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INTELLETTUALI PAGANI E OPTIMUS PRINCEPS

3. Cassio Dione

Ci sono rapporti stretti e operanti concretamente ed evidentemente tra i Severi e la cultura. Cassio Dione, come intellettuale (storico e ideologo) e politico (con ruoli istituzionali), ha rapporti notevoli con la corte. Egli scrive

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due opuscoli133, un resoconto sulla guerra civile del 193, di cui subito

comprende il carattere epocale, e, sollecitato da temi propagandistici severiani (si pensi all’Autobiografia e all’opuscolo Sui sogni e i prodigi dello stesso Settimio Severo), un libello appunto sui sogni e i prodigi premonitori che spinsero Settimio Severo a proporsi l’assunzione del potere imperiale, materiale che rifuse nella Storia romana dalle origini a Severo Alessandro. La sua carriera134 e il suo pensiero politico vanno considerati nel contesto

133 Cass. Dio LXXIII 23, 1-5.

134 Per la vita e la carriera politica cfr. MILLAR 1964; BARNES 1984; pp. 240-255; RICH 1990,

pp. 1-4 (favorevoli alla datazione del primo consolato in età severiana intorno al 205). VRIND 1923, pp. 163-168; GABBA 1955; LETTA 1979; NOÈ 1994, pp.7-11; Norcio nella

Prefazione a NORCIO 1995, (favorevoli alla datazione del primo consolato al tempo di

Severo Alessandro, tra 222 e 224 o comunque posteriore al 211). Nasce a Nicea (Bitinia) verso la metà del II sec. d. C. Il padre, Cassio Aproniano, fu insignito sotto Marco Aurelio da incarichi governativi nelle province orientali (Licia e Panfilia, Cilicia, Dalmazia), divenne senatore, console supplente (LXIX 1, 3; LXXI 7, 2; XLIX 36, 4). Probabile è la parentela con Dione di Prusa, detto Crisostomo, cui Cassio Dione è da accostare per la concezione politica. Ebbe ottima educazione, culminata con studi di retorica e diritto. Intorno al 180 andò a Roma, entrò in senato, forse già sotto Marco Aurelio o all’inizio del regno di Commodo (180-192 d. C.), non fu coinvolto nelle epurazioni commodiane ed esercitò l’avvocatura (LXXIII 12, 2). Sotto Pertinace, nel suo breve regno (gennaio-marzo 193), fu praetor designatus (LXXIII 12, 2). Da Settimio Severo (193-211), al cui avvento si dimostrò favorevole con i due opuscoli succitati, fu consul suffectus? Gli accenni generici a tale nomina (XLIII 46, 6; LX 2, 3; LXXVI 16, 4) non permettono una datazione (v. sopra). Le vendette contro i senatori partigiani di Albino (LXXV 7-8) incrinarono la sua adesione interiore al nuovo imperatore; ma partecipò alle attività del senato (LXXV 2; 5; 8; LXXVI 6) ed esercitò il compito di giudice (LXXV 16). Stando a Roma osservò direttamente i fatti politici (LXXV 4; LXXVI 1). Fu al seguito di Caracalla (211-217) nella campagna d’oriente (216-217) e lo ospitò a Nicomedia nell’inverno 214-215 (LXXVII 17, 2-4; LXXVIII 8, 4-5). Da Macrino (217-218) ebbe l’incarico di curator vel legatum ad corrigendum statum civitatum, segnatamente di Pergamo e Smirne (LXXIX 7, 4; 18, 3; cfr. Prosopographia Imp. Rom., Pars I, p. 313), il che forse attesta la sua adesione non proprio fervente verso i precedenti imperatori. Sotto Elagabalo (218-222) trascorse un lungo periodo in patria per malattia (219-220). Con Severo Alessandro fu proconsul d’Africa, al comando della legio III Augusta, quindi molto probabilmente ebbe il primo consolato e, a seguire, il proconsolato della Dalmazia e della Pannonia Superiore, durante il quale fu severo contro l’indisciplina dei soldati (222-228; XLIX 36, 2-4; LXXX 1). Come si vede, con Severo Alessandro la sua carriera ebbe un grande lancio, fino al secondo consolato (ordinarius, questa volta) in collegio con

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dell’età severiana, ma qui in particolare nel contesto del passaggio da Elagabalo a Severo Alessandro e dei primi anni del regno di quest’ultimo, segnatamente riguardo alla tematica del miglior governo, secolare nella storiografia greca, e segnatamente della natura del potere imperiale.

Cassio Dione esprime il suo pensiero politico, oltre che nella stessa narrazione e spiegazione dei fatti, anche direttamente in vari passaggi. Ricorre persino alla drammatizzazione con il dialogo-trattato nel libro LII (al cui interno il discorso di Mecenate è un vero e proprio βασιλικὸς λόγος). Qualunque sia stata la cronologia della composizione dei passaggi sparsi e dei libri augustei135, non si può non pensare a una relazione con l’imperatore

che lo volle come collega nel consolato e lo preservò dalla pericolosità dei pretoriani. La dignitas, la prestigiosa carriera politica, la cultura di sicuro hanno agevolato, possiamo immaginare, il suo inserimento nel consilium principis. Il Mecenate che consiglia Augusto nel libro LII è verosimilmente figura, proiettata nel passato, di Cassio Dione consigliere di Severo Alessandro. Questo può essere supportato dalla considerazione dei rapporti che Cassio Dione ha avuto con gli imperatori precedenti a Severo Alessandro e dai giudizi che su loro espresse.

lo stesso imperatore nel 229 (CIL III 5587; AÉ 1922.73; Historia Romana LXXX 5, 1). A Roma c’era una situazione pericolosa per lui: i pretoriani lo detestavano per il rigore con cui aveva trattato i soldati in Pannonia e temevano che anche loro fossero sottoposti a dura disciplina (LXXX 4, 2). L’imperatore lo onorò in vari modi, ma temendo che il malcontento dei pretoriani sfociasse nella violenza, gli consigliò di stare, durante il consolato, lontano da Roma, ma in Italia; piú avanti, soggiornò un po’ con l’imperatore in Campania, quindi, ammalato, tornò in patria (LXXX 5, 1-3), dove sarebbe morto.

135 Sono a favore di una cronologia alta intorno al 215 d. C., sotto Caracalla: E. Schwartz in RE III 1899, s. v. Cassius Dio Cocceianus 40, cc. 1684-1722, part. 1686-1687; GABBA, pp. 295-

301; MILLAR 1964, pp. 28-72; SWAN 1997, pp. 2549-2556; ZECCHINI 2017, p. 123; e, con qualche differenza, REIMAR 1752, p. 1536. Favorevoli alla cronologia bassa, al tempo di Severo Alessandro: LETTA 1979, pp. 148-150; e BARNES 1984, pp. 247-252.

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3.1 Commodo: avvisaglie di un’età del ferro

È probabile che Dione sia stato a Roma già sotto Marco Aurelio136 e

che da questo sia stato fatto senatore137. Il passaggio da Marco Aurelio a

Commodo, figlio degenere, con interruzione della precedente sequenza di successioni per adozione, è per Cassio Dione una caduta dall’età dell’oro all’età del ferro, per giunta arrugginito138. Forse fu la Τύχη che evitò il

coinvolgimento dello storico in una delle stragi compiute da Commodo, non mancò infatti qualche momento di terrore anche per lui139. Il giudizio

di Cassio Dione su Commodo è del tutto negativo: per natura non perfido, piuttosto privo di malizia, ma per semplicità e viltà succube ai suoi satelliti, a causa di questi deviò dai buoni costumi e acquisí una seconda natura, sfrenata e omicida140.

136 Norcio lo ipotizza da LXXI 33-34 (l’autore ha sentito «chiaramente, σαφῶς» che Marco

Aurelio è morto non per malattia, ma per avvelenamento a opera di medici favorevoli all’avvento di Commodo) e da LXXI 36, 3-4 (l’autore parla di Marco Aurelio come chi l’ha conosciuto da vicino), cfr. NORCIO 1995, p. 14.

137 Norcio (NORCIO 1995) lo dice deducibile da LXXII 4, dove, subito dopo una

dichiarazione di autopsia («sulla personale osservazione», ἐξ οἰκείας … τηρήσεως), si parla del discorso puerile fatto in senato per il padre morto da Commodo, tornato da

Vindobona a Roma da poco tempo (tra il ritorno e la seduta del senato Commodo avrebbe

pensato a nominare senatore Cassio Dione? Improbabile. Ergo questi doveva essere già senatore). Ibid., p. 15.

138 LXXII 36, 4: l’autore, avvertendo il lettore di accingersi a parlare di Commodo,

amaramente osserva: «alle vicende dei Romani di quell’epoca accadde quello che avviene oggi alla nostra storia, decaduta da un regno aureo a uno ferreo e rugginoso», traduzione di A. STROPPA, in Cassio Dione, Storia Romana, vol. ottavo (LXVIII- LXXIII) Milano 2009.

139 Cfr. l’episodio narrato in LXXII 21, tragico e farsesco a un tempo, da letteratura

bachtinianamente carnevalesca.

140 LXXII 1, 1: Οὗτος πανοῦργος μὲν οὐκ ἔφυ, ἀλλ’ εἰ καί τις ἄλλος ἀνθρώπων ἄκακος,

ὑπὸ τῆς πολλῆς ἁπλοτητος καὶ προσέτι καὶ δειλίας ἐδούλευσε τοῖς συνοῦσι, καὶ ὑπ’ αὐτῶν ἀγνοίᾳ τὸ πρῶτον τοῦ κρείττονος ἁμαρτὼν ἐς ἔθος κἀκ τούτου καὶ ἐς φύσιν

ἀσελγῆ καὶ μιαιφόνον προήχθη. Gli attributi della seconda natura di Commodo evocano

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3.2 Breve stagione di un buon imperatore

Una stima reciproca può spiegare la nomina come praetor da parte di Pertinace. Cassio Dione ritrae questo imperatore (il cui regnò passò come una meteora: gennaio-marzo 193) con le parole tra le piú belle della cultura greca e anche della ideologia senatoria: è καλοκἀγαθός141, complimento

supremo dell’uomo greco, tanto piú se riferito a un uomo nato da padre non nobile142; rende onore con delicatezza alla dignitas di senatori prima tenuti

in ombra143; onora questi in sommo grado, ma tratta tutti i senatori,

compreso Cassio Dione («ci trattava»), in modo molto democratico144; è alla

mano145; ascolta prontamente le istanze146; risponde in modo gentile

(umano)147; invita i senatori a banchetti improntati a temperanza148; o,

quando non li invita, manda a chi una pietanza a chi un’altra, cose sempre frugali149 (di contro alla τρυφή); i ricchi e vanagloriosi ridono di lui150; ma

altri («noialtri»), che hanno in onore la virtú al di sopra della dissolutezza, lo lodano151; oltre ai titoli appropriati al suo ufficio, ne ottiene uno nuovo

«in relazione al suo voler essere democratico: fu, secondo una prassi antica,

141 LXXIII 1, 1: Περτίναξ δὲ ἦν μὲν τῶν καλῶν κἀγαθῶν. 142 LXXIII 3, 1: πατρὸς οὐκ εὐγενοῦς.

143 LXXIII 3, 1-3. Si tratta di Claudio Pompeiano e Acilio Glabrione.

144 LXXIII 3, 4: τούτους μὲν οὖν ἐς ὑπερβολὴν ἐτίμα, ἐχρῆτο δὲ καὶ ἡμῖν δημοτικώτατος.

Democratico (si intende per l’aristocratico Cassio Dione) con i senatori.

145 Ibid.: εὐπροσήγορος. 146 Ibid.: ἤκουέ τε ἑτοίμως ὅ τι τις ἀξιοίη. 147 Ibid.: ἀπεκρίνετο ἀνθρωπίνως. 148 Ibid.: εἱστία τε ἡμᾶς σωφρόνως. 149 Ibid.: διέπεμπεν ἄλλοις ἄλλα καὶ εὐτελέστατα. 150 Ibid.: καὶ αὐτὸν ἐπὶ τούτῳ οἱ μὲν πλούσιοι καὶ μεγάλαυχοι διεγέλων. 151 Ibid.: οἱ δὲ ἄλλοι, οἷς ἀρετὴ ἀσελγέιας προτιμοτέρα ἦν, ἐπῃνοῦμεν.

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nominato princeps senatus» (il sogno di Cassio Dione e di tutti i senatori)152;

rimette subito in ordine quanto prima è stato fatto di anormale e disordinato153;

nell’amministrazione imperiale dimostra umanità, onestà, ottima gestione economica, attentissima cura del bene comune154; riabilita quelli che sono stati

ingiustamente condannati a morte e stigmatizzati con la damnatio memoriae e inoltre giura di non ricorrere a tale pena155; quando, scoperta la trama di

Sossio Falcone, che conta sulla perfidia di Leto e sul malcontento dei pretoriani avidi di denaro, Cassio Dione e gli altri senatori sono pronti a dichiarare Falcone nemico pubblico e a votare la condanna a morte, allora lo stesso Pertinace, coerente con il suo giuramento, si alza ed esclama: «Non sia mai che un senatore, fino a quando io governi, sia messo a morte, neppure per giusta causa»156; infine, declina la proposta del senato (Cassio

Dione usa sempre il noi) di fare sua moglie Augusta e suo figlio Cesare e piú ancora, direi con alto senso di distinzione tra identità pubblica e identità privata, rinuncia, fin dal primo giorno del suo regno, a tutti i suoi beni a favore dei figli e decide che questi vivano con il nonno ed egli li visiti

152 LXXIII 5, 1; ἔλαβε τὰς τε ἄλλας ἐπικλήσειςτὰς προσηκούσας καὶ ἑτέραν ἐπὶ τῷ δημοτικὸς εἶναι βούλεσθαι˙ πρόκριτος γὰρ τῆς γερουσίας κατὰ τὸ ἀρχαῖον ἐπωνομάσθη. 153 Ibid.: καὶ εὐθὺς ἐς κόσμον, ὅσα πρὶν πλημμελῶς εἶχε καὶ ἀτάκτως, καθίστατο. 154 LXXIII 5, 2: φιλανθρωπία τε γὰρ καὶ χρηστότης καὶ οἰκονομία βελτίστη καὶ πρόνοια τοῦ κοινοῦ ἐπιμελεστάτη περὶ τὸν αὐτοκράτορα διεδείκνυτο. 155 Ibid.: τὴν ἀτιμίαν ἀφεῖλε τῶν ἀδίκως πεφονευμένων, καὶ προσέτι καὶ ἐπώμοσε

μηδέποτε τοιαύτην δίκην προσδέξεσθαι. A queste parole segue (LXXIII 5, 3) un pezzo (quanto breve e sobrio, tanto potente nel movere affectus) da storiografia mimetica o drammatica. I senatori (immaginiamo che Pertinace abbia appena annunciato la riabilitazione) scoppiano in lacrime e manifestazioni di gioia a un tempo e invocano i nomi chi dei parenti chi degli amici mandati a morte precedentemente dal tiranno. Quindi, una triste annotazione, valida per tutti i regimi dispotici: prima non era possibile manifestare le proprie emozioni (οὐδὲ γὰρ τοῦτο πρὶν ἐξῆν ποιεῖν). Infine, il dissotterramento dei corpi, interi o ridotti a pezzi per tempo o tipo di esecuzione, e i dovuti onori funebri.

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saltuariamente, e nel ruolo di padre e non di imperatore157. Dalla

valutazione dell’ethos e degli atti di Pertinace non è chi non veda netta la griglia, morale e ideologica, di valutazione del buon imperatore: φιλανθρωπία (humanitas), ἐγκράτεια (esse compos sui), σωφροσύνη (temperantia), πρόνοια τοῦ κοινοῦ (utilitas rei publicae), εὐτέλεια (frugalitas), εὐσέβεια (pietas versi i morti). Si sottolineino, come cuore pulsante dell’ideologia dionea, il rispetto e la disponibilità al dialogo con il senato da parte di un imperator in veste di princeps senatus, in cui già sul piano della fisica politica e sociale cova l’opposizione da parte dei soldati e dei liberti imperiali – come Cassio Dione rileva puntualmente nel caso di Pertinace158.

La buona sorte assiste Dione se si pensa alla fine tragica di Pertinace e alle successive convulse, torbide e cruente μεταβολαί di quel terribilis 193: e subito deve trepidare sotto il regno di Didio Giuliano (28 marzo-2 giugno), colui che ha comprato la nomina a Imperator all’asta pretoriana e che ci si meraviglia non abbia eliminato lo storico per certi precedenti159.

3.3 La disillusione per Settimio Severo

Inizialmente Cassio Dione nutrí buone speranze su Settimio Severo160, ma ben presto, dalla metà circa degli anni novanta fino alla fine

157 LXXIII 7, 1-4. 158 LXXIII 8, 1-4.

159 Cassio Dione aveva, come advocatus in diversi processi, pronunciato accuse contro Didio

Giuliano; di qui la sua paura, cfr. LXXIV 12 ss. La mancata vendetta di Didio Giuliano è dovuta forse al fatto che anche lui regnò per lo spazio di un mattino.

160 Si pensi al fatto che Settimio Severo si pose come vendicatore di Pertinace e dopo la

marcia su Roma ne fece celebrare il funerale e l’apoteosi, ebbe l’approvazione, da parte del senato, del diritto di inserire nella sua nuova titolatura il nome di Pertinace, come risulta dalle prime monete emesse tramite la zecca di Roma: IMP CAESAR LVCIVS SEPTIMIUS

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del regno sia di Severo (211) sia di Caracalla (217), pur impegnandosi nel suo lavoro di senatore in processi, deliberazioni e momenti pubblici di grande importanza, dovette vivere tra senso di solitudine e di estraneità e ansie e paure per situazioni di sospetto e di eliminazione. Cassio Dione rileva la negatività di vari aspetti della politica di Settimio Severo e stigmatizza molte sue azioni crudeli e tiranniche. L’entrata di Severo con tutte le truppe a Roma fu per lo storico uno spettacolo di una grandiosità mai vista, segno poco rassicurante di megalomania161. Il nuovo vincitore si

impegna con una promessa giurata e sancita con decreto di non uccidere nessun senatore, ma poi non la mantiene (paradossalmente, Giulio Solone, incaricato di stilare il decreto, non molto tempo dopo sarebbe incorso nella condanna a morte)162, dimostrando incoerenza e facendo un uso

strumentale della dignitas senatoria. Particolare risentimento esprime lo storico per il fatto che il nuovo imperatore ha reso la città turbolenta con la presenza di tante truppe, ha riposto la speranza della sua salvezza non nella benevolenza dei collaboratori di governo, ma nella forza militare e ha gravato lo stato di spese eccessive per il mantenimento dei soldati163,

stabilendo un legame personale con loro. Abolendo l’istituzione

SEVERUS PERTINAX AVGVSTVS. Per un verso questo doveva far piacere a Cassio Dione, perché si proclamava una continuità con l’imperatore che egli aveva giudicato ottimo, dall’altro percepiva segni di pericolo per la sua visione, a cominciare dall’immane parata di militari attraverso Roma. Le stesse prime monete documentano il fulcro effettivo del potere di Settimio Severo: la Fides dei soldati, in quel momento, del Reno e del Danubio (BMC, V, Sett. Sev. 7-25).

161 LXXIV 1, 1-5. Si sente dell’ironia a leggere: «e si ebbe lo spettacolo piú splendido fra tutti

quelli che ho visto», καὶ ἐγένετο ἡ θέα πασῶν ὧν ἑόρακα λαμπροτάτη; o: «la folla smaniava dal desiderio di vederlo e sentirlo parlare, come se in qualche modo fosse stato

trasfigurato dalla fortuna», ὁ δ ὅμιλος ἰδεῖν τε αὐτὸν καὶ τι φθεγγομένου ἀκοῦσαι, ὥσπερ τι ὑπὸ τῆς τύχης ἠλλοιωμένου, πoθοῦντες ἠρεθίζοντο.

162 LXXIV 2, 1-2. 163 LXXIV 2, 3.

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dell’arruolamento dei pretoriani esclusivamente da Italia, Spagna, Macedonia e Norico (da dove provenivano giovani di aspetto piú decoroso e di costumi piú semplici), e introducendo elementi provenienti da tutte le legioni, ha legato a sé i soldati, ma dal punto di vista sociale ha provocato che tanti giovani disoccupati si dessero al banditismo e a carriere gladiatorie164. Dione condanna la militarizzazione dell’impero. Settimio

Severo ha organizzato per Pertinace, oltre che un ἡρῷον, un funerale faraonico, con oro e porpora e avorio e gemme a profusione, con in processione lui e i senatori con le famiglie, e cori di fanciulli e uomini, e imagines di illustri romani antichi, e statue rappresentanti le varie nationes, e famiglie di littori, di segretari, di banditori, etc., e statue di uomini ignoti o noti per qualche eccellenza, e cavalieri e fanti in armi, e cavalli di razza, e tutte le offerte funebri che senatori e mogli, illustri cavalieri, comunità e corporazioni dell’Urbe avevano mandato. La descrizione dell’evento, che pare infinito, continua ancora con il panegirico, e la cerimonia dell’apoteosi con la statua di cera nel rogo e il volo dell’aquila al cielo, simbolo del catasterismo dell’anima del defunto. Si profila il culto dell’imperatore, in un quadro di orientalizzazione dell’impero165. Certamente, si tratta

dell’apoteosi di Pertinace, un imperatore del tutto positivo per Cassio Dione che in certi momenti, durante il funerale, è travolto dalla commozione e piange e invoca il nome del defunto. Ma è fortissima la sensazione che tutto ruoti, sostanzialmente, intorno all’imperatore vivente e serva a consolidare a favore del suo potere il consenso prima delle riprese dell’ostilità contro Pescennio Nigro. Altri rilievi negativi: la feroce esecuzione dei 29 senatori

164 LXXIV 2, 4-6. 165 LXXIV 4, 1-5.

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seguaci di Clodio Albino166; la condanna a morte di Giulio Prisco167;

l’oltraggio al cadavere di Clodio Albino168; la responsabilità dell’ascesa al

potere di Plauziano e quindi delle sue cattive azioni, illegalità e delitti169;

l’episodio del bandito Claudio170. D’altra parte Cassio Dione, dotato di

senso della misura, sa cogliere aspetti positivi della personalità di Settimio Severo: per esempio, le sue giornate erano scandite da varie attività, tra la sana e semplice cura della sua persona, la vigilanza sull’economia dell’impero e l’amministrazione della giustizia con l’ascolto paziente degli imputati e con la cocessione della piena libertà di parola (παρρησία) ai giudici (tra cui spesso sedeva lo stesso Cassio Dione)171. In ultima analisi,

per la sua μετριότης, Cassio Dione non dovette fare molta fatica per adottare un comportamento di grande prudenza e autocontrollo necessario a evitare seri problemi riguardo alla sua vita durante il regno di un imperatore dalla personalità consapevole della propria forza e autorità172.

166 LXXV 8. 167 LXXV 10. 168 LXXV 7.

169 LXXV 14-15. Tra l’altro, attesta Cassio Dione, Plauziano, servendosi del potere che

esercitava su Settimio Severo, perseguitò Giulia Domna, accusandola di malefatte contro di lui e arrivando a sottoporre a torture nobili donne per estorcere confessioni contro l’Augusta, che per questo si dedicò alla cultura frequentando sofisti. LXXV 15, 6-7: καὶ οὕτω καὶ ἐς τὰ ἄλλα πάντα ὁ Πλαυτιανὸς αὐτοῦ κατεκράτει ὧστε καὶ τὴν Ἰουλίαν τὴν Αὔγουσταν πολλὰ καὶ δεινὰ ἐργάσασθαι ̇ πάνυ γὰρ αὐτῇ ἤχθετο, καὶ σφόδρα αὐτὴν πρὸς τὸν Σεουῆρον ἀεὶ διέβαλλεν, ἐξετάσεις τε κατˈ αὐτῆς καὶ βασάνους κατˈ εὐγενῶν γυναικῶν ποιούμενος. Καὶ ἡ μὲν αὐτή τε φιλοσοφεῖν διὰ ταῦτˈ ἤρξατο καὶ σοφισταῖς συνημέρευεν. 170 LXXV 2, 4. 171 LXXVII 16; 17.

172 Ottima la sintesi di G. Norcio sui rapporti di Cassio Dione con Settimio Severo e

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3.4 Caracalla: fiscalismo e militarizzazione

Ancora piú guardingo dovette essere sotto Caracalla specialmente nei primi anni. La sequela di uccisioni, da parte di Caracalla, non solo di cittadini innocenti e di personaggi dotati di dignitas, ma anche di persone vicine e vicinissime (fratello, moglie, cognato, maestro, prefetto del pretorio), e la frequente umiliazione del senato fanno escludere che l’ospitalità data a Caracalla in Nicomedia nell’inverno del 214-215 sia il segno di una svolta del rapporto verso un’amicizia: e appare una forzatura leggere un sostrato di amicizia nell’episodio in cui Caracalla durante il banchetto vuole vicino a sé Cassio Dione e recita versi di Euripide sulla caducità degli esseri umani173. Certo si può immaginare un certo

miglioramento del rapporto, ma non di piú, se si pensa che il giudizio negativo su Caracalla è tale che anche la Constitutio Antoniniana, un fatto per noi epocale174, riceva un’interpretazione cinica da Cassio Dione, per cui

l’estensione della cittadinanza sarebbe a parole (λόγῳ) un onore, di fatto (ἔργῳ) si inscriverebbe in un quadro di costrizioni fiscali finalizzate a soddisfare soprattutto le esigenze dei soldati175. Caracalla, per mantenere il

173 LXXVII 18.

174 V. sopra, nella considerazione di Ulpiano, il retroterra della Constitutio Antoniniana: il

giusnaturalismo; l’assimilazione della filosofia (stoica, neoplatonica) da parte della giurisprudenza; la ricorrenza nel pensiero dei giuristi severiani (e dei precedenti) di concetti come humanitas, benignitas, indulgentia, succurrere, cfr. Dig. 42.1.49 (Paul. 2 man.),

Dig. 5.3.38 (Paul. 20 ed.), Dig. 28.2.13 pr. (Iul. 29 dig.), Dig. 49.15.12.5 (Tryph. 4 disp.), etc. 175 LXXVII 9-10. Da questo passo stesso, a leggerlo attentamente, risulta che in via di

principio Cassio Dione non fu contrario alla cittadinanza universale. Inoltre nel discorso di Mecenate ad Augusto c’è anche, tra le altre, la proposta di estensione della cittadinanza agli abitanti liberi dell’impero (v. piú avanti in questo stesso paragrafo). – SHERWIN- WHITE 1973², p. 270, nega le motivazioni fiscali perché l’imposta sull’eredità non toccava i piccoli patrimoni, pertanto non si poteva contare sul numero per notevoli introiti fiscali. GILLIAM 1952 (= Roman Army Papers, Amsterdam, 1986, pp. 97-105) sostiene le motivazioni fiscali. Infatti la clausola finale della Tavola di Banasa (ILAM, II 94: salvo iure

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potere, corrompe i soldati, con privilegi e rilassamento della disciplina; preda tutto il territorio dell’impero per dare ai soldati; una volta, durante una corsa di cavalli, il pubblico romano grida: «Manderemo in rovina176 i

vivi per seppellire i morti!»; Caracalla dice sovente: «Nessuno tra gli uomini, tranne me, dovrebbe avere il denaro, per gratificarne i soldati!»; e quando Giulia Domna lo rimprovera per questo dispendio, perché non resta piú nessuna entrata giusta o ingiusta, Caracalla, mostrando la spada, esclama: «Animo, madre: finché abbiamo questa, non ci mancherà denaro!»177. Da questo punto di vista per Cassio Dione Caracalla avrebbe

osservato il consiglio del padre morituro178. Cassio Dione ribadisce il suo

gentis, sine diminutione tributorum et vectigalium populi et fisci) dimostra che gli alti funzionari

stavano attenti al rapporto tra cambiamento di status delle persone e prelievi fiscali. SESTON 1966, pp. 884-885, e EUZENNAT 1976, pp. 63-68, affermano il rapporto tra l’aumento del numero dei cittadini e la volontà di Caracalla di coinvolgerli nei ringraziamenti agli dei per essersi salvato dal presunto complotto di Geta. C. LETTA 1989, nel suo articolo nega questa interpretazione. Per M. Christol non si può non tenere conto della motivazione fiscale perché gli amministratori non potevano non tenere conto di ciò che implicava l’estensione della cittadinanza dal punto di vista fiscale; d’altra parte, ciò non bastava: c’erano altri fattori, come il detto scopo di farsi perdonare il fratricidio e inoltre la maturazione di una tendenza secolare all’inclusione di peregrini liberi nella civitas, v. CHRISTOL 1997, pp. 40-41. J.-M. Carrié sottolinea che l’octroi della cittadinanza universale esprime, meglio che altro, l’ispirazione umanista del diritto severiano, di cui ebbe altissima coscienza Ulpiano (Dig. 1.1.10 pr.), e cambia il significato politico dell’imposta provinciale, che diventa, da simbolo di assoggettamento, segno di una partecipazione attiva alle spese di una unica comunità universale, minando peraltro ogni giustificazione dei privilegi dell’Italia (il che agevolò la loro abolizione in seguito da parte di Diocleziano), cfr. CARRIÉ, ROUSSELLE 1999, pp. 57 ss.

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