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4. ENHANCED GEOTHERMAL SYSTEM

4.1. SCHEMA DI IMPIANTO

4.1.2. Cattura della CO 2

L’anidride carbonica uscente dall’impianto di cattura CAP viene prima compressa in un compressore interrefrigerato fino ad una pressione di 80 bar, viene quindi raffreddata e una volta liquida pompata fino a 110 bar. A questo punto il gas invece che essere stoccato viene mandato nel pozzo di iniezione e viene sfruttato per recuperare altra energia. All’uscita dall’EGS la CO2 deve essere ricompressa a 110 bar per poterla così

mandare allo stoccaggio.

Figura 4.2 – Diagramma di fase CO2

Comprimere la CO2 allo stato liquido è molto meno dispendioso rispetto a farlo in

quello gassoso, come si può vedere dal diagramma di stato in Figura 4.2 il punto critico dell’anidride carbonica è a 73,8 bar e 31,4°C, la metodologia adottata è stata quindi quella di portare il gas ad una temperatura di 31°C e quindi di comprimerlo tramite una pompa fino a 110 bar.

4.1.3. Ciclo di potenza

L’anidride carbonica che esce dal pozzo ad elevate temperature e pressioni viene fatta espandere in una turbina, per evitare di ricomprimerla si è scelto di espandere il gas fino ad un massimo di 75 bar. La CO2 ancora calda viene sfruttata in un ciclo ORC

semplice, come quello visto nel precedente capitolo, e uscita dall’economizzatore viene raffreddata fino a 31°C per poi essere riportata a 110 bar tramite una pompa.

Parametri

Temperatura ambiente 15°C

Fluido di raffreddamento Acqua Rendimento isoentropico turbina CO2 0,70

Rendimento isoentropico turbina ORC 0,85 Rendimento isoentropico compressore 0,8 Temperatura interrefrigerazione compressore 35°C ∆T pinch point ORC 10°C Temperatura condensazione 30°C 𝑚̇ CO2 143 kg/s

Tabella 4.1 – Parametri impianto EGS

Come per gli altri casi si considera che gli scambiatori consumino una potenza elettrica pari all’1% del calore scambiato. Il metodo selezionato per il calcolo delle simulazioni è il PENG-ROB.

4.2.

ANALISI RISULTATI

Sono stati presi in considerazione quattro valori di pressione di uscita dalla turbina a CO2, da 90 a 75 bar, scendendo con la pressione sotto il valore di 75 bar la turbina produrrà certamente più potenza però va inserito un compressore che, anche a causa della minor potenza da ORC, rende questa opzione svantaggiosa. Per quanto riguarda il ciclo ORC sono stati analizzati cinque fluidi di lavoro diversi: R245fa, HCFO, N-pentano, N- esano e isobutano; il ciclo è a vapore saturo e la pressione di ingresso in turbina viene fatta variare per trovare la potenza netta ottima. Vengono infine analizzate due temperature del serbatoio: 250°C e 300°C, nel primo caso il gas entra in turbina con una pressione di 305 bar e una temperatura di 187°C, nel secondo caso la pressione sale a 339 bar e la temperatura a 240°C.

Grafico 4.1 – Potenza netta EGS a 300°C

Grafico 4.2 – Potenza netta EGS a 250°C

Nei due grafici sopra riportati ci sono le potenze nette calcolate per ciascun fluido di lavoro alla pressione di uscita dalla prima turbina di 75 bar, come si può vedere dal grafico 4.3 quella è la pressione che massimizza la potenza netta dell’intero ciclo. Si nota che ad elevate temperature del serbatoio (300°C) l’ottimo di potenza si ottiene con l’isobutano, col quale si ottengono oltre 30 kW in più rispetto al fluido meno performante: l’N-esano. Se si abbassa la temperatura del serbatoio a 250°C si nota che le potenze nette rimangono sostanzialmente invariate per i diversi fluidi di lavoro, queste calano mediamente del 32% rispetto al caso precedente.

Grafico 4.3 – Potenza netta in funzione della pressione out turbina CO2, caso 300°C

Aumentando la pressione di uscita dalla turbina a CO2 aumenta la temperatura del

gas e quindi il calore reso disponibile al ciclo ORC, quindi se da un lato diminuisce la potenza prodotta dalla prima turbina, dall’altro aumenta quella prodotta dall’ORC. È interessante vedere come variano queste due potenze. Nei grafici 4.4 e 4.5 è stata confrontata per ciascun fluido di lavoro la differenza di potenza tra i due casi estremi, cioè tra una pressione di 75 bar e una di 90 bar.

Grafico 4.5 – Confronto potenze a Tgeo 150°C

In azzurro è rappresentata la differenza della potenza netta da ORC, mentre in arancione quella della turbina a gas al netto della pompa CO2 e della potenza necessaria allo

scambiatore di raffreddamento CO2. Vediamo che al diminuire della pressione di uscita

dalla turbina la potenza da ORC diminuisce, ma non tanto quanto aumenta quella prodotta dalla turbina stessa, che è quasi il doppio.

Grafico 4.6 – Confronto rendimenti alla potenza massima

Nel grafico 4.6 sono stati riportati i rendimenti dell’impianto per i diversi fluidi di lavoro alla potenza massima, calcolati come il rapporto tra la potenza netta e il calore entrante nel ciclo (8). Il pentano è il fluido con il rendimento migliore anche se la sua potenza netta non è la più alta. L’isobutano e l’R245fa sono i fluidi con il maggior incremento di rendimento nel passaggio da 250°C a 300°C. Il rendimento di secondo

principio è praticamente costante per i diversi fluidi e pari a 41% a 300°C e 39,5% a 250°C.

5.

ANALISI RISULTATI

Analizziamo ora i risultati ottenuti.

5.1.

ORC

Definiamo tre rendimenti da utilizzare per l’analisi di questo tipo di impianti: - Rendimento di primo principio o rendimento del ciclo

ƞ𝑐𝑦𝑐𝑙𝑒 = 𝑊𝑛𝑒𝑡𝑡𝑎 𝑄𝑖𝑛 = 𝑊𝑛𝑒𝑡𝑡𝑎 𝑚̇𝑔𝑒𝑜×(ℎ𝑖𝑛 − ℎ𝑜𝑢𝑡) (8) - Rendimento dell’impianto ƞ𝑝𝑙𝑎𝑛𝑡= 𝑊𝑛𝑒𝑡𝑡𝑎 𝑄𝑚𝑎𝑥 = 𝑊𝑛𝑒𝑡𝑡𝑎 𝑚̇𝑔𝑒𝑜× (ℎ𝑖𝑛− ℎ0) (9)

dove h0 è l’entalpia a T0 = 15°C e p0 = 1 atm

- Rendimento di secondo principio

ƞ𝐼𝐼 = ƞ𝑝𝑙𝑎𝑛𝑡× ƞ𝑙𝑜𝑟𝑒𝑛𝑡𝑧 (10) ƞ𝑙𝑜𝑟𝑒𝑛𝑡𝑧= 1 − 𝑇0 𝑇𝑚𝑙𝑔 = 1 − 𝑇0 (𝑇𝑖𝑛− 𝑇0) ln𝑇𝑖𝑛𝑇0 (11)

5.1.1. Ciclo semplice

Grafico 5.1 – Potenza netta e rendimento in funzione della pressione, 110°C

Grafico 5.3 – Potenza netta e rendimento in funzione della pressione, 150°C

Da questi primi grafici in cui si vede la dipendenza della potenza netta e del rendimento di primo principio dalla pressione di ingresso in turbina, si nota che le potenze massime, così come i rendimenti, siano tutte più o meno sullo stesso livello, fatta eccezione per l’R134a. Analizziamo ora i rendimenti di secondo principio.

Grafico 5.5 – Rendimento e Tmax in funzione della Tout, 130°C

In questi grafici (5.4, 5.5, 5.6) sono stati inseriti il rendimento di secondo principio e la temperatura di ingresso in turbina, cioè la temperatura massima del ciclo, in funzione della temperatura di uscita del fluido geotermico. La linea rossa verticale indica la temperatura limite di 70°C utile per evitare il fenomeno di incrostazioni di silicati. A bassa temperatura il rendimento ottimo si ottiene con temperature di riniezione inferiori a 70°C, man mano che la temperatura di ingresso del fluido geotermico aumenta sale anche la temperatura che porta ad avere il rendimento migliore, ne segue che le sorgenti più penalizzate dal limite tecnico di 70°C sono quelle a più bassa temperatura. Le temperature massime del ciclo salgono col salire della temperatura del fluido geotermico, è interessante notare come a 110 gradi i fluidi abbiano dei comportamenti sostanzialmente indifferenti, fatta eccezione per l’R134a, mentre a 150°C ci sono dei fluidi con prestazioni migliori di altri. Per capire meglio questa cosa sono utili degli istogrammi di confronto.

Grafico 5.7 – Confronto potenze nette

Dagli istogrammi si può notare che a basse temperature del fluido geotermico le prestazioni dei fluidi di lavoro siano tutte più o meno simili, tranne per l’R134a che è stato preso in considerazione solo per il caso a 110°C, visto la sua bassa temperatura critica, e presenta delle prestazioni di circa 5 punti percentuali superiore agli altri. Di seguito ho riportato una tabella con i rapporti Tcritica / Tgeo per ciascun fluido di lavoro.

Tabella 5.1 – Rapporto temperatura critica / temperatura fluido geotermico

A 110°C tutti i rapporti sono lontani da 1, tranne per l’R134a che infatti è l’unico fluido che si discosta dalla media, salendo a 130°C l’isobutano e l’R245fa sono i più vicini al valore unitario e quelli con le prestazioni migliori, stessa cosa vale a 150°C per isobutano, HCFO e R245fa. Per la scelta del fluido di lavoro è utile quindi guardare alla sua temperatura critica in funzione della temperatura del fluido geotermico che si ha a disposizione. A parità di rapporto il fluido con prestazioni migliori è quello con una maggiore massa molare.

5.1.2. Ciclo recuperativo

I fluidi analizzati in questo caso sono 4: N-esano, N-pentano, HCFO e R245fa; di seguito i grafici visti anche per il ciclo semplice con le potenze nette e i rendimenti in funzione della pressione di ingresso in turbina.

Grafico 5.9 – Potenza netta e rendimento in funzione della pressione, 110°C

110°C 130°C 150°C N-pentano 1,786 1,512 1,310 Isobutano 1,235 1,045 0,906 N-esano 2,131 1,803 1,563 HCFO 1,509 1,277 1,107 R245fa 1,400 1,185 1,027 R134a 0,918 0,777 0,673

Grafico 5.10 – Potenza netta e rendimento in funzione della pressione, 130°C

Grafico 5.11 – Potenza netta e rendimento in funzione della pressione, 150°C

Si può notare come l’incremento di potenza e rendimento siano minimi, sempre inferiori all’1% rispetto al caso base. Vediamo ora temperature e rendimenti di secondo principio.

Grafico 5.12 – Rendimento e Tmax in funzione della Tout, 110°C

Grafico 5.14 – Rendimento e Tmax in funzione della Tout, 150°C

Grafico 5.16 – Confronto rendimenti di secondo principio ciclo semplice-recuperativo

Dai grafici 5.12-5.16 si possono estrapolare diverse conclusioni:

 La potenza netta aumenta leggermente grazie al minore consumo elettrico del condensatore, che deve scambiare meno calore. Il fluido che più è avvantaggiato dall’introduzione del recuperatore è l’N-esano che, a bassa temperatura, raggiunge le prestazioni dell’HCFO;

 Nel ciclo semplice avevamo visto che alla Tgeo di 110°C il rendimento ottimo si

trovava a temperature di riiniezione inferiori al limite di 70°C. Con l’aggiunta del recuperatore i rendimenti massimi e le potenze massime si spostano oltre questo valore di temperatura, rendendo il ciclo più vantaggioso;

 Il fluido più avvantaggiato è l’N-esano, quello con le prestazioni migliori l’R245fa.

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