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Il caso Chester v Afshar: verso il riconoscimento di un diritto all’autodeterminazione

CAPITOLO 4. Affermazione del controllo del corpo: ascesa del principio del consenso

3. Il caso Chester v Afshar: verso il riconoscimento di un diritto all’autodeterminazione

La svolta si ebbe tuttavia col caso Chester v. Afshar419, la maggioranza della House of Lords sanciva che l’omessa informazione al paziente relativamente ad un minimo, ma inevitabile, pericolo che l’operazione comportava poteva dar luogo di per sé ad un risarcimento.

Anche qui, analogamente al caso Sidaway, la signora Chester era affetta da dolori cronici lombari. L’operazione presentava un rischio di compromettere la deambulazione pari a circa l’1%. Il Dr. Afshar aveva liquidato le domande della donna inerenti ai pericoli dell’intervento rispondendole che non aveva mai “storpiato” nessuno420. La conseguenza negativa, però, si era verificato ed il medico veniva citato in giudizio. Durante l’esame incrociato, l’attrice ammetteva che si sarebbe sottoposta all’intervento anche se fosse stata a conoscenza del rischio, ma con ogni probabilità lo avrebbe fatto in un momento successivo, dopo aver ascoltato una seconda opinione. La maggioranza della House of Lords (tre

418

Margaret Brazier, idem, pag. 115

419

[2005] 1 AC 134.

420

Cfr. Chester v Afshar, § 44: “…she told Mr Afshar that she had heard a lot of horror stories about surgery and that she wanted to know about the risks, but that none of this was explained to her. She did not mention paralysis specifically as one of the risks that she wanted to be told about, and this was not mentioned as a risk of surgery by Mr Afshar. The reply which she got from him, as a throw away line, was that he had not crippled anybody yet”.

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contro due) accoglieva la domanda della ricorrente, risarcendola per tutte le lesioni subite come se fossero state cagionate dal medico per imperizia. Secondo i giudici, infatti, anche se, nel caso di specie, l’operazione era stata correttamente eseguita, ma con esito sfortunato, era altamente probabile che, in un diverso momento, la lesione non si sarebbe verificata421.

La decisione si discosta dai principi normalmente adottati sulla causalità. Più precisamente, il ragionamento seguito rappresenta una eccezione al “but for

principle” relativo al nesso di causalità422, ed anche un cambio di orientamento rispetto ai precedenti di cui si è detto sopra (in particolare Sidaway v. Bethlem). Qui il dovere del medico di rivelare informazioni era subordinato al “best interest

of the patient423”, ed egli poteva pertanto decidere quali informazioni fornire ed in che termini.

Significativa è l’affermazione di Lord Steyn, da cui appare che la tutela dell’autodeterminazione individuale sta acquistando un crescente riconoscimento nella medical law inglese: “Individuals have the right to make important decisions

affecting their lives for themselves: they have the right to make decisions which doctors regard as ill-advised…In modern law paternalism no longer rules …”424.

421

Le probabilità che l’operazione non avesse successo erano infatti circa l’ 1%, a prescindere dalla diligenza del medico. L’intervento che aveva paralizzato la sig.ra Chester era stato “sfortunato”; pertanto, se l’operazione fosse stata fatta in un altro momento, vi erano il 99% delle probabilità che sarebbe andata a buon fine.

422

Il principio prevede che la responsabilità del convenuto possa sussistere solo laddove l’evento non si sarebbe verificato se non fosse stato per la sua condotta (“but for the defendant’s conduct”). Tali eccezioni sono permesse quando seguire la regola generale porterebbe a risultati iniqui. Cfr. Fairchild v. Glenhaven Funeral Services, [2002] UKHL 22. Si tratta del caso di un lavoratore dipendente, che aveva contratto un grave tumore (mesotelioma) per aver inalato amianto. Due dei suoi datori di lavoro non avevano preso le necessarie misure per evitare il contatto tra il lavoratore e la sostanza nociva. Una rigida applicazione del but for test avrebbe impedito che i datori di lavoro di subire una condanna risarcitoria, in quanto non era possibile stabilire con certezza se le rispettive condotte negligenti fossero state determinanti a cagionare la malattia. I giudici ritennero pertanto di mitigare il rigore del but for test ogni qualvolta ciò avesse potuto determinare risultati palesemente “unfair”. Va da sé, tuttavia, che nel caso Chester il discostamento dal but for principle è certamente più netto, poiché la paziente aveva affermato che si sarebbe comunque sottoposta all’intervento.

423

Cfr. paragrafo precedente, nota 411.

424

Chester v. Afhsar,§ 14-16. A tal proposito, Lord Steyn citava l’opera di Ronald Dworking Life's Dominion: An Argument about Abortion and Euthanasia, 1993, pag. 224 in cui si afferma l’importanza del rispetto per l’autodeterminazione del paziente come aspetto fondamentale della sua dignità e della costruzione della sua identità personale.

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I giudici dissenzienti, invece, mettevano in risalto il fatto che non sussisteva un nesso di causalità tra condotta del convenuto e danno, proprio in ragione delle affermazioni della signora, ed apparivano estremamente scettici rispetto alla deroga dai principi consolidati del “but for test”425. Inoltre, sebbene anche la minoranza della House of Lords avesse riconosciuto l’importanza del rispetto dell’autodeterminazione, che nel caso di specie risultava violata, reputava inopportuno risarcire per intero la lesione cagionata dall’intervento, proponendo che al massimo venisse concessa una somma di modesta entità come ristoro della lesione dell’autonomia decisionale della paziente426.

La sentenza è stata accolta con favore dalla dottrina prevalente. Decisioni come Sidaway, rendendo estremamente difficile per il malato ottenere ristoro per mancanza di informazione, davano l’impressione che il diritto non assolvesse alla sua funzione principale, ossia di rimediare agli illeciti (“to right wrongs”)427.

Chester appariva come un importante segnale della volontà della House of Lords

di cambiare completamente prospettiva, al punto da derogare a consolidati principi giuridici (in tema di causalità) pur di affermare il diritto del paziente di decidere428.

La tutela giuridica dell’autodeterminazione acquisisce dunque primaria importanza nelle controversie tra medico e paziente, e viene innalzato a livello di “principio” etico429, la cui violazione è fonte di responsabilità risarcitoria, in modo inusuale per la Common Law inglese430.

425

Cfr. Lord Bingham, §9

426

Cfr. Lord Hoffman,§34: “ I can see that there might be a case for a modest solatium in such cases. But the risks which may eventuate will vary greatly in severity and I think there would be great difficulty in fixing a suitable figure. In any case, the cost of litigation over such cases would make the law of torts an unsuitable vehicle for distributing the modest compensation which might be payable”

427

Sara Devaney, Autonomy Rules Ok?, [2005] 13 Med Law Rev 102

428

José Miola, Medical Law and medical ethics, op. cit., 79

429

José Miola, op. cit., 72-73

430

A quest’ultimo proposito sembra che il riferimento a Ronald Dworkin enfatizzi l’importanza dei diritti al punto da far pensare che la sentenza in esame vada nella direzione di un rights-based approach piuttosto che da un duty-based approach alla responsabilità risarcitoria, il che costituirebbe un radicale cambiamento per il diritto inglese.

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Tuttavia, si registrano anche posizioni più caute. Ad esempio, Mason e McCall-Smith ritengono che in Chester si sia trascurata la realtà del rapporto medico-paziente, dello squilibrio delle rispettive posizioni e delle difficoltà del secondo a gestire un eccesso di informazioni431. Da qui, deducono che porre troppa enfasi sull’autodeterminazione possa compromettere l’efficacia della consulenza del sanitario. In altre parole, sarebbe desiderabile trovare una via intermedia tra

Bolam e Chester, che favorisca la creazione di una “alleanza terapeutica” tra

medico e malato piuttosto che porre il rapporto su un piano antagonistico del tutto controproducente. In questo contesto, una equilibrata soluzione potrebbe essere quella proposta dalla minoranza dei giudici di concedere una somma per risarcire il mancato rispetto della libertà di scelta del paziente432.

Del resto, una scelta simile pare sia stata fatta con il Mental Capacity Act

2005, che regola i trattamenti sanitari nei confronti di soggetti le cui facoltà

mentali siano ridotte o del tutto compromesse. Alla Section 4 di tale legge, infatti, si dispone l’esistenza di un dovere del medico di accertare se il malato sia in grado di comprendere la natura dei trattamenti proposti433 e, nei limiti del possibile, di coinvolgerlo nelle relative scelte434.

In sintesi, c’è chi ritiene che sia necessario evitare gli aspetti più degeneri di un atteggiamento “consumistico” -nel senso negativo del termine- del paziente verso il medico, che può spingere anche ad atteggiamenti di medicina difensiva435,

431

J.K. Mason, G. T. Laurie, M. Aziz, Mason and McCall-Smith’s Law and Medical Ethics, OUP, Oxford 2006, pagg. 410-411 432 Ibid. 433 Cfr. §3 434 Cfr. §4 435

Cfr. Harvey Teff, “Medical Models and Legal Cateogories: an English Perspective”, 9 (1993) Journal of Contemporary Health and Practice 211, a pagg 231-232. L’autore sostiene che un modello fondato sulla “alleanza terapeutica” e sul dialogo tra medico e paziente offra tutele maggiori rispetto alle mera sottoscrizione di dettagliati moduli.

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per cui per evitare risarcimenti e conseguenti citazioni in giudizio, ci si astiene dall’intervenire anche quando sarebbe opportuno.

Il rapporto tra professionista e “utente” non riguarda solo le professioni sanitarie, ma anche altre professioni liberali per eccellenza, in primis quella degli avvocati. Infatti, recentemente, è stato ribaltato il principio della “blanket immunity” dalle azioni risarcitorie di cui godevano i barristers, sancito per ragioni di policy dalla House of Lords e dalla stessa rivisto nel 2005.

Questi cambiamenti, spesso tesi a rimuovere privilegi di casta ormai ingiustificati, mettono in risalto il nuovo ruolo che il cittadino percepisce come proprio nella società.

4. Autodeterminazione ed affermazione del diritto del paziente