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IL CASO ECOZEMA: IL RIORIENTAMENTO DI FABBRICA PINZE SCHIO

CAPITOLO 5 IMPRESA E SOSTENIBILITÀ: LA LINEA ECOZEMA

5.4 IL CASO ECOZEMA: IL RIORIENTAMENTO DI FABBRICA PINZE SCHIO

I primi passi

Fabbrica Pinze Schio conosce la sostenibilità con la creazione del suo nuovo prodotto. Nel 2000, sotto la guida di Armido Marana (futuro Amministratore Delegato), l’azienda affronta una nuova sfida: dirottare radicalmente il proprio business, da tempo non più redditizio, verso idee imprenditoriali di carattere ambientale.

Questa intuizione settoriale nasce dall’esperienza di Marana, che aveva alle spalle un passato in SACME Film, un’azienda che all’epoca si occupava della produzione e della distribuzione dei sacchetti biodegradabili per il rifiuto organico. Nel suo ruolo commerciale, Marana aveva avuto la possibilità di entrare in contatto con varie realtà imprenditoriali del settore, tra cui Novamont.

Queste conoscenze, unitamente alla previsione della nascita di una domanda di prodotti ecocompatibili, con le relative problematiche ambientali connesse (soprattutto in materia di rifiuti), permettono all’azienda di Schio di collaborare nella ricerca e nella progettazione di un prodotto biodegradabile e compostabile in grado di soddisfare il mercato.

La scelta, ricaduta nella posateria, individua un ben preciso target di mercato, quello della ristorazione collettiva, settore fortemente regolamentato e per lo più sotto il

108 controllo degli enti pubblici, che non avrebbero tardato ad incentivare prodotti di natura compostabile e quindi cestinabili come rifiuto organico95 .

La decisione, oltre ad essere stata azzeccata, ha portato involontariamente l’impresa ad entrare in un “nuovo mondo”, intriso di principi etici, sociali ed ambientali, ma anche interessato da tante norme ed altrettanta burocrazia.

Dopo aver tentato la strada del B2B, cercando di rivendere ad aziende di monouso le posate in Mater-Bi, l’azienda ha intrapreso una nuova strada: quella di essere non solo produttrice, ma anche distributrice di tutto il pacchetto di stoviglie, acquistando da terzi i prodotti mancanti.

Nasce così, nel 2005, la linea Ecozema. Con essa l’azienda sviluppa una nuova prospettiva, quella di fare green business. L’interesse del mercato ed il conseguente successo della linea, genera una cerchia di stakeholders completamente diversa da quella conosciuta nel mercato della grande distribuzione. Con Ecozema non si parla più di fornitori e distributori, ma di collaboratori; i clienti non sono più grandi catene, ma Ho.Re.Ca. e Terzo Settore. Quest’ultimo, formato da associazioni, ONLUS e no-profit, rappresenta il vero “consumatore etico”, realmente sensibile all’impatto ambientale del consumo.

Le certificazioni

Entrando in contatto con il Terzo Settore, l’azienda comprende la necessità di conformarsi a standard internazionali, per dimostrare e certificare che la presa di coscienza in ottica sostenibile coinvolge il cuore dell’impresa, non solo il prodotto. Dopo l’ottenimento della certificazione EN 13432 sulle posate (prima al mondo), il focus passa al sistema di gestione della qualità, che si ispira alle linee guida dell’ISO 9001.

L’orientamento aziendale abbraccia per affinità e progressiva consapevolezza, nel 2009, un modello di Responsabilità Sociale di Impresa, che, come descritto nel paragrafo 5.2.1, rappresenta una manifestazione volontaria dell’impresa di informare i vari stakeholders circa la sostenibilità e l’eticità delle azioni economiche da essa intraprese. Questo primo passo viene sancito l’anno successivo con la certificazione SA (Social Accountability) 8000, strumento che garantisce agli stakeholders che l’organizzazione:

 non impiega lavoro minorile o obbligato,

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Lo smaltimento del rifiuto organico, oltre ad essere fonte di compost ed energia, ha un costo minore rispetto l’indifferenziata.

109  mantiene condizioni di salute e di sicurezza sul lavoro, nonché libertà di

associazione,

 controlla l’assenza di pratiche discriminatorie o coercitive/violente,  definisce un orario di lavoro ed una retribuzione equa96.

Tale norma risulta di facile applicazione, poiché l’impresa, per cultura aziendale, operava in questa direzione anche prima dell’avvento di Ecozema.

Diventa, quindi, automatico proseguire la strada della RSI, curando anche gli aspetti economici e ambientali della sostenibilità (SA 8000 riguarda quelli sociali).

Nel 2012 si decide, quindi, di approntare un Bilancio di Sostenibilità in grado di racchiudere le tre anime dello sviluppo sostenibile, con l’obiettivo di coinvolgere direttamente i principali partners nella sua stesura. La predisposizione del Bilancio, redatto secondo le linee guida GBS, AA1000 e GRI, si è concluso alla fine dell’anno scorso (sarà l’argomento del prossimo capitolo).

Entro il 2013, l’azienda prevede di conseguire la certificazione ambientale ISO 14001.

La reputazione e le risorse umane

Toccando il tema delle aree di intervento della RSI, Fabbrica Pinze Schio conferma l’attuale classifica dei fattori di successo e dei benefici (vedi figura 28), mettendo anch’essa ai primi posti la reputazione e le risorse umane.

Grazie alla crescente domanda di prodotti biodegradabili e compostabili, il marchio Ecozema ha in questi anni preso sempre più piede sia nel territorio italiano che all’estero. La sua linea di qualità ed il buon lavoro svolto dalle risorse umane, hanno alimentato e migliorato la reputazione dell’azienda. Imprescindibile è stato anche il ruolo dei collaboratori, che attraverso l’attenzione verso il cliente e l’ottima gestione degli ordini e delle richieste, hanno reso l’impresa leader in questa nicchia di mercato. Infine, non va dimenticata l’importanza del network e delle relazioni che si sono instaurate in questo settore, dove la competitività va di pari passo con la collaborazione.

Il modello di business: green o blue economy?

Fabbrica Pinze Schio, con la sua linea Ecozema, si riconosce all’interno di un modello di business legato alla green economy, in cui l’utilizzo della materia prima, proveniente da fonte rinnovabile e certificata come compostabile, ha dei costi superiori rispetto ai

96

110 materiali tradizionali. Ciò si traduce in un notevole aumento del prezzo del prodotto finito, di circa tre volte superiore rispetto a quello relativo ad un oggetto della stessa tipologia realizzato in materiale plastico.

Inoltre, l’attuale Mater-Bi non deriva da scarti di amido di mais, ma dalla pianta stessa, che potrebbe essere utilizzata come alimento di base; questa sottrazione di risorse non risulta giustificata in un’ottica blue. La direzione intrapresa da Novamont e da altre realtà del settore è quella di arrivare ad estrarre i componenti necessari per la produzione delle bioplastiche da scarti vegetali: in questo modo si parlerebbe veramente di un sistema a “cascata”, con un ciclo virtuoso perfetto.

Figura 35: Ciclo virtuoso delle posate compostabili. Fonte: Ecozema

Esistono, comunque, importanti presupposti per vedere la linea Ecozema parte integrante di un modello di blue economy. Infatti, al di là del fatto che il prodotto di base debba essere estratto da scarti di mais piuttosto che dalla granella vera e propria, vi è un altro aspetto proprio del prodotto che è in sintonia con la biomimetica in precedenza citata: la valorizzazione dei rifiuti. Come già accennato, in natura non esistono rifiuti, ma nutrienti che passano tra le varie specie animali e vegetali. Con Ecozema si può dire lo stesso delle stoviglie, che a fine vita vengono gettate nel rifiuto organico a sua volta inviato agli impianti di compostaggio per diventare compost e, quindi, fertilizzante per altre colture.

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CAPITOLO 6

– IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ DI

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