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2. Trattamento del carcinoma colorettale

2.1 Trattamento della malattia localizzata

2.1.2 Cenni di chemioterapia adiuvante

Circa l’80% dei pazienti con carcinoma del colon si presenta alla diagnosi con malattia resecabile radicalmente. Il 35% di questi sviluppa una ripresa di malattia che nella

maggioranza dei casi (80%) si verifica entro i primi 2 o 3 anni dall’intervento chirurgico e, solitamente, entro i primi 5 anni.73 A otto anni di distanza dalla diagnosi le recidive

avvengono in meno dello 0.5% dei casi. Le recidive locali sono rare, le sedi più frequenti di ripresa di malattia sono fegato, linfonodi addominali, peritoneo e polmone.

Questo tipo di terapia, quando necessaria, dovrebbe essere iniziata entro 6-8 settimane dall’intervento chirurgico, poiché inizi più tardivi ne riducono il potenziale beneficio; nuovi dati suggeriscono che il trattamento medico adiuvante debba essere iniziato il più presto possibile, nel momento in cui le condizioni cliniche del paziente lo permettano, e che, soprattutto se iniziato entro 3 settimane dall’intervento chirurgico, i pazienti con CCR in stadio III siano quelli che maggiormente possono beneficiarne.74, 75

L’indicazione alla terapia adiuvante varia in base allo stadio clinico della malattia. • Nello stadio I non vi è indicazione al trattamento medico in seguito a rimozione

chirurgica della lesione. Questo gruppo di pazienti è sottoposto al solo follow-up. • Nello stadio II si dividono due gruppi:

o Pazienti privi di fattori di rischio (T3 N0 M0) in cui si può optare per il solo follow-up;

vascolare o storia di occlusione e/o perforazione intestinale) per i quali vi è indicazione al trattamento adiuvante con fluoropirimidine e oxaliplatino. Nel tumore del retto T3 vi è, in linea di massima, sempre indicazione a un trattamento adiuvante o, quando possibile, di chemioradioterapia pre-operatoria, seguite

eventualmente da un trattamento chemioterapico post-operatorio.

• Nello stadio III i pazienti sono canditati a ricevere chemioterapia adiuvante, dato che questa ha dimostrato una riduzione del rischio relativo di morte del 33%, con un beneficio assoluto in sopravvivenza del 10-15%, aumentando la sopravvivenza libera da progressione (Progression Free Survival, PFS) a 5 anni dal 55% al 67% e la sopravvivenza globale (Overall Survival, OS) dal 64% al 71%.76

Le fluoropirimidine in terapia adiuvante

Per più di quarant’anni il 5-fluorouracile (5FU) è stato l’unico farmaco a disposizione per il trattamento dei tumori gastroenterici ed in particolare per il trattamento del CCR; nonostante l’introduzione di altri farmaci citotossici, tale molecola è, tutt’oggi, al centro di vari schemi di trattamento dei tumori colorettali.

Studi su efficacia, dosi e modalità di somministrazione del 5-FU

Diversi studi di chemioterapia adiuvante sono stati effettuati nei pazienti con carcinoma colorettale non metastatico.

I primi studi che hanno dimostrato l’efficacia della chemioterapia adiuvante, negli anni ’90, furono effettuati dal National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project (NSABP) e dal North Central Center Treatment Group (NCCTG); lo studio NSABP C-01 prevedeva la randomizzazione di 1166 pazienti in stadio B e C secondo Dukes in 3 bracci: osservazione esclusiva, terapia con 5-FU, semustina e vincristina, oppure trattamento con bacillo di

Calmette-Guerin (BCG); per la prima volta venne dimostrato un incremento della disease free survival (DFS) (p=0.02) e della sopravvivenza globale (OS) (p=0.05) nel braccio che aveva ricevuto chemioterapia adiuvante dopo resezione curativa.77

Il trial della NCCTG randomizzava invece pazienti con CCR in stadio III a ricevere osservazione, acido folinico oppure acido folinico e 5-FU; in questo trial il regime di

33% della mortalità (p=0.0007) dimostrando quindi di essere una chemioterapia adiuvante efficace e ben tollerata nei pazienti con CCR ad alto rischio di recidiva. 78

L’evidenza di un ruolo importante delle fluoropirimidine in ambito di approccio adiuvante al CCR ha spinto verso studi rivolti alle dosi e alle modalità di somministrazione. L’impiego del 5-FU è stato valutato sia in monoterapia sia in associazione ad altri farmaci ad effetto

modulante, tra cui l’acido folinico (Leucovorin), il metotrexate e l’interferon alfa, secondo differenti tempi e modalità di somministrazione. Sulla base dei risultati osservati, si è giunti a definire come terapia adiuvante standard l’associazione di 5-FU e LV in somministrazione infusionale mensile o settimanale per almeno 6 mesi. 79, 80

Il principale di questi studi è lo studio IMPACT 81, il quale ha indagato l’utilità

dell’associazione terapeutica 5FU/AF, somministrati secondo lo schema Mayo Clinic (5FU 425 mg/m2 + AF 20 mg/m2 x 5 giorni consecutivi, ripetuto ogni 28 giorni per 6 cicli), concludendo che tale trattamento adiuvante determina una riduzione delle recidive del 35% (p=0.0001) e della mortalità del 22% (p=0.0029); anche in questo studio non è stato

dimostrato un chiaro beneficio derivante dal trattamento dei pazienti in stadio II, sia in termini di OS che di DFS. 82

Un ulteriore studio ha comparato l’infusione continua di 5-FU con il classico trattamento adiuvante ev in bolo (5FU-LV), dimostrando equiattività del trattamento infusionale e una minore tossicità ematologica e gastrointestinale, a prezzo di un maggiore tasso di episodi tromboembolici a livello del catetere venoso centrale e di “hand foot syndrome” (sindrome mano-piede), caratterizzata dalla comparsa di rash eritematoso coinvolgente i palmi delle mani e le piante dei piedi.

C’è un razionale molecolare e biologico alla base di questo risultato: il 5-FU ha breve emivita, quindi l’utilizzo del farmaco in infusione continua servirebbe a reclutare un maggior numero di cellule in fase S, la fase più suscettibile al trattamento. Essa consente, inoltre di aumentare l’intensità di dose senza che a ciò corrisponda un incremento delle tossicità. 83

Il trial “definitivo” e probabilmente il più importante per quanto riguarda l’utilità della somministrazione di fluoropirimidine in schema di chemioterapia adiuvante è stato condotto

adiuvante con 5-FU in pazienti con CCR in Stadio II e III tramite un’analisi sui dati dei singoli pazienti (più di 20.800) trattati nell’ambito di 18 studi sulla terapia adiuvante. È stato dimostrato un significativo beneficio della terapia adiuvante in termini di OS negli 8 anni di follow-up, i tassi di recidiva si riducevano all’aumentare del tempo trascorso dall’intervento: in particolare dopo 5 e 8 anni sono stati osservati dei tassi di recidiva inferiori al 1,5% e allo 0,5% rispettivamente. Nei pazienti in Stadio III il tasso di OS a 8 anni risultavano del 42,7% nei pazienti trattati con la sola chirurgia e del 53% nei pazienti sottoposti a terapia adiuvante con 5FU (p<0.0001); i tassi di OS incrementavano anche nei pazienti di stadio II, risultando del 66,8% e del 72,2% rispettivamente (p=0.026).

L’utilizzo delle fluoropirimidine orali

Considerando l’ormai provata utilità del 5-fluorouracile, sono state introdotte alcune

importanti innovazioni in ambito della terapia adiuvante con la possibilità di sostituire il 5-FU con una fluoropirimidina orale (capecitabina). 84

La capecitabina (o xeloda) è un profarmaco del 5FU a somministrazione orale, assorbito dalla mucosa intestinale ed attivato selettivamente a livello intratumorale. Tale farmaco è stato valutato in uno studio di terapia adiuvante che ha randomizzato 1987 pazienti con CCR resecato in stadio III a ricevere capecitabina o 5FU/LV (secondo lo schema Mayo Clinic) per 24 settimane. I risultati hanno dimostrato come i pazienti trattati con capecitabina

presentavano una DFS pari a quella dei pazienti trattati con 5FU (p<0.001) e una migliore RFS (relapse free survival) (HR=0.86 95%Cl 0.74-0.99 p=0.049); i pazienti trattati con capecitabina presentavano una minor incidenza di stomatite e neutropenia, ma una più frequente insorgenza di iperbilirubinemia e sindrome mano-piede.85

Regimi di combinazione Oxaliplatino

Studi successivi hanno dimostrato come l’aggiunta di oxaliplatino al trattamento con 5-FU e LV migliori ulteriormente la probabilità di sopravvivenza a 5 anni e determini una riduzione relativa del rischio di recidiva. L’effetto dell’oxaliplatino è stato infatti valutato in pazienti con malattia metastatica in due studi di fase III che hanno dimostrato l’aumento del tasso di

risposte e della DFS e un incremento dell’OS ottenuto grazie alla terapia con oxaliplatino associato a 5FU infusionale e Leucovorin. 86

Lo studio principale riguardo all’utilizzo dell’oxaliplatino è stato lo studio MOSAIC, che ha dimostrato un vantaggio significativo in termini di sopravvivenza libera da malattia (DFS a 5 anni 73.3% vs 67.4%) e globale (OS) con l’associazione di oxaliplatino, leucovorin e

fluorouracile infusionale (FOLFOX) rispetto alla terapia standard soltanto con leucovorin e fluorouracile (LV/5-FU). Per quanto l’oxaliplatino aumenti le tossicità della chemioterapia, esse risultano transitorie e gestibili con opportuni accorgimenti.

Dati analoghi sono stati osservati dallo studio NSABP C-07, nel quale sono stati randomizzati 2407 pazienti con CCR in stadio II e III a ricevere terapia adiuvante con 5-FU/LV secondo lo schema Roswell Park (85 mg/m2 alla 1, 3 e 5 settimana di ogni ciclo di 8 settimane in

associazione o meno con oxaliplatino. Nel gruppo trattato con FOLFOX, rispetto a quello trattato con 5FU, è emersa una riduzione del rischio di progressione di malattia pari al 20% (HR=0.80 95%Cl 0.69-0.93 p=0.03). La DFS a 3 e a 4 anni è stata 71.8% e 67% nel braccio senza oxaliplatino e 76% e 73.2% nel braccio con oxaliplatino. 87

Infine i dati dello studio XELOXA confermano un beneficio in DFS anche per la

combinazione tra capecitabina ed oxaliplatino, beneficio che appare sovrapponibile a quello ottenuto con le combinazioni endovenose. Per tale combinazione non vi è ancora

dimostrazione di un beneficio in sopravvivenza. 88

Irinotecano

L’utilizzo dell’irinotecano in terapia adiuvante è stato valutato sia nello studio randomizzato del Cancer Leukemia Group89 che nel “Pan European Trials in Adjuvant Colon Cancer 3 (PETACC3). Quest’ultimo studio è stato condotto su 2.094 pazienti in stadio III della malattia, randomizzati a ricevere 5FU+LV con o senza irinotecano. Dopo un follow-up mediano di 66.3 mesi, la DFS a 5 anni (obiettivo primario) è stata del 56.7% con irinotecano + 5FU+LV e 54.3% con solo 5FU+LV. Il regime di combinazione non ha dato vantaggi in termini di OS (tasso di sopravvivenza a 5 anni 73.6% vs 71.3%, rispettivamente; p=0.094). Inoltre l’aggiunta di irinotecano è stata associata ad un’aumentata incidenza di neutropenia di

Farmaci biologici

Gli studi di terapia adiuvante con farmaci biologici fino ad ora disponibili, hanno escluso l’utilità di tali farmaci nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon.

In particolare lo studio AVANT sembra anzi mostrare un effetto sfavorevole in OS della combinazione FOLFOX + Bevacizumab.90, 91 Anche i dati con Cetuximab sembrano suggerire un effetto detrimentale, presente nei pazienti KRAS mutati ma anche, seppure in misura minore non statisticamente significativa, nei pazienti KRAS wild-type. 92

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