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PARTE I: RISCHIO DI CREDITO E I NON PERFORMING LOAN

2.1 Definizione ed introduzione ai NPL

2.1.2 Cause iniziali dell’incremento di NPL in Italia

Sono stati sicuramente tre i fattori principali a causare l’aumento dei NPL in Italia nell’ultimo decennio:

• la recessione economica (dovuta all’estensione della crisi finanziaria del 2007/2008);

• l’estrema lentezza delle procedure di recupero dei crediti;

• l’assenza di un mercato secondario di NPL.

Inoltre, politiche creditizie imprudenti, un'eccesiva tolleranza nei confronti dei debitori (dai profili di rischio talvolta dubbiosi), erogazioni in conflitto di interessi o apertamente fraudolente costituirono altrettante aggravanti3.

1 Obbligo normativo derivante dagli accordi di Basilea, di cui l’ultimo, “Basilea 3 – Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari”, è reperibile all’indirizzo web specificato in [42]

2 [9] Doriana Cucinelli, “The Impact of Non-performing Loans on Bank Lending Behavior:

Evidence from the Italian Banking Sector”, Eurasian Journal of Business and Economics, 2015

3 [7] Carmelo Barbagallo ,“I crediti deteriorati delle banche italiane: problematiche e tendenze recenti”, Roma, 6 giugno 2017

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La capacità di smaltire le procedure di recupero crediti in Italia era dimezzata rispetto al resto dei paesi europei. In altre parole, i tempi di recupero crediti erano il doppio (a sua volta un riflesso dei tempi lunghi in generale delle procedure civili in Italia), il che significava che lo stock dei NPL tendeva ad assumere dimensioni importanti se confrontati con gli altri stati europei. Tra il 2014 e 2017 il tempo medio di recupero era di 8,5 anni1. La problematica non derivava soltanto dalle procedure “fuori banca”, ma anche da procedure interne. L’attenzione dedicata dagli intermediari finanziari al recupero credito era inferiore di molto se confrontata con l’attenzione dedicata ad altre operatività. Il riflesso empirico di questo fatto era visibile nello scarso quantitativo di personale predisposto, nelle altrettante scarse risorse materiali, nel basso livello di informatizzazione (le pratiche erano gestite principalmente in formato cartaceo) e nella mancanza di opportuni database che strutturassero in modo opportuno le informazioni.

Operando “manualmente”, un aumento improvviso delle pratiche per un già ridotto personale a disposizione, ha generato uno stock di queste anche all’interno delle banche. Questa manualità aveva anche l’aggravante di non rendere facilmente possibile una prioritizzazione delle pratiche. Algoritmi applicati in tempi recenti hanno evidenziato come si riesce a costruire un elenco di pratiche da prioritizzare permettendo così ai gestori di trattare per primi quei clienti con esposizioni rilevanti per i quali è previsto, in base alle proprie caratteristiche, di ottenere una maggior percentuale dei crediti vantati. Ci si focalizza quindi sulle controparti per le quali si ha un potenziale di recupero superiore evitando di disperdere energie. Per il gestore che lavorava con formati cartacei, questo tipo di prioritizzazione non era facilmente fattibile.

Il fatto stesso che esistano nel mercato operatori specializzati nel recupero credito con rendimenti rilevanti, è un’evidenza almeno parziale dell’inefficienza delle procedure di recupero credito nelle banche. La quasi

1 [10] Paolo Angelini, “I crediti deteriorati:

mercato, regole e rafforzamento del sistema”, Intervento del Vice Capo del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia, Roma, 9 ottobre 2018

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totale assenza di questi operatori nel mercato italiano era un’altra motivazione degli alti livelli di stock di NPL in Italia. Pur non trattandosi di una causa diretta di genesi di NPL, il non avere un mercato sviluppato di compra/vendita di crediti deteriorati era sicuramente un ostacolo in più nello smaltimento di questi, accrescendo quindi lo stock presente ed accrescendo il gap con altri paesi nei quali esisteva tale mercato.

Il motivo principale per il quale in Italia non esisteva un mercato secondario di NPL sufficientemente sviluppato va ricercato nel cosiddetto bid-ask spread. Si parla infatti della differenza fra il prezzo al quale le banche erano disposte a vendere i loro crediti deteriorati ed il prezzo al quale gli operatori di mercato specializzati in recupero credito erano disposti a comprare. A sua volta, il motivo di questa differenza nei due prezzi, di offerta e domanda, derivava dai diversi criteri di valutazione utilizzati dalle banche per scrivere il valore a bilancio di questi crediti e i criteri utilizzati dagli investitori potenziali. La differenza dei criteri si può sintetizzare nei seguenti due punti1:

1- Essendo dei crediti ad alto rischio di rimborso, il tasso di rendimento richiesto dagli investitori risultava molto più elevato rispetto al tasso utilizzato dalle banche per le scritture contabili (nel rispetto dei principi contabili IAS/IFRS allora seguiti), ovvero il tasso effettivo originario su questi attivi (molto più basso). Nel valutare i flussi futuri di incasso, utilizzando un tasso di rendimento maggiore rispetto alle banche, gli investitori si trovavano ad avere un valore attuale molto più basso rispetto a quanto calcolato nei bilanci bancari;

2- I costi indiretti della gestione degli NPL venivano considerati dalle banche, nel rispetto dei principi contabili, nell’esercizio di competenza. Gli investitori invece deducevano complessivamente questo importo immediatamente riducendo ulteriormente il valore netto e quindi il prezzo di acquisto.

1 [19] L. G. Ciavoliello, F. Ciocchetta, F. M. Conti I. Guida, A. Rendina, G. Santini, “Quanto valgono i crediti deteriorati”, Note di stabilità Finanziaria N. 3 aprile 2016

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Per ovvi motivi, risulta evidente come il prolungato tempo di recupero aggravi ulteriormente questa situazione. I costi, diretti e indiretti, di gestione sono maggiori se il tempo di recupero è maggiore. Allo stesso modo, tempi maggiori di recupero implicano una maggior probabilità di non recuperare affatto i crediti o un deterioramento del valore attuale (anche solo tenendo conto l’inflazione), il che si riflette in un maggior tasso di rendimento (o di rischio) richiesto dall’investitore.