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Cenni storici e politici della situazione in Cina

La situazione dell'industria automobilistica in Cina

2.1 Cenni storici e politici della situazione in Cina

Lo sviluppo dell'industria automobilistica cinese è strettamente legato alle circostanze connesse alla vita politico-economica del paese: dopo le vicende successive alla fondazione della RPC nel 1949, la Cina avvertì sempre più lo stimolo di dare luogo alla motorizzazione del paese e il potere comunista decise di puntare su questo settore e di non lasciarlo nella più totale arretratezza nella quale si trovava.1

Inizialmente, le difficoltà economiche e tecniche furono numerose a causa delle scarse infrastrutture, delle enormi distanze dovute all'estensione del paese, dalla mancanza di capitali e dall'insufficiente preparazione dei tecnici.

Per superare questi problemi quindi, la Cina decise di fare appello all'Unione Sovietica che fu in grado di stabilire un discreto numero di moderni impianti su larga scala e di inviare giovani tecnici dotati di ogni competenza.

Verso gli anni sessanta però i rapporti tra i due paesi si deteriorano progressivamente ed essa non poté fare altro che adattarsi al nuovo scenario politico.

Negli anni settanta iniziò infatti a delinearsi una nuova strategia politica per la RPC basata su un processo di riforme che alla fine del decennio porteranno il paese ad una maggiore apertura verso l'esterno, inoltre anche i rapporti con la superpotenza statunitense cominciavano ad essere sempre meno ostili.

Subito dopo la morte di Mao avvenuta nel 1976, Hua Guofeng cercò di guidare il paese attuando una sorta di "maoismo senza Mao", cioè una linea politica volta a mantenere una serie di caratteristiche dell'esperienza maoista pur introducendo alcune parziali innovazioni e diversi cambiamenti.

Egli infatti avviò una strategia economica basata su ambiziosi piani di sviluppo e utilizzò in modo selettivo l'importazione di tecnologia straniera per sostenere lo sforzo di ammodernamento nazionale: Hua Guofeng pose in particolare la priorità sullo sviluppo dell'industria pesante, combinandola con una forte enfasi sulla produzione cerealicola.

Numerosi progetti industriali non riuscirono però a decollare o ad essere completati principalmente a causa di errori nella pianificazione, insufficienti risorse tecniche e di carenze nell'approvvigionamento di energia elettrica.

1 LI Gang, The Chinese automobile industry:an overview, 现 代 社 会 文 化 研 究 N.30, 2004 年 7 月 , http://dspace.lib.niigata-u.ac.jp:8080/dspace/bitstream/10191/1104/1/18, file PDF.

Hua tentò di implementare un modello economico simile a quello sovietico dei tempi di Stalin, basato sui piani quinquennali.

Questa posizione fu però rigettata da Deng Xiaoping, il quale sconfisse la posizione di Hua nel 1978.

Probabilmente in un tentativo di non restare emarginato e in ombra, Hua si circondò di un elevato culto della personalità, facendo accostare i propri ritratti a quelli di Mao in tutto il paese e menzionando lo stesso Mao Zedong in quasi tutti i suoi discorsi, ma gradualmente perse sempre più consenso anche a causa dell'eccessiva fiducia che egli aveva riposto nelle risorse petrolifere cinesi mentre la fazione di Deng Xiaoping acquisì maggior successo.2

Con il ritorno alla politica di quest'ultimo, la storia della Repubblica popolare cinese conobbe un progressivo processo di revisione.

All'interno del nuovo quadro istituzionale poté essere portata avanti, anche se attraverso diversi aggiustamenti, la rivoluzione dell'economia che sarà destinata a portare la Cina alla radicale trasformazione che tuttora è in atto e che l'ha resa una grande potenza.

La prima fase della riforma iniziò nei primi anni ottanta con la progressiva decollettivizzazione delle campagne: le famiglie poterono così iniziare a disporre liberamente delle terre dopo aver consegnato allo Stato le quote obbligatorie.

Alla fine del 1984, le comuni popolari furono soppresse e si andarono riducendo progressivamente le altre unità collettive.

Se in campo agricolo la politica di decollettivizzazione conobbe un rapido successo, non furono altrettanto significativi gli iniziali risultati conseguiti nell'ambito industriale, ma nel corso del tempo avrebbero portato a grandi soddisfazioni.

Nel 1984, infatti, fu avviata una riforma sistematica dell'economia urbana che di fatto consisteva nell'introduzione dei meccanismi di mercato all'interno dell'economia pianificata.3

Inoltre, la riforma del settore industriale era necessaria per rendere le imprese responsabili in termini economici e garantendo loro la possibilità di trattenere parte dei profitti; anche i manager ricevettero maggior autonomia decisionale riguardo ai piani di produzione, marketing, distribuzione dei prodotti d'impresa, assunzione e licenziamento dei lavoratori, ecc.

Nel 1985 poi si assunsero importanti decisioni per rafforzare l'interazione tra istituzioni impegnate nei settori della scienza e della tecnologia e le imprese, oltre che sul piano della collaborazione internazionale.

2 Guido SAMARANI, La Cina del Novecento: dalla fine dell'impero ad oggi, Torino, Einaudi, 2007. - Barry NAUGHTON,

The Chinese economy, transitions and growth, Cambridge, The MIT Press, 2007.

3 La pianificazione vera e propria veniva limitata ad alcuni prodotti strategici, mentre la parte rimanente della produzione sarebbe stata sottoposta alle leggi di mercato e ciò comportava una riforma radicale dei prezzi. - Mario SABATTINI, Paolo SANTANGELO, Storia della Cina, Roma, Editori Laterza, 2007.

Per controbilanciare queste misure di apertura e innovazione vennero anche però introdotte nel 1986 regole più severe come per esempio la legge sulla bancarotta, al fine di evitare che i manager operassero correttamente e non approfittassero dei nuovi poteri di cui potevano usufruire.

La crescita industriale negli anni che vanno dal 1983 al 1985 fu spettacolare, con un aumento del 24% e i settori che ottennero i migliori risultati furono quelli dell'industria leggera e dei beni di consumo.

Di pari passo con la riforma, aumentarono anche gli scambi con l'estero fino ad un livello mai raggiunto precedentemente nella storia cinese.

Per quanto riguarda le riforme industriali, i provvedimenti presi dai leader cinesi rivelarono una tendenza a diminuire i beni industriali posti sotto una gestione centralizzata.4

Il processo di riforme comunque non fu privo di difficoltà, poiché persistevano condizioni di ritardo nelle infrastrutture e nell'organizzazione economica e ciò causò anche dei rallentamenti nel flusso dei capitali stranieri convogliati in Cina.

Tuttavia fu una fase di notevole successo e di crescita per la Cina nel suo complesso e di conseguenza l'industria automobilistica del paese ne ricevette impulso e sviluppo.