Le testimonianze storiche raccontano il succedersi di popolazioni nel territorio della Pedemontana. Siti mesolitici sono stati rinvenuti a La Valle e Case Casta- gna, due località di Cornuda, e a Pagnano d’Asolo; sempre a Cornuda, nella località Valle di San Lorenzo, reperti risalenti al Neolitico indicano la presenza di un insediamento dell’epoca11. Inoltre, grazie alla sua vicinanza con il fiume
Piave, fondamentale asse viario per i popoli nomadi e risorsa basilare per quelli stanziali, il Montello vanta ritrovamenti che constatano la presenza di popolazio- ni nelle fasi Mesolitica e Neolica e nell’Età del Bronzo medio, i quali interessano principalmente le zone dall’attuale bassa valle del Piave fino al tratto che arriva nalla zona di Nervesa12.
In concomitanza con l’Età del Ferro arriva nella zona la popolazione dei Veneti antichi, la quale si stabilisce nell’attuale sito di Montebelluna; grazie ai ritrova- menti di cimeli prevalentemente funerari, si è delineata, presso gli storici, la con- vinzione per cui il centro abitato costituisse un polo di importanza simile a quella
9A. Paolillo, D. Zanetti; op. cit.; p. 15.
10V. Favero, in A. N. Rigoni (a cura di); op. cit.; p. 30. 11F. Donetto;op. cit.; p. 15.
12P. Furlanetto; ‘Popolo e civiltà antiche del Piave dal Paleolitico all’età romana’; in A.
degli altri abitati paleoveneti di Este e Padova; tra le ragioni che portarono la po- polazone al suo insediamento in queste aree, vi è quella relaiva all’abbondante presenza di legname nelle zone collinari dell’asolano e del Montello13.
All’arrivo dei Romani nel nord dell’Italia questi popoli, dopo una presenza stanziale attribuita tra il X e il IX secolo a. C., resistettero per un breve periodo, soprattutto nelle zone rurali lontane dai grossi centri urbani; con la fondazione della prima colonia romana di Aquileia nel 181 a.C. e con l’introduzione dello Ius Latii nell’89 a.C. all’interno di tutta la regione, la presenza romana si consolidò in nell’area14. Verso il 49 a.C., durante l’età imperiale Acelum, l’attuale Asolo, otten-
ne il rango di municipium; il conseguimento di tale titolo permise alla cittadina un certo grado di autonomia nei campi giurisdizionale, amministrativo e finan-
ziario, pur rimanendo comunque sotto il controllo del Senato romano15. Nelle
epoche successive vennero rafforzate le infrastrutture viarie e commerciali, por- tando così ad una modifica del contesto ambientale e insediativo che permise una maggiore valorizzazione delle risorse locali; le zone a nord di Asolo ad esempio, a causa della scarsità di insediamenti riscontrata dagli storici, sono ricondott da- gli stessi a terreni adibiti a pascolo. Di basilare importanza fu il ruolo del fiume Piave, il quale permise il trasporto di merci dalla zona alpina a valle in pianura: è proprio in questo periodo che l’insediamento di Nervesa crebbe fino a diventa- re un polo di congiunzione estremamente importante per le attività commerciali della zona16.
Caduto l’Impero Romano d’Occidente, l’area venne invasa da diversi popo- li barbari come i Visigoti, gli Unni, gli Ostrogoti, i Longobardi, i Franchi e gli
13Ibid.
14F. Donetto; op. cit.; p. 64.
15Le numerose testimonianze del periodo fanno emergere la presenza di molti luoghi tipici dei
cintri insediativi romani, come il teatro, la schola, intesa come un ‘luogo di riunione e conversa- zione’, le terme e l’acquedotto. (L. Comacchio; Storia di Asolo; Castelfranco Veneto; Tecnoprint editore; 1967; p. 31-32.)
16P. Furlanetto; ‘Popolo e civiltà antiche del Piave dal Paleolitico all’età romana’; in A.
Ungheri, i quali furono responsabili di una serie di sacheggi e distruzioni, pro- vocando un periodo di miserie e carestie; per contrastare questi attacchi e per permettere alla popolazione di rifugiarsi, varie famiglie, tra il IX e XII secolo, co- struirono fortezze e castelli arrocati tra i vari colli della zona17. A testimoniare la loro presenza in quel perodo, rimangono oggi la Rocca e il castello della Regina Cornaro di Asolo, la rocca di Cornuda diventata poi il santuario della Madonna di Rocca. Molte famiglie si sono contese questo territorio nel corso del tempo: i fratelli da Romano, Ezzelino e Alberico; i trevigiani Da Castelli e i Maltraversi, i Da Camino, gli Scaligeri; oltre a queste anche i vescovadi di Feltre e di Treviso governarono la zona18.
Questo succedersi di dominazioni trovò la sua fine nel 1338 con l’arrivo della Serenissima, la quale dominò l’entroterra per circa cinquecento anni. Anche se in epoca medioevale le zone limitrofe ai colli e al Montello subirono importan- ti cambiamenti legati al riassetto della superficie agricola, operati in gran parte da monaci benedettini o cistercensi sotto le volontà dei signori feudali, è soprat- tutto nel XVI secolo che l’alta pianura compresa tra Asolo e il Montello venne
riorganizzata in modo più marcato19. Con l’arrivo dei veneziani nell’entroterra
approdò anche una forte innovazione agricola e tecnologica, la quale introdusse un periodo di benessere in tutta la zona. E’ proprio in questa epoca che si inizia- rono a costruire le prime ville, le quali diventarono delle vere e proprie aziende agricole, dando ulteriore lavoro e attrezzature ai contadini che diventarono dei salariati dei proprietari della residenza20. I rilievi del Montello però non furono
partecipi del rinnovamento della struttura territoriale agricola; il suoli rimase-
17Vi è documentazione riguardo l’esistenza di diversi edifici fortificati nelle zone di Cavaso,
Castelcies, Curogna, Onigo, Covolo, Maser, Montebelluna, Biadene, Cornuda, Nervesa e Volpago, alcune delle quali erano fornite di un’ulteriore cortina di difesa (G. Cagnin; ‘Per molti e notabel danni i qual riceve campi, pradi ville e vigne per lo corso macor de la Piave. Il difficile rapporto tra un fiume e il suo territorio nel Medioevo’; in in A. Bondesan, G. Caniato, F. Vallerani, M. Zanetti; op. cit.; pp. 212-227).
18Donetto; op. cit.; p. 16.
19A. Paolillo, D. Zanetti; op. cit.; p. 68. 20Ivi; pp. 69-70.
ro coperti da boschi, risorsa estremamanete preziosa per il popolo veneziano. La Repubblica infatti puntò la sua attenzione su quel serbatoio di legname indispen- sabile per la costruzione di imbarcazioni e abitazioni della città e istituì nel 1471 la legge del ‘Bando’, con la quale rese il Montello area demaniale, preoccupando- si inoltre di una ferrea sorveglianza della zona. In questo periodo la vegetazione, formata soprattutto da querce, venne curata e mantenuta in virtù della sua utilità economica per la Serenissima21.
Verso la fine del 1700 tornò l’instabilità: l’alternanza di dominazione francese e austriaca si intervallò a dei deboli tentativi di autonomia della città Treviso fino alla definitiva annessione al Regno d’Italia nel 1866. Caduta la Repubblica Veneziana non vi fu più interesse al mantenimento del bosco, che iniziò ad essere sfruttato ed abbattuto senza pianificazione. Ma fu dopo la liberazione dell’Italia, con la Legge Bertolini del 1892, che l’area subì un disboscamento quasi totale22.
Durante la Prima Guerra Mondiale le linee di difesa dagli Austriaci vennero collocate sul Massiccio del Grappa e lungo il corso del fiume Piave. I colli, po- sizionati a ridosso di queste, divennero terreno adatto alla cortruzione di trincee e di osservatori verso la valle del Piave e il fronte del Grappa, diventando così retrovie delle prime linee di combattimento. Con l’arrivo della Grande Guerra la
21Il bosco del Montello costituiva la riserva di roveri più grande all’interno del territorio della
Serenissima e venne, nel periodo della sua dominazione, severamente controllato tramite leggi o strumenti gestionali, come furono i catasti forestali, istituiti verso la fine del 1400, al fine di raccogliere precise informazioni sulle foreste e sui vari alberi che le popolavano. Anche se questa epoca vede un rigoglioso mantenimento del manto boschivo della collina, il forte interesse dei veneziani verso il rovere fece in breve tempo decimare le altre specie arboree, come i castagni e i faggi, ampliamente presenti sul Montello nei periodi precedenti, determinando così uno sviluppo della foresta non del tutto naturale. (M. Agnoletti; ‘Il bosco in età veneziana’; in A. Bondesan, G. Caniato, F. Vallerani, M. Zanetti; op. cit.; pp. 259-272.)
22La legge infatti stabilì, per scopi sociali, la distibuzione di metà dei terreni a famiglie povere,
chiamate bisnent, termine dialettale che stava a significare la totale mancanza dei possedimenti; la metà rimanente venne venduta a privati, con lo scopo di diffondere l’attività agricola nella zona. In questa occasione il territorio fu quasi completamente disboscato e alcuni degli appezzamenti vennero fatti oggetto di atti speculatori per mano di soggetti che li vendettero a famiglie del territorio bellunese e di Asiago. Sempre in questo periodo vennero istituite delle stade di accesso al bosco, le attuali prese, e nacquero gli odierni insediamenti di Santa Croce, Santi Angeli; solo dopo la guerra sorse invece il centro abitato di Maria della Vittoria. (S. Rodato (a cura di); Il bosco del Montello; Biblioteche comunali di Giavera, Nervesa e Volpago; 1988; p. 22.)
situazione per i boschi del Montello si aggravò ulteriormente: l’area divenne una zona di difesa dove vennero imposte regole militari e dove i soldati costruirono una fitta rete di trincee, disboscando ulteriormente l’area. Il Montello assunse in poco tempo i connotati di ‘un paesaggio irreale di rovine, ammassi di detriti, bo- schi martoriati’23. Alla fine della guerra molto del patrimonio artistico-culturale
ormai non esisteva più, raso al suolo da granate nemiche. Al suo posto, come a cercare di rimpiazzarlo, vennero istituiti vari monumenti in ricordo al conflitto.