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Categorie di spesa dei consumatori negli EAU (in %)

Fonte: Euromonitor, 2011

3.3 La cucina degli Emirati Arabi Uniti

Nella sua storia la cucina tradizionale emiratina è stata particolarmente influenzata dal notevole afflusso di stranieri nel paese che han portato tradizioni culinarie globali. La cucina degli EAU è centrata su alimenti base come pesce, riso, pane, yogurt, verdure e carne di pecora, capra e cammello. I piatti tipici sono conditi con una miscela di spezie chiamata biz'har composta da erbe za'atar, timo arabo e loomi (miscela di limone e sale), che esaltano il tradizionale gusto delle pietanze. Le bevande più diffuse sono

rappresentate dal succo di limone, dal tè (classico o aromatizzato con za'atar o menta) e da yogurt (laban) con latte di capra o mucca arricchito con lo zenzero.

Esistono tre momenti principali nella dieta tradizionale emiratina: la colazione, il pranzo e la cena, mentre vige l’astinenza dall’alba al tramonto nel periodo del ramadan (Ministero dello Sviluppo Economico, 2010).

Il pranzo è generalmente il pasto principale della giornata: piatto tipico è il riso aromatizzato e mescolato con frutta secca, mandorle, pistacchi o carne. Manzo, agnello e pollo sono le carni più consumate assieme ai pesci e ai frutti di mare specialmente nella zona costiera. Il tutto è accompagnato da cereali e dal pane non lievitato. Il dolce solitamente è servito a metà mattina con il tè o il caffè, piuttosto che finito di pranzare. I piatti più popolari negli Emirati Arabi Uniti sono26:

• Kebab Kashkash: piatto con carni speziate e sugo di pomodoro; • Kabsa: piatto con riso con spezie, verdure e carne;

• Harees: piatto arabo con sale, carne e mais;

• Falafel: tortino di ceci e fave servito con pane non lievitato;

• Shawarma: panino con una combinazione di carni di capra, pollo, tacchino, agnello e manzo;

• Tabbouleh: mais con prezzemolo e menta;

• Hummus: ceci miscelati con aglio, olio d’oliva e di sesamo; • Ghuzi: piatto a base di noci, riso e agnello arrosto;

• Koussa mashi: zucchine lesse ripiene con spezie o carne.

Alla cucina e al rito conviviale sono associati i concetti di ospitalità e generosità. I pasti, infatti, sono momenti condivisi con più persone, durano a lungo e con tavole imbandite con diversi piatti. Un turista si deve aspettare un grande piatto, spesso condiviso al centro della tavolata, con riso, carni e verdure molte volte speziate, accompagnato da un tè.

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26 Per approfondimenti si rimanda a: http://www.worldwidewebawards.net/Food/United_Arab_Emirates.

Figura 3.1 – Piatti tipici della cucina emiratina

Fonte: www.timeoutdubai.com

3.3.1 Cibi halal

Riprendendo il concetto di halal descritto in precedenza, merita un approfondimento il tema dei cibi che rientrano in tale definizione essendo, quindi, autorizzati nella cucina araba. Per individuarli è necessario fare riferimento alla religione islamica e al Corano, che vieta di nutrirsi di carne di maiale. Probabilmente, alla base di tale imposizione, oltre ad una matrice religiosa, è riconducibile una motivazione di tipo igienico e sanitario sul consumo di carne in ambienti caldi e secchi come quelli arabi.

E’ possibile, dunque, stilare un elenco di alimenti considerati halal (Nestorovic, 2010): • il latte di mucca, pecora, cammello o capra;

• il miele; • il pesce;

• le piante non tossiche;

• le verdure fresche e surgelate; • la frutta fresca e secca;

• noci e semi;

• i cereali (grano, riso, segale, orzo, avena)

• la carne di questi animali, sacrificati in modo adeguato: mucca, montone, capra, capriolo, pollo, oca e altra selvaggina da penna.

3.3.2 Cibi e ingredienti haram

Definiti i cibi leciti, sono da elencare gli ingredienti che non sono classificati come tali, ossia proibiti. Ci si riferisce ai cibi haram, termine utilizzato come esatto opposto di

halal nei vari contesti in cui è applicato.

Sono cibi e ingredienti haram secondo la tradizione araba: • la carne di maiale;

• il sangue;

• animali carnivori; • rettili e insetti;

• carcasse di animali o capi non macellati secondo procedura islamica; • vino, alcol e superalcolici;

• ingredienti estratti dai precedenti cibi elencati.

3.4 Tradizione occidentale a contatto con i cibi halal

Alla luce di quanto descritto in precedenza, appare chiaro come la cultura e in particolar modo la religione influenzino i consumi alimentari nell’area araba. Per un’azienda occidentale che voglia entrare nel mercato agroalimentare in tale realtà è fondamentale percepire le differenze chiave nell’approccio al business, con gli opportuni accorgimenti e adattamenti da attuare.

Innanzitutto, ci si dovrà attivare per ottenere le certificazioni halal dei propri prodotti. Non basterà certificare i prodotti che si andranno a vendere ma fondamentale sarà avere anche fornitori affidabili e certificati, creando una certificazione della filiera di approvvigionamento compresi i macchinari di lavorazione. Non esiste attualmente una certificazione halal a livello mondiale, ma nei paesi musulmani sono presenti organismi di controllo preposti a dettare le norme alle imprese: in Italia l’ente per la certificazione è Halal Italia27.

Inoltre, si dovrà rimodellare la propria offerta alimentare adattandola al contesto: o togliendo gli alimenti haram o sostituendoli con alternative lecite: ne è un esempio il

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prosecco analcolico, tipico prodotto italiano adattato al contesto grazie ad un rimodellamento dell’intero processo produttivo.

Le grandi multinazionali del settore food & beverage hanno già affrontato tale delicato tema e appare spontaneo chiedersi se ad esempio le bevande gassate o i fast food, simboli dell’occidentalizzazione araba dei consumi, siano halal (Nestorovic, 2010). Per quanto riguarda le prime, da sempre sono state considerate sicure, ma negli ultimi anni sono avanzati dubbi sulle ricette segrete di bevande appartenenti a colossi come i gruppi Coca Cola o Pepsi. Nel caso di Pepsi, l’azienda ha deciso di togliere l’alcol utilizzato come solvente di un aroma naturale per la produzione di Gatorade, tuttavia rimangono alcuni prodotti – come Vanilla Pepsi e la sua versione Diet – che contengono alter percentuali di alcol etilico. Coca Cola, invece, riporta nel proprio sito australiano di essere halal, così come in Indonesia le bottigliette del gruppo riportano la scritta “halal”. Questi casi, tuttavia, scatenano grandi discussioni da parte della comunità di credenti musulmani sull’effettiva possibilità di boicottare tali marchi.

I fast food, invece, offrono sia cibi di chiara natura haram (prosciutti, pancetta e tutti i derivati del suino) sia cibi teoricamente halal (carne di pollo, pesce, ecc). Proprio per questo motivo sorgono dubbi sulla possibilità di contaminazione dei cibi durante la loro preparazione o la loro frittura, come successo nel caso di Burger King.

3.4.1 McDonald’s diventa halal

Anche McDonald’s si è trovato di fronte alla questione dei cibi halal, sia per quanto riguarda i punti vendita in paesi arabi sia per i punti vendita in grandi città multiculturali. Come nel caso di Londra o di Dearborn nel Michigan, USA (la più grande comunità musulmana al di fuori del Medio Oriente), dove l’azienda ha per prima proposto una versione halal dei propri nuggets di pollo per soddisfare le esigenze della clientela (Figura 3.2).

L’iniziativa ha riscosso un grande successo secondo le fonti aziendali, con un raddoppio della vendite. Spesso, infatti, in un fast food un consumatore musulmano opta per un insalata o un dessert temendo che altri cibi, come filetti di pesce o patatine fritte, sia contaminati in cottura o dagli utensili in fase di preparazione.

L’adattamento dell’azienda alla comunità araba ha permesso di assicurarsi una buona fetta di mercato, con consumatori provenienti anche da zone limitrofe: senza

investimenti in comunicazione, l’iniziativa ha trovato nel passaparola della comunità musulmana il principale fattore propulsivo.

Tale azione è avvenuta al di fuori del territorio arabo ma tale caso di adattamento di successo può essere una lezione per le aziende che vogliano cambiare la propria offerta all’entrata in un mercato con tradizioni etnico-culturale profondamente diverse.

Figura 3.2 – Halal McNuggets

Fonte: www.corbisimages.com

3.5 Il mercato della ristorazione negli Emirati Arabi Uniti

L’industria della ristorazione negli EAU, sviluppato in particolar modo a Dubai e Abu Dhabi, negli ultimi anni ha mostrato un rapido sviluppo. Le opportunità di crescita hanno attirato catene di ristorazione internazionali che si sono stabilite nelle maggiori città, dove la matrice multiculturale è più marcata. Proprio il cambiamento degli stili di vita negli EAU ha influito su tale fenomeno, unitamente ad altri fattori chiave individuabili nello sviluppo di un’economia emergente, nell’influenza degli stranieri nel paese e nel cambiamento delle abitudini alimentari locali. Questi elementi sono riconducibili al processo di internazionalizzazione del paese quale centro economico e

hub del Medio Oriente

Il mercato della ristorazione negli EAU nel 2008 ha acquistato 841 milioni di dollari nella vendita di alimenti e bevande per poi servire il mercato finale, con un incremento

del 12 % rispetto all’anno precedente (Datamonitor, 2008). Il dato si prevede in crescita per arrivare a raggiungere un valore pari a 1,2 miliardi di dollari nel 2012.

Nel 2008 vi erano nel territorio emiratino circa 11.000 ristoranti indipendenti con

format differenziati, per servire principalmente turisti stranieri e residenti: ristoranti di

fascia alta, ristoranti a buffet, catene fast food e caffetterie. Tali punti vendita offrono sia cucina locale che cucina internazionale, tra cui quella araba, europea, americana, cinese, tailandese, indiana e pakistana, per poter soddisfare le esigenze di consumatori eterogenei.

Negli ultimi anni il consumo alimentare al di fuori delle mura domestiche è divenuto una moda e un’abitudine legata al cambiamento degli stili di vita sempre più orientati alla spesa in beni non essenziali. Le persone vedono il ristorante come momento conviviale per passare del tempo con la famiglia e con gli amici. Le principali occasioni di consumo sono collegate al fine settimana e alla festività islamiche: in particolare durante il mese sacro del Ramadan i ristoranti registrano un picco di presenze offrendo soprattutto la formula a buffet nelle fascia notturna, quando i musulmani non rinunciano ad un pasto dopo una giornata di digiuno (International Markets Bureau, 2009). Inoltre, i ristoranti servono anche turisti e lavoratori stranieri temporaneamente negli EAU, spesso senza famiglie al seguito. Di conseguenza, essi hanno una maggiore propensione al consumo fuori casa: fast food, ristoranti casual e ristoranti con il servizio take-out sono molto popolari.

Sono, infine, da ricordare le limitazioni poste al settore ristorativo dal contesto emiratino: come descritto in precedenza, i cibi haram sono di difficile reperimento nel territorio essendo vietati dalla religione. Tuttavia, esistono alcune deleghe: esempio ristoranti, pub e bar all’interno di hotel sono autorizzati a servire bevande alcoliche grazie a una speciale licenza, che consente la somministrazione a una clientela non musulmana con almeno ventuno anni di età. Inoltre, la maggior parte dei residenti non musulmani degli Emirati hanno la possibilità di richiedere una licenza che consenta loro di consumare alcolici nelle proprie case (International Markets Bureau, 2010).

3.5.1 Trends del mercato food & beverage emiratino

Negli ultimi anni sono emersi specifici trends che hanno caratterizzato il mercato food

processo di occidentalizzazione dei consumi, in un contesto alimentare specchio della multiculturalità del paese. I principali trends individuati tramite ricerche di mercato e sondaggi presso la popolazione sono i seguenti (International Markets Bureau, 2011; Chef and Stuard, 2012):

1. Crescita della domanda cibi halal e maggiore attenzione da parte dei player del mercato per la certificazione;

2. Tendenza al gourmet food, alla cura del piatto e all’atmosfera in cui si svolge il banchetto;

3. Ricerca di cibi salutari e con scarso apporto calorico;

4. Sviluppo della corrente vegetariana e maggiore attenzione per le intolleranze alimentari;

5. Nascita di scuole di cucina, soprattutto occidentale;

6. Incremento dei pasti time-saving con il consumo di cibi pre-cotti; 7. Aumento dei pasti fuori casa.

Analizzando il primo fattore, la crescita della domanda di cibi halal è dovuta alla maggiore attenzione che le catene di ristorazione, soprattutto occidentali, riservano ad mercato composto da 1.8 miliardi di musulmani nel mondo. L’industria ha un valore stimato fino a 2.100 miliardi di dollari annui e le previsioni indicano un aumento del 20% del mercato per il 2025 (International Markets Bureau, 2011). Le regioni del GCC consumano da sole 43,8 miliardi di dollari di cibi halal, importati principalmente da Brasile (54 % della quota mercato) e Australia.

La tendenza al gourmet si ricollega poi al concetto di apprezzamento del lusso nel contesto degli EAU: il cibo è presentato in modo elegante e raffinato, per esaltarne colori e fragranze. Tale concetto è applicato sia ad aziende di ristorazione sia operatori nel settore catering che offrono servizio delivery. Un esempio è rappresentato dal

Lafayette Gourmet, locale presso le gallerie Lafayette al Dubai Mall che applica il

concetto di gourmet a cucine mondiali quali: cucina italiana, indiana, giapponese e asiatica in genere.

E’ poi diffusa nel mercato alimentare emiratino la ricerca di cibi salutari a scarso apporto calorico. Il livello crescente di persone obese o diabetiche, soprattutto tra i più giovani, ha incrementato la domanda di prodotti light e genuini. La presenza di conservanti in un cibo pre-cotto o confezionato è vista come un attributo negativo al

prodotto, con una maggiore attenzione da parte del consumatore nella lettura dell’etichetta informativa che descrive glia attributi dell’alimento. Inoltre, l’offerta generalmente tiene in considerazione sia le intolleranze alimentari sempre più crescenti tra i consumatori, proponendo ad esempio prodotti gluten free, sia la dieta vegetariana seguita per motivi religiosi (buddisti e induisti) o di preferenza alimentare.

Inoltre, è da segnalare la nascita di scuole di cucina nel territorio emiratino. La crescente attenzione per il comparto alimentare e il gourmet ha dato il via alla nascita di scuole di cucina, anche internazionali, per poter replicare anche in casa i cibi gustati al ristorante. Crescente poi è la ricerca di pasti e cibi time-saving negli EAU: la ristorazione fast food può soddisfare tale richiesta, con grande appeal soprattutto tra i giovani. Il maggior numero di donne impegnate al lavoro e aggressive campagne di marketing da parte dei colossi del settore sono i drivers principali per la crescita della domanda di cibi veloci. Crescente è anche il consumo di pasti fuori casa: secondo recenti sondaggi circa il 78% dei consumatori di Abu Dhabi e Dubai dichiara di uscire per cenare un paio di volte a settimana (Turret Media, 2011). Tale dato è molto elevato se confrontato con la media del paese, probabilmente per una maggiore disponibilità economica nelle due principali città emiratine(Datamonitor, 2009). I dati sono comunque superiori alla media mondiale: circa il 45% dei consumatori emiratini pranza fuori una o più volte a settimana nei ristoranti full service, dato che arriva al 48% considerando i ristoranti fast e casual (Grafico 3.3).