1.3. La normativa del rischio di liquidità nel nuovo schema regolamentare di Basilea
1.3.1. Cenni agli accordi di Basilea 1 e Basilea
Il Comitato di Basilea preposto alla vigilanza presso la Banca dei regolamenti Internazionali, sin dalla sua costituzione, ha da sempre formulato proposte ed elaborato linee guida al fine di assicurare maggiore stabilità del sistema economico e finanziario mondiale.
Nonostante al Comitato non venga riconosciuto alcun poter legislativo (che si esplica mediante l’intervento del Consiglio Europeo attraverso l’emanazione delle Direttive di recepimento degli accordi nei singoli sistemi normativi dei Paesi
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BASEL COMMITTEE ON BANKING SUPERVISION, Principal for Sound Liquidity Risk
Management and Supervision, Bank for International Settlements, September, 2008, pag. 7 ss.
Europei) ha realizzato in collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale e con la Banca Mondiale uno dei più importanti interventi per la realizzazione di un mercato unico.
Il comitato fonda le sue radici nel lontano 1974, anno i cui le banche centrali partecipanti al G10, a seguito del fallimento della banca tedesca Bankhaus Herstatt, lo costituirono con lo scopo principale di incentivare il corretto funzionamento e la stabilità del sistema economico globale.
Di fatto le difficoltà finanziarie determinate dai “disastri” finanziari statunitensi, italiani ed argentini, hanno dimostrato la scarsa stabilità del sistema economico finanziario mondiale, ponendo degli interrogativi che hanno portato ad un’immediata risposta da parte del Comitato in grado di interagire con lo sviluppo economico negli anni successivi.54
Il primo intervento del Comitato risale al 1988 con Basilea 1 definito come l’accordo sugli standards patrimoniali. Tale accordo introduceva la disciplina riguardante l’adeguatezza patrimoniale degli istituti di credito, col presupposto di base per cui ogni attività posta in essere da un istituto bancario comporti
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Il contesto economico che si presenta dal luglio del 2007 si caratterizza per l’insolvenza di numerosi tra i più importanti colossi del mondo dalla finanza e dei gruppi bancari, basti ricordare il
default di Northen Rock , il salvataggio di Bear Stearns, il dissesto dei mutui subprime e il fallimento di Lehman Brothers e molti altri tra i più importanti attori del mercato finanziario. In merito all’Europa
risulta rilevante sottolineare il dissesto della Bank of Scotland. Sino ad oggi le autorità competenti sono intervenute mediante operazioni di ricapitalizzazione e nazionalizzazioni degli intermediari bancari e finanziari che si trovavano in pericolose situazioni di crisi introdussero nuove regole di finanza a carattere mondiale e revisionarono gli strumenti di vigilanza e gli enti competenti in materia che hanno dimostrato la scarsa elasticità di fronte a situazioni di crisi e all’introduzione di nuove norme innovative.
l’assunzione di un grado di rischio (differente tra rischio di mercato e di credito) e che ciò richieda a supporto un adeguato livello di capitale.
Basilea 1 definiva il capitale come elemento fondamentale di copertura dei rischi assunti dagli intermediari finanziari ma il capitale stesso rappresentava anche un fattore di vincolo collegato con l’attività di espansione dell’attività bancaria.
Tuttavia quanto previsto dall’accordo fu oggetto di alcune critiche, in particolare è stato criticato il fatto che le misure di copertura del rischio fossero statiche di fronte ad un mercato in continua evoluzione; non vennero di fatto considerati altri fattori ritenuti rilevanti e che influivano direttamente sull’attività bancaria per tipologia di rischio.
Nel 1996 il Comitato introduce la prima revisione all’accordo di Basilea 1, modificando i contenuti dell’accordo al fine di considerarvi anche norme che controllassero il rischio di mercato, introducendo altresì alcune metodologie, che in seguito si rivelarono più precise rispetto a quelle standard previste dalle autorità di vigilanza.
Lo scopo che ha portato a revisionare il primo Accordo di Basilea, con l’Accordo di Basilea 2 in vigore dal 1 Gennaio 2007, fu quello di garantire una maggiore stabilità e solidità del sistema finanziario, a livello internazionale, evitando la discesa del requisito patrimoniale a di sotto dei livelli correnti e contestualmente favorendo parità concorrenziale ed incentivando sistemi più accurati di misurazione del rischio55.
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F.R. FANTETTI, Basilea 3 e la stabilità del sistema bancario finanziario internazionale, Le Rassegne, in Mercati finanziari, Aprile, 2011, pag. 297 ss.
Le regole introdotte con l’Accordo di Basilea 2 in merito alle tipologie di esposizione al rischio individuano metodi di ponderazione differenti rispetto a quanto dettato nel primo Accordo di Basilea. In dettaglio, Basilea 2 ha costituito un nuovo accordo sulla base del quale si individuano i requisiti patrimoniali a livello internazionale degli istituti di credito. In base a questi parametri, gli istituti di credito dei Paesi che hanno aderito all’accordo erano coinvolti nella detenzione di quote di capitale proporzionale al rischio derivante dai rapporti assunti e dalle attività finanziarie svolte.
All’aumentare del rischio naturalmente tende ad accrescere la quota di capitale che l’istituto di credito era tenuto ad accantonare o stanziare, che spesso si traduce con un effetto negativo nei confronti della clientela ovvero l’aumento dei costi per le attività finanziarie richieste (prestiti, linee di credito, etc.).
Un’altra importante novità introdotta con l’Accordo di Basilea 2 fu quella di richiedere agli istituti di credito di suddividere la propria clientela in relazione al grado di rischio assunto, attraverso procedure di rating sempre più avanzate. L’accordo di Basilea 2 non prevedeva l’obbligo nei confronti delle banche di utilizzare come unico metodo di misurazione dell’esposizione al rischio, procedure di rating interno, ma ogni banca poteva scegliere tra l’approccio standard, il quale determinava il livello minimo di adeguamento; e il metodo International Rating
Based Approach (IRB)56 di base e avanzato.
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I metodi IRB sono stati considerati come un insieme strutturato e documentale di metodologie e processi organizzativi che consentono la suddivisione del merito di credito di un soggetto e che permettono la ripartizione di tutta la clientela in classi differenti in relazione alla rischiosità a cui corrispondono probabilità di insolvenza diverse.
Nello specifico, con riferimento alle scelte operate dalle singole banche italiane nell’adozione dei sistemi di monitoraggio, hanno inciso le indicazioni dettate dalla Banca d’Italia; la quale ha invitato tutti i gruppi bancari italiani ad adottare approcci di definizione del rating basati su modelli interni. Così, mentre i principali istituti di credito si sono da subito orientati al terzo livello – l’IRB Advanced – le altre banche hanno perseguito l’obiettivo di allinearsi progressivamente almeno al secondo livello.57
I requisiti patrimoniali di Basilea 2 si sono rivelati complessivamente carenti a fronte dell’esposizione ai rischi tipici degli istituti di credito al manifestarsi della crisi finanziaria globale. La crisi scoppiata a seguito di un’improvvisa e grave carenza di liquidità fu determinata dagli istituti di credito che dispersero liquidità eccezionali e inadeguate.
Ciò ha fatto emergere l’esigenza che le banche vengano gestite mediante un rapporto rischio – rendimento più contenute e una liquidità più adeguata.
Concretamente, l’accordo di Basilea 3 prevede che le stesse siano tenute ad aumentare la propria capacità di autofinanziamento. Con riferimento al rischio di tasso e al rischio di liquidità, sin dall’inizio è stata posta la necessità di procedere nella definizione di norme volte a migliorare la calibratura dei requisiti patrimoniali richiedendo una maggiore patrimonializzazione delle banche.
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Nella pratica ogni istituto di credito ha adottato un metodo di misurazione del rating interno a proprio piacimento, rispettando i requisiti definiti dalla Banca d’Italia. Il risultato che ne consegue è che i metodi di rating adottati da ciascuna banca presentano delle differenze significative sia con riferimento agli elementi presi in considerazione sia con riferimento al valore attribuito a ciascuno di essi.
I nuovi coefficienti introdotti con l’Accordo di Basilea 3 prevedono un adeguamento ad un rapporto almeno pari al 10,5% tra il capitale ed attivo ponderato per il rischio58.
Inoltre ai fini di una maggiore stabilità del sistema finanziario è emersa l’esigenza che ogni sistema bancario sia soggetto a discipline di vigilanza omogenee. Mentre l’Accordo di Basilea 2 prevedeva la creazione di un insieme uniforme di regole al fine di rendere più equa la competizione internazionale tra le banche ponendo attenzione al perseguimento di elevati livelli di redditività ed alla creazione di valore per gli azionisti. L’Accordo di Basilea 3 diversamente, concentra la propria attenzione alla salvaguardia dei sistemi bancari in un’ottica di contenimento dei rischi e di una maggiore tutela degli stakeholders depositanti59.
Tra i punti cardine della riforma vi sono le regole sull’adeguatezza del capitale che costituiscono lo strumento essenziale per influenzare gli incentivi l’assunzione dei rischi in capo alle banche al fine di determinare la capacità di assorbire eventuali perdite inaspettate.
L’obiettivo emerso dall’Accordo di Basilea 3 è quello di prevedere l’istituzione di un coerente sistema costituito da norme di carattere prudenziale in grado di raggiungere un coretto equilibrio tra l’obiettivo di ridurre i rischi di instabilità
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La società di rating Fitch ha stimato il 16.9 u.s. una fabbisogno di fondi patrimoniali pari, secondo ipotesi estreme, a trecentoventisei miliardi di euro per trentacinque delle quarantasei delle maggiori banche mondiali qualora l’obbiettivo venisse fissato a livello massimo.
59 Per consultazione dei documenti si leggano, Comitato di Basilea per la Vigilanza bancaria, 4,
1993, ONADO, La gestione del rischio di credito nelle banche europee, Milano, 1995, RESTI, Il nuovo
sistemica e di contribuire alla crescita dell’economia, il miglioramento della qualità del patrimonio e la maggiore omogeneità delle direttive a livello internazionale.
La Banca d’Italia interviene sull’argomento in esame, riferendo che il rigore con il quale sono state applicate le regole prudenziali ha contribuito direttamente a preservare la stabilità delle banche italiane anche nei momenti più critici. Quanto riportato dalla Banca d’Italia appare più evidente se si considera che gli intermediari di altri paesi, che apparivano meglio patrimonializzati prima della crisi ora si trovano in crisi di liquidità dalle quali non riescono a trovare una via di uscita. Le banche italiane sono riuscite a sopportare gli effetti provocati dalle turbolenze finanziarie, senza ricorrere a interventi pubblici straordinari, mantenendo la capacità di reperire risorse direttamente dal mercato, anziché per il tramite di aiuti diretti dello stato.