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2.5. I L BILANCIAMENTO DEI DIRITTI E LE SUE APPLICAZIONI IN CASI RECENTI

2.5.3. IL CASO FUCHSMANN

116 Sentenza del 7 marzo 1995, C 68/93, EU:C:1995:61, punti 25, 26 e 32. 117 Sentenza del 25 ottobre 2011, eDate Advertising e a, C 68/93, EU:C:1995:61, punti 25, 26 e 32.

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Un’altra sentenza di particolare rilevanza è la n. 17233/2017 del 19/10/2017, Fuchsmann v. Germany della Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, emessa il 19 ottobre 2017, in relazione alla presunta violazione di alcune norme della CEDU, in particolare con riguardo all’art. 8 CEDU che tutela il rispetto della vita privata e familiare.

Ed invero, ai giudici di merito è stato affidato un compito molto complesso e fondato nell’esecuzione di un corretto bilanciamento tra il diritto alla libertà di informazione e di espressione, tutelato dall’art. 10 CEDU e, appunto, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, in un delicato equilibrio tra pretese concorrenti.

La decisione prende le mosse dal ricorso presentato alla Corte regionale di Düsseldorf da un uomo d'affari ucraino, Fuchsmann, residente in Germania, che si riteneva diffamato da un articolo del New York Times, in cui si parlava di suoi rapporti con la criminalità organizzata russa che non avevano, però, portato né ad una sentenza di condanna, né ad un processo.

Il ricorrente aveva espressamente richiesto alla Corte regionale di rimuovere il predetto articolo on line sul presupposto che lo stesso andasse a ledere la sua reputazione, in quanto violava l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (rubricato “Diritto al rispetto della vita privata e familiare”) che, includeva, anche la tutela della reputazione.

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La Corte aveva rigettato la richiesta poichè, pur ammettendo la lesione del diritto alla riservatezza e alla personalità del ricorrente, aveva evidenziato che anche la libertà di stampa, nell’ordinamento tedesco, vanta copertura costituzionale. Conseguentemente, nell’operare il bilanciamento tra i due diritti, veniva data prevalenza al secondo, prendendo in considerazione, sia il grande interesse pubblico alla diffusione della notizia, sia il collegamento tra i fatti contestati al Sig. Fuchsmann, sia il tono nient’affatto polemico o insinuante con cui la vicenda del ricorrente era stata riportata e soprattutto l’autorevolezza della fonte. La Corte aveva quindi concluso che l’articolo non fosse censurabile.

I legali di Fuchsmann proposero così ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) per le medesime motivazioni sostenute davanti alla Corte regionale invocando il diritto all’oblio del ricorrente e sostenendo che:

“The applicant alleged, in particular, that the domestic courts had failed to protect his private life by refusing to stop the circulation of an online newspaper article, allegedly damaging the applicant’s reputation”.118 A supporto, altresì, del suo ricorso, il Sig. Fuchsmann citava il noto caso Google Spain, che come visto ha consacrato il diritto all’oblio

118 C. eur. dir. uomo, Sez. V, sent. 19 ottobre 2017, Fuchsmann c. Germania, ric. n. 71233/2013.

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dell’utente e l’obbligo di rimozione di dati personali gravante sul gestore del motore di ricerca.

La Corte EDU ha avallato la decisione dei giudici tedeschi sulla base dei consolidati principi in materia di libertà d’espressione e segnatamente ha affermato che:

(i) L’articolo contribuisce al dibattito pubblico, sussistendo un interesse generale alla conoscenza dell’ipotetico coinvolgimento del ricorrente nel fatto oggetto d’inchiesta (§ 37);

(ii) il ricorrente riveste un certo ruolo sociale, figurando come imprenditore dei media attivo a livello internazionale (§ 41); (iii) l’articolo è complessivamente basato su fonti attendibili,

essendo il contenuto del report fbi – di per sé non sufficiente – ampiamente corroborato dalle relazioni di numerose agenzie europee (§ 45);

(iv) Lo scritto è basato unicamente sui dati contenuti nei report ed è proposto in toni non polemici né insinuanti (§ 51);

(v) La diffusione dell’articolo deve considerarsi limitata, considerato che, in un senso, la versione cartacea del New York times non era disponibile in Germania; nell’altro, la versione online era accessibile soltanto tramite apposita ricerca sui motori di ricerca, e il ricorrente – punto di notevole interesse –

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non aveva dato prova di aver chiesto ai provider di rimuovere l’articolo (§§ 52s).

È sulla base di dette considerazioni che la CEDU ha confermato la sentenza della Corte regionale di Düsseldorf e, “negando che sussistano quelle forti ragioni in grado di mettere in discussione il bilanciamento operato a livello domestico” ha escluso la violazione dell’articolo 8 Cedu, ritenendo prevalente il diritto all’informazione , reso attuale da alcune vicende politiche riguardanti il Sig. Fuchsmann, ed evidenziando il valore degli archivi on line quale “….importante fonte per l’educazione e la ricerca storica, soprattutto perché prontamente accessibili al pubblico e generalmente gratuiti.”

Analizzando i profili di natura temporale presi in considerazione dalla Corte, notiamo come essa, giustificando la persistenza dell’interesse pubblico al mantenimento della notizia, “saldi due piani temporali distinti, così confondendo anche le rispettive declinazioni del diritto all’informazione: diritto a essere informati su fatti (divenuti nuovamente) attuali119, da un lato; diritto ‘alla Storia120, dall’altro. Questa decisione ha suscitato non poche perplessità.121 Invero, le motivazioni addotte da Fuchsmann per chiedere la rimozione dell’articolo sono state considerate dalla Corte insufficienti.

119 Nella casistica italiana, ad es., Gar. prot. dati pers., provv. n. 86 del 25.2.2016. 120 M.RIZZUTI, Il diritto e l’oblio, in Corr. giur. 8-9/2016, pp. 1080 ss.

121 Sulla scelta domestica di dichiarare la giurisdizione tedesca per i fatti in causa, criticamente, S.DEGMAIR, 15 Jahre fūr ein Nein. Verdacht der Verbindung zum

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Infatti, pur citando la nota Sentenza Google Spain, il ricorrente, inspiegabilmente, non ha espressamente richiesto la deindicizzazione dai motori di ricerca, come Google, dell’articolo lesivo contenente i propri estremi identificativi. I giudici di Strasburgo sottolineano espressamente questa mancanza: «considerato che il ricorrente recriminava che l’articolo fosse raggiungibile semplicemente cercando il suo nome in rete», si legge, «la Corte nota che egli non ha fornito alcuna informazione relativa a eventuali tentativi volti a far rimuovere suddetto articolo dai motori di ricerca» (Par. 53). Se il ricorrente avesse formulato detta richiesta e la stessa fosse stata accolta, ciò avrebbe impedito la immediata reperibilità della notizia associata al suo nominativo senza comportare la modifica o la cancellazione della stessa dal sito sorgente.

È come se non con tale mancata richiesta il ricorrente non avesse “sfruttato tutte le vie di ricorso interne”.122

Altresì, l’unico diritto di cui il ricorrente lamentava la violazione era l’articolo 8 della CEDU e non altri diritti ugualmente importanti, quale quello della presunzione di innocenza, che sancisce il divieto di far apparire una persona non condannata in via definitiva come

organisierten Verbrechen verletzt nicht die Privatsphäre, in Komm. und Recht

1/2018, p. 13.

122 S.MARTINELLI, Diritto all’oblio e motori di ricerca, il bilanciamento tra memoria e

oblio in Internet e le problematiche poste dalla de-indicizzazione, 2017, in

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colpevole,123e ciò nonostante il ricorrente lamentasse anche il fatto che «l’articolo non fosse stato sufficientemente indicato come notizia vecchia» e che «nessuna indagine relativa alle allusioni fatte nell’articolo fosse mai stata comunicata» (Par. 27).

Quindi, in conclusione, la Corte di Strasburgo, in questa decisione tutela maggiormente il diritto di cronaca rispetto al diritto all’oblio e alla tutela della reputazione, affermando sostanzialmente che non è censurabile una notizia che crea un dibattito di pubblico interesse e non sarà possibile ottenerne la rimozione dagli archivi on line perché importanti fonti di ricerca di valore storico.

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