reputazionale) per cui i clienti sono stati incentivati a stipulare contratti finanziari che non rispettavano le loro reali esigenze di investimento (Dell’Atti, 2012). Queste circostanze, combinate con l'inadeguatezza nella comunicazione delle informazioni, hanno gettato le basi per il controllo e la valutazione di Italease da parte della Banca d'Italia e, di conseguenza, hanno mostrato ben presto le carenze della sua gestione. Oltre al rischio di compliance, altre due categorie di rischio contribuirono

111 all'aumento del rischio reputazionale della banca. In prima battuta il rischio di controparte (rischio che la controparte di un’operazione non adempia, nei tempi e nei modi stabiliti, ai propri obblighi contrattuali) causato dalla stipula di derivati finanziari e, secondariamente, il rischio legale dovuto al gran numero di reclami da parte dei clienti conseguenti alla scelta di Banca Italease di procedere con la risoluzione dei contratti a seguito dei cambiamenti sfavorevoli nelle condizioni di mercato. La combinazione congiunta di questi rischi ha portato alla manifestazione di molteplici effetti reputazionali, sia in termini qualitativi che monetari. In particolare, secondo i dati finanziari del 2007, reperiti da Bankscope, il finanziamento di Italease ha subito un calo significativo rispetto al precedente anno (in particolare, i depositi delle banche sono diminuiti da 7,446,436 € nel 2006 a 5,736,798 € nel 2007), mostrando una tendenza particolarmente instabile. Inoltre, la diminuzione del numero dei dipendenti è stata molto significativa, scendendo da 1.173 nel 2007 a 584 nel 2009. Altro ruolo importante è stato svolto dai media e dalle agenzia di rating. Il giudizio negativo di queste ultime ha comportato un declassamento del rating di Italease (vedi Fitch che, nel 2007, eliminò tutti i rating assegnati alla banca). Evidentemente anche l’impatto mediatico che l’evento produsse, l’attenzione dei media e della stampa, contribuirono allo sviluppo della “cattiva” reputazione della banca. Infine, per quanto riguarda gli effetti quantitativi, di particolare rilevanza è stata la caduta della quota di mercato e la contrazione della capitalizzazione di Italease (nel settembre del 2009 era di -72% per arrivare al -91% nel 2008 ed ancora il -19% nel 2009) insieme ad una grande perdita dal punto di vista contabile. Ad essi si è accompagnato un forte calo del multiplo Price to Earnings (-3.07 % nel 2007, - 0.34 nel 2008 e -0.64 nel 2009) e del Total capital ratio (il rapporto tra il patrimonio di base della banca e le sue attività ponderate per il rischio sono al 8.80% nel 2007, al 4.10 nel 2008 – ben al di sotto del limite regolamentare- per giungere poi al 11.10 nel 2009).

“Société Générale”

Altro esempio sintomatico di una crisi di reputazione riguarda il caso della banca internazionale francese, Société Générale, quinta banca nella classifica per capitalizzazione dei gruppi bancari della zona euro al dicembre 2016. Nel 2008, questa importante banca francese ha affrontato uno scandalo finanziario disastroso causato da uno dei suoi dipendenti che ha portato a grandi perdite operative. Gli eventi scatenanti la manifestazione della crisi di reputazione della banca sono stati la conseguenza dell’uso inadeguato dei derivati finanziari (nello specifico i future sugli indici di Borsa, chiamati “plain vanilla”) effettuati da un suo trader, Jérôme Kerviel. Nel corso del tempo e attraverso l'uso di atti fraudolenti quali furto di codici di accesso ai computer e falsificazione dei documenti, questo dipendente è riuscito a completare un numero di operazioni altamente speculative ed illegali (arbitraggio in derivati finanziari allo scopo di ottenere un profitto illecito), che a sua volta ha portato alla banca una perdita di circa 4,9 miliardi di €, annunciata alla stampa nel gennaio 2008 (Dell’Atti, 2012).

112 Nonostante la perdita enorme, la crisi non colpì irrimediabilmente la reputazione dell’istituto di credito ma fu risolta in modo non traumatico, evidenziando la possibilità che, in determinate condizioni economiche e capacità gestionali, un evento dannoso e significativo in termini di gravità può essere superato. Questo primo successo sicuramente si deve alle abilità e all’attitudine della banca di affrontare situazioni di difficoltà. Specificamente si rifà allo status quo della banca francese che esisteva ben prima della manifestazione della crisi ed era caratterizzata da solide condizioni economiche, consolidate nel corso degli anni, da una buona immagine sul mercato creatasi con il tempo e da una funzione di compliance efficace. A questo si aggiungono le capacità manageriali e gestionali dei dirigenti della banca francese che prepararono un piano d'azione efficace per affrontare, tempestivamente e con saggezza, i gravi danni reputazionali e monetari che stavano colpendo l'immagine di una delle più importanti banche europee. Come prima cosa venne formata ed istituita una squadra di indagine al fine di comprendere la reale portata della perdita. L’indagine si concluse, in prima battuta, chiudendo tutte le posizioni aperte (circa 50 miliardi di euro) in presenza di condizioni di mercato sfavorevoli e trasmettendo alle Autorità di vigilanza (Banca di Francia e Autorité des Marchés Financiers, AMF) tutte le informazioni necessarie. Secondariamente, la banca proseguì al licenziamento del dipendente colpevole e, dopo varie indagini, anche dei supervisori per la loro negligenza nelle misure di controllo e responsabilità nel ritardo della scoperta della frode. L’abilità della Sociètè Gènèrale si riscontra anche nella strategia di comunicazione adottata. Difatti essa decise di ritardare l’annuncio dell’evento pregiudizievole al mercato di una settimana (gennaio 2008), ammettendo solo dopo l’esistenza di gravi perdite di esercizio. Talvolta, una pubblica ammissione di colpa può essere una strategia vincente piuttosto che nascondere l’evento pregiudizievole. Per quanto riguarda la crisi di reputazione in Sociètè Gènèrale, l’origine del rischio reputazionale si deve principalmente ad eventi di rischio operativo, in particolare di frode interna, associati ad un rischio legale e di compliance (come è noto il rischio legale viene ricompreso nella definizione di rischio operativo, mentre il rischio reputazionale si ricollega al rischio operativo per il tramite del rischio di compliance). Le principali conseguenze negative sono state il declassamento di alcuni importanti rating internazionali (in particolare Fitch e Moody declassarono la banca francese, rispettivamente, da AA a AA- e da Aa1 a Aa2) ed un drastico calo nella classifica internazionale di reputazione aziendale. Nel 2008 infatti, il Reputation Global Pulse del Reputation Institute di New York collocò la banca francese tra le aziende più deboli nella lista di Corporate Reputation (con un punteggio di 37,82 su 100). Inoltre vi è stata una drastica riduzione della quota di mercato della Sociètè Genèrale conseguente sia alla perdita operativa che all'effetto reputazionale. Tuttavia, le perdite contabili e le conseguenze economiche erano limitate. Per quanto riguarda le prime, né il finanziamento, né la capitalizzazione di mercato della banca hanno sofferto molto. La stabilità dei finanziamenti è stata sicuramente aiutata dalla fedeltà dimostrata dai clienti e da alcuni

113 importanti partner che hanno desiderato continuare a distribuire i prodotti della banca francese (Nadotti et al., 2013). Dal punto di vista delle conseguenze qualitative interne, i reclami dei clienti e le sanzioni delle autorità di vigilanza hanno avuto un valore marginale. Le denunce non sono stati alte rispetto alle aspettative, mentre le sanzioni imposte erano limitate nel tempo e riferite unicamente a quei soggetti responsabili di aver agevolato l’atto di frode. Per fornire la prova della capacità della banca di superare le difficoltà incontrate è utile analizzare i valori di alcuni indicatori di performance (periodo 2008-2009). Ad eccezione del reddito netto, tutti gli indicatori evidenziano un aumento, confermando pertanto la capacità della banca francese nel continuare a svolgere un ruolo di primo piano sulla scena internazionale. La capitalizzazione di mercato risulta pari a 46.20 milioni di euro per poi scendere, non eccessivamente nel 2009 ad un valore pari a 36.2 milioni di euro; il Price to Earnings ratio parte da un valore di 28.76% per crescere nel 2009 fino a 32.68%; il Total capital ratio aumenta anch’esso, dal 8.90% del 2008 a 13.00% nel 2009. Nonostante le capacità gestionali che la banca francese ha dimostrato di avere nel contrastare tale crisi reputazionale, sono emersi vari dubbi su come la vicenda si è svolta ed è stata presentata. Ciò che si vuol dire è che la banca, come tutto il sistema creditizio, dispone di una rete di controlli che dovrebbe essere invalicabile ed impenetrabile. Come ha fatto il trader responsabile della frode a violare regole e controlli? Purtroppo questo, non solo nel caso in esame, non si riesce a spiegarlo. Il trader, tutto da solo e nell’ “ignoranza” generale (forse voluta), è riuscito a superare il primo controllo, direi quasi quotidiano (il cosiddetto back office) ed il secondo, che già comincia ad essere più strutturale (il middle office). È davvero possibile che fosse da solo? Oppure la banca aveva subito quella perdita nell’intero comparto del commercio dei titoli e per mascherarla, onde evitare una caduta di immagine enorme e con conseguenze terribili sulla clientela, ha creato lo scandalo sul giovane Kerviel? Un buco di questo genere avrebbe certamente screditato l’intero lavoro della banca nel settore finanziario e non solo. D’altro lato, il presentare l’istituto di credito con un sistema di controlli inefficiente forse non è poi tanto meglio rispetto all’ipotesi del grande singolo errore. Resta comunque il fatto che il valore delle azioni della Société Générale in un mese è diminuito del 23%, nonostante tutti i suoi dirigenti abbiano cercato di presentare il fatto, come un elemento di discredito, ma non certo di fallimento. Nel giorno dell’annuncio invece, le azioni della banca

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