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L’impulso soggettivo-diaristico, naturalmente non è un impulso originale del cinema contemporaneo; il cinema americano possiede una lunga storia del documentario, nella quale spicca il nome, ad esempio di Michael Moore, regista che ha affrontato nei suoi lavori i temi più scomodi della realtà statunitense (l’attacco alle Twin Towers in primis, ma anche il problema della sanità pubblica, la strage alla Columbine High School, il taglio dei 35.000 posti di lavoro alla General Motors).

In Catfish, però, risulta estremamente chiaro che la preoccupazione non sia mai il soggetto del documentario in sé, quanto il soggetto dietro e davanti l’immagine.63

Yaniv (Nev Schulman, poi diventato celebre volto di Mtv), fotografo ventiquattrenne di New York viene contattato via mail da Abby, una bambina di otto anni che ha dipinto un quadro sulla base di una delle sue fotografie.

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Luca Malavasi, Realismo e tecnologia, cit., p. 50.

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Luca Caminati, Una cultura della realtà. Rossellini documentarista, Roma, Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, 2011, p. 13.

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33 Affascinato da questo fatto, Nev si mette in contatto con il resto della famiglia della bambina, originari di una piccola città rurale del Michigan: Angela, la madre, Vince, il patrigno, ma soprattutto Megan, la sorellastra, con la quale stringe una sorta di relazione virtuale a distanza. Sin dai titoli di testa, notiamo come il documentario voglia in qualche maniera sovvertire l’ordine delle cose, disturbare e tranquillizzare lo spettatore al contempo (la celebre intro della 20th Century Fox viene bruscamente tagliata sostituito dal logo della piccola casa di produzione dei tre ragazzi, Nev, suo fratello Ariel Schulman e Henry Joost, amici, coinquilini e registi). La prima battuta di Nev anche è piuttosto esemplificativa: “If this is your documentary, you're doing a bad job.”; il documentario difatti nasce semplicemente come un documentario su una piccola pittrice incredibilmente talentuosa, dove il progredire della storia viene scandito dai dipinti di Abby. La promozione del documentario (premiato poi al Sundance Film Festival) era estremamente mirata a non svelare il colpo di scena finale: Nev aveva sempre parlato con Angela, , il resto della famiglia, le foto sui social network, gli aneddoti e anche i luoghi collegati ai vari parenti di Abby, era tutto inventato di sana pianta dalla donna, che aveva utilizzato fotografie raffiguranti una modella professionista di Vancouver, Aimee Gonzalez. Il documentario è interamente girato con piccole camere portatili, il volto di Nev è perennemente inquadrato; il resto della narrazione si basa su un montaggio serrato di elementi multimediali: fotografie dei profili Facebook degli interessati, dipinti, ritagli di giornale, mail, visioni satellitari provenienti da Google maps, persino i nome dei file che Nev si scambia con Meg sono utili ai fini della storia (un fotomontaggio che raffigura la “coppia” insieme viene rinominato someday.jpg dallo stesso

34 protagonista). Anche solo la prima parte del film avrebbe fornito, a qualsiasi timoroso di nuove tecnologie una miriade di ragioni destinare a condannare completamente la Second Life tecnologica: è interessante notare, infatti, il

rapporto tra questo tipo di film e le arti ante-convergenza interessate; nelle scene in cui Nev lavora a contatto con la danza, infatti, il ritmo risulta essere molto più rilassato e contemplativo, così come le scene dedicate ai quadri di Abby, presentati in stop-motion, in opposizione alla frenesia delle immagini multimediali. Interessante anche il fatto che l’inganno venga alla luce tramite una canzone, in apparenza composta e interpretata da Meg per l’amato Nev; da questo momento, attraverso l’ascolto ossessivo dei primi cinque secondi del brano, la delusione e la vergogna portano lo spettatore nel secondo atto di questa “sad, inusual love story”64

: la frase della presa di coscienza di Nev è, infatti, “They’re complete psychopats”. La relazione tra soggetti, in Catfish, viene strappata alla realtà, si basa sulle misure della Network Society; eppure gli spettatori si sentono toccati nel profondo da questa storia, una sorta di avvertimento, di messa in guardia dai pericoli e dalle delusioni personali che fanno parte del gioco delle

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35 convergenze.65 Così, il momento della verità viene svelato in un crescendo drammatico (Angela fingerà dapprima che Meg sia in una clinica di riabilitazione, per poi ammettere tutto, mentre Nev e i due registi, oramai, disillusi commenteranno “She’s really smart […] play Meg is an alcholic. She’s really good with these dramatic twists”) che definisce l’elemento “epidermico” del documentario, il suo legame tattile con lo spettatore.66In accordo, inoltre, con la sfasatura tipica del contemporaneo, il film presenta la caratteristica principale del documentario: la ricerca della verità. Lo stesso titolo, Catfish, letteralmente “pesce gatto”, come spiega il marito di Angela alla fine del film, “All'inizio si era soliti trasportare in nave i merluzzi direttamente dall'Alaska fino alla Cina. Li tenevano nelle vasche all'interno delle navi. Ma una volta raggiunta la Cina, la carne era insapore e ridotta in poltiglia. Così a un tipo venne l'idea di mettere nelle vasche dei merluzzi alcuni pesci gatto, in modo da tenere i merluzzi agili. E ci sono quelle persone che nella vita reale sono pesci gatto, e riescono a tenerti sulle spine. Ti fanno fare delle domande, ti fanno riflettere, ti tengono sveglio. E io ringrazio Dio per il pesce gatto, perché sarebbe strano, noioso e deprimente se non ci fosse qualcuno che ci "mordesse le pinne".67 Nel linguaggio multimediale corrente, un catfish è una persona che crea una falsa identità sui Social Network, utilizzando foto prese da altri profili e informazioni completamente o parzialmente inventate.68 L’intento di Catfish (il film prima, poi lo show tv trasmesso su Mtv nel quale Nev e il suo amico e regista Max Joseph aiutano in ogni puntata un ragazzo o una ragazza alle prese con una relazione online) è

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Luca Malavasi, Realismo e tecnologia, cit., p. 79.

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Ivi, p. 78

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Catfish, (2010, Id.)

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36 dunque la ricerca della verità (“Catch the catfish!”), a prescindere da quale tecnologia ne determini l’offuscamento.

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