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CAPITOLO 5 : IL PODERE “LE VENELLE”

5.2 Il centro CARAPA

Il podere delle“ Venelle” è stato al centro di una vicenda giudiziaria di durata ventennale. Alla fine degli anni ’80, su questo podere delle Regione Toscana, fu avviato un progetto per la salvaguardia delle specie di tartarughe mediterranee ad opera di “RANA Belgium” nell’ambito di un Programma CEE. Dalle notizie acquisite è ragionevole ritenere che la CEE abbia contribuito con un finanziamento a favore di RANA di circa trecento milioni di lire per un progetto di sensibilizzazione e salvaguardia delle tartarughe mediterranee di durata triennale, nel quale erano previste campagne di sensibilizzazione e la creazione di diversi centri di protezione e salvaguardia. I rappresentanti di RANA presero contatti con la Regione per localizzare sul territorio regionale il primo centro italiano di ricerca per la protezione delle tartarughe e fu scelta la zona delle Colline Metallifere. La Giunta Regionale Toscana, con la deliberazione n. 12011/88, decise di partecipare al progetto e la Giunta Esecutiva della Comunità Montana eseguì le decisioni regionali vincolando la porzione di terreno in loc. Venelle, di circa 5 ettari, alla realizzazione del progetto CARAPAX. Su tale porzione di terreno insisteva un fabbricato rurale. Il sig. Donato Ballasina venne delegato alla firma della convenzione con la Comunità Montana da parte di RANA Belgium, il 9/6/89 e da RANA - Italia in data 20/6/89. La convenzione affidava al Gruppo RANA i suddetti beni immobili per la durata di 35 anni per la realizzazione di un Centro di salvaguardia delle tartarughe mediterranee in capo a RANA – Italia. RANA non disponeva dei fondi necessari a far fronte agli impegni assunti con la convenzione del settembre 1989, e quindi la Regione Toscana inserì il progetto CARAPAX nel piano di finanziamenti ex Reg. CEE per un importo totale di 500.000 Euro. Fin dai

primi anni i gestori del centro risultarono inosservanti degli impegni e gli Enti pubblici, che comunque ritenevano importante il progetto, si fecero carico degli oneri finanziari e dei lavori. Pertanto per iniziativa della Comunità Montana, si iniziò a richiedere un aggiornamento della convenzione originaria del settembre 1989, che di fatto era stata stravolta nei contenuti prima ricordati. Il 21 aprile 1992 il Dirigente regionale competente sollecitò una risposta a RANA rispetto alle proposte avanzate dalla Comunità Montana. Il 5 maggio 1992 giunse la risposta a firma della direzione del Centro CARAPAX, ove si commentavano negativamente le innovazioni avanzate. Negli anni 1993, 1994 e 1995 sono seguite varie proposte di convenzione : da una parte il Centro propose a più riprese di integrare la originaria convenzione con la previsione di un finanziamento annuale da parte della R.T. per le ordinarie spese di gestione (dai 175 milioni di lire richiesti nel 1993 ai 250 milioni del 1995), richiese ulteriori strutture, mezzi e beni immobili e proponendo di poter gestire i beni concessi senza alcun controllo della pubblica amministrazione; dall'altra la Regione e la Comunità Montana che continuavano a proporre una nuova convenzione che facesse chiarezza sui rispettivi ruoli, precisando gli scopi del Centro, che istituisse un comitato scientifico e un comitato di gestione con rappresentanti delle Università toscane, della Pubblica Amministrazione e di RANA, con l'intento di ricondurre a trasparenza la gestione finanziaria, anche considerate le entrate derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso, che favorisse e rendesse cogenti i rapporti con il mondo scientifico italiano e toscano in particolare, e che limitasse la durata del rapporto a nove anni dai 35 originari. La Comunità Montana accertate e contestate plurime inadempienze agli obblighi assunti da parte di RANA attivò la clausola compromissoria prevista dalla originaria convenzione, con istanza di arbitrato in

data 30 aprile 1996. A dicembre 1998 il giudizio arbitrale si concluse riconoscendo le ragioni della Comunità Montana. La convenzione originaria fu dichiarata decaduta e la controparte fu condannata a pagare due terzi delle spese di giudizio e delle spese legali a favore della Comunità Montana. Non essendo stato impugnato il Lodo divenne definitivo a dicembre 1999. La Fondazione RANA, soccombente nel giudizio arbitrale, non ha poi provveduto a rilasciare gli immobili e neppure a pagare le spese del giudizio arbitrale poste a suo carico dal “lodo”. La Regione tentò di risolvere la vicenda inserendo poi nel primo programma di alienazione del patrimonio agricolo forestale i terreni ed i fabbricati costituenti il Centro Carapax; le due procedure di vendita, nel 2000 e nel 2002, non si conclusero perché essa era aperta soltanto ai gestori del Carapax ma essi non presentarono alcuna offerta. Infine la C.M. promosse una azione giudiziaria nei confronti di Fondazione RANA che fu condannata con sentenza del Tribunale di Grosseto nel 2005. Il Corpo Forestale dello Stato, poi, nel 2007 sequestrò presso il Centro Carapax specie animali pericolose detenute irregolarmente, in quanto sprovviste della prevista autorizzazione prefettizia. Infine, il 28 gennaio 2009 fu depositata al tribunale di Grosseto l'istanza per il sequestro giudiziario degli immobili del centro Carapax. Critiche al centro sono state fatte anche per l'utilizzo dei laghetti come centro di raccolta di tartarughe palustri, provenienti da varie parti d'Europa. Paul H. Eversfield, in una lettera al Presidente della Regione Martini del 13 marzo 2009, presentava, in modo assolutamente negativo, l'attività del Centro Carapax. In particolare, ha accusato il Carapax di aver preso dal British Chelonia Group, 36.000 sterline per ricevere 5.000 Trachemys scripta elegans, alloggiate nei laghetti del centro in una situazione di grave sovrappopolamento. ll 18 aprile 2010 il processo si è concluso riconoscendo in pieno le ragioni della

Comunità Montana e disponendo la riconsegna degli immobili . Poco prima della conclusione del processo civile, a dicembre 2009, è venuto a sentenza anche il procedimento penale instaurato a seguito delle indagini condotte dal CSF a partire dal 2007, nel quale la Comunità Montana si era costituita parte civile. Ballasina e la moglie sono stati condannati per i reati di sfruttamento commerciale, detenzione e esposizione di specie protette e pericolose senza le autorizzazioni necessarie.

5.3 Valore naturalistico del podere

Analizzando le foto aeree disponibili sul podere, dopo aver confrontato le immagini tra il 1954 ed il 2010, è stato possibile notare che alcune aree sono nel tempo rimaste inalterate. In particolare, il bosco, che occupa la parte centrale del podere, e la zona umida, situata nella parte Nord- Ovest. Il bosco in particolare è stato oggetto di un rilevamento per censire le principali specie vegetali presenti, ed evidenziarne un eventuale qualità naturalistica da valorizzarIl rilievo ha avuto per oggetto le associazioni vegetali, definite come “aggruppamenti vegetali più o meno stabili ed in equilibro con il mezzo ambiente, caratterizzati da una composizione floristica determinata, nei quali alcuni elementi esclusivi o quasi (specie caratteristiche) rivelano con la loro presenza un’ecologia particolare e autonoma” (BRAUN–BLANQUET, 1951). La tipizzazione operata consiste nel prendere in esame un numero di specie che risultino maggiormente caratteristiche di un’associazione, cercando di connetterle alle corrispondenti condizioni ambientali, ottenendo così un utile indicatore della valenza ecologica di un'area. Per ottenere un rilievo valido si deve procedere compilando l’elenco di tutte le specie presenti in un’area sufficientemente rappresentativa della vegetazione, detta “minimo areale”.

Ricostruzione del podere nel 1832

Foto aerea del podere nel 1954 Ricostruzione del

podere nel 1832

Foto aerea del podere nel 2010

In primo luogo va quindi stabilito, con cognizione di causa, che la superficie prescelta per effettuare il rilievo sia rappresentativa della vegetazione che si sta studiando. Dell'area rilevata si devono conoscere superficie, quota, esposizione; inoltre, ad ogni specie presente nell’area devono essere attribuiti dei valori. In particolare, il grado di copertura secondo una scala di abbondanza-dominanza, il quale esprime la percentuale di area che la specie ricopre sul totale. Per la stima del grado di copertura viene utilizzata una scala di valori proposta inizialmente da BRAUN-BLANQUET nel 1951, e riproposta da PIGNATTI nel 1953, scala che prevede sette gradi :

5 = copertura 80 – 100 % 4 = copertura 60 – 80 % 3 = copertura 40 – 60 % 2 = copertura 20 – 40 % 1 = copertura 1 – 20 % + = copertura < 1 % r = specie molto rare

I dati raccolti vengono successivamente confrontati all’interno di specifiche tabelle fitosociologiche, per così individuare le associazioni vegetali ed i dati ad esse relative; le associazioni vengono riunite in un sistema di classificazione, definito in base alla presenza di gruppi di piante in comune, consentendo l’individuazione dei livelli gerarchici di alleanza, ordine, classe e relative subunità: suballeanza, sottoordine e sottoclasse. La denominazione sintassonomica, le cui

regole seguono il Codice Internazionale di Nomenclatura Fitosociologica, deriva dal nome scientifico di una o due specie più rappresentative, a cui viene aggiunto un suffisso diverso a seconda del livello gerarchico. I suffissi riconosciuti sono: Classe -etea Sottoclasse -enea Ordine -etalia Sottoordine -enalia Alleanza -ion Suballeanza -enion Associazione -etum Subassociazione -etosum.

L'area presa in esame, di 100 m², corrisponde alle coordinate 43°02'07” N e 10°52'03” E , si trova a 193 m.s.l.m., è esposta a Nord- Ovest e dista dal mare di circa 17 km. Per definire il minimo areale si è delimitata un'area quadrangolare di un metro per un metro; stabilito che non fosse sufficiente, si è passati ad un'area doppia e così via, fino a giungere ad una ampiezza tale da non individuare nuove specie all'esterno dell'area delimitata.

Immagine del podere, in giallo evidenziata l'area del rilevamento

SCHEDA DI RILEVAMENTO DELLA VEGETAZIONE Podere “Le Venelle”

Rilevamento : unico Data: 26/7/ 2014 Superficie (mq): 100 Regione: Toscana Provincia: Grosseto Comune: Massa Marittima Località: Marsiliana Esposizione: Nord-Ovest Altitudine (m): 193 Pendenza (°): 6 Substrato : Tendenzialmente acido

Formazione vegetale: Bosco misto di sempreverdi e caducifoglie

N. Strato Specie Abbondanza-

dominanza

Copertura

1 1 Ruscus aculeatus L. 1 10% 2 1 Quercus ilex L. 1 5% 3 1 Cyclamen hederifolium L. +

4 1 Fraxinus ornus L. 1 5% 5 1 Hedera + 6 1 Smilax aspera + 7 2 Quercus ilex 1 5% 8 2 Ruscus aculeatus L. + 9 2 Pistacia lentiscus L. + 10 2 Crataegus monogyna L. + 11 2 Spartium junceum L. + 12 3 Fraxinus ornus L. 2 35% 13 3 Quercus ilex L. 1 15% 14 3 Quercus pubescens L. 1 5% 15 3 Acer monspessulanum L. + 16 3 Quercus robur L. + 17 3 Quercus cerris L. r 18 3 Quercus petraea L. r 19 3 Ficus carica L. + 20 4 Quercus ilex L. 1 5% 21 4 Quercus suber L. r

Cyclamen hederifolium L.

Quercus ilex L., Fraxinus ornus L., Ruscus aculeatus L. Acer monspessulanum L.

Quercus pubescens L.

Crataegus monogyna L. Pistacia lentiscus L.

L'indice Abbondanza – Dominanza permette di individuare a quali HABITAT appartengano le fitocenosi rilevate. Dal manuale italiano di interpretazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE, è possibile individuare il seguente habitat di appartenenza:

9340 : Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia

Boschi dei Piani Termo-, Meso-, Supra- e Submeso-Mediterraneo (ed occasionalmente Subsupramediterraneo e Mesotemperato) a dominanza di leccio (Quercus ilex), da calcicoli a silicicoli, da rupicoli o psammofili a mesofili, generalmente pluristratificati, con ampia distribuzione nella penisola italiana sia nei territori costieri e subcostieri che nelle aree interne appenniniche e prealpine; sono inclusi anche gli aspetti di macchia alta.Per il territorio italiano vengono riconosciuti i sottotipi 45.31 e 45.32. In questo caso si propende per il sottotipo 45.31., Leccete termofile prevalenti nei Piani bioclimatici Termo- e Meso-Mediterraneo (occasionalmente anche nel Piano Submediterraneo), da calcicole a silicicole, da rupicole a mesofile, dell’Italia costiera e subcostiera. sono frequenti altre specie sempreverdi, come Laurus nobilis, o semidecidue quali Quercus dalechampii, Q.virgiliana,

Q. suber; Tra gli arbusti sono generalmente frequenti Arbutus unedo, Phillyrea angustifolia, P. latifolia, Rhamnus alaternus, Pistacia terebinthus, Viburnum tinus, Erica arborea; tra le liane Rubia peregrina, Smilax aspera, Lonicera implexa. Lo strato erbaceo è generalmente molto povero; tra le

specie caratterizzanti si possono ricordare Cyclamen hederifolium, C.

repandum, Festuca exaltata, Limodorum abortivum. e leccete della penisola

italiana sono distribuite nelle Province biogeografiche Italo-Tirrenica, Appennino-Balcanica e Adriatica e svolgono un ruolo di cerniera tra l’area

tirrenica ad occidente e quella adriatica ad oriente; sulla base delle più recenti revisioni sintassonomiche esse vengono riferite all’alleanza mediterranea centro-orientale Fraxino orni-Quercion ilicis Biondi, Casavecchia & Gigante 2003 (ordine Quercetalia ilicis Br.-Bl. ex Molinier 1934 em. Rivas-Martínez 1975, classe Quercetea ilicis Br.-Bl. ex A. & O. Bolòs 1950), all’interno della quale vengono riconosciuti due principali gruppi ecologici, uno termofilo e l’altro mesofilo. Le cenosi a dominanza di leccio distribuite nei territori peninsulari e siciliani afferiscono alla suballeanza Fraxino orni-Quercenion ilicis Biondi, Casavecchia & Gigante 2003 mentre per quanto riguarda il Settore Sardo, il riferimento è alla suballeanza Clematido cirrhosae-Quercenion ilicis Bacchetta, Bagella, Biondi, Filigheddu, Farris & Mossa 2004. Sono riferibili a questo habitat anche gli aspetti inquadrati da vari Autori nelle alleanze Quercion ilicis Br.- Bl. ex Molinier 1934 em. Rivas-Martínez 1975 ed Erico-Quercion ilicisBrullo, Di Martino & Marcenò 1977.

Riguardo alla classificazione sintassonomica della vegetazione rilevata e analizzata in questo relazione,il testo ''Flora, fitocenesi e ambiente'' di Davide Ubaldi, è possibile provare a classificala nel modo seguente:

– QUERCO-FAGETEA Braun- Blanquet et Vlieger 1937

QUERCETALIA HUMILI-PETRAEAE KLIKA 1933: querceti caducifogli termofili

distribuiti in aree collinari a montagne basse. Specie caratteristiche e differenziali: Carez flacca, Cornus mas, Stachys officinalis, Fraxinus ornus,

Quercion humil-petraeae Braun- Blanquet 1931 : querceti misti a roverella

più o meno xerofili, tipicamente collinari; Alpi ed Appennini fino al Molise. Fascia sudalpica e submediterranea, raramente supramediterranea.

– QUERCETEA ILICIS Braun- Blanquet 1947

QUERCETALIA ILICIS Braun-Blanquet 1936 : querceti mediterranei e macchie

a sclerofille. Specie caratteristiche : Asparagus acutifolis, Rubia peregrina,

Lonicera implexa, Smilax aspera, Rhamnus alaternus, Phillyrea latifolia, Pistacia lentiscus, Myrtus communis. Vegetazione incentrata nella fascia

mediterranea, con punte nella submediterranea e supramediterranea.

Oleo - Ceratonion Braun- Blanquet 1936 : formazioni più termofile,

rappresentate da querceti fisionomicamente analoghi a quelli del Quercion-

ilicis, ma anche a Q. pubescens, e da macchie a Piastacia lentiscus, Euphorbia dendroides, Chamaerops humilis ecc. Specie caratteristiche : Arisarum vulgare, Ceratnia siliqua, Clematis cirrhosa, Olea europaea. Coste

peninsulari tirreniche, ioniche e del basso Adriatico, aree costiere e collinari anche interne a Sicilia e Sardegna

Le fitocenosi rilevate sono di indubbio interesse naturalistico ed esistono i presupposti per scegliere di valorizzare quest'area del podere. Sarebbe inoltre interessante approfondire ulteriormente questo studio effettuando più rilevamenti.

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