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Un secolo -o quasi- di museologia dell'antico agli Uffizi, tra eredità ed evocazione (1919-2015)

La storia recente dell'antico agli Uffizi è, per certi aspetti, la storia di una riconquista di spazi e di una liberazione dal diffuso pregiudizio che vede i dipinti del museo -segnatamente quelli rinascimentali- superare nell'apprezzamento del pubblico la collezione di sculture, relegata ad arredo dei corridoi e di zone secondarie dell'edificio, con buona pace di una secolare tradizione per cui, fino all'Ottocento inoltrato, la più comune definizione degli Uffizi era quella di “Galleria delle statue”.

A partire dallo smantellamento del Ricetto delle Iscrizioni e del Gabinetto dell'Ermafrodito, iniziò dunque la dispersione delle opere e delle iscrizioni che vi erano esposte: mentre la stragrande maggioranza delle iscrizioni raggiunse i locali del Museo Archeologico, per poi finire in deposito nell'Antiquarium di Villa Corsini a Castello in tempi più recenti, i marmi restanti passarono da una nuova sala all'altra, conoscendo talvolta lunghi periodi di relegazione nei depositi per motivi logistici.

VIa. La “Sala 1”.

Nel 1919 la Galleria venne a dotarsi di un nuovo spazio per le sculture antiche, collocato all'inizio del primo corridoio e costruito ex novo; questa decisione non mancò di suscitare polemiche e lagnanze,430 in risposta alle quali fu ricordato come il nuovo ambiente venisse anzi a regolarizzare “il tratto di Galleria fra il cavalcavia di unione con Palazzo Vecchio e la testata sul fiume”.431 Provvista di un piccolo vestibolo di accesso che -posto in prossimità dell'attuale vano ascensori- la ricollegava all'atrio lorenese, la nuova sala fu infatti posizionata con un lato lungo a ridosso della parete orientale della testata del primo corridoio, con un lato corto su via della Ninna e al di sopra di “una parte del vecchio fabbricato, ad uso di Uffici di Direzione”.432 Per la sua collocazione, la sala venne ad essere contrassegnata con il numero 1.

430 Come quelle per le quali il Sottosegretario di Stato del Ministero dell'Istruzione chiese conto alla Galleria in data 19 luglio 1920 (AGU, 1920, A92, Posizione 2, n. 2, prot. 7927), avendo risposta il successivo 17 settembre (AGU, Ibidem). 431 Si veda la nota precedente.

432 Così si legge nella comunicazione che accompagna la perizia relativa alla costruzione della nuova sala, datata 18 aprile 1919. AGU, 1919, A92, Posizione 2, n. 7.

La sala -visitabile già dal 1921-433 riecheggiava in modo evidente i criteri allestitivi che caratterizzavano le due sale da poco smantellate, con l'eccezione del pavimento, che nella sala nuova fu realizzato in motivi geometrici in marmo d'ispirazione déco, allora d'uso corrente nell'edilizia residenziale:434 anche nella sala 1 la luce pioveva dall'alto attraverso un lucernario -”con armatura in ferro, coperto a lastre di cristallo rigate, ed a riscontro del medesimo ... nel nuovo soffitto un controlucernario”, come ricorda la perizia dei lavori - e la disposizione delle sculture, con l'Ermafrodito al centro ed i bassorilievi lungo le pareti, sembra tener presente in particolare l'esperienza del Gabinetto dell'Ermafrodito.

L'allestimento (Ill. 90) è ricostruibile tanto dalle fonti letterarie quanto da documenti audiovisivi:435 particolarmente prezioso al riguardo un cinegiornale dell'Istituto Luce436 che, in occasione dell'invio a Roma dei marmi dell'Ara pacis nel 1937 (Ill. 91), offre alcuni scorci della sala 1 in cui essi si trovavano, confermando ed integrando i dati forniti dall'Elenco delle Sculture del 1921.437 Dall'Elenco si evince inoltre che, tra la porta che dà sul primo corridoio e quella del piccolo vestibolo in corrispondenza dell'attuale vano ascensori, l'ingresso alla sala fosse quest'ultimo -definito appunto “passaggio alla sala dei rilievi” e provvisto anch'esso di un ridotto arredo scultoreo-438 (Ill.92). La sala dei rilievi -detta poi anche dell'Ara Pacis ed ancora “dell'Ermafrodito”- era dunque il primo locale espositivo della Galleria -dopo il ricetto lorenese- cui il visitatore si trovava ad accedere una volta salito lo scalone: ancora una volta, dunque, le prime opere d'arte del patrimonio degli Uffizi ad apparire alla vista del pubblico in un percorso espositivo si trovavano ad essere sculture antiche, e l'ingresso al primo corridoio avveniva dunque dalla testata, passando accanto al gruppo di Ercole con il Centauro alto sulla sua base, ritornato qui già nell'Ottocento dopo il breve periodo in cui era stato trasferito nel Ricetto delle Iscrizioni su progetto 433 Godoli 1981, p. 13

434 Godoli 1981, ibidem.

435 Al visitatore entrando apparivano dunque sulla parete di fondo le due lastre a rilievo con decorazione di viticci e di

acanto (Inv. 1914, nn. 311-312), una delle quali divisa in due parti e l'altra pertinente alla decorazione dell'Ara Pacis, poste ai lati del rilievo con scena di sacrificio (Inv. 1914, n. 342), mentre in basso, in posizione centrale, era

posto l'altorilievo del cosiddetto Viandante seduto (Inv. 1914, n 537). Nella parte alta dei due lati lunghi della sala campeggiavano invece i rilievi del fregio dell'Ara Pacis: a destra entrando due processioni sacre con al centro il rilievo della Tellus , a sinistra altre due processioni sacre con l'altorilievo di Giove Ammone al centro (Inv. 1914, n. 317), posto al di sopra della porta che metteva al primo corridoio. Soltanto il lato lungo, a destra dell'ingresso alla sala, presentava una decorazione scultorea nella parte inferiore, costituita da tre fronti di sarcofago, due di maggiori dimensioni raffiguranti uno le fatiche di Ercole e l'altro un tiaso marino (Rispettivamente, Inv. 1914, nn. 145 e 119), con una fronte di sarcofago più piccolo -decorato anch'esso con un simmetrico motivo di divinità marine-, posto verosimilmente nel centro (Inv. 1914, n. 160). Alle spalle di chi entrava, ai lati della porta d'ingresso, restavano due rilievi, l'uno raffigurante tre baccanti e l'altro tre menadi danzanti (Rispettivamente, Inv. 1914, nn. 318-324). Al centro della sala riposava l'Ermafrodito dormiente (Inv. 1914, n.343).

436 Giornale Luce B1211. 01/12/1937. “Firenze. Il trasporto di frammenti dell'Ara Pacis a Roma per volere del Duce in occasione del bimillenario di Augusto”. Disponibile in rete all'indirizzo http://www.archivioluce.com/archivio/jsp/schede/videoPlayer.jsp?

tipologia=&id=&physDoc=15031&db=cinematograficoCINEGIORNALI&findIt=false&section=/ 437 Elenco 1921, pp. 17-20.

di Luigi Lanzi.

Fonti di poco successive documentano alcuni mutamenti allestitivi (Ill. 93): il Catalogo

delle Gallerie degli Uffizi e di Pitti di Elvira Grifi, pubblicato nel 1925, oltre alle sculture già

presenti,439 ricorda l'inserimento del busto di Antinoo,440 già collocato nel Gabinetto dell'Ermafrodito, e di un “busto romano, del periodo repubblicano”441 che il numero d'inventario consente di identificare nel cosiddetto Antonio, già collocato nel Ricetto delle Iscrizioni quale

pendant del ritratto di Cicerone di fianco alla porta laterale che metteva alla sala degli Autoritratti

(attuale sala 35). Ad una fase immediatamente successiva è inoltre possibile datare un'ulteriore immagine fotografica (Ill. 94) che, confermando la presenza nella sala dei due busti già ricordati -posti sulla parete di fondo entrando dal piccolo vestibolo- e precisando la collocazione dei due frammenti separati della parasta decorata con girali, documenta inoltre la collocazione di tre ritratti su erma, sebbene il criterio di simmetria che pare caratterizzare l'allestimento consenta di ipotizzarne nella sala almeno sei.442 Sul lato lungo occidentale, al di sotto di uno dei rilievi del fregio dell'Ara Pacis, tra l'Arato ed il Crisippo, in basso si riconosce il rilievo pseudoantico raffigurante un sacrificio di imperatore,443 documentato qui ora per la prima volta. In ossequio ai già ricordati criteri di simmetria, è lecito supporre la presenza speculare sulla medesima parete, al di sotto dell'altro rilievo pertinente all'Ara Pacis, di un altro marmo che, al pari del precedente, era destinato a far parte dell'arredo della sala fino al suo smantellamento nel 2014, ovvero il bassorilievo con la raffigurazione di due donne con toro tipo “Balaustra di Athena Nike”.444

L'evento di maggiore rilevanza nella storia allestitiva della sala nei suoi primi anni è senza dubbio l'alienazione dei marmi dell'Ara pacis:445 il vuoto lasciato sulle pareti appare particolarmente evidente in una fotografia Alinari datata 30 luglio 1948 (Ill. 95-97),446 ripresa in prossimità dell'angolo orientale della parete breve opposta all'ingresso. Sulla parete dell'ingresso dal vestibolo, insieme ad altri rilievi già presenti nella sala, appaiono documentati per la prima volta in

loco il rilievo frammentario con biga447 ed il rilievo con veduta del tempio di Vesta.448 Al centro è ancora presente l'Ermafrodito, con la testa rivolta verso la porta del piccolo vestibolo: nella 439 Dall'elencazione della Grifi risultano assenti le due fronti di sarcofago raffiguranti rispettivamente il tiaso marino

-la più piccola delle due di tale soggetto- e le fatiche di Ercole: tuttavia, anche alla luce dei numerosi refusi, è possibile ipotizzare che l'omissione delle due opere sia dovuta ad un lapsus calami.

440 Inv. 1914, n. 327. 441 Grifi 1925, p. 6.

442 Si riconoscono i filosofi identificati con Arato, Crisippo ed Ippocrate, rispettivamente, Inv. 1914 nn. 394, 398 e 353.

443 Inv. 1914, n. 321. 444 Inv. 1914, n.330

445 Per una puntuale disamina del “dossier” documentario relativo, si veda Natali 1981.

446 Firenze, Galleria degli Uffizi, Gabinetto fotografico. La data è riportata sul foglio in cartone rigido che fa da supporto.

447 Inv. 1914, n.539. 448 Inv. 1914, n.336.

fotografia è visibile la base marmorea realizzata in sostituzione di quella lignea visibile nelle fotografie più antiche e che risale verosimilmente allo spostamento nella nuova sala.449 Rispetto a quanto precedentemente attestato, nella sala figuravano ora numerosi esempi di scultura antica a tutto tondo: il lato lungo orientale era occupato da due repliche intere del Doriforo di Policleto -una delle quali visibile nella fotografia-,450 tra le quali, impostato su di un'ara antica, figura una replica frammentaria in basalto derivata dal medesimo prototipo, già collocata nel gabinetto dell'Ermafrodito.451 Sul lato opposto s'indovina la presenza di quattro ritratti su erma -tre dei quali visibili nella fotografia-, disposti due ai lati della porta sul primo corridoio e due agli estremi opposti della parete.452

Per lungo tempo la sala mantenne un assetto fondamentalmente inalterato, ed infine nel 1981 conobbe un significativo riallestimento orchestrato da Antonio Godoli e da Antonio Natali (Ill.

98-100). Lasciando inalterate le strutture murarie - compresa la cornice del soffitto ad ovuli e

dentelli-, il pavimento marmoreo e le lastre in marmo rosa che incorniciavano le due porte -la minore delle quali da tempo murata- e correvano in una fascia lungo il margine inferiore delle quattro pareti, i cambiamenti maggiori interessarono la tinteggiatura delle pareti, passate da un colore prima verde scuro e poi grigio453 ad un giallo luminoso che, unendosi alla luce naturale che filtrava dal lucernario ed a quella di quattro apparecchi con sorgenti alogene collocate in corrispondenza di esso, era finalizzato ad evocare una dimensione di esterno e di solarità. A questo intervento si univa la tinteggiatura rossa delle basi, in sostituzione di quella a finto marmo e finto porfido documentata dalle testimonianze fotografiche: giallo e rosso venivano dunque a combinarsi in un “motivo di vago sapore mediterraneo”,454 volto a ricontestualizzare i reperti stessi.

La maggiore novità dell'allestimento fu tuttavia il ritorno nella sala di parte dei rilievi dell'Ara Pacis, sia pure nella forma di calchi in gesso realizzati in quello stesso anno dall'Istituto d'Arte di Porta Romana:455 i calchi di due processioni sacre e della Tellus furono infatti collocati nella parte alta delle pareti, i primi due sulla parete orientale e la seconda in una posizione diversa da quella occupata dall'originale, a dominare il lato breve settentrionale, dal quale fu rimosso il rilievo di viandante seduto, trasferito sulla parete orientale tra le due repliche a figura intera del 449 Nel già ricordato filmato dell'Istituto Luce, l'Ermafrodito -spostato fuori dalla sala nel primo corridoio, verosimilmente per non intralciare i lavori del cantiere per il distacco dei rilievi dell'Ara Pacis dalla parete- appare già impostato su questa base.

450 Inv. 1914, n. 91. La replica invece non visibile è registrata al numero 114 del medesimo inventario. 451 Inv. 1914, n. 308.

452 I ritratti visibili nella fotografia corrispondono ai nn. 391 (Demostene), 370 (Cd. Alcibiade) e 397 (Ignoto) dell'inventario 1914. Il quarto ritratto (si veda l'allestimento schematizzato nell'illustrazione 8) è stato identificato nel ritratto di filosofo n. 353.

453 Godoli 1981, p. 11. 454 Ibidem.

Doriforo e posto in asse con la porta che dava sul primo corridoio, unico accesso della sala rimasto

agibile. Il torso in basalto, sulla sua ara antica, fu invece collocato davanti alla porta minore, murata. L'allestimento, al pari di assetti precedenti, appare improntato a regolari criteri di scenografica simmetria, privilegiando la visione dalla porta sul corridoio.

VIb. Gli anni novanta.

Chiusa nel 1993,456 in seguito alla ristrutturazione che interessò il complesso vasariano in seguito alla bomba esplosa in via dei Georgofili nella notte del 27 maggio, la sala 1, riaperta nel 1996 (Ill. 101), registrò la rimozione delle due repliche a figura intera del Doriforo, collocate nei corridoi di Galleria là dove erano poste a metà del XVIII secolo: la necessità di intervenire a livello strutturale per riparare i danni della bomba fornì il pretesto per intervenire anche a livello allestitivo, riportando sistematicità e ordine in un assetto che nel tempo aveva visto la collocazione nei corridoi di opere secondo un criterio casuale e disordinato, tra quadri, arazzi, sarcofagi e sculture (Ill. 102-

103). Modello del riordino fu il già più volte ricordato Inventario disegnato coordinato dal De

Greyss:457 l'operazione mirava dunque a riproporre nei corridoi l'assetto visibile all'epoca della grande stagione del Grand Tour ma che nel contempo, fatte salve le aggiunte successive, seguiva nelle linee generali quanto pianificato già al tempo di Francesco I de'Medici e conservatosi fino al riallestimento lanziano del 1780. La ricollocazione di quasi tutti i marmi, delle statue e dei busti,458 là dove essi anticamente si trovavano, consentì di recuperare il legame tra arredo scultoreo e conformazione architettonica dell'ambiente: percorrendo i corridoi oggi è ad esempio facile notare come alla collocazione di un busto corrisponda nel soffitto una trave trasversale, mentre ne appaiono due in corrispondenza della collocazione di una statua a figura intera. Accanto alle sculture, seguendo quanto raffigurato dai disegnatori settecenteschi, nel corridoio tornarono ad essere collocati i piccoli dipinti della “serie Gioviana” nella parte alta delle pareti e, in corrispondenza delle sculture a figura intera, i più grandi dipinti della “serie Aulica”.

Mentre la collezione scultorea della Galleria era dunque riordinata secondo un criterio volenterosamente filologico, la direttrice del neonato dipartimento di Antichità Classiche, Piera Bocci Pacini, prima funzionaria archeologa del museo almeno dai decenni centrali dell'Ottocento, 456 In Gasparri 2005, p. 104, nota 41, quella del 1981 viene definita una “fugace riapertura”. A motivare tuttavia questa

chiusura della sala fu la necessità di reperire spazio per restauri urgenti (Piccinini 2002, p. 77). 457 Sul riallestimento dei tre corridoi si vedano inoltre Godoli- Petrioli Tofani 1996 e Petrioli Tofani 2003.

458 Alcune sculture non poterono essere ricollocate perché ormai parte del patrimonio di altre istituzioni museali -è il caso ad esempio dei marmi moderni confluiti al Bargello alla fine dell'Ottocento, di una Afrodite seduta con Eros a Boboli già dagli anni ottanta del Settecento e dei togati ora nel giardino della villa di Castello, peraltro assai deteriorati da secoli di esposizione alle intemperie- o perché distrutte nell'incendio divampato nel terzo corridoio il 12 agosto 1762.

aveva già posto le basi per uno studio delle sculture antiche di Galleria in rapporto agli antichi inventari figurati e ad una capillare consultazione delle fonti archivistiche.459 Particolarmente significativo è un contributo del 1989 in cui la ricostruzione delle vicende collezionistiche di alcuni ritratti romani degli Uffizi portò la studiosa ad esaminare criticamente i fogli dell'Inventario

disegnato -nella versione a matita conservata a Firenze- e ad abbozzare una sia pur sommaria

ricostruzione teorica dell'assetto fogginiano del Ricetto delle Iscrizioni, mettendo in relazione i disegni con una pianta del locale che indicava le posizioni delle pareti raffigurate singolarmente sui vari fogli.460

Nel frattempo in Galleria erano state prese iniziative che avrebbero riportato anche al recupero dello spazio dell'antico Ricetto a fini espositivi. Il 27 maggio 1994461 la sala tornò infatti ad ospitare dopo quasi settant'anni una raccolta di iscrizioni, ristretta nel numero ma non per qualità, donata dallo storico dell'arte Detlef Heikamp, tra i più importanti conoscitori del patrimonio collezionistico fiorentino. La donazione si inserisce tra le grandi manifestazioni di affetto e di solidarietà che, all'indomani della bomba di Via dei Georgofili, furono tese non soltanto ad un recupero materiale e strutturale, ma anche a favorire una costruttiva riflessione sul valore culturale della Galleria e dei suoi nuclei collezionistici storici: Heikamp, primo ad occuparsi dei disegni dell'équipe del De Greyss462 e convinto sostenitore di una riproposizione integrale degli allestimenti antichi tanto da chiedere espressamente la collocazione delle iscrizioni in questo specifico ambiente della Galleria, fu mosso dall'”intento di far rivivere significati e concetti del passato legati alla collezione fiorentina in parte perduti nel corso del tempo”.463 A sei dei sette marmi donati dallo studioso464 sono state aggiunte nella sala altre quattro are provenienti dalle collezioni della Galleria ed un tempo esposte nel Ricetto, dedicate rispettivamente a Lucius Genicius Epaphroditus,465 Titus

Claudius Zosimus,466 Caius Iulius Phosphorus467 e Cnaeus Turpilius Parthenopaeus.468 Alla prova 459 Per una sintetica rassegna degli scritti di Piera Bocci Pacini relativi alle sculture della Galleria si vedano Bocci

Pacini 1985, Bocci Pacini 1985-1986, Bocci Pacini – Cassinelli Lazzeri 1988, Bocci Pacini 1989, Bocci Pacini 1994, Bocci Pacini-Verona 1999.

460 Bocci Pacini 1989-1990: si veda in particolare l'appendice di Francesco Petrone a p. 357. 461 Heikamp – Letta 1994.

462 Heikamp 1969 463 Ibidem.

464 Attualmente risultano esposti nella sala i due frammenti del pilastro con resoconto dei Ludi Saeculares augustei del 17 a.C. (Inv. 1914, nn. 1739-1740, montati in un'unica struttura), il cippo funerario intitolato a Quintus Caelius Attiacus (Inv. 1914, n. 1741), l'ara funeraria dedicata a Sextus Sammius Aper (Inv. 1914, n. Inv. 1914, n. 1742), l'iscrizione dedicatoria all'imperatore Adriano (Inv. 1914, n. 1743), l'ara funeraria dedicata a Titus Flavius Athenaeus (Inv. 1914, n. 1745) e l'ara funeraria dedicata al liberto Alkibiades (Inv. 1914, n. 1746). Resta nei depositi l'iscrizione dedicata a Sextus Curvius Tullus (Inv. 1914, n. 1744). Per un commento puntuale delle singole opere, si veda C. Letta in Heikamp – Letta 1994.

465 Inv. 1914, n. 959. 466 Inv. 1914, n. 940. 467 Inv. 1914, n. 965. 468 Inv. 1914, n. 937.

dei fatti, tuttavia, quello della donazione Heikamp e del suo allestimento risulta un omaggio ad un passato ritenuto ormai definitivamente concluso e, insieme all'esperienza della sala 1 -che, ancora nel 1999 era indicata dalla guida ufficiale di Galleria come “in riallestimento”-,469 con i suoi frequenti periodi di chiusura, resta troppo circoscritto per suscitare un dibattito produttivo sulla sorte e sul debito trattamento delle collezioni di scultura antica del museo fiorentino.

VIc. L'apporto di Antonella Romualdi alla valorizzazione delle collezioni archeologiche.

A promuovere una più matura riflessione sulla storia collezionistica delle sculture di Galleria, sul senso e sulle forme degli antichi allestimenti e sulla valorizzazione di questo importante nucleo collezionistico degli Uffizi, fu Antonella Romualdi, direttrice del Dipartimento di Antichità Classiche dal 2001 al 2008 dopo la Bocci Pacini. Nell'aprile 2002 la studiosa, in un brevissimo contributo sul “Giornale degli Uffizi” presentava la riapertura della sala 1 come una “esigenza improcrastinabile”,470 sia in attesa degli sviluppi del progetto “Nuovi Uffizi”, con l'apertura di nuovi spazi, sia in conseguenza dell'ammirazione riscossa da alcuni dei marmi che, da tempo fuori dal percorso museale, erano stati esposti nel dicembre del 2001 nella prima delle mostre del ciclo “I mai visti”.471

Sempre nel 2002, e sempre grazie all'opera della Romualdi, la Galleria degli Uffizi ospitò un convegno sul tema delle problematiche legate all'esposizione di marmi antichi nelle collezioni storiche. Gli atti del convegno rendono adeguatamente conto dell'importanza di questo evento ai fini della storia futura dell'antico agli Uffizi: alcuni tra i nomi più importanti dell'archeologia e della storia del collezionismo furono chiamati a confrontare realtà diverse -dagli Uffizi ai Musei Vaticani, dalla collezione Medici-Riccardi al Museo Archeologico di Napoli-, ma ogni intervento sembrò voler contribuire alla risposta ad un unico problema, efficacemente 469 Fossi 1999, p. 13.

470 Il Giornale degli Uffizi, aprile 2002

471 Tra i marmi esposti si ricordano infattiil ritratto di Cicerone (Inv. 1914, n.352. Mai Visti 2001, pp. 20-21), il ritratto di Vestale (Inv. 1914, n. 150. Mai Visti 2001, pp. 22-23.), i due rilievi con scene di bottega (Mai Visti 2001, pp. 24- 27.) e le erme del cosiddetto Alcibiade (Mai Visti 2001, pp. 28-29) e di Crisippo (Mai Visti 2001, pp. 30-31.). Altre presenze, un tempo tra sala delle iscrizioni e gabinetto dell'ermafrodito qui restituite al pubblico dopo un periodo di oblio, sono l'Ara circolare decorata con la raffigurazione del sacrificio di Ifigenia firmata da Kleomenes (Inv. 1914, n. 612, Mai Visti 2001, pp. 32-33), il piccolo pseudo-Seneca (Inv. 1914, n. 413; Mai Visti 2001, pp. 36-37) -tagliato sulla parte posteriore ed un tempo esposto nel ricetto al di sotto della Tellus simmetricamente ad una testa di Dace