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Centralità del piano economico finanziario

L’attuale disciplina

2. Centralità del piano economico finanziario

Si deve premettere, in linea generale, che con il termine equilibrio economico-finanziario deve intendersi il contemporaneo rispetto delle condizioni di convenienza economica e di sostenibilità finanziaria dell’investimento.

La convenienza economica (“redditività”) di un investimento si riferisce alla capacità del progetto di creare valore nell’arco di durata di una concessione e di generare un ritorno sul capitale investito adeguato rispetto alle aspettative dell’investitore privato. Con il termine sostenibilità finanziaria si intende fare riferimento alla capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso dei finanziamenti e un’adeguata remunerazione per gli azionisti. La sostenibilità economico-finanziaria di un progetto espressa in termini di bancabilità si riferisce, poi, a particolari indicatori capaci di valutare il margine di sicurezza su cui i soggetti finanziatori possono contare per essere garantiti sul puntuale pagamento del “servizio” del debito.

Chiaramente, il principio di equilibrio economico-finanziario e l’elemento del rischio operativo sono concetti destinati ad un rapporto di tensione. In linea di principio, infatti, il rispetto dell’uno può portare alla limitazione o addirittura alla eliminazione dell’altro.

Dunque, il ruolo del rischio operativo spiega – quasi si trattasse di un contrappeso – la centralità rivestita dalla

i criteri di selezione, nonostante siano abbondantemente scaduti i termini, previsti dall’art. 46-bis, per lo svolgimento dei relativi adempimenti”. Cfr. anche, tra le altre, T.A.R. Lombardia-Brescia, 27 maggio 2008, n. 566, in www.giustizia-amministrativa.it. In dottrina, v. G. F. LICATA, La scadenza delle concessioni per il

servizio di distribuzione di gas naturale tra legislazione interna e giustizia comunitaria, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2, 2011, 523.

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disciplina dall’equilibrio economico-finanziario della gestione. La disciplina previgente era già avvertita sul punto: la disposizione di cui all’art. 143 del d.lgs. n. 163/2006, infatti, richiamava ripetutamente il concetto con riguardo alla possibilità di stabilire prezzi in sede di gara, alla cessione in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili, alla durata della concessione, alla revisione dei dati economici ed ai presupposti stabiliti nella convenzione originaria.

La nuova disciplina dedica all’equilibrio gestionale una definizione apposita, per cui, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. fff), d.lgs. n. 50/2016, per equilibrio economico-finanziario si deve intendere “la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria. Per convenienza economica si intende la capacità del progetto di creare valore nell’arco dell’efficacia del contratto e di generare un livello di redditività adeguato; per sostenibilità finanziaria si intende la capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento”.

La disciplina attuale, inoltre, tratteggia meglio che in passato la correlazione tra rischio ed equilibrio economico-finanziario, laddove la norma di cui all’art. 165, comma 1, prevede che il rischio operativo deve essere riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull’equilibrio economico finanziario. E, per quanto costituisse un dato implicito già nel regime previgente, appare comunque opportuno che il legislatore delegato abbia previsto espressamente che l’equilibrio economico-finanziario rappresenti “il presupposto per la corretta allocazione dei rischi”.

Del resto, la giurisprudenza aveva già evidenziato da tempo l’importanza del documento chiamato a certificare

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la validità economico-finanziario dell’operazione. Con riguardo al piano economico-finanziario, infatti, il giudice amministrativo ha individuato nella validità economico-finanziaria del progetto “il presupposto dell’intera operazione”281 ed ha qualificato ogni valutazione sulla effettiva e concreta redditività dell’operazione quale attività di interesse pubblico282. E ciò spiega perché – con specifico riferimento alla disciplina della finanza di progetto ma con affermazioni destinate a valere, mutatis

mutandis, anche per le “tradizionali” figure concessorie –

la medesima giurisprudenza abbia posto a carico dell’amministrazione l’obbligo di verificare la coerenza e la congruità del piano in termini di attendibilità della proposta circa la gestione dell’opera e la certezza sulla realizzazione dell’operazione283. Con la conseguenza che

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Cons. St., sez. V, 23 marzo 2009, n. 1741, in Riv. giur. ed., 2009, 3, I, 803; Id., 30 gennaio 2009, n. 4346, in

www.giustizia.amministrativa.it; T.A.R. Lombardia-Milano, sez. I,

28 maggio 2010, n. 1701, in www.giustamm.it.

282

Si richiama Cons. St., sez. IV, 16 giugno 2008, n. 2979, in Foro

amm. - CDS, 2008, 6, 1723, secondo cui alle valutazioni sulla

vantaggiosità dell’offerta “non solo, secondo il Collegio, non risulta estranea, ma è logicamente conferente, ogni valutazione (considerata di pubblico interesse) sulla effettiva e concreta redditività dell’operazione ”; analogamente, v. Cons. Stato, sez. V, 15 settembre 2009, n. 5503, www.giustizia-amministrativa.it.

283

Cons. St., sez. V, 17 novembre 2006, n. 6727, in Foro amm. -

CDS, 2006, 11, 3068; T.A.R. Emilia Romagna-Bologna, sez. I, 20

maggio 2004, n. 762, in Giur. it., 2004, 1970; sulla necessità che vi sia certezza su tutte le poste economiche in gioco, inclusi gli eventuali apporti finanziari di parte pubblica, si richiama T.A.R. Lazio-Roma, sez. III-bis, 13 febbraio 2007, n. 1321, in

www.giustamm.it, riguardante la illegittimità di un avviso pubblico

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nel caso di inidoneità del progetto in punto di (auto)finanziamento dell’attività e della insostenibilità economico-finanziaria dell’operazione – e, pertanto, nell’ipotesi di violazione del principio di equilibrio economico-finanziario – la fattibilità dell’intero intervento deve essere giudicata negativamente.

Un profilo a parte merita la già rammentata nozione di bancabilità dell’investimento, consistente nelle condizioni che gli istituti di credito richiedono per erogare il finanziamento284. La direttiva 2014/23/UE, invero, nulla dice sul punto. E la ragione deve rintracciarsi nella avversione del legislatore europeo per ogni regolazione dei rapporti privati, cui sono ovviamente riconducibili quelli tra concessionario ed istituti di credito, lasciati, pertanto, alla libera negoziazione di mercato. Meno disinteressato risulta, invece, il legislatore nazionale; e ciò sulla scorta di un’esperienza interna che ha dimostrato da tempo l’incidenza della bancabilità sulla realizzazione effettiva dell’opera. Importanti indicazioni erano, in verità, già presenti nell’art. 143, comma 8-bis, del precedente codice, che affidava alla convenzione l’indicazione della capacità di rimborso del debito, e nell’art. 144, commi 3-bis, ter e

quater, contenenti buona parte delle previsioni di cui

all’attuale art. 165 con riguardo alla disciplina dei bandi e delle offerte ed alla necessità di indicazioni chiare sulla bancabilità dell’investimento.

Ad ogni modo, la disciplina di cui al comma 3 dell’art. 165 del nuovo codice intende rafforzare ulteriormente l’importanza della bancabilità dell’opera allorché

pubbliche, in modo da condizionare i contenuti del piano economico-finanziario.

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Chiaramente, dunque, per ciò che attiene alla componente di capitale di credito (debt).

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condiziona la sottoscrizione del contratto di concessione alla “presentazione di idonea documentazione inerente il finanziamento dell’opera”. E ciò malgrado la disposizione non sembri adeguatamente chiarire quando tale idoneità possa dirsi raggiunta.

Allo stesso tempo, anche il termine previsto per la risoluzione di diritto del contratto di concessione – dodici mesi in luogo dei precedenti ventiquattro – in mancanza dell’avvenuto perfezionamento del contratto di finanziamento segnala la preoccupazione che intervenga rapidamente chiarezza su uno dei cardini su cui si regge l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento.

Tralasciando per ora l’aspetto della possibile revisione del PEF in costanza di rapporto, si deve segnalare come il concetto di equilibrio economico-finanziario abbia anche importanti riflessi sulla tematica della durata della concessione, nonché sugli (eventuali) apporti economici conferiti dall’amministrazione concedente.

L’avversione del diritto europeo per le concessioni di durata illimitata o sovradimensionata si spiega in considerazione del fatto che “le concessioni di durata molto lunga possono dar luogo alla preclusione dell’accesso al mercato, ostacolando così la libera circolazione dei servizi e la libertà di stabilimento”285, con il rischio, pertanto, di creare extraprofitti al concessionario. Allo stesso tempo, tuttavia, è presente sempre nell’ordinamento comunitario la consapevolezza che la durata prolungata di un contratto concessorio “può essere giustificata se è indispensabile per consentire al concessionario di recuperare gli investimenti previsti per eseguire la concessione, nonché di ottenere un ritorno sul

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capitale investito”286. Per questa ragione una durata tipo della concessione appare di ardua definizione a causa della variabilità degli elementi che determinano la sostenibilità economico-finanziaria dell’opera.

In tal modo, si spiega come la durata delle concessioni debba essere limitata e determinata, secondo quanto previsto dalla direttiva e ribadito dall’art. 168, comma 1, del nuovo codice tenendo conto di alcuni parametri, in particolare dei lavori o servizi richiesti al concessionario, cui si aggiunge la dizione incerta – e forse pleonastica – del valore della concessione e della complessità organizzativa dell’oggetto della stessa. In ogni caso, criterio di riferimento resta quello per cui la durata massima della concessione “non può essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario individuato sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante del piano economico-finanziario”. Con ciò appare chiaro che, proprio perché il codice attuale, a differenza del precedente, non pone alcun limite massimo di durata alla concessione, sarà buona prassi legarne la protrazione ad una puntuale motivazione articolata sui parametri di tenuta dell’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e delle relative componenti287.

Proprio tra le componenti dell’equilibrio economico-finanziario trova collocazione il contributo economico del concedente a favore del concessionario. Tale possibilità, già nota e codificata nel codice previgente, appare confermata, come già detto, anche dal nuovo. La prassi

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Ibid.

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applicativa presenta, accanto ad alcune luci, non poche ombre. In particolare, la possibilità di conferimento di un bene patrimoniale da parte dell’amministrazione288 facilita senza dubbio la possibilità del ricorso alla disciplina della concessione, con il possibile inconveniente, tuttavia, che sia proprio la contribuzione pubblica, talora persino più della redditività stessa del progetto, ad attrarre il capitale privato alla realizzazione di opere pubbliche. Con la conseguenza che lo spostamento dell’attenzione dalla redditività della gestione al valore degli apporti in conto capitale289 o in conto gestione290 rischia di determinare un regime contrattuale elusivo del paradigma concessorio, perché focalizzato sull’acquisizione del bene patrimoniale a scapito del valore funzionale dell’opera e della qualità del servizio per i bisogni dell’utenza291.

In ogni caso, la legittimità del conferimento di un bene economico al concessionario è stata riconosciuta in linea di

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Art. 165, comma 2, d.lgs. n. 50/2016: “il contributo, se funzionale al mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario, può essere riconosciuto mediante diritti di godimento su beni immobili nella disponibilità dell’amministrazione aggiudicatrice la cui utilizzazione sia strumentale e tecnicamente connessa all'opera affidata in concessione”. La precedente disciplina, a sua volta, conosceva un simile contributo, sotto forma di cessione in proprietà, o diritto di godimento, di beni immobili nella disponibilità della p.a., o allo scopo espropriati, la cui utilizzazione ovvero valorizzazione fosse necessaria all’equilibrio economico-finanziario della concessione (v. art. 143, comma 5, d.lgs. n. 163/2006).

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Cioè a parziale copertura finanziaria del costo complessivo dell’investimento.

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Ovvero a integrazione dei ricavi d’esercizio, o nella forma di canoni riferiti ai livelli di qualità e di efficienza del servizio erogato dalla connessa gestione dell’infrastruttura.

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principio dalla stessa Commissione Europea292. Tuttavia, sin dalla comunicazione interpretativa del 2000, l’esecutivo comunitario ha asserito che, siccome il regime della concessione di lavori pubblici si caratterizza per il trasferimento del rischio economico al privato, occorre che “il prezzo versato copr(a) solo una parte del costo dell’opera e della sua gestione”. Di conseguenza, se il soggetto concedente sopporta la maggior parte dell’alea legata alla gestione dell’opera, l’elemento rischio viene a mancare ed il contratto stipulato è riferibile alla tipologia del contratto di appalto pubblico di lavori.

Del resto, come accennato, la direttiva del 2014 vieta l’eliminazione del rischio del concessionario, ma non la sua limitazione293. Né un divieto era posto dal codice previgente che, difatti, prevedeva la possibilità che il concedente stabilisse in sede di gara “anche un prezzo”, seppur limitandolo ad ipotesi ben precise. Con il che non appare contraddittorio che anche l’art. 165, comma 3, del nuovo codice preveda “anche un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili”. Ma con una condizione: che ciò sia funzionale al mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario.

In tal caso, la vera novità appare semmai il ripristino da parte dell’ordinamento nazionale di un limite quantitativo invalicabile: “l’eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al

292

Cfr. Libro verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, cit., punto 22.

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30% del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari”294.

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