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Passando all’analisi della fase cautelare del processo speciale in materia di appalti pubblici è necessario, anzitutto, sottolineare come gli strumenti della tutela cautelare ante causam e delle misure cautelari monocratiche, si presentino indubbiamente meno indispensabili - rispetto a quanto accade nel processo amministrativo generale - al soggetto che intende ricorrere avverso l’aggiudicazione definitiva, considerato che la proposizione del ricorso accompagnato dalla contestuale domanda cautelare produce

in materia elettorale. Sul tema cfr. Cons. Stato, Sez. III, 7 ottobre 2009, n. 3, in Foro amm.- C.d.S., 2009, 10, 2395, in cui si afferma che: “Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è una procedura diretta esclusivamente a provocare l'annullamento di un atto amministrativo e non consente di imporre un'azione positiva della p.a., per cui non si presta strutturalmente a contenere una procedura di ottemperanza fermo restando che il ricorrente può esperire dinanzi al giudice amministrativo competente un giudizio di ottemperanza relativo a quanto statuito con d.P.R. decisorio di un ricorso straordinario”. In senso conforme cfr. Cons. Stato, Sez. III, 16 dicembre 2003, n. 746, in Foro amm. C.d.S., 2003, 3866; Id., Sez. III, 9 giugno 1998 n. 32, in Cons. St., 1999, I, 1049.

automaticamente l’effetto di sospendere la stipula del contratto. Tanto è che la disciplina dei due istituti, contenuta nell’art. 245 del codice appalti fino all’entrata in vigore del Codice del processo, non è neppure richiamata dall’ art. 120, c.p.a., trattandosi di istituti di carattere generale, disciplinati dagli artt. 56 e 61 del Codice del processo, applicabili senza alcuna differenza anche nel contenzioso in materia di appalti pubblici. Sul punto è stato, infatti, sottolineato come non manchino astrattamente i casi in cui sia la tutela ante causam che la tutela monocratica possono conservare la loro utilità per il ricorrente, il che si può verificare: in primo luogo, quando non essendo impugnata l’aggiudicazione definitiva, ma altri atti (ad es. bandi, esclusioni, sanzioni, iscrizioni nel casellario informatico…), non si produce l’effetto sospensivo automatico; o ancora, quando la stazione appaltante, pur non stipulando il contratto, ne avvia l’esecuzione d’urgenza o si avvale di una delle deroghe allo standstill, consentite dal legislatore. E’ inoltre ipotizzabile che il ricorso alla tutela cautelare monocratica avvenga ad iniziativa della stazione appaltante resistente o dei controinteressati, al fine di conseguire rapidamente una pronuncia cautelare favorevole, tale da consentire la stipulazione del contratto, venendo meno l’effetto sospensivo automatico.179

In ordine ai rapporti tra verifica della competenza ed esame dell’istanza cautelare si deve ritenere applicabile al rito speciale in materia di appalti la regola generale dettata dall’ art. 55, co. 13, del c.p.a., secondo la quale il giudice adito può disporre misure cautelari solo se ritiene sussistente la propria competenza, altrimenti provvede ai sensi dell’art. 15, co. 5 e 6. In particolare, l’art. 15, co. 5, c.p.a., dispone che quando è proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non riconosca la propria competenza, non decide su tale domanda e, se non ritiene di dichiararsi incompetente con ordinanza, richiede d’ufficio con

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ordinanza il regolamento di competenza, indicando il tribunale che reputa competente.

Quanto ai termini del rito cautelare, la disciplina contenuta nel Codice degli appalti, in vigore fino al 15 settembre 2010, prevedeva un procedimento molto celere finalizzato ad evitare che rinviandosi la decisione cautelare si procrastinasse sine die anche l’effetto sospensivo automatico. In particolare, l’art. 245, comma 2 duodecies, stabiliva che la domanda cautelare era comunque trattata alla prima udienza utile in camera di consiglio, decorso il termine di cinque giorni dal perfezionamento della notificazione per i destinatari, termine entro il quale le altre parti potevano presentare istanze e memorie in relazione alla domanda cautelare. Ulteriormente, la suddetta norma stabiliva che “il giudice deve decidere interinalmente sulla domanda cautelare anche se ordina adempimenti istruttori, o concede termini a difesa, o solleva o vengono proposti incidenti processuali”.

Tale disciplina era però caratterizzata da un difetto di coordinamento tra il termine per l’udienza cautelare ed il termine di deposito del ricorso principale. Infatti, il ricorso principale andava depositato entro dieci giorni dall’ultima notificazione, mentre l’udienza cautelare è la prima udienza utile decorsi cinque giorni dal perfezionamento dell’ultima notificazione; ragion per cui se la prima udienza utile si collocava in una data non superiore a cinque giorni, poteva verificarsi che alla data dell’udienza cautelare non era stato depositato il ricorso introduttivo. Previsione che aveva portato ad elaborare una serie di opzioni interpretative al fine di intendere come prima udienza utile quella comunque successiva al deposito del ricorso e di prevedere l’onere per il ricorrente a costituirsi per la data della prima udienza utile, anche prima dello scadere del termini di dieci giorni.

Ebbene, l’incorporazione del rito speciale in materia di appalti nel nuovo Codice del processo amministrativo ha consentito il superamento di tutte le questioni interpretative connesse alla peculiare disciplina della fase cautelare, applicandosi in toto la

disciplina ordinaria di cui all’art. 55, c.p.a., con la previsione del dimezzamento dei termini dimezzati, ai sensi dell’art. 119, co. 2, c.p.a.

In base alla disciplina generale il collegio si pronuncia sulla domanda cautelare nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso. Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio.

Applicando il dimezzamento dei termini si ricava, quindi, che nel procedimento cautelare del rito speciale in materia di appalti (in virtù del rinvio operato dall’art. 120 all’art. 119 c.p.a.), il collegio si pronuncia sull’istanza cautelare alla prima camera di consiglio successiva al decimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e altresì al quinto giorno dal deposito del ricorso. Il termine dimezzato di deposito del ricorso è quindici giorni, per cui in concreto la prima udienza utile non può celebrarsi, se il ricorrente deposita al quindicesimo giorno, prima di venti giorni dal perfezionamento dell’ultima notificazione. Rimane la questione che le parti diverse dal ricorrente non sanno quando il ricorso viene depositato, e quindi quale è la prima udienza utile decorsi cinque giorni dal deposito; per questo motivo sarebbe stato preferibile, per ragioni di certezza, fissare la trattazione dell’incidente cautelare alla prima udienza utile dopo cinque giorni dalla scadenza del termine di deposito del ricorso.

Si osserva, in proposito, come i termini del procedimento cautelare, anche se soggetti al dimezzamento, si presentino comunque allungati rispetto all’originaria previsione di cui all’art. 245, co. 2-duodecies del d.lgs. 163 del 2006, in cui si stabiliva che l’incidente cautelare fosse trattato alla prima udienza utile decorsi cinque giorni dalla notificazione del ricorso.

Per l’appello cautelare fino al 15 settembre 2010 era previsto un termine unico breve di notificazione, pari a quindici giorni, decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione

dell’ordinanza, ed un termine di deposito di dieci giorni. Per l’ipotesi in cui fossero mancate sia la notificazione che la comunicazione d’ufficio, si riteneva applicabile il termine lungo di impugnazione decorrente dalla pubblicazione del provvedimento - pari a sei mesi ai sensi dell’art. 327 c.p.c. come modificato dalla legge n. 69 del 2009 - ritenuto applicabile anche nel processo amministrativo e ridotto a tre mesi in virtù del dimezzamento dei termini processuali previsto nel rito ex art. 23-bis, l. Tar.

Dal 16 settembre 2010, in assenza di previsioni espresse dell’art. 120 c.p.a., si deve considerare applicabile l’art. 119, co. 2 c.p.a., che sottrae al dimezzamento i termini di notificazione dell’appello cautelare, che sono quelli di cui all’art. 62, co. 1, pari a dire trenta giorni dalla notificazione o sessanta giorni dalla pubblicazione (in difetto di notificazione). Il termine di deposito dell’appello cautelare è, invece, 15 giorni (termine dimezzato rispetto a quello ordinario di 30 giorni, divisato dall’art. 62, co. 2, c.p.a., mediante rinvio all’art. 45, c.p.a.): infatti l’art. 119, co. 2, c.p.a., sottrae al dimezzamento solo il termine di notifica dell’appello cautelare e non anche il termine di deposito.