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Fig. 5 – Vista panoramica della val Fontanabuona che pone in evidenza come cambi la percezione dello spazio appena si sale alla quota dei bassi percorsi di mezzacosta Fonte: foto degli autori

Come detto, profondamente diverso è il caso della val Fontanabuona, che non ha certo le medesime caratteristiche di unicità paesaggistico-insediativa delle Cinque Terre, che ne fanno un caso unico, turisticamente famoso a livello internazionale.

Qui si tratta, infatti, di un’ ampia vallata che si dipana lungo il torrente Lavagna, per poi collegarsi con la parte periferica della riviera di Levante, confluendo con l’Entella e sfociando così in prossimità di Chiavari, ormai insediata con continuità in epoca moderna e ricca dal punto di vista delle attività produttive che ancora oggi si trovano; ciò significa che il panorama che si percepisce attraversandola è del tutto analogo a quello che si potrebbe avere transitando presso qualsiasi borgo e cittadina sub-urbana.

Eppure, se si sale appena alla quota dei bassi percorsi di mezzacosta, la percezione dello spazio cambia immediatamente e in fretta si riesce a dimenticare il paesaggio insediato e produttivo contemporaneo appena percorso, per trovarsi immersi in un ambiente decisamente campestre, insediato mediante strade carrabili comunque tortuose e spesso strette, fiancheggiate da un tessuto edilizio frammentario, dove pochi sono i segni di un vero passato di borgo omogeneo; per lo più, infatti, si trovano edifici recenti, molto spesso con una strutturazione a villetta, secondo tipologie omogeneamente diffuse e non autoctone, nelle quali è pressoché impossibile rintracciare temi e linguaggi architettonico-edilizi locali.

Ciò nonostante, una caratteristica della valle colpisce anche chi la attraversa velocemente e in maniera poco attenta: la presenza di edifici religiosi che affiancano il percorso di fondovalle e lo connotano architettonicamente, posti in posizioni dominanti, di dimensioni non trascurabili e databili –come epoca di impianto– nella metà dei casi a un periodo tardo medioevale e al VII secolo e successivi –come epoca di impianto e ricostruzione– per la restante metà. Ogni paese, infatti, ha ancora la sua chiesa, ogni paese è collocato a una quota pressoché costante e ciò fa sì che la percezione visiva complessiva sia di un coronamento della valle posto a mezzacosta o su bassi promontori.

Due gli effetti di tale strutturazione: da un lato la sensazione che valga la pena di salire a vedere cosa c’è al di sopra del percorso carrabile principale, dall’altro l’aspettativa di un panorama diverso da quello percepito dal

alle spalle. L’identità della val Fontanabuona, dunque, è duplice e perciò può ancora offrire sia valenze turistico- ricreative, sia residenziali, occasionali e non, sempre che l’aspetto della comunicazione e dell’informazione raccontino efficacemente ai fruitori cosa si può trovare e a che prezzo: la lung ezza del percorso di accesso al paese, la sua pendenza e la tortuosità, la possibilità di trovare strutture di ristoro o meno, la probabilità di poter visitare quegli edifici religiosi che svettano visti dal basso.

In tal senso, l’ICT è un partner indispensabile per trasformare la fruizione di tali luoghi ormai poco abitati e pochissimo produttivi secondo i canoni correnti: informazioni “a valle” di ciò che si potrà trovare “a mezza costa” evita inutili delusioni e guidano la scelta del turista o dell’interessato a nuove modalità di vita forse maggiormente sostenibili rispondenti alle specifiche esigenze.

Una App, certo, ma anche la possibilità di avere alla partenza dei percorsi pannelli interattivi che attraverso l’ormai consolidato strumento del QR CODE indichino tempi, modi di percorrenza, orari di visita delle chiese e perché no la presenza di ristoranti, botteg e storiche, agriturismi, aree gioco e così via, coinvolgendo sia chi attraversa la valle, sia chi vi abita e lavora, che in tal modo può farsi conoscere e far conoscere alcune specificità e peculiarità. Analogamente, la realtà aumentata e virtuale può contribuire a far vivere (o rivivere) le strutture chiuse quale è la maggior parte delle chiese, che all’interno a volte mostrano segni significativi di un passato aulico, ma per lo più ormai degradato: ricostruzioni della storia di un borgo, ma soprattutto di un sistema territoriale vero e proprio, che può trovare in questa sua specificità una ragione di rinnovamento e riconversione. Non solo visitare, ma anche abitare in campagna, una scelta difficile, ma contemporanea, resa possibile proprio dalle nuove tecnologie, che semplificano, agevolano e reinventano un modo di comunicare e di interfacciarsi con il mondo di oggi, vivendo tempi, spazi e ritmi di quello di ieri.

Fig. 6 – elaborazioni e foto-inserimenti digitali inerenti lo studio e l’ideazione di pannelli interattivi capaci di coinvolgere chi attraversa la valle anche attraverso l’utilizzo del QR CODE e della Realtà Virtuale, quali consolidati e validi strumenti di diffusione

Conclusioni

Appare sempre più difficile, oggi, pensare di poter accettare il concetto di inaccessibilità: distanze ridotte percettivamente con mezzi di trasporto sempre più articolati e diffusi, comunicazioni accelerate e estese per quanto concerne il proprio bacino di utenza, l’accessibilità pressoché illimitata all’infinito contenitore virtuale offerto dalla rete rendono apparentemente obsoleta l’idea di non poter accedere, in senso lato, ad una forma di espressione così come ad un luogo.

Eppure proprio questa impressione di poter accedere a tutto ciò che un tempo poteva essere precluso sembra paradossalmente evidenziare ancora di più i casi in cui, per un qualsiasi motivo, il nostro vedere, conoscere, acquisire sembra realmente impedito. È come se ci fosse una soglia più bassa di insofferenza nei confronti di qualche cosa che non ci permette di accedere ad essa: sia un luogo, un’immagine, una narrazione.

Ciò nonostante, parlando di architettura o di paesaggio, alcuni fenomeni inarrestabili come l’abbandono o il degrado inevitabilmente rendono più ostico di un tempo poter rendere fruibili in termini diretti o visivi certi soggetti.

Le conseguenze di questo si riverberano in una percezione generale di un sito che accentua ancora di più il senso di lontananza non solo fisica ma anche culturale di certe realtà rispetto al quotidiano.

Scopo del lavoro qui esposto è stato quello di vagliare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie di poter rendere “responsive” anche quelle parti del nostro patrimonio architettonico e paesaggistico che vivono un contrasto piuttosto singolare: il depauperamento delle forme di insediamento originale sta lasciando il posto ad un turismo che sta decretando il destino a breve termine di questi luoghi in bilico tra l’abbandono definitivo e una nuova opportunità di sviluppo diversificato nella sua natura.

La possibilità di inaugurare nuove narrazioni facilmente accessibili dai visitatori sembra poter essere un nuovo modo di dare una voce a manufatti e siti la cui voce rischia di essere dimenticata.

Accessi virtuali dunque, realtà aumentata, story telling visuali possono quindi convergere in una nuova forma narrativa che aiutando a capire la valenza di un sito, sotto una pluralità di punti di vista, ne permetta l’apprezzamento determinato dalla conoscenza delle sue peculiarità.

Bibliografia

Ambroise, R., Frapa, P., Giorgis, S. [1993]. Paysages de terrasses, Barcellona: Edisud.

Maniglio Calcagno, A. [1983]. Architettura del paesaggio. Evoluzione storica, Bologna: Calderini. Quaini, M. [1973]. Per la storia del paesaggio agrario in Liguria, Savona: Camera di Commercio.

Ruggiero, M.E. [2018]. Rappresentazione e cultura visiva per la valorizzazione dei sistemi complessi. Il caso studio del

paesaggio agricolo ligure, Genova: Stefano Termanini Editore.

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