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CECCO D’ASCOLI Ascoli Piceno 1269 – Firenze 1327

PERSONAGGI MARCHIGIANI che hanno operato in Toscana

CECCO D’ASCOLI Ascoli Piceno 1269 – Firenze 1327

Poeta, medico, astrologo, filosofo

Il suo vero nome era Francesco di Simone degli Stabili, ma è passato alla storia con lo pseudonimo di Cecco d’Ascoli.

Studiò medicina nella famosa Università di Salerno; seguì brillantemente corsi di filosofia, di lettere, di matematica, di teologia.

Iniziò ad insegnare medicina ed astrologia in varie Università italiane, tra le quali nell’Università di Fermo. Le sue lezioni fecero scalpore e la sua noto-rietà aumentò, tanto che Papa Giovanni XII, nel 1316 lo volle ad Avigno-ne come medico e come astrologo personale, ma il soggiorno durò poco.

Vagò in varie corti italiane, ascoltato consigliere come astrologo e come medico. Nel suo girovagare incontrò Dante Alighieri; dopo un primo ap-proccio positivo, finirono per litigare; con due personalità di quel gene-re, non poteva finire diversamente; Cecco d’Ascoli rimproverò a Dante il modo di concepire la realtà e la vita.

In seguito l’Università degli Artisti di Bologna lo nominò insegnante di medicina e di astrologia nella omonima università, dove fu stimato “sot-tilissimo dottore di filosofia e di medicina, eccellentissimo e bravissimo astrologo”. Nel 1322 l’Università coniò una medaglia con la sua effigie. A Bologna conobbe il poeta toscano Cino da Pistoia, col quale ebbe rapporti.

Mentre gli allievi lo seguirono con entusiasmo, affascinati dalle sue lezioni, alcuni colleghi, invidiosi del suo successo, “collitorti”, lo avversarono forte-mente, lo accusarono di eresia per i suoi insegnamenti filosofici e lo segna-larono all’Inquisizione. Disgustato, abbandonò Bologna e si trasferì a Fi-renze, dove fu accolto molto favorevolmente dal Duca di Calabria, Signore di Firenze, figlio di Carlo d’Angiò; lo nominò suo medico e suo astrologo;

l’autorizzò ad aprire la sua “Scuola Filosofica”. La stima della corte, i nu-merosi ed appassionati studenti che seguirono le sue lezioni ammantate di magia e la lettura dei suoi libri17, suscitarono l’invidia e la gelosia di molti personaggi fiorentini, specie del celebre e potente medico Dino del Garbo.

L’ambiente fiorentino diventò ogni giorno più ostile, ma lo stesso Cecco d’Ascoli dette lo spunto per farlo precipitare: in un suo oroscopo predisse che Giovanna, figlia del Duca di Calabria, futura regina di Napoli, sarebbe diventata una prostituta. Naturalmente la previsione urtò terribilmente il Duca e la reazione fu immediata: il primo ministro del duca che era anche Vescovo d’Aversa, accusò Cecco d’Ascoli d’eresia per quanto affermato nel suo libro “Sfera Armillare”. Fu arrestato e condotto nelle carceri fiorentine del Sant’uffizio. Per vari mesi fu sottoposto a varie torture ed a vari inter-rogatori, nei quali gli rimproverarono le affermazioni espresse nella “Sfera

17 Libri scritti da Cecco d’Ascoli:“Sfera Armillare; Acerba; De principiis astrologiae;

Tractatus in sphera; De eccentricis et epicyclis, ecc.”.

Armillare”, libro empio, indecente, contrario alla fede ortodossa, suggerito dal diavolo e lui giudicato “iniquo stregone”. Venne pungolato a confessare le sue colpe, ad abiurare i suoi errori: ma ad ogni sevizia rispose sempre che non furono errori, ma “cose vere che aveva dette, scritte, insegnate e nelle quali credeva”; questi interrogatori ebbero luogo nel refettorio del convento di Santa Croce di Firenze, dove vi era affrescato un cenacolo di Giotto. Ma il 20 settembre del 1328, nella Chiesa di Santa Croce, ad-dobbata a lutto, fu fatto l’ultimo grande processo: furono presenti molte autorità, dottori e consultori del Sant’Uffizio e un numeroso pubblico. Po-sto sopra un palco, eretto appositamente, gli lessero, per l’ultima volta, le accuse, gli chiesero se volesse pentirsi, abiurare e salvare in extremis la sua vita; per l’ennesima volta Cecco d’Ascoli si rifiutò dicendo che quelle cose

“l’aveva dette, l’aveva scritte, l’aveva insegnate perché erano la verità in cui credeva”. Allora il Grande Inquisitore, Fra’Accursio, lo condannò ad essere bruciato vivo, insieme al malefico libro della “Sfera Armillare” ed a tutti gli altri suoi libri. Gli fece indossare le farsesche vesti del condannato (il sam-benito, la mitra, ecc.) e scalzo lo avviò, con il dovuto corteo, al patibolo, posto tra Porta alla Croce e Porta Pitti, detto Campo de’ Fiori.

Dopo averlo legato al palo, innalzato appositamente, gli spezzarono le vene della fronte ed accesero il fuoco. Sembra che prima di morire abbia ripetu-to: “l’ho detto, l’ho scritto, l’ho insegnato, lo credo”.

Cecco d’Ascoli ebbe tanti denigratori, ma ebbe grandi estimatori e molti riconoscimenti:

- nel 1322 – ancora vivente – L’Università di Bologna coniò una me-daglia con la sua effigie;

- l’Università di Cambridge lo commemorò sottolineando la sua gran-dezza come medico, come astrologo e come filosofo;

- intorno al 1700 l’umanista gesuita Paolo Appiani tentò di riabilitare Cecco d’Ascoli con la biografia “Vita Francisci Stabilis (vulgo) Cec-co d’AsCec-coli”;

- nel 1812 Evasio Leone, direttore del Liceo del Tronto - qualeproseguo dell’Università di Fermo - lesse una difesa storica di Cecco d’Ascoli;

- la città di Ascoli Piceno fece realizzare una statua di bronzo, raffigu-rante Cecco d’Ascoli;

- nel 1875 Giulio Cantalamessa dipinse un quadro in cui “Cecco d’A-scoli tiene una lezione a Firenze”; quadro che è conservato in una sala della pinacoteca cittadina a lui intitolata;

- nel 1916 la comunità italiana di New York incaricò lo scultore to-scano Edmondo Camilli di realizzare una statua, raffigurante Cecco d’Ascoli, da porre davanti alla chiesa di S. Maria del Carmine di

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