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La distinzione codicistica tra concessione e PPP

L’attuale disciplina

4. La distinzione codicistica tra concessione e PPP

Si è già accennato che la scelta del legislatore nazionale è stata, in continuità con la disciplina previgente324, quella di considerare espressamente la categoria del partenariato pubblico privato, che, a livello di Unione europea, trova invece riscontro solo in atti programmatici e comunque non vincolanti325.

La trasposizione del concetto di rischio operativo nel nuovo codice, nelle due forme di rischio dal lato della domanda e dell’offerta, ha in sostanza determinato due specie contrattuali distinte. Da un lato, i contratti di concessione, fondamentalmente connotati dalla presenza del rischio della domanda o di mercato (art. 165, d.lgs. n. 50/2016), i cui proventi sono generati dai pagamenti degli stessi utenti fruitori dell’opera o del servizio al concessionario. Dall’altro, i contratti di partenariato pubblico privato (PPP), caratterizzati dal rischio di disponibilità (art. 183), ma anche da quello di mercato, i cui proventi diretti all’affidatario sono generati dalla pubblica amministrazione.

A questo riguardo l’art. 165 citato chiarisce come “nei contratti di concessione come definiti all’art. 3, comma 1, lett. uu) e vv), la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato”. L’art. 183, comma 3, da parte sua, stabilisce che “nei contratti di partenariato pubblico privato, i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra

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V. art. 3, comma 15-ter, d.lgs. n. 163/2006.

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V. in particolare il più volte richiamato Libro verde della Commissione sul partenariato pubblico-privato del 2004.

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forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna”.

La ragione di questa differenziazione, come in parte già detto, ha delle importanti ricadute imposte dalla legge alla pubblica amministrazione e all’operatore economico sul piano procedurale e sul livello di garanzie da rispettare. La

ratio della distinzione riposa sulla capacità del mercato (il

rischio dal lato della domanda) di compulsare il privato ad adottare comportamenti performanti in termini di efficienza ed efficacia durante tutta la filiera di realizzazione dell’opera pubblica e della sua gestione o, nel caso di concessione di servizi, durante la gestione del servizio.

La risposta del mercato all’attività del concessionario tramite l’acquisto o meno del servizio – anche generato mediante la costruzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità – induce l’operatore economico affidatario a progettare, finanziare, costruire e gestire con attenzione rispetto alla convenienza dell’operazione ed al livello del servizio da cui dipende l’entità della risposta degli utenti. Il bilancio di questi due fattori, ottimizzazione dei costi ed elevazione degli standard dei servizi per ottenere maggiori ricavi, è l’incentivo autodeterminante per il concessionario a mantenersi in linea con le prospettive del piano economico-finanziario.

Invece, nelle operazioni “fredde”, a canone o a pagamento dell’amministrazione (rischio dal lato dell’offerta o anche di mercato ma con main payer pubblico), manca nell’affidatario questa spinta autodeterminante all’attenzione ai costi e al livello dei servizi erogati. L’aspettativa del privato di ricevere un canone, cadenzato temporalmente, nei contratti di PPP

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comprime l’incentivo, in assenza di correttivi regolatori, alla migliore performance.

Dunque il legislatore sembrerebbe aver preso atto che nei contratti di partenariato pubblico privato sono necessari dei correttivi regolatori, i quali, infatti, sono stati introdotti nel nuovo codice, sia a livello procedurale che contrattuale. Ciò al fine di evitare che l’amministrazione paghi in eccesso rispetto ai rischi sostenuti dal partner privato, o paghi senza ottenere gli standard qualitativi attesi.

Come precisa l’art. 180, comma 8, del nuovo codice appartengono ai contratti di PPP “la finanza di progetto, la concessione di costruzione e gestione [rectius, concessione di lavori, n.d.a.], la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità e qualunque altra procedura di realizzazione di partenariato in materia opere o servizi che presentino le caratteristiche di cui ai commi precedenti”326.

I contratti prima elencati, per essere classificati come contratti di PPP, devono possedere le caratteristiche tipiche del contratto di partenariato pubblico privato di cui all’art. 180 del nuovo codice. In particolare, il concessionario

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In tal guisa, si coglie la singolarità della categoria del PPP:

species del genus più ampio del contratto di concessione europeo e,

al contempo, genus rispetto alla species “contratto di concessione” nel diritto nazionale. Peraltro, in questa classificazione dei contratti di PPP per relationem al contratto di partenariato pubblico privato, delineata nell’art. 180, si rileva la confusione, auspicabilmente da emendare, tra procedimenti e contratti laddove la finanza di progetto, disciplinata nell’art. 183 del nuovo codice, è un procedimento di individuazione dell’affidatario e non certo un contratto. Essa andrebbe dunque elisa dal disposto, così come andrebbe parallelamente corretto il riferimento operato a “qualunque altra procedura”.

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deve essere remunerato dalla pubblica amministrazione, assumendosi, oltre al rischio costruzione, anche il rischio di disponibilità e/o il rischio domanda. Sarebbe possibile pertanto configurare: i contratti di concessione di lavori “freddi”; le concessioni di servizi fredde con servizio esclusivo all’amministrazione committente327; il contratto di disponibilità (art. 188); la locazione finanziaria di opere pubbliche (art. 187); lo stesso contratto di partenariato pubblico privato (art. 3, lett. eee).

La disposizione apparentemente anomala recata dall’art. 180, quella cioè afferente all’ammissibilità per il concessionario, nei contratti di PPP, del trattenimento anche del rischio di domanda (oltreché quello di disponibilità) in modo esclusivo nella singola operazione, sembrerebbe tuttavia mettere in crisi la costruzione qui prospettata328.

In tal senso, può essere menzionato il comma 2 dell’art. 180, a mente del quale “nei contratti di partenariato pubblico privato, i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico,

anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna” (corsivo aggiunto). E, ancora,

il comma 3 della medesima disposizione, alla cui stregua “nel contratto di partenariato pubblico privato il

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Sull’ammissibilità delle concessioni di servizi “fredde” come conseguenza della direttiva 2014/23/UE, v. M. RICCHI, La nuova

Direttiva, op. cit., nonché G. GRECO, La direttiva, op. cit.

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V. P. MARASCO - M. TRANQUILLI, Concessioni e Ppp: per

trasferire il rischio operativo la legge non basta, serve un Pef congruo, in Edil. e terr., 30 marzo 2016; cfr. anche P. PIACENZA, Rischio operativo al privato e domanda di mercato per la concessione di servizi, ibid.

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trasferimento del rischio in capo all’operatore economico comporta l’allocazione a quest’ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi

di attività redditizia verso l’esterno, del rischio di domanda dei servizi resi” (corsivo aggiunto).

Mentre dunque la definizione del contratto di partenariato di cui all’art. 3, lett. eee), non fa luce sull’ammissibile alternatività tra rischio di disponibilità e di domanda, invece la disciplina recata dall’art. 180 rispetto alle forme di PPP ed ai meccanismi di remunerazione erogati dalla pubblica amministrazione, sembra consentire di conciliare il tema dei servizi resi verso l’esterno con l’assunzione del rischio di domanda o di fluttuazione del mercato a carico del privato affidatario. Infatti nel comma 5 dell’art. 180 è ulteriormente precisato: “l’amministrazione aggiudicatrice sceglie altresì che a fronte della disponibilità dell’opera o della domanda di servizi [...] rimette la remunerazione del servizio allo

sfruttamento diretto della stessa da parte dell’operatore economico, che pertanto si assume il rischio delle fluttuazioni negative di mercato della domanda del servizio medesimo” (enfasi aggiunta).

Tale discrasia genera, almeno prima facie, un’aporia normativa. Come si è cercato in precedenza di chiarire, lo strumento del partenariato dovrebbe trovare applicazione nei casi di operazioni “fredde”.

Quid iuris, dunque? La soluzione preferibile di fronte

all’apparente equivoco sembrerebbe esser quella, coerente con l’impianto complessivo del codice e con i lavori preparatori, di considerare il PPP comunque riferito ad operazioni “fredde”, nelle quali possano essere però

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previsti meccanismi di shadow toll329. La condizione della remunerazione da parte dell’amministrazione e della contemporanea allocazione del rischio domanda a carico del concessionario è infatti soddisfatta qualora siano previsti i “pedaggi ombra”, utilizzati ampiamente all’estero. Milita verso questa interpretazione non solo la ricerca della riduzione a coerenza dell’ampio sistema del PPP, ma anche la valorizzazione del meccanismo di remunerazione del concessionario che si pone, nell’opzione prospettata, come una “terza via” rispetto alla remunerazione tramite il mercato e quella puramente e semplicemente erogata dal committente pubblico.

Chiaro questo aspetto, non vi è, per il resto, il tempo di analizzare più in profondità la disciplina codicistica del PPP, cosa che, per vero, esulerebbe dai confini della presente trattazione.

Ci si può solo limitare ad evidenziare che nei contratti di PPP, per le ragioni anzidette i procedimenti di aggiudicazione sono ben definiti330, escludendosi l’applicabilità sia del principio di libera strutturazione dell’affidamento, sia della “variante negoziale”. Non solo: le singole fattispecie contrattuali sono inoltre caratterizzate da elevati e specifici livelli garanzia a presidio della

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Sul punto v. ampiamente M. RICCHI, L’architettura, op. cit. Non mancano peraltro incertezze su siffatto inquadramento, generate dai dubbi in ordine ad un possibile rapporto di continenza tra la categoria delle concessioni e quella del PPP (alla cui stregua partenariato e concessione starebbero in rapporto di genere e specie), v. F. DI CRISTINA, Il nuovo codice dei contratti pubblici.

Il partenariato pubblico privato quale “archetipo generale”, in Giorn. dir. amm., IV, 2016, 436.

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V. art. 181, comma 1, d.lgs. n. 50/2016: “la scelta dell’operatore economico avviene con procedure ad evidenza pubblica anche mediante dialogo competitivo”.

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corretta azione amministrativa e della migliore qualità procedimentale331.

In altri termini, il legislatore nazionale, come già chiarito, ha posto una particolare attenzione e cautela in questo settore in cui il committente pubblico è non solo concentrato sulla programmazione dell’operazione, sull’indizione ed espletamento della gara e sulla gestione dell’esecuzione, ma è altresì stabilmente impegnato nell’erogazione diretta o mediata delle risorse pubbliche da corrispondere al privato332.

Resta da chiedersi se queste legittime preoccupazioni non avrebbero potuto trovare sfogo all’interno dell’istituto delle concessioni, dedicando apposite norme alle concessioni “fredde”. Così da evitare la perpetuazione nell’ordinamento nazionale di una categoria – quella del partenariato pubblico privato – che, già di per sé ibrida e multiforme, presenta, a causa dei numerosi rimandi333, una

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V. ad es. l’art. 181, commi 3 e 4, d.lgs. n. 50/2016.

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Di contro, laddove i ricavi devono essere tratti dal mercato, come nei contratti di concessione, c’è una maggiore fiducia circa

l’effetto di autoregolazione dell’amministrazione nella

strutturazione delle gare con potenziali elevati tassi di negoziazione, in quanto gli operatori economici, su cui grava il rischio operativo di percezione del reddito, sono i primi attenti controllori della competenza della stazione appaltante e dell’esattezza procedimentale, la cui mancanza verrebbe altrimenti sanzionata disertando le gare (cfr. M. RICCHI, L’architettura, op. cit.).

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V. in particolare l’art. 179, commi 1 e 2, del nuovo codice: “alle procedure di affidamento di cui alla presente parte si applicano le disposizioni di cui alla parte I, III, V e VI, in quanto compatibili. 2. Si applicano inoltre, in quanto compatibili con le previsioni della presente parte, le disposizioni della parte II, titolo I a seconda che l’importo dei lavori sia pari o superiore alla soglia di cui

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disciplina non immediatamente intellegibile. Ciò che potrebbe limitarne, al di là della piuttosto sperimentata forma del project financing, l’effettiva diffusione nella prassi.

all’articolo 35, ovvero inferiore, nonché le ulteriori disposizioni della parte II indicate all’articolo 164, comma 2”.

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5. Focus: la disciplina speciale delle