CAPITOLO 2: IL CONTESTO INTERNAZIONALE NEL QUALE SI MUOVE L’AZERBAIGIAN
2.1 Il Caucaso Meridionale
2.1.1 Terreno di scontro tra sfere d’influenza
Il Caucaso meridionale storicamente è stato oggetto di contesa tra gli imperi della regione, segnatamente l’impero ottomano, l’impero russo e l’impero persiano. Dai primi anni Novanta del Novecento, dopo la dissoluzione dell’URSS che, inglobandolo al proprio interno, aveva escluso la possibilità ad altre potenze di giocare un ruolo attivo nell’area, è riemerso con tutta la sua complessità come uno scenario chiave nella geopolitica contemporanea1. Infatti sopra di esso si intersecano una serie di sfere d’influenza e di direttrici geopolitiche spesso in contatto e in contrasto tra loro2
. Tra le potenze regionali che hanno espresso più volte il proprio interesse per l’area elaborando anche una serie di programmi per la penetrazione in essa si possono annoverare gli eredi dei grandi imperi del vicino oriente che spadroneggiarono per secoli nell’area. La Turchia con la sua politica basata sul concetto di zero problemi con i vicini, cerca di riscoprire una sorta di pan-turchismo, promuovendo per i paesi di origine turca come l’Azerbaigian e i paesi dell’Asia Centrale la creazione di uno spazio politico, linguistico e culturale garantito da Ankara e nel quale essa possa esercitare la propria influenza3. Invece l’Iran tenta una penetrazione nell’area, prevalentemente in Azerbaigian, basandosi sulla comunanza di fede e soprattutto di setta, cercando di includerlo, anche attraverso tentativi di esportazione della rivoluzione khomeinista4 nel blocco di paesi sciiti5, che ha nella visione iraniana il compito di bilanciare il peso statunitense nel Medioriente, contrastando sia il peso militare d’Israele che l’ascesa dei sostenitori del sunnismo, come l’Arabia Saudita6
.
1
A. Ferrari, Il limes cau…, op. cit., pp. 26-27.
2 G. Natalizia, op. cit., pp. 100-109.
3 U. Steinbach, Turkey’s Policies in Its Historical Hinterland, in F. Ismailzade, G. E. Howard (eds.), The
South Caucasus 2021. Oil, Democracy and Geopolitics, Washington, The Jamestown Foundation, 2012, pp. 153-155.
4 S. E. Cornell, op. cit., pp. 333-334. 5 G. Natalizia, op. cit., pp. 107-108.
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Oltre alle proiezioni delle potenze regionali, è molto forte nell’area l’influenza di una grande potenza, ovvero quella russa. Questa, in seguito alla dissoluzione dell’URSS, ha più volte rivendicato l’appartenenza dei paesi che una volta facevano parte di questa federazione come sua naturale area d’influenza, definendoli già a partire dagli anni Novanta come il suo “Estero Vicino”7. Con l’idea di tornare protagonista in questa regione, bloccando così il rafforzamento occidentale, la Russia ha sfruttato e continuerà a sfruttare i conflitti presenti nella regione, ereditati dagli stati nazionali in seguito allo scioglimento dell’URSS8
.
Oltre a queste sfere d’influenza, anche gli Stati Uniti d’America, si interessarono a quest’area e decisero immediatamente di sostenere gli stati caucasici con il Freedom
Support Act, che prevedeva la disponibilità di fondi per i paesi ex sovietici, col fine di
integrarli nel sistema dell’economia di mercato e avviarvi un processo di democratizzazione9. Gli interessi statunitensi sull’area si concretizzarono con la creazione di una serie di oleodotti, volti alla commercializzazione in Occidente delle risorse petrolifere azerbaigiane, fortemente volute dall’amministrazione Clinton, e che puntavano all’esclusione della Russia dal tragitto, in modo tale da diminuirne il peso nella regione10. Alla base di questo tentativo sono ravvisabili le teorie di Brzezinski, che individuò i paesi di quest’area, in particolare l’Azerbaigian, come un paese centrale per garantire l’accesso occidentale all’Asia Centrale e alle sue risorse11
.
Parallelamente all’interesse statunitense, anche l’Unione Europea si inizia ad interessare alla zona sfruttando le risorse di soft power che ne caratterizzano la proiezione estera. Infatti a metà anni Novanta attraverso gli Accordi di Parternariato e Cooperazione (APC) prima, passando per la Politica Europea di Vicinato (PEV) poi, ed infine con il Parternariato Orientale (EaP), l’Unione Europea ha cercato di sviluppare relazioni politiche, economiche e commerciali con i paesi del Caucaso, col fine di consolidarne
7
S. Giusti, Azerbaigian e Russia: Verso un nuovo corso?, in A. Carati, A. Locatelli (eds.), Le relazioni internazionali dell’Azerbaigian, Roma, Sandro Teti Editore, 2013, p. 59.
8 O. Moscatelli, M. De Bonis, Russia dentro, America fuori, satelliti sotto: Il paradigma di Mosca per la
transcaucasia, in “Limes. Rivista italiana di geopolitica”, 2014, n. 2, pp. 57-58.
9
G. Natalizia, op. cit., pp. 101-103.
10 S. LeVine, op. cit., pp. 257-278 e 407-424.
11 Z. Brzezinski, The Grand Chessboard. American primacy and its geostrategic imperatives, New York,
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l’indipendenza e di garantire la stabilità politica ad un’area vicina alle proprie frontiere12.
2.1.2 L’interdipendenza strategica della Subcaucasia
Il Caucaso meridionale, oltre ad essere il luogo di scontro di varie faglie geopolitiche, è esso stesso un territorio problematico a causa della complessità etnica che lo caratterizza e dei conflitti che ne sono derivati. Infatti i rapporti tra le tre nazioni che costituiscono il centro della regione (Armenia, Georgia e Azerbaigian) si sono determinati e continuano a svilupparsi in base a paradigmi incentrati sulla sicurezza, derivanti dal ruolo assunto dai conflitti nelle strategie nazionali13. In particolare, il conflitto sviluppatosi nel 1988 in Nagorno-Karabakh, e che vede contrapposta l’Armenia e l’Azerbaigian, ha giocato e gioca un ruolo centrale nella definizione dei rapporti tra i paesi della regione, generando una situazione di interdipendenza strategica tra di essi14.
L’Azerbaigian infatti, sin dalla sua indipendenza, iniziò a incentrare la sua politica estera e di difesa sul ritorno alla piena sovranità sul suo territorio nazionale, e sulla conseguente elaborazione di essa in relazione alla minaccia armena e all’espansionismo russo15. Questo atteggiamento portò l’Azerbaigian a stringere legami economici, commerciali e politici con paesi che fossero in grado di contrapporsi a queste minacce. Così, sin dai primi anni Novanta, Baku avviò dei rapporti d’amicizia con la Turchia e più in generale con l’Occidente, iniziando anche progetti di cooperazione militare con la NATO16. Questa politica portò nella regione il consolidarsi di un solido legame in forma anti russa tra Baku e Tbilisi, anch’essa minacciata dal vicino settentrionale17, che nel corso degli anni arrivò a toccare vari ambiti, fino a farne un partner centrale per il trasporto degli idrocarburi sui mercati europei, cementando così i legami precedentemente stretti18.
12 E. Fassi, Le relazioni tra Unione Europea e Azerbaigian: La dimensione politica e istituzionale, in M.
Ceccorulli, E. Fassi, Azerbaigian e Unione Europea, Roma, Sandro Teti Editore, 2013, pp. 29-37.
13
G. Libaridian, op. cit., pp. 253-256.
14 A. Carati, A. Locatelli, Introduzione, in A. Carati, A. Locatelli (eds.), Le relazioni internazionali
dell’Azerbaigian, Roma, Sandro Teti Editore, 2013, pp. 15-16.
15 E. Fuller, Azerbaijan’s Foreign Policy and the Nagorno-Karabakh Conflict, Roma, Istituto affari
internazionali, 2013, pp. 2-3.
16 S. E. Cornell, op. cit., p. 308. 17 A. Carati, A. Locatelli, op. cit., p.17. 18 S. Lussac, op. cit., pp. 26-27.
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La Georgia, sin dall’indipendenza, ha visto la propria integrità territoriale messa in pericolo dalla Russia che, oltre a minacciare direttamente il piccolo stato caucasico, ha più volte sfruttato i conflitti etnici in Abkhazia e in Ossezia del Sud per ingerire nella politica interna georgiana, al punto di arrivare ad un conflitto aperto avvenuto nell’agosto 200819
. Questa situazione ha spinto la Georgia, dopo un primo periodo di equilibrio tra l’Occidente e la Russia retto da Shevardnadze, ad adottare una politica anti russa20, che si sostanziò, oltre che nella costruzione di oleodotti e gasdotti che potessero portare le risorse azerbaigiane prima, e magari centro asiatiche poi, presso i mercati europei aggirando il territorio russo21, nella volontà di adesione alla NATO22. La Georgia inoltre appoggia le rivendicazioni azerbaigiane circa la sua integrità territoriale, non solo perché il riconoscimento internazionale della Repubblica del Nagorno- Karabakh porterebbe alla creazione di un precedente di diritto internazionale per il riconoscimento di Abkhazia e Ossezia del Sud, ma soprattutto in contrapposizione all’Armenia, baluardo della proiezione russa, anche militare, nella regione subcaucasica23.
L’Armenia basa la sua politica estera e di sicurezza sulla percezione di due minacce. Quella turca a ovest, motivata sia dai massacri del 1915, sia dal pieno appoggio turco all’Azerbaigian in relazione al conflitto sul Nagorno-Karabakh24
. Il quale ha portato la Turchia a chiudere le proprie frontiere con Erevan e a tenerle chiuse fino ad oggi, nonostante dei vani tentativi di pacificazione25. L’altra minaccia che, ad oggi intimidisce l’Armenia è un ritorno alle ostilità in Nagorno-Karabakh, infatti la situazione sul campo di battaglia sembra essere cambiata dal cessate il fuoco del 199426; da allora l’Azerbaigian, soprattutto grazie alle rendite economiche dovute allo sfruttamento delle proprie risorse energetiche, ha aumentato la propria spesa per gli armamenti, portandola alla cifra di 3 miliardi di dollari, superiore all’intero bilancio
19 S. M. Markedonov, Così Putin controlla Abkhazia e Ossezia del Sud, in “Limes. Rivista italiana di
geopolitica”, 2014, n. 2, pp. 47-51.
20
A. Ferrari, Il limes cau…, op. cit., pp. 30-31.
21 S. E. Cornell, op. cit., p. 306. 22 J. Nichol, op. cit., pp. 50-52.
23 A. Carati, A. Locatelli, op. cit., p.17. 24
S. E. Cornell, op. cit., p. 305.
25 N. Mikhelidze, The Turkish-Armenian…, cit., pp. 2-6.
26 M. Lorusso, L’Armenia in bilico preferisce la Russia, in “Limes. Rivista italiana di geopolitica”, 2014,
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statale armeno27. Questa situazione precaria ha spinto il governo di Erevan ad avvicinarsi sempre di più alla Russia, che, attraverso l’Organizzazione per il Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), il sistema di sicurezza che ricomprende Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Tagikistan e Kirghizistan le garantisce un intervento militare congiunto in caso di aggressione28. Infatti in Armenia si trova la base militare russa di Gyumri, recentemente ammodernata e che dal 2013 ha il compito di vigilare e intervenire, qualora l’Azerbaigian decida di risolvere militarmente la questione del Nagorno-Karabakh29. Col fine di consolidare questi legami e approfondire la cooperazione economica con il suo maggior partner economico e commerciale, nonché unico fornitore di gas naturale, la Russia30, il 3 settembre 2013 l’Armenia ha ufficialmente aderito all’Unione Economica Eurasiatica, che le ha garantito 15 miliardi di investimenti russi nel campo nucleare e dei trasporti31. Quindi risulta evidente come i tre paesi della subcaucasia vivano una situazione nella quale il minimo cambiamento nella strategia del singolo può portare a dei pay off per gli altri attori dell’area. Comunque vista l’alta posta in gioco, si può supporre che le relazioni estere dei paesi caucasici tra di loro e con le potenze circostanti dovrebbero rimanere stabili nel breve e medio periodo, non vedendo all’orizzonte una possibile soluzione, né pacifica, né militare agli attuali conflitti congelati.