Lo smantellamento della Sala delle Iscrizioni e del Gabinetto dell'Ermafrodito
Se già nel corso nell'Ottocento si è riscontrata l'assenza di un vero e proprio criterio allestitivo che caratterizzasse le scelte d'arredo della sala, va detto che già all'inizio di quel secolo risalgono le riserve di Tommaso Puccini che, ancor prima di rivestire la carica di direttore della Galleria, definiva un qualcosa di inutile esporre “incrostate qua e là alle pareti di un museo mille antiche iscrizioni greche, latine, consolari, imperiali, in cui sia fatta memoria di una strada nuovaente aperta, di un acquedotto ristaurato, di una esenzione ottenuta, di una moglie dolente sulle ceneri dello sposo”, e che, tranne in qualche raro caso, niente potevano aggiungere a quello che era stato tramandato dagli scrittori antichi.414
Va. L' acceso dibattito sulla collocazione delle sculture antiche degli Uffizi tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento.
Alle riserve che aprirono il secolo ed alla evidente mancanza di un criterio allestitivo articolato, messa in luce nel capitolo precedente, fece eco quanto proposto tra il 1879 ed il 1880 dalla Commissione tecnica cui era stato affidato il progetto ministeriale relativo all'allestimento del Regio Museo Archeologico di Firenze in Palazzo della Crocetta, volto a radunare in un unico luogo non soltanto la collezione egiziana ed etrusca nel frattempo ricoverata nel Cenacolo del Fuligno in via Faenza, ma anche il patrimonio di scultura antica degli Uffizi, del Palazzo Pitti e del giardino di Boboli, di palazzo Medici-Riccardi e delle ville di Poggio Imperiale e di Castello.415 Come le sculture moderne degli Uffizi -con l'eccezione del Laocoonte, replica cinquecentesca del celebre gruppo del Belvedere eseguita da Baccio Bandinelli- avevano già lasciato pochi anni prima la Galleria per essere allestite presso il Museo Nazionale del Bargello, così anche per i materiali archeologici si andava meditando una propria collocazione: la connotazione degli Uffizi come straordinaria Wunderkammer che riuniva naturalia ed artificialia, dipinti e sculture accanto a reperti precolombiani, strumenti scientifici e creature imbalsamate, andò incontro nell'Ottocento ad una tendenza razionalistica volta a riservare uno specifico luogo espositivo per ogni diverso nucleo collezionistico, il che rende ancora oggi ogni grande museo fiorentino una sorta di “costola” degli Uffizi, perché fomato a partire da un nucleo di elementi un tempo ivi collocati.
414 Barocchi 1983, p. 123, nota 373. 415 Milani 1912, p. 90.
La rimozione del patrimonio di scultura antica degli Uffizi ed il loro trasferimento presso il Palazzo della Crocetta ebbero un importante sostenitore nella figura di Luigi Adriano Milani (1854-1914), “adiutore” o “addetto” del Museo tra il 1881 ed il 1890 -con l'incarico di allestire al suo interno il Museo Etrusco- e, insieme ad Ernesto Schiaparelli, “vice direttore” tra il 1887 ed il 1891, per poi essere nominato direttore del R. Museo Etrusco l'anno seguente. 416Lo studioso tornò a più riprese a ribadire quella che riteneva la necessità di trasferire le statue ed i busti degli Uffizi in altro luogo: nella guida del nuovo Museo Archeologico, pubblicata nel 1898, Milani sembra voler tracciare una solida linea di demarcazione tra il nuovo museo e gli Uffizi.
“Il nuovo Istituto non era però destinato a raccogliere soltanto i capolavori dell'arte, tratti dal suolo d'Etruria e che avevano servito d'ornamento e decoro alle RR. Gallerie degli Uffizi, quando i Musei si concepivano come raccolte fatte esclusivamente per soddisfare il senso del bello e del grande, ed allettare il gusto per la cosa rara e curiosa.
Il nuovo Istituto aveva un ideale molto più elevato, l'ideale storico; e in ciò seguiva l'impulso scientifico che aveva illuminato l'immortale abate Lanzi, il suo degno discepolo e successore Giovan Battista Zannoni e l'eruditissimo Migliarini, antiquari ufficiali dei Granduchi di Toscana, i quali avevano saggiamente consigliato ai loro principi di non trascurare qualsiasi reliquia del passato, per quanto di modesta apparenza e di vile materia.”417
Nel tracciare sommariamente la storia delle collezioni egiziane ed etrusche in Galleria, Milani delinea un quadro a fosche tinte, in cui la collezione di reperti etruschi – che “non potevano essere apprezzati da un pubblico privo di cultura storica”- è oggetto di un'incuria dai risvolti catastrofici.
Molti di essi andarono dispersi per l'incuria di coloro che erano incaricati di conservarli; la memoria dei luoghi di reperimento andò a poco per volta dimenticata e cancellata; le serie, costituite con sagacia e già dispiegate in buon ordine dal Lanzi e dallo Zannoni, si scomposero arbitrariamente; e quando si trattò di trasferire ed ordinare nel Museo di Via Faenza i materiali etruschi che stavano alla rinfusa nel corridoio che dalle RR. Gallerie conduce a Palazzo Pitti, misti con le stampe e disegni e con altri oggetti di ogni specie, si dovette rifarsi da capo, come se quei monumenti non avessero una storia”.418
Per legittimare la propria impresa ordinatrice, Milani scredita criticamente il sistema 416 Per le informazioni biografiche sul personaggio, si veda la voce Milani, Luigi Adriano nel Dizionario Biografico
dei Soprintendenti Archeologi (S. Sarti).
417 Milani 1898, pp. 3-4. 418 Ibidem, pp. 5-6.
museale precedente e corrente, rivendicando un rigore scientifico di cui gli altri assetti sarebbero a suo dire privi.
“Signori, “una raccolta di antichità val più di tutte le ipotesi storiche” diceva il Ministro Correnti. - Giuste parole; ma perché una raccolta di antichità possa essere veramente utile non può sussistere senza ordine e classificazione per serie e cronologica: sarebbe come un archivio alla rinfusa, non servibile neppure all'archivista che l'ha in consegna. Così le raccolte statuarie della Galleria degli Uffizi, di Palazzo Pitti, di Boboli, di Poggio Imperiale, di Castello e tante altre sparse per Firenze, quali a svago e riposo dell'occhio nelle Gallerie dei quadri, quali a decoro di sontuosi palazzi, quali a ornamento dei giardini, quali sepolte nei magazzini, invocano tempi migliori: i monumenti degni di quelle raccolte aspettano di essere un giorno riuniti e riordinati scientificamente in un grande Museo della scoltura antica”.419
Il nuovo Museo Archelogico si prefiggeva di esporre i reperti antichi in una solida e “scientifica” disposizione tipologica, espressione di quell'”ideale storico” che Milani esaltava con la sua prosa roboante. In questo contesto, tuttavia, i marmi greci e romani delle collezioni fiorentine mal si prestavano ad una suddivisione come quella predisposta per altre classi materiali: ecco che dalle colonne de La Nazione del 27 marzo 1908, rispondendo alla proposta di Corrado Ricci -direttore della Galleria dal 1903 al 1906-, che aveva suggerito di allontanare dal piano nobile degli Uffizi l'archivio di Stato e collocarvi il Museo Archeologico con un ingresso monumentale dalla Loggia dei Lanzi, Milani, che aveva precedentemente screditato la collocazione dei marmi antichi in un contesto meramente ornamentale, torna a caldeggiare il trasferimento dei marmi antichi degli Uffizi -i cui corridoi sono a torto definiti “angusti”- nel giardino del Museo Archeologico, accampando improbabili motivazioni estetizzanti.
“...un esteta come d’Annunzio ha dovuto esprimere più d’una volta a me e ad altri la sua ammirazione anche per le statue che potei esumare dai magazzini demaniali e che vado ora installando nei magnifici lunettoni fioriti e verdeggianti che occupano pittorescamente l’ala destra del giardino. Le statue decorative ed i sarcofagi della Galleria degli Uffizi potrebbero trovar posto in questi lunettoni e quivi protetti e pur all’aria aperta, in mezzo al verde dei cedri e degli aranci e al profumo dei fiori suggestionerebbero il visitatore più profondamente ed efficacemente che negli angusti corridoi e nei gabinetti degli Uffizi. Un siffatto seguito di statue verrebbe a ricongiungersi col grande salone che anticamente serviva da aranciera [...]”
In realtà l'acquisizione dei marmi degli Uffizi -o almeno dei più importanti tra questi- più che ad un inserimento della collezione in un organico sistema scientifico, deve essere intesa in termini di valorizzazione del Museo: lo stesso Milani, nella sua edizione in due volumi della guida del Museo Archeologico, pubblicata nel 1912, lo indica con chiarezza:
“Già nel 1901, per rendere attuabile il trasporto delle sculture degli Uffizi e preparare in certo modo il terreno propizio al costituendo Museo della scultura antica, avevo limitato la mia proposta al semplice trasferimento e riordinamento dei Niobidi, sicuro che la collocazione di quel celebre gruppo nel Museo Archeologico, coordinata con quella di altre statue che già avevo raccolto, togliendole dai magazzini demaniali, e congiunta con i nuovi acquisti e con la sezione architettonica iniziata nel giardino, avrebbe formata tale una attrattiva insieme artistica e scientifica da richiamare numerosi visitatori in questo poco frequentato Museo.
Il gruppo dei Niobidi, essendo una copia romana di una celebre composizione greca, forse scopadea, ha un valore artistico individuale molto mediocre, mentre ne ha uno grandissimo d'insieme. La splendida sala dorata di stile francese, che fu creata agli Uffizi nel 1795 per riceverlo insieme a cinque statue estranee credute e gabellate al gran pubblico come Niobidi, non si presta al suo spiegamento, quindi è molto meno adatta a farlo apprezzare del grandioso salone di m. 30 x 10 x 17, che abbiamo nel giardino della Crocetta, e che, una volta adibito per Aranciera, secondo notava anche Dupré, par fatto apposta per accoglierlo, sia insieme ai gessi dei rimanenti Niobidi, sia insieme ad altre statue. Nella mia lettera al Ministro dell'Istruzione in data 9 luglio 1901, io producevo una perizia con cui mostravo che con una somma di circa dodicimila lire si sarebbe potuto provvedere al trasferimento e alla nuova istallazione di tale gruppo. E nel 1902 facevo altresì notare che trasportando nel Museo Archeologico, insieme con i Niobidi, una scelta di statue e sculture atte a rappresentare come in un quadro i capisaldi della storia della plastica greca e romana, mentre si farebbe una degna opera scientifica, e si ridarebbe alle statue e scolture antiche il proprio loro ambiente, s'investirebbe al cento per cento il denaro occorrente per tale opera, imperocché senza togliere l'importanza alla Galleria degli Uffizi, si attarrerebbe [sic] verso il Museo Archeologico un gran numero dei visitatori paganti che frequentano gli Uffizi. Il numero dei visitatori paganti che visita annualmente il Museo Archeologico è così esiguo da recare appena un provento di lire cinquemila, mentre con la costituzione del Museo di scultura, la mercé della celebrità goduta dalle statue che vi si allogherebbero e dell'attrattiva che esse hanno per il pubblico, sarebbe lecito presumere che almeno un terzo dei 120.000 e più visitatori paganti che frequentano gli Uffizi affluirebbero al Museo Archeologico, rendendogli il provento di cui ha bisogno per vivere e per assicurargli l'avvenire”.420
Il passo trascritto -che rivela come il Milani avesse una conoscenza piuttosto vaga della 420 Milani 1912, pp. 91-93.
storia degli Uffizi, datando la sala di Niobe sedici anni dopo l'effettiva data di realizzazione, riportata peraltro da una grande iscrizione posta sulla porta- ha forse l'unico pregio di ricordare come ancora tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento la scultura fosse vista come uno degli elementi di richiamo della Galleria, al punto che, trasferendo in palazzo della Crocetta i marmi della Galleria, Milani supponeva di poter convogliare verso il Museo Archeologico addirittura un terzo dei visitatori annuali degli Uffizi.
Naturalmente i direttori degli Uffizi contemporanei a tali progetti, Enrico Ridolfi -direttore dal 1890 al 1903- ed il già ricordato Ricci, opposero un netto rifiuto all'idea di privare gli Uffizi dell'intero patrimonio di scultura antica, in ragione di quel legame primigenio che lo legava agli esordi della Galleria. Le obiezioni del Milani al riguardo poggiano su argomentazioni pretestuose ed in gran parte errate: la scarsa conoscenza manifestata dal nostro in relazione alla storia della “fabbrica” vasariana si spinge non soltanto ad ignorarne la destinazione a museo già da parte di Francesco I de' Medici nel 1580 circa, ma addirittura a considerare l'edificio contemporaneo a Lorenzo il Magnifico, morto nel 1492, circa settant'anni prima della posa della prima pietra.
“Alle obbiezioni dal direttore Enrico Ridolfi sollevate nel 1902 contro le mie proposte, io opponeva che la collocazione dei Niobidi e la stessa raccolta e ordinamento delle statue degli Uffizi e di Palazzo Pitti sono del tempo dell'abate Lanzi, quindi non potevasi invocare per esse, come egli faceva, il rispetto della tradizione medicea o l'ubicazione originale. Quelle statue decoravano nel sec. XVIII le ville medicee, non le Gallerie degli Uffizi; e non si dimentichi anzi che Lorenzo il Magnifico, cui si deve il primo Museo di scoltura che si fosse veduto in Italia, non lo costituì già agli Uffizi, ma nei giardini di S. Marco, avendo un sentimento d'arte troppo superiore a quello dei suoi successori”.421
La risposta alla già ricordata proposta di Ricci di ricondurre al primo piano del palazzo degli Uffizi il Museo Archeologico in quello che si definì all'epoca il “Museo dei Musei” suscita, nel medesimo testo, la reazione piccata del Milani, che, nella sua definitiva condanna del grande museo fiorentino e di chi se ne occupava all'epoca, non manca di citare i locali oggetto del presente studio, il Ricetto delle Iscrizioni ed il Gabinetto dell'Ermafrodito, con accenti decisamente polemici.
“Se non che, divenuto direttore delle RR. Gallerie degli Uffizi Corrado Ricci, oggi direttore generale delle Antichità e belle Arti, questi ebbe in cuore ben altri progetti, la ricostituzione del “Museo dei Musei” agli Uffizi, e però nella discussione che se ne fece in seno alla Commissione Centrale suddetta, parlò vivacemente contro la mia proposta, per la tema egli disse, e lo dichiarò anche in una lettera a me diretta in data 1° febbraio 1905, che venisse a 421 Ibidem, p. 93.
togliersi dalla tribuna la Venere de' Medici, da lui considerata ancora la perla della collezione. Io invece tengo mediocremente ad una tale statua dal punto di vista storico- artistico, essendo una delle tante derivazioni della Venere prassitelica, e non avrei difficoltà ad abbandonarla ai feticisti del passato prossimo. Altre statue ed altre sculture che sono agli Uffizi, quali l'Arrotino e il Marsia, i Lottatori, il Doriforo policleteo, l'Atleta mironiano, l'Esculapio fidiaco, il torso del fauno, la testa d'Alessandro, ecc. e alcune scolture che sono a Pitti, in Boboli ed a Palazzo Riccardi, poco considerate dal pubblico colto, perchè fuori di posto e detupate da cattivi restauri, hanno per me maggiore importanza della Venere de'Medici. E si noti che rimane tuttora agli Uffizi, fossile del passato, il Museo lapidario; e si noti che i grandiosi e meravigliosi rilievi dell'Ara pacis augustae, che un miope direttore degli Uffizi si arbitrò di trasferire così a cuor leggero, dall'atrio degli Uffizi in una specie di
boudoir da signora, gridano vendetta e reclamano spazio, aria e gente che li sappia collocare
e disporre a dovere”.422
La trattazione della questione è chiusa dal Milani riportando quanto approvato dalla sezione archeologica del Congresso della società delle scienze nell'ottobre 1908, auspicando che tali disposizioni siano considerate da “chi di dovere”.
“La sezione XVIII del Congresso, considerando che le sculture antiche degli Uffizi devono esser restituite al loro naturale ambiente storico ed artistico e collocate nel R. Museo Archeologico ove già si trovano i bronzi; che tale collocamento, oltre a integrare il Museo di scultura antica, giova allo studio e alla comparazione delle opere di scultura moderna talora disturbate da materiale eterogeneo; che è pratico iniziare tale trasporto da un gruppo di sculture la cui presenza al Museo giovi subito ad avvrescerne le entrate, fa voti che il gruppo dei Niobidi e le principali sculture di interesse storico ed artistico sieno al più presto trasferiti dagli Uffizi al R. Museo Archeologico”.423
E' superfluo osservare come -per fortuna- tali provvedimenti siano rimasti sulla carta. Mentre Milani andava comunque esponendo una collezione di marmi antichi nel giardino dell'archeologico, nei “lunettoni” -le arcate di sostruzione del corridoio mediceo- e lungo i vialetti, secondo un allestimento a noi tramandato da alcune fotografie d'epoca -e che già nel 1929, in occasione della rimozione delle sculture per i lavori del nuovo Museo Topografico Centrale dell'Etruria, aveva lasciato forti segni di usura sulle sculture esposte all'aperto-,424 a poco a poco la fame di spazi per i dipinti all'interno della Galleria portò a compimento almeno una parte di quel che Milani vagheggiava ma che non fece in tempo a vedere, allorché le pareti della Sala delle 422 Ibidem, p. 96.
423 Ibidem, p. 98.
iscrizioni furono spogliate del loro arredo e la sala stessa, insieme al Gabinetto dell'Ermafrodito, fu fisicamente trasformata, come dimostrano i grafici realizzati all'epoca (Ill.2-5).
Vb. L' allontanamento delle epigrafi dalla Galleria e le loro successive collocazioni.
La spesa di £ 4250 per la rimozione delle epigrafi fu autorizzata il giorno 10 giugno 1919,425 facendo seguito ad una perizia datata al 19 marzo di quello stesso anno.426 La relazione allegata alla perizia si esprime in questi termini:
I lavori proposti nell'acclusa perizia contemplano le opere di muratore e di manovalanza che si presume essere necessarie, per la remozione dalle pareti della Sala detta “delle Iscrizioni” nella Galleria degli Uffizi, di tutte le antiche epigrafi in marmo, e di quanto altro trovavasi esposto nella Sala medesima.
Per l'esecuzione di tale lavoro che coincide con altri che verranno progettati in seguito per la riduzione di quel locale occorrerà costruire un ponte di servizio attorno alle pareti, per poter smurare tutti i marmi, e di un apposito castello in legname atto alla colatura a terra di quel materiale.
Tali marmi che raggiungono la cifra di N°610 di varie dimensioni, dovranno essere trasportati al Museo Archeologoco, per essere costuditi [sic] ed esposti in quei locali.
Il numero delle iscrizioni murate nella sala è fissato dai documenti a 610. La perizia consente di seguire tutte le fasi del lavoro di smuratura, dal “calamento” delle epigrafi a terra a quello dal piano della Galleria “al piano stradale”, fino al loro trasporto al Museo Archeologico a bordo di un carro con molle trainato da cavallo ed appositamente noleggiato.
Mentre sul luogo delle due sale della Galleria nascevano cinque anonime salette più piccole, illuminate da lucernari e dedicati ai dipinti del Settecento di scuola veneziana ed olandese -destinate ad essere obliterate una quarantina d'anni dopo dagli interventi del Bemporad-, le iscrizioni finivano murate sulla nuova terrazza affacciata sul giardino427 e realizzata al di sopra del nuovo Museo Topografico entro spazi intervallati da lesene con busti e statuette, in assenza di scansioni per classe e tipologia: l'unico criterio che dalle fotografie sembra di poter rilevare è quello mirante ad una disposizione simmetrica delle epigrafi, in una inconsapevole quanto impoverita
425 AGU, 1919, 2.5 (Galleria degli Uffizi), A92, N. Prot. 2098. Si veda anche Archivio MAF, cartella 1917-1919, IV/ Aff. Gen. 2. Passaggio di Iscrizioni dalle RR. Gallerie al R. Museo Archeologico di Firenze.
426 Ibidem. La perizia comprende anche i lavori di “riparazione di verticali e docce di raccolta delle acque dai tetti delle sale grandi Veneta e III^ Toscana”.
reminiscenza del primo allestimento dell'antico ricetto della Galleria (Ill.89).
L'assenza di un articolato piano allestitivo dietro all'alienazione dei marmi degli Uffizi è peraltro evidenziata dalle modalità del trasferimento: un verbale del 1923 registra un successivo trasporto di cinerari e di iscrizioni dalla Galleria al Palazzo della Crocetta, dove di fatto tali materiali rimasero privi di una collocazione coerente.428
Negli anni ottanta del Novecento la terrazza fu smantellata e le iscrizioni, insieme a tutti gli altri marmi del museo -esclusi i kouroi acquistati dal Milani nel 1902 e che da lui presero il nome- furono trasportate presso Villa Corsini a Castello,429 dove, dopo una ventina d'anni di polveroso oblio, tornarono gradualmente a rivedere la luce e ad imporsi all'attenzione degli studiosi grazie all'opera di Antonella Romualdi e di chi ne ha raccolto l'eredità.
428 Archivio MAF, cartella 1920-1924, VIII/15, 18 maggio 1923. Cinerari marmorei ed iscrizioni passati al R° Museo Etrusco. Il verbale si riferisce al trasferimento di nove vasi marmorei (Rispettivamente, Inv. 1914, nn. 903, 618, 616, 904, 909, 617, 908, 907, 910), dieci iscrizioni in marmo ed una in pietra serena (Rispettivamente, Inv. 1914, nn. 991, 968, 944, 964, 936, 935, 966, 939, 967, 945, 970), due colonne iscritte (Rispettivamente, Inv. 1914, nn.