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II. La tradizione manoscritta

II.3. Casi dubbi

Alcuni dei codici analizzati non sono collocabili con certezza in una delle due categorie proposte, per mancanza di indicazioni certe negli explicit e nell’apparato paratestuale. Si cercherà qui di seguito di formulare più ipotesi per ogni testimone qui provvisoriamente catalogato, ed è auspicabile che si possa proseguire la ricerca oltre questa sede per proporre una definizione più certa.

Tre mani diverse vergano il codice 1128 della Biblioteca Estense di Modena, databile al secondo quarto del secolo XV. La mano A (cc 5r-83v) verga il testo in una semigotica di piccolo modulo, ordinata e regolare, con alcuni elementi dell’umanistica (ad esempio la g con occhiello chiuso e dai tratti poco contrastati). La mano B (cc 1r-4v e 84r-112v) meno accurata della precedente, utilizza una antiqua di modulo eccessivamente grande che scade in atteggiamenti corsivi alla fine del codice (cc 89v-112v). Questa stessa mano copia di nuovo le prime quattro carte del manoscritto accidentalmente cadute. Una terza mano C, di provenienza veneta, sottoscrive il codice alla c 112v: finito ameto per maestro

zuanGuberto nato a marmora e scripto in fretta possa conabito di prete in una bereta come vedere poi e lezere aperto volendo tu sapere el nome de lo amico sappi ch egliè bertolameo da ionico.

Probabilmente il codice fu in origine vergato da un professionista (mano A) e poi rimaneggiato dai possessori successivi. Questo spiegherebbe la presenza di richiami decorati nella parte copiata dalla mano A, assenti nelle altre parti del manoscritto. Forse la mano B copiò nuovamente le prime quattro carte e le ultime

ventotto perché perdute ovvero, con maggiore probabilità, perché deteriorate utilizzando le preesistenti come antigrafo. Rimane oscuro il significato della seconda parte della sottoscrizione (possa

conabito di prete in una bereta come vedere poi e lezere aperto volendo tu sapere el nome de lo amico sappi ch egliè bertolameo da ionico).

Non avendo potuto consultare il codice della Biblioteca degli Intronati I VII 13 e avendo reperito la riproduzione della sola carta incipitaria non è possibile collocare con certezza il manoscritto in una delle categorie citate. Tuttavia la sottoscrizione di Daniele di Gheri Bulgarini, che verga il codice in una corsiva di base cancelleresca di piccolo modulo chiara e regolare, alla c 189v lascia propendere per la copia per passione:

Scritto per me Daniello di Gheri da Bolgharini al presente chastellano di Montecchiello questo dì XX di maggio M°CCCC°LXVIII. Iterum laudamus Deum cun chorde amen. 101

Il codice Hamilton 92 della Staatsbibliothek di Berlino, per il quale non si è potuto procedere ad una consultazione diretta, è 102 vergato in una cancelleresca di basso livello esecutivo da un anonimo copista che si occupa anche di inserire, o copiare dall’antigrafo, numerose postille esplicative negli ampi margini della pagina. Della stessa mano anche le formule in inchiostro rosso Incipit liber Ameti a c 3r e Finisce il libro composto p(er) me(sser)

joan(n)i boccasso di firenze intitolato di Ametto a c 131r.

cfr. http://www406.regione.toscana.it/bancadati/codex/#

101

Il codice è stato escluso dalla consultazione a causa della recente

102

digitalizzazione. Attualmente è visionabile al link https:// d i g i t a l . s t a a t s b i b l i o t h e k - b e r l i n . d e / w e r k a n s i c h t ? PPN=PPN1023496151&PHYSID=PHYS_0001&DMDID=&view=overview-toc

Prevista una decorazione seppur minima del codice, intuibile dallo spazio lasciato per l’iniziale P a c 3r della quale rimane la letterina guida nel margine sinistro della pagina.

Almeno due ipotesi sono valutabili: la prima, che il copista fosse un membro della famiglia Da Mula, il cui stemma si trova nel margine inferiore della carta incipitaria, e abbia copiato il testo per uso personale, riservandosi di commissionare una minima decorazione ad una bottega di professionisti, aggiungendo però lo stemma famigliare di suo pugno; la seconda, che il codice fosse stato prodotto, ma non terminato, in una bottega specializzata e che la famiglia Da Mula l’abbia acquistato successivamente facendo aggiungere solamente lo stemma a c 3r. Una terza ipotesi, che combina le prime due, vedrebbe il codice copiato per uso personale da un anonimo che presumibilmente avrebbe voluto far decorare il manoscritto da una ipotetica bottega, e la famiglia Da Mula che lo acquista successivamente facendo inserire solo lo stemma.

Infine, il codice senza segnatura della Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Fermo è l’unico della tradizione a presentare una doppia rigatura (Derolez n° 13 per le parti in prosa e Derolez n° 23 per le parti in versi). Il codice è incompleto nella decorazione, sono stati infatti lasciati bianchi gli spazi necessari alle iniziali che però non sono state realizzate. Il testo è copiato in una corsiva di base cancelleresca con elementi umanistici che lasciano pensare ad una certa padronanza da parte dell’anonimo copista. Attualmente il codice è un composito di due unità codicologiche: le due sezioni, coeve, presentano due opere di Giovanni Boccaccio (Fiammetta e

124v - 127v), una mano più tarda ha copiato una corona di sonetti di Folgore da San Gemignano.103

Nell’edizione critica del Quaglio il codice è erroneamente descritto come

103

membranaceo. Di tutta la tradizione è il testimone che ho avuto più difficoltà a consultare direttamente nonostante, per un caso fortuito, abbia avuto più volte occasione di frequentare la città di Fermo e le sue biblioteche. Sarebbe interessante censire il fondo manoscritto della Biblioteca del Seminario Arcivescovile che attualmente non dispone di un catalogo aggiornato, poiché, fondata nel 1770 grazie all’eredità del Cardinale Filippo De Angelis, è tra le più importanti strutture delle Marche.

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