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Il podere delle Venelle a Massa Marittima:analisi del paesaggio storico e proposta di valorizzazione

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Academic year: 2021

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INDICE

CAPITOLO 1: INTRODUZIONE

1.1 Introduzione...Pag.3 1.2 Scopo della tesi...Pag. 4

CAPITOLO 2 : IL PAESAGGIO DELLA VAL DI PECORA

La Val di Pecora nel piano paesaggistico della Toscana...Pag.6

CAPITOLO 3 : EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO IN VAL DI PECORA

3.1 Cenni storici della bonifica...Pag.17 3.2 La Val di Pecora dalla Bonifica ad oggi...Pag.21

CAPITOLO 4 : ANALISI DEL PAESAGGIO STORICO CON STRUMENTI GIS

4.1 Il paesaggio della “Marsiliana”...Pag.28 4.2 Metodologia …...Pag.29 4.3 Risultati...Pag.30

CAPITOLO 5: IL PODERE “LE VENELLE”

5.1 Il podere nell'ambito delle Colline Metallifere...Pag.43 5.2 La storia del centro “CARAPAX” …...Pag.46 5.3 Valore naturalistico del podere...Pag.49

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CAPITOLO 6 : PROPOSTA DI VALORIZZAZIONE E CONCLUSIONI...Pag.60

BIBLIOGRAFIA

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CAPITOLO 1 : INTRODUZIONE

Il podere “le Venelle” è situato nel comune di Massa Marittima (GR), in località Marsiliana, a circa 2 km dal centro storico, ed occupa un'area di circa 5 ettari. Questo podere è stato al centro di una vicenda giudiziaria di durata ventennale, a partire dagli anni '80 quando ebbe inizio su di esso un progetto europeo per la salvaguardia delle tartarughe mediterranee, al quale è seguito un successivo stato di abbandono. La riqualifica del podere, probabilmente destinato ad accogliere ancora le specie autoctone di tartarughe, deve essere attuata conservandone le peculiari caratteristiche, per renderlo fruibile al pubblico anche come testimonianza del suo valore paesaggistico.

Tutto ciò considerando che il paesaggio è diventato un elemento essenziale nella definizione di un modello di sviluppo adeguato, giocando un ruolo significativo per l’economia rurale, la qualità ambientale e la qualità della vita dei cittadini. Si tratta di un elemento di qualità, rappresentante l’espressione di una felice integrazione tra fattori sociali, economici ed ambientali nel tempo, che impone scelte di programmazione adeguate e la revisione degli orientamenti passati. Se da un lato l’inserimento del tema paesaggio nel PSN (Piano Strategico Nazionale) è un passo nella giusta direzione, molti danni sono stati fatti nel XX secolo. La grave perdita di diversificazione , che si aggira intorno al 45% (Agnoletti et al., 2006), mostra come siano ancora in atto tendenze degradative: l’aumento del bosco, come la schematizzazione degli ordinamenti colturali dell’agricoltura, sono indubbiamente elementi problematici per la biodiversità e la fauna. Alla riduzione delle forme colturali storiche, si accompagna l’incremento delle monocolture specializzate come vigneti ed oliveti. Oggi molte delle superfici coltivate sono costituite da grandi accorpamenti, determinando una semplificazione delle trama

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paesistica ed una perdita della biodiversità; l’abbandono rurale e la scomparsa di paesaggi storici si stanno delineando come delle emergenze. (Agnoletti,2007). In Italia possediamo un grande patrimonio ancora da valorizzare e da preservare.

« "Paesaggio" designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle persone, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e umani e dalle loro interrelazioni »

(Convenzione europea del paesaggio, versione ufficiale in inglese del Consiglio d'Europa, Articolo 1)

Questa breve definizione pone l’accento sul valore di ciò che l’interazione secolare tra uomo e territorio può produrre, e la Maremma è sicuramente un esempio perfetto. Un territorio che in origine si presentava di difficile colonizzazione, ma che è stato scenario di insediamenti umani fin dal Paleolitico, è stato testimone della civiltà Etrusca e Romana, del Granducato di Toscana e fino ad arrivare ai giorni nostri è stato modificato costantemente dall’azione dell’uomo. Lo scopo della seguente tesi è quindi di fornire gli strumenti per apprezzare e valorizzare questa parte della Toscana.

1.2 Scopo della tesi

Al fine di predisporre una valorizzazione del podere “le Venelle”, oggi in stato di degrado, attraverso un specifico progetto, è stata condotta innanzitutto un'analisi storica dell'intero territorio di bonifica in questa porzione di Maremma e di inquadrarlo nel piano paesaggistico della Regione Toscana, predisponendo un atlante dei caratteri tipici del paesaggio. Sulla base di questo studio preliminare,

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mirato a valutare le caratteristiche storiche di questa piana, che si estende dalle Colline Metallifere a Follonica, l'attenzione si è poi rivolta ad un'analisi più specifica del podere. In particolare sono stati analizzati con tecnologia GIS gli usi del suolo in tre epoche diverse, provvedendo alla creazione di mappe specifiche per poter operare un confronto. La prima mappa è stata creata confrontando i dati dell'Archivio di Stato di Grosseto, dati catastali risalenti al XIX secolo; la seconda mappa è stata creata grazie all'interpretazione delle ortofoto risalenti al 1954; la terza mappa fa invece riferimento ai dati aggiornati al 2010. Inoltre si è proceduto all'inquadramento specifico del podere nell'ambito paesaggistico delle Colline Metallifere. Un riassunto della contesa giudiziaria ventennale che ha coinvolto gli enti statali e la direzione del centro “CARAPAX” permette poi di comprendere le modifiche operate sul podere dagli anni 80', fino a giungere al suo abbandono. Quest'area, dopo la bonifica operata a cavallo tra il XIX ed il XX secolo , ha subito pochissimi cambiamenti e racchiude al suo interno aree con vegetazione dall'interessante valore naturalistico, che andrebbero valorizzate. Elaborando un’analisi storico paesaggistica della Val di Pecora, analizzandone le trasformazioni dal XIX secolo ad oggi, si intende produrre delle indicazioni su come valorizzare le caratteristiche storiche del podere delle Venelle. Il paesaggio è diventato un elemento essenziale nella definizione di un modello di sviluppo adeguato, giocando un ruolo significativo per l’economia rurale, la qualità ambientale e la qualità della vita dei cittadini.

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CAPITOLO 2 : IL PAESAGGIO DELLA VAL DI PECORA

Profilo della Val di Pecora e localizzazione dell'ambito a livello regionale La Val di Pecora nel piano paesaggistico della Toscana

Il fiume Pecora nasce dalle Colline Metallifere grossetane, sul Monte Arsenti, poco a nord di Massa Marittima. Il corso d'acqua scende a valle prima in direzione sud-ovest e poi verso sud, dove forma l'omonima piana tra Follonica, Gavorrano e Scarlino. Il fiume sfocia all'interno del padule di Scarlino, per poi far defluire le sue acque nel Mar Tirreno, presso la località del Puntone di Scarlino nel golfo di Follonica, grazie ad una serie di canali artificiali. Analizzando il piano paesaggistico nella Toscana, possiamo definire la Valle del Pecora attraverso diversi caratteri morfogenetici.

• Bacini di Esondazione: aree depresse delle pianure alluvionali, lontane dai fiumi maggiori, interessate naturalmente dalle maggiori esondazioni, con ristagno di acqua. Le formazioni geologiche tipiche sono depositi fluviali di piena, distali, a bassa energia, limosi e argillosi. Le forme caratteristiche

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sono bacini depressi, a pendenze minime e non percepibili direttamente; nella assoluta maggioranza, queste aree possiedono un denso sistema di drenaggio assistito, costituito soprattutto da opere minori e realizzato nel corso dei secoli per poter utilizzare le superfici; l’idrografa naturale non è più visibile. Gli insediamenti storici sono comunque rari e concentrati lungo le principali vie di comunicazione. I suoli sono profondi, a tessiture fini, poco permeabili. Si tratta di suoli poco alterati, calcarei, fertili ma con frequenti problemi di cattivo drenaggio e ristagno d’acqua in superficie. È comune la presenza di vertisuoli, che accentuano in modo marcato tutti questi caratteri e richiedono speciali misure geotecniche. I Bacini di Esondazione, insieme alle aree di Alta Pianura, hanno svolto il ruolo storico di campagna prossimale ai grandi centri urbani; in questo ruolo, il sistema offre un’elevata produttività agricola potenziale.

Foto 1: Località Valpiana (Massa Marittima)

• L'Alta Pianura, è costituita da conoidi alluvionali attive e bassi terrazzi alluvionali, esondabili da eventi rari a meno di opere di arginamento e

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protezione , in posizione di fondovalle o basso terrazzo. Le forme tipiche risultano non dissecate, associate a fronti montani in fase di sollevamento più intenso rispetto a quelli che presentano sistemi di Margine, e a relativi corsi d’acqua, di medie dimensioni ma in fase molto attiva. Ampie superfici pianeggianti, il cui passaggio agli altri sistemi di pianura è spesso difficile da individuare. I suoli sono profondi, piuttosto grossolani ma con frequenti coperture limose, permeabili e ben drenati; fanno eccezione i suoli sui travertini, tendenzialmente argillosi, calcarei e dal drenaggio difficile da valutare. Si tratta comunque in ogni caso di suoli poco alterati e dilavati, con buone riserve di fertilità. L'Alta Pianura è un punto nodale dal punto di vista idrologico; si tratta di uno dei principali serbatoi di acque dolci sotterranee, per di più posto in immediata vicinanza di zone fortemente insediate. La sua funzione nella mitigazione delle piene è fondamentale in natura ma si perde con le arginature; restano la capacità generalmente elevata di assorbire la piogge, e la minima produzione di deflussi.

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L’Alta Pianura, insieme ai Bacini di Esondazione, svolge il ruolo storico di campagna prossimale dei grandi centri urbani.

• Sistema Margine: si tratta di conoidi alluvionali terrazzate e terrazzi alluvionali alti. Le formazioni geologiche tipiche sono depositi fluviali, di conoide e piana alluvionale, di età pleistocenica, con una certa prevalenza dei termini più grossolani. Le forme caratteristiche sono conoidi alluvionali, fronti di conoidi alluvionali coalescenti, terrazzi fluviali; secondariamente, terrazzi marini. In ogni caso forme terrazzate, in una qualche misura incise e dissecate, ma con conservazione di parti importanti della superficie originale. Ampie superfici pianeggianti interrotte e delimitate, verso valle, da scarpate erosive ben visibili; generalmente aderenti ai rilievi verso monte, salvo importanti eccezioni che indicano le età più antiche. I suoli più tipici sono a tessitura sabbiosa, spesso ricchi di elementi grossolani, fortemente alterati, profondi. Le porzioni più superficiali possono mostrare tessiture limose, per la presenza di contributi eolici. Questi suoli tendono ad essere acidi e ad avere scarse riserve di nutrienti, ma i contributi eolici possono parzialmente compensare questo carattere. Il Margine è tra la materializzazione rilievi del rapporto geomorfologico tra rilievi e piano, quindi occupa una posizione particolare nel paesaggio. Da questa posizione nascono le sue funzioni, di raccordo idrologico, strutturale e paesaggistico tra pianura e rilievi. Il peso di questa funzione è molto grande in rapporto all’area effettivamente occupata. La condizione del Margine come terra scarsamente utilizzata, punteggiata da insediamenti importanti ma ben distanziati, è strutturale al paesaggio toscano, mentre la funzione di assorbimento dei deflussi e alimentazione delle falde acquifere utilizzati

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dagli abitanti di “piani” inferiori è pressoché universale. In tempi moderni, le aree di Margine sono considerate appetibili per l’insediamento e offrono superfici adatte alle colture di pregio, quando sostenute dalla tecnologia. Le dinamiche di sviluppo delle aree di Margine hanno visto storicamente insediamenti limitati, a causa della scarsa fertilità dei suoli; dinamiche recenti e molto attive sono l’espansione della coltura del vigneto e la “risalita” degli insediamenti, in espansione dalle sottostanti aree di pianura. Per la sua natura di raccordo strutturale e per la superficie limitata, l’occupazione del Margine con insediamenti e infrastrutture altera in modo radicale i rapporti strutturali tra rilievi e pianure. Il ruolo idrologico del Margine è soggetto ad essere compromesso sia dagli insediamenti, che impediscono l’infiltrazione dell’acqua, sia da colture troppo intensive che rischiano di rilasciare inquinanti verso le falde acquifere. L’impianto di colture intensive è spesso accompagnato da pesanti interventi sulla topografia, non necessari ma dannosi per il ruolo paesaggistico del Margine.

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• La Collina sui Depositi Neoquaternari: nella Toscana centro-meridionale, la regressione del mare, con il passaggio dei grandi bacini a condizioni continentali, ha spesso visto la messa in posto di formazioni caratterizzate da notevole resistenza meccanica. La loro presenza fa si che le aree relative vedano, nel corso del sollevamento quaternario, un’evoluzione del rilievo diversa da quella tipica dei bacini neogenici. In particolare, si assiste allo sviluppo di un rilievo più importante, per dislivelli e pendenze. Le forme caratteristiche sono superfici sommitali pianeggianti, estese anche se fortemente incise, che portano la massima densità di insediamenti; versanti complessi, controllati da differenze di litologia, spesso con tratti ripidi ma con la parte inferiore dolce e concava. I reticoli idrografici sono spesso più densi in termini topografici, cioè di densità degli impluvi, che in termini di effettiva densità di corsi d’acqua. I suoli sono generalmente profondi, con caratteri granulometrici e di composizione variabili in dipendenza delle litologie, generalmente permeabili e di elevata fertilità. Questo sistema è che ospita e sostiene paesaggi di grande valore, nella cui formazione gli aspetti geomorfologici sono de- terminanti, al punto di determinare il caso unico dell’uso di un termine geologico nella denominazione dell’ambito “Bassa Maremma e ripiani tufacei”. La Collina su depositi neo-quaternari con livelli resistenti offre notevoli contributi all’assorbimento dei deflussi superficiali e all’alimentazione delle falde acquifere, e sostiene, storicamente, colture di grande pregio.

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Foto 4: Località La Pesta (Massa Marittima)

• La Collina sulle Ofioliti è parte della Collina a Versanti Ripidi sulle Unità Liguri. Le forme tipiche sono sommità arrotondate, versanti ripidi, controllati da alternanze di formazioni geologiche diverse. Frequenti fenomeni di dissesto poco profondi; il reticolo idrografico è denso, controllato dalle strutture locali. I suoli sono tendenzialmente sottili, a tessitura fine e ricchi di elementi grossolani; presentano anomalie nutrizionali e frequente elevata presenza di metalli pesanti, che limitano la fertilità e determinano endemismi floristici. Sparsa, in aree limitate in tutta la Regione, la Collina sulle Ofioliti rappresenta un paesaggio geologico specifico, frequentemente soggetto a salvaguardie definite, per la presenza di endemismi biologici. I valori derivano anche da aspetti paesaggistici strutturali: le formazioni geologiche del sistema sono più resistenti all’erosione rispetto ai sistemi in cui sono incluse, determinando “emergenze” e “interruzioni” percettive.

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Foto 6: Veduta da Massa Marittima

• Collina a versanti ripidi sulle Unità Liguri: fianchi e nuclei di rilievi antiformi corrispondente alla Toscana interna. Superfici interessate da sollevamenti recenti, oppure antichi ma di grande entità. Sono caratterizzate da versanti lunghi e complessi, controllati da alternanze di formazioni geologiche diverse, forte influenza di strutture tettoniche, frequenza di fenomeni franosi; Il reticolo idrografico è denso, controllato dalle strutture locali. I suoli sono tendenzialmente sottili, a tessitura fine e ricchi di elementi grossolani; esistono suoli profondi in associazione con i fenomeni franosi o con gli accumuli al piede di versante. Nella Toscana centro-meridionale, la Collina a versanti ripidi sulle Unità Liguri condivide con pochi altri sistemi collinari il ruolo di piano dominante del paesaggio visivo, caratteristicamente boscoso. Il sistema ha un’elevata fertilità forestale; fortemente sfruttato in passato, ha la potenzialità di sostenere boschi di alto valore ecologico. Questo tipo di collina è sede tipica dei paesaggi a isole rurali in ambienti boschivi.

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Foto 7: Colline Metallifere viste da Massa Marittima

Mappa dei caratteri morfogenetici della Regione Toscana. Scala originale 1:50.000

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I valori paesaggistici di quest'area sono diversi: la complessità della storia del rilievo conferisce ai sistemi collinari dell’ambito una forte articolazione spaziale; l’alternarsi, spesso apparentemente casuale, di rilievi di forme diverse e, in conseguenza, di aree coltivate e aree boschive, determina un paesaggio privo di grandi aree omogenee, che ha uno specifico valore ecologico, percettivo, di spazio vivibile. Presenta significative risorse idriche. I sistemi calcarei rappresentano zone di alimentazione di acquiferi profondi di interesse idropotabile, laddove non ci siano interazioni con il sistema minerario; importanti sorgenti carsiche scaturiscono dai rilievi, in particolare nella zona di Massa Marittima. Sono anche presenti importanti corpi acquiferi impostati in depositi alluvionali, con sistemi multi falda. Una delle criticità principali di questo paesaggio sta nella limitata estensione della aree omogenee, che potrebbe creare problemi di sostenibilità delle aree di protezione; esempio tipico i possibili confitti tra l’obiettivo di mantenere i sistemi di bonifica e drenaggio e l’obiettivo di rendere biologicamente sostenibili le aree umide protette. I prelievi d’acqua per irrigazione e il crescente consumo civico de-gli insediamenti turistici tendono ad abbassare i livelli delle falde, mentre l’edificazione delle aree di Margine e Alta pianura riduce la ricarica. Lo sviluppo edilizio, l’agricoltura intensiva e la diffusione dei vigneti nelle aree vocate aumentano il rischio di inquinamento delle falde, poco protette dai suoli di queste aree. L’aumento del deflusso superficiale dovuto all’impermeabilizzazione del suolo può sovraccaricare i sistemi di drenaggio delle aree bonificate, saldandosi con la problematica della manutenzione dei sistemi di canali di scolo nel creare problemi di ristagno. Numerosi i siti ex-minerari da bonificare: in totale 35 tra discariche minerarie, roste, bacini di decantazione dei

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fanghi, siti industriali, in particolare Noccioleta, Fenice-Capanne e Gavorrano, e tre gallerie di scolo di acque di miniera.

Foto 8: Località Scarlino Scalo

I caratteri ecosistemici del paesaggio sono costituiti da un ambito eterogeneo, comprendente il sistema costiero a cavallo tra le Province di Livorno e Grosseto ( Golfo di Follonica), le pianure alluvionali costiere (Valle del Pecora) e la vasta matrice forestale delle colline metallifere. Il sistema costiero continentale comprende importanti complessi dunali ( Tomboli di Follonica) e rocciosi ( Costiere di Scarlino), spesso in connessione con le aree umide relittuali delle aree retrodunali, quali testimonianze di paesaggi costieri palustri scomparsi con le bonifche (Palude di Scarlino). Le aree costiere trovano continuità nelle pianure alluvionali retrostanti rappresentate dai vasti complessi agricoli della Valle del Pecora, attraversati da importanti ecosistemi fluviali. Una matrice forestale continua caratterizza il sistema collinare interno (Colline metallifere), con querceti, leccete, sugherete, boschi mesofili relittuali (castagneti, faggete) e relativi stadi di degradazione arbustiva e a macchia mediterranea. Il territorio dell’ambito si caratterizza per due opposte dinamiche di abbandono delle aree

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alto collinari e montane interne, e di aumento dei livelli di artificialità delle pianure alluvionali e delle zone costiere. Tali processi comportano intense trasformazioni dell’uso del suolo e del paesaggio, con elevate e perlopiù negative conseguenze in termini di biodiversità e di tutela dei valori naturalistici. La riduzione delle attività agropastorali in ambito collinare e montano ha innescato rapidi processi di colonizzazione arbustiva e arborea delle aree aperte, con la perdita di ambienti agricoli e del pascolo, l’aumento della superficie forestale e la riduzione degli habitat e delle specie vegetali e animali legate agli agroecosistemi. La quasi totalità delle aree forestali presenti all’interno dell’ambito sono state pesantemente sfruttate fin dai tempi della colonizzazione etrusca per l’approvvigionamento di legname o carbone da utilizzare negli innumerevoli forni per la produzione mineraria. A partire dall’ultimo dopoguerra, così come avvenuto nella resto della regione, i boschi hanno subito una riduzione della frequenza delle utilizzazioni con l’allungamento dei turni di ceduazione e, in parte, anche con l’abbandono di ogni attività selvicolturale. Nelle pianure alluvionali, ma soprattutto nella fascia costiera continentale e insulare, le dinamiche di trasformazione sono caratterizzate da processi di urbanizzazione e di consumo di suolo agricolo. In ambito retrodunale, le storiche attività di bonifica, e lo sviluppo dell’agricoltura e di aree urbane e industriali, hanno inoltre ridotto la presenza delle aree umide a una testimonianza relittuale.

CAPITOLO 3 : EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO IN VAL DI PECORA Cenni storici della bonifica

In Toscana la Maremma si estende su circa 5.000 km² di terre, pari a circa 1/4 dell'intera regione, iniziando a sud di Rosignano Marittimo per proseguire, oltre il

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confine regionale, nel Lazio fino oltre Civitavecchia. Gli abitanti di questo territorio dovettero combattere contro vaste paludi ed acquitrini costieri, fiumi privi di argini che allagavano le terre, il grande nemico che fu la malaria, che mieté numerose vittime. Nella Maremma Grossetana la lotta fu più lunga ed estenuante per i numerosi acquitrini e la malaria che mieteva le vite dei lavoranti; la bonifica iniziò nel XIX secolo e continuò fino al secolo successivo, fu tra le più dispendiose sia in termini economici che in termini sociali, eppure oggi il suo paesaggio rimane uno dei più caratteristici e riconoscibili d’Italia. Le zone di bonifica, in Italia, costituiscono il 23% del territorio e sono di fatto il cuore produttivo del paese; ad oggi, il 60% dei territori pianeggianti è assistito da moderne strutture di bonifica (canali di scolo, impianti idrovori ,ecc.) perché di fatto, la bonifica, è un processo che non ha mai fine. In particolare in Toscana, nei secoli, sono stati risanati da acquitrini, laghi, lagune e stagni, circa 160.000 ha di terreno. Ma esattamente, in cosa consiste questo processo?

La bonifica idraulica è costituita da una serie di opere e lavori atti a prosciugare e risanare, per igiene e produzione, terreni sommersi temporaneamente o permanentemente da acque stagnanti;

Nella bonifica integrale, oltre a disseccare le acque, si eseguono infrastrutture viarie, insediative e sociali. Nel XIX secolo si trattò di un processo prevalentemente igienico, poiché si pensava che la malaria fosse causata dai miasmi, non dalle zanzare Anopheles spp.

Esistono poi diversi metodi per procedere:

BONIFICA PER CANALIZZAZIONE, attuabile se il terreno si trova in posizione

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anche da Leo Xiemenes. Si agevola quindi il deflusso delle acque scavando dei fossi di raccolta più profondi.

BONIFICA PER COLMATA , viene attuata quando il terreno si trova ad un

livello inferiore delle acque, se nelle vicinanze c'è anche un fiume con una consistente portata solida di detriti nelle piene, e se c'è la possibilità di far scendere a valle le acque chiarificate dopo una sedimentazione. L'obiettivo è far innalzare il livello dei terreni paludosi grazie all'accumulo di uno strato di materiale portato dal fiume, sino ad avere la pendenza necessaria ad uno scolo naturale. Questo è il metodo più usato sino al 1800; venne proposto per la prima volta nel Granducato di Toscana e poi esportato in Romagna e nelle valli del Po. Interessante è che il primo scritto che accenna a questo metodo è di Leonardo Da Vinci ( “Del moto e misura dell'acqua”). Questo procedimento inoltre aiuta a migliorare le caratteristiche del suolo, ma richiede tempi lunghissimi (più di un secolo) ed alta manutenzione.

BONIFICA PER PROSCIUGAMENTO MECCANICO: le idrovore scaricano le acque in un canale o in mare. Ad oggi è il metodo più rapido, ma i suoli emersi risultano spesso poco produttivi.

• BONIFICA MISTA: si utilizzano i diversi metodi sopracitati, integrandoli a

seconda delle esigenze.

In Toscana , dal '500 al '700, si trattò di un'esigenza medica; non fu elaborato un piano unico ed organico, ma venne attuata per cause contingenti. Poi, alla fine del 1700, il crescente dissesto idrogeologico e la necessità di derrate alimentari (all'epoca, la forza e la ricchezza di un paese si misuravano anche nel numero della popolazione) resero necessaria un'azione più coordinata.

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Foto storiche dei lavori di bonifica nei primi del XX secolo.

In particolare, la Maremma grossetana fu una delle operazioni più difficoltose: era un'area estesa, presentava diverse situazioni, c'era il grave problema della malaria, era circondata da sorgenti termo-minerali con miasmi mefitici. Inoltre, dal 1555, le poche rendite tributarie che i Medici ricavavano dalla Maremma erano la Dogana dei Paschi (pascoli venduti annualmente “a fido”) e soprattutto il grande lago di Castiglione della Pescaia ( tasse per l'appalto della pesca), ed un'opera di tale portata avrebbe sicuramente intaccato l'economia del lago.

Lavori dell'emissario del Padule di Scarlino del Settecento. Il progetto indica un ponte di legno alla focedel Puntone (ASV, Piante del fondo Boncompagni Ludovisi)

Dopo diversi tentativi falliti, i Medici inviarono ingegneri famosi dell'epoca come Richecourt e Ximenes a cercare di risolvere la situazione. Nel '700 fu proprio Ximenes ad attuare la “riduzione fisica” dello stagno di Castiglione: costruì degli edifici, per controllare il livello del lago, ed intorno un piccolo paese; ma gli alti costi dell'operazione gli inimicarono sia il popolo che i sovrani. Nel 1781 egli fu infatti sostituito da Ferrone, che realizzò diversi lavori a Massa Marittima, Alberese e Pitigliano, ma nulla di risolutivo.

Fig 3: In questa piante delle macchie della Magona riservate ai forni fusori di Accesa e Valpiana si nota la varietà del paesaggio in cui si alternano paduli, boschi e coltivi. Infatti la stessa cittadina di Massa era accerchiata dagli acquitrini di Ghirlanda, Venelle e Ronna, in gran parte prosciugati al tempo di Pietro Leopoldo. (ASF, Piante dei

capitani di parte, t.26, c.52)

Si giunse così alla bonifica integrale Leopoldina nei primi del 1800: furono essiccate per canalizzazione le padule di Massa Marittima, in particolare Ghirlanda e le Venelle; le conquiste idrauliche furono lente, ma portarono molti

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benefici economici, trasformando tutta quella grossa estensione paludosa in terreni coltivabili. Risolto il problema della regimazione delle acque, il passo successivo fu quello di introdurre innovazioni al fine di facilitare le coltivazioni nell'area. Un esempio fu l'introduzione, nel 1845, delle prime trebbiatrici; molte famiglie, provenienti dalla Val di Chiana e dalla Romagna, migrarono verso la zona di bonifica grazie agli incentivi istituiti. Venne inoltre creata la prima Associazione Agraria Grossetana. Il panorama rurale si trasformò, da una situazione di pastorizia transumante ed attività forestali, dando il via al sistema dell'appoderamento mezzadrile. Sebbene, fino ai primi del '900, i sistemi di coltivazione risultassero relativamente arretrati, le piane del grossetano, di fatto, divennero le aree di pianura più importanti d'Italia dopo la pianura Padana.

3.2 La Val di Pecora dalla bonifica ad oggi

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CAPITOLO 4 : ANALISI DEL PAESAGGIO STORICO CON STRUMENTI GIS 4.1 Il paesaggio della “Marsiliana”.

Per l'analisi, operata con strumenti GIS, si è scelto di prendere in esame non solo l'area del podere “le Venelle”, ma un intorno più ampio, di circa 1.560 ettari, per meglio poter comprendere la struttura del paesaggio.

Perimetro dell'area campione

La suddetta area campione confina a Nord – Est con il centro abitato di Massa Marittima, e si estende a Sud – Ovest sulla piana creata da fiume Pecora, in località Marsiliana. Si tratta di una zona di raccordo strutturale e paesaggistico tra la pianura, che si estende fino al Golfo di Follonica, ed i rilievi apresentati dalle Colline Metallifere.

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4.2 Metodologia

Per l'analisi del paesaggio storico nell'ambito di interesse si è seguita la metodologia di “Approccio di Valutazione Storico Culturale” (AVAS), sviluppata da Mauro Agnoletti, nel 2006, per un progetto di monitoraggio del paesaggio toscano. Tale metodo parte dal presupposto che il paesaggio, in Toscana come in Italia, sia il risultato dell'interazione tra l'ambiente naturale, che rappresenta il substrato, e la cultura, che rappresenta l'agente modificatore. Per lo studio di un territorio rurale, segnato da forti impatti antropici nel tempo, il metodo AVAS risulta particolarmente adeguato, poiché fornisce un modello dinamico multitemporale, basato su una valutazione comparativa, operata attraverso strumenti specifici. Il presupposto, di questa metodologia, è quello che solo lo studio in un arco di tempo sufficientemente lungo può, di fatto, identificare i significati delle varie stratificazioni storiche , e comprendere quali siano gli elementi rappresentativi e quali le fragilità di un paesaggio. Nella figura 4 è rappresentato lo schema metodologico utilizzato, con la raccolta dei dati cartografici e catastali e le foto aeree.

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Esempio di documento del Catasto Storico analizzato presso l' Archivio di stato di Grosseto

La struttura del paesaggio ottocentesco è stata ricreata attraverso il Catasto

Generale Toscano redatto nei primi decenni dell'800, grazie al quale è stato possibile ricostruire gli usi del suolo dell'epoca. Il materiale è stato reperito presso l' Archivio di Stato di Grosseto, per quanto concerne i fogli di possesso, e sul sito di Castore della Regione Toscana per quanto concerne la cartografia. Per il paesaggio del secondo dopoguerra, nello specifico del 1954, non è disponbile la fonte catastale, quindi è stata condotta su base aerofotogrammetrica. Pur considerando un minore dettaglio dei dati, attribuibile alla qualità delle immagini disponibili, i dati risultano confrontabili dall'individuazione di categorie paragonabili a quelle del 1832. Nella terza, ed ultima, analisi è stato ricostruito l'uso del suolo in epoca moderna, utilizzando i dati catastali e la cartografia del sito GEOScopio della Regione Toscana datati 2010.

4. 3 Risultati

Nella ricostruzione del 1832, gli usi del suolo recuperati appartengono a circa 20 categorie differenti. Le classi di uso del suolo sono state accorpate in categorie generali per rendere più chiara la lettura dei dati.

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USO DEL SUOLO 1832 – SCALA 1 : 30000 LEGENDA

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Grafico1 : Uso semplificato del suolo relativo al 1832

Elenco degli usi del suolo non semplificati del 1832 con le loro percentuali di estensioni

USC1832 % ha

Aia 0.4% 6,4

Boschi misti e querce 4.1% 65

Capanna 0.2% 3,8

Capanna ad uso agrario 0.7% 1,1

Casa ad uso agrario 1.9% 31

Fiumi e canali 17.2% 270 Forno 0.02% 0,3 Lavorazione nuda 17.8% 280 Lecceta 0.1% 1,9 Oliveto 5.7% 88,8 Pastura 20.7% 325

Pastura con oliveto 0.3% 4,6

Prato 4.4% 69,6

Reti stradali 12,00% 188

Scopeta a Cerri 7.9% 125

Vigneto 4,00% 62

Vigneto e Oliveto 2.8% 44

USO DEL SUOLO 1832

Zone residenziali e pertinenze abitative Boschi di latifoglie o conifere Corsi d'acqua Lavorazioni nude,prati ed orti

Rete stradale Oliveti

(33)

Dal grafico e dalla tabella si può intuire che gli usi del suolo predominanti erano la pastura (20,7%) e la lavorazione nuda (17.8%), molta parte del territorio era attraversata da canali d'acqua (17.2%). La categoria della pastura indicava, all'epoca, una categoria eterogenea che poteva comprendere il semplice pascolo, il pascolo arborato ed il pascolo cespugliato. Il catasto fu all'epoca redatto per motivi esattoriali e quindi non è stato possibile ricostruire le diverse tipologie di questo uso del suolo; l'unico dato preciso che ci giunge è la presenza del pascolo a oliveto (0.3%). Un'altra delle voci predominanti è quella delle coltivazioni arboree (in totale circa il 12.1%), delle quali è stato invece possibile ricostruire uno scenario più preciso.

Grafico 2 : diverse tipologie di bosco ricostruite dal Catasto ottocentesco, percentuali calcolate sul totale delle aree coltivate a bosco

0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 0,45

Percentuali delle diverse tipologie di bosco

Bosco a ceduo Bosco di querce Bosco generico Bosco di Cerri Bosco misto

tipologie di bosco p e rc e n tu a le s u l t o ta le d e lle a re e a b o s co

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Dal grafico 2 è possibile notare che, per quanto concerne le aree a bosco, il ceduo risultava la forma di governo predominante, mentre per quanto riguarda le specie arboree è lecito supporre che il genere Quercus ssp. fosse quello maggiomente rappresentato. La pratica del ceduo era sicuramente diffusa nell'area anche, e sprattutto, in virtù della richiesta di carbone per l'alimentazione delle numerose fornaci delle miniere presenti nella zona. Era inoltre diffusa la coltivazione dell'olivo (5,7%) e della vite (4%). In base ai dati sui proprietari degli appezzamenti, emerge poi che i 1.560 ettari dell'area presa in esame erano suddivisi tra circa 35 famiglie, con una media di 40 ettari di terreno ognuna.

Grafico 3 : Uso semplificato del suolo relativo al 1954

USC 1954

Zone residenziali, pertinenze abitative o commerciali Rete stradale Seminativi irrigui e non irrigui Oliveti

Frutteti, prati e vivai Boschi di latifoglie o conifere Aree a vegetazione arbustiva in evoluzione Paludi interne

(35)

Elenco degli usi del suolo non semplificati del 1954 con le loro percentuali di estensioni

Nel secolo trascorso dal 1832, anno di redazione del Catasto Regionale ed anno della nostra prima analisi, al secondo dopoguerra del 1954, anno della seconda analisi, i cambiamenti appaiono significativi, a partire dalle tipologie di uso del suolo riscontrate, circa la metà rispetto al XIX secolo. Il primo dato significativo riscontrabile è indubbiamente il forte incremento dei seminativi, che passano da una percentuale, se pure prevalente, del 37% (la percentuale è stata calcolata confrontando la classe “seminativi” del 1954 con le classi di “pastura” e “lavorazione nuda” del 1832) ad una percentuale del 68% nel 1954, con un incremento di oltre 400 ettari. Si registra inoltre un incremento degli oliveti, che vedono un incremento, dai circa 89 ettari del 1832 agli oltre 150 ettari del 1954. La classe dei boschi passa da 180 a 107 ettari; inoltre vi è una riduzione dei corsi d'acqua. Questo cambiamento può essere, in parte, attribuito alle opere di bonifica che, nei primi anni del 1800, erano da poco iniziate, mentre nella seconda metà del 1900 erano già state ultimate le canalizzazioni maggiori.

USC1954 % ha

Abitazioni e pertinenze 1,29% 21

Reti stradali 4,81% 77

Seminativi irrigui enon irrigui 68,27% 1088

Oliveti 9,50% 151

Frutteti 0,02% 0

Prati stabili 3,82% 61

Colture temporanee con colture permanenti 5,12% 82

Aree agroforestali 0,07% 1

Boschi di latifoglie 2,74% 44

Vegetazione boschiva in evoluzione 3,88% 62 Corsi d'acqua e paludi interne 0,49% 8

(36)

USO DEL SUOLO 1954 – SCALA 1 : 30000

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Scompare quasi completamente la coltivazione consociata della vite; le aree abitative subiscono una leggera flessione, ma probabilmente dovuta alla scomparsa di pertinenze tipiche di un paesaggio rurale quali ricoveri del bestiame e capanni di uso agricolo. Un confronto interessante da operare è l'analisi delle dinamiche che hanno interessato l'area esaminata nel periodo 1832-1954. I parametri presi in esame sono quelli di antropizzazione, deforestazione, estensivizzazione, forestazione ed intensivizzazione. Mentre le dinamiche di intensivizzazione e forestazione in questa prima analisi sono trascurabili , quelle di estensivizzazione sono più evidenti : gli appezzamenti tendono a ingrandirsi, e cominciano a vedersi raggruppamenti di uso del suolo dello stesso tipo, che coprono estensioni sempre maggiori. L'antropizzazione è rappresentata soprattutto dalla drastica diminuzione dei corsi d'acqua, dovuta soprattutto alle opere dell'uomo.

Grafico 4 : Dinamiche generali che hanno interessato il paesaggio nel periodo 1832-1954 Dinamiche delle trasformazioni 1832-1954

Antropizzazione 15% Deforestazione 5% Estensivizzazione 39% Invariato 40% Intensivizzazione 0% Forestazione 0%

(38)

Dal 1954 al 2010, anno dell'ultima analisi effettuata, si giunge all'assetto del paesaggio moderno. In termini di varietà di uso del suolo, e quindi diversità del paesaggio, troviamo un numero intermedio di categorie (circa 15) . La maggiore complessità, in parte, è dovuta anche alla migliore cartografia attuale, integrata da rilievi in campo e fotografie aeree moderne. Il primo dato degno di nota è sicuramente l'estensione delle aree dedicate agli oliveti, che nell'arco di due secoli sono quasi raddoppiate.

Grafico : 5 Uso semplificato del suolo relativo al 2010

USC 2010

Zone residenziali, pertinenze abitative o commerciali Reti stradali Seminativi irrigui e non irrigui Vigneti

Frutteti, prati e vivai Boschi di latifoglie o conifere

Vegetazione sclerofilla Aree a vegetazione arbustiva in evoluzione

Paludi interne Corsi d'acqua

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Elenco degli usi del suolo non semplificati del 2010 con le loro percentuali di estensioni

Si registra una leggera flessione della classe dei seminativi (3%) , e compare nuovamente la coltivazione della vite (1,8%) , anche se non nelle percentuali rilevate nel catasto ottocentesco. La comparsa di classi nuove, seppure con percentuali marginali, come i frutteti ed i sistemi particellari complessi, potrebbero essere interpretate in modi opposti. La prima interpretazione vede la comparsa di nuove classi come la positiva diversificazione di un paesaggio che, nel dopoguerra, aveva subito una significativa semplificazione. La seconda interpretazione, plausibile, vede questo cambiamento come una intensivizzazione dei sistemi colturali : va infatti ricordato che quest'area si trova, secondo il Piano Paesaggistico Regionale, nell'ambito definito di “Margine”, che presenta suoli tendenzialmente acidi, e con scarse riserve di nutrienti. Quindi, più probabilmente, la comparsa di nuove classi di uso del suolo, in un'area che presenta una scarsa vocazione alla coltivazione delle stesse, va interpretata come un aumento di input del sistema.

USC2010 ha %

Zone abitative e di pertinenza 42,4757 2,67% Reti stradali 76,718 4,81% Seminativi irrigui enon irrigui 1051,4865 65,98%

Vigneti 28,5989 1,79% Oliveti 175,3468 11,00% Frutteti 1,1203 0,07% Arboricoltura 6,3124 0,40% Prati stabili 16,3577 1,03% Colture temporanee e permanenti 53,0293 3,33% Sistemi colturali complessi 4,886 0,31% Aree agroforestali 0,8692 0,05% Boschi di latifoglie 85,1534 5,34% Boschi di conifere 3,4876 0,22% Boschi misti 0,9958 0,06% Aree a vegetazione sclerofilla 8,5364 0,54% Vegetazione arbustiva in evoluzione 33,598 2,11% Corsi d'acqua e zone umide 4,5988 0,29%

(40)

USO DEL SUOLO 2010 – SCALA 1 : 30000

(41)

Altri fattori interessanti, dal punto di vista paesistico, sono un incremento dei boschi e l'ulteriore diminuzione dei corsi d'acqua e delle zone umide.

Grafico 6 : Dinamiche evolutive relative al periodo 1954-2010

L'interpretazione del grafico, che rappresenta le dinamiche generali che hanno interessato il territorio tra il 1954 ed il 2010, permette di notare come, rispetto al periodo precedente, sia cresciuta la quota di territorio rimasta invariata nelle sue classi d'uso principali; il fenomeno di intensivizzazione raggiunge una percentuale del 12%, e rappresenta il cambiamento pricipale. I fenomeni in estensivizzazione sono dovuti principalmente all'aumento delle aree dedite alla coltivazione a oliveto. Si può lecitamente concludere che, in termini quantitativi, le trasformazioni principali nei 176 anni presi in esame sono avvenute nel periodo 1832-1954, piuttosto che nel periodo 1954-2010. Questa conclusione è comune a molte altre aree di studio analizzate in Toscana, dove è sempre il primo periodo che mostra le trasformazioni maggiori, indipendentemente dal fatto che l'interpretazione delle foto aeree del 1954 sia meno precisa nell'identificare gli usi del suolo; infatti la comparazione è fatta prendendo in considerazione categorie comunque identificabili, quali boschi coltivi e pascoli(Agnoletti, 2007). La sintesi

Dinamiche delle trasformazioni 1954-2010

Forestazione 2% Deforestazione 0% Estensivizzazione 4% Intensivizzazione 12% Antropizzazione 2% Invariato 80%

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delle trasformazioni del paesaggio, nell'intero arco temporale di questo studio, è rappresentato soprattutto da un aumento dell'estensivizzazione delle classi agricole, concentrata tra il 1800 ed il 1900. Le radici di questa tendenza sono riconducibili alla situazione storica: in quest'area, le poche innovazioni agronomiche erano all'epoca appannaggio delle maggiori famiglie della borghesia grossetana. Sebbene le riforme lorenesi avessero tentato di favorire la piccola proprietà rispetto al latifondo ( il cosiddetto allivellamento), facendo coincidere il possesso con la proprietà, tali provvedimenti non ebbero gli effetti sperati, favorendo di fatto il latifondo fino agli anni '50 del '900. Nel secondo dopoguerra i fenomeni di estensivizzazione hanno subito una battuta di arresto, in favore di quelli di intensivizzazione. In generale, si procede verso una progressiva perdita degli aspetti caratteristici del paesaggio, e dei sui aspetti identitari. Nell'ottica di questa tendenza, tutte le persistenze che riguardano il paesaggio storico ancora presenti, e la loro salvaguardia, acquistano un significato importante.

Grafico 7 : Diversificazione del paesaggio

anno1832 anno 1954 anno 2010 0 5 10 15 20 25

Varietà del paesaggio 1832-2010

Numero classi identificate anno n u m e ro c la s s i

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Grafico 8 : Dinamiche di trasformazione nell'intero periodo analizzato

CAPITOLO 5 : IL PODERE “LE VENELLE”

5.1 Il podere nell'ambito delle Colline Metallifere

Il podere si estende su un'area di circa 5 ettari, a due chilometri dalla città di Massa Marittima, in località “Marsiliana”. Cirondato da un'area pianeggiante coltivata a seminativo, si trova in rilievo rispetto alla zona circostante. Il paesaggio rurale nel suo intorno si presenta fortemente diversifcato nell’arco di pochi chilometri: dal quadro paesistico delle Colline Metallifere, coperte da un’estesa matrice forestale interrotta da aree agricole ed a pascolo, si passa alla configurazione tipica della pianura bonifcata del fiume Pecora, a quella della fascia costiera dominata da pinete e macchia mediterranea.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Dinamiche di trasformazione 1832-2010

Antropizzazione 13% Deforestazione 3% Intensivizzazione 12% Invariato 42% Estensivizzazione 28% Forestazione 2%

Dinamiche P e rc e n tu a le

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Immagine aerea che mostra la posizione del podere, scala 1:15000

Nelle Colline Metallifere si distingue una parte a carattere montano, ed un articolato complesso di rilievi strutturato nelle colline di Massa Marittima e Scarlino, affacciate sulle pianure dei corsi d’acqua principali. Per quanto riguarda la porzione montana, boschi e formazioni di macchia mediterranea (querceti, leccete, sugherete, castagneti, faggete) alternate a superfici agricole e pascolive a campi chiusi, caratterizzano il mosaico paesistico in modo deciso e danno luogo a un paesaggio ricco e diversifcato. Seminativi semplici, con alberi sparsi, prati e pascoli, si combinano con siepi e macchie boscate. In questo territorio collinare convivono assetti tipici del paesaggio tradizionale e delle trasformazioni contemporanee. Il paesaggio agrario che circonda Massa Marittima è costituito da oliveti in forma specializzata o associati ai seminativi organizzati in una maglia agraria di dimensione fitta ; si osserva inoltre la presenza di seminativi e prati a campi chiusi con prevalenza delle aree coltivate su quelle a pascolo. L'area rappresenta un esempio di paesaggio agrario sulle formazioni di Margine, che

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costituiscono la fascia di transizione tra collina e pianura. L'area di pianura è coltivata con colture cerealicole e ortive in pieno campo e una presenza di seminativi arborati, frutteti e residui di colture promiscue. Il paesaggio evidenzia l’azione svolta dall’attività di bonifca ed è scandita dai canali, dalle geometrie regolari dei campi. I tipi paesaggistici prevalenti sono i seminativi della bonifca, caratterizzati da campi lunghi e stretti. Tre le principali dinamiche di trasformazione, del paesaggio rurale dell’ambito, sono presenti una diffusa tendenza all’abbandono delle attività agrosilvopastorali nei contesti collinari; una tendenza all’intensifcazione e specializzazione produttiva. Mancata manutenzione e incuria interessano i terreni più marginali, che vengono ricolonizzati dalla vegetazione spontanea arbustiva e arborea. Dove permane un’attività agricola vitale, si assiste alla semplifcazione degli ordinamenti colturali e del paesaggio agrario dovute all’intensifcazione produttiva verso le forme dell’oliveto e del vigneto specializzato, che comportano anche la scomparsa di siepi, filari, piccole macchie boscate e dei relitti di colture tradizionali. Questi fenomeni, implicano un impoverimento del paesaggio anche sul piano della biodiversità, del rischio idrogeologico, della tutela delle falde acquifere. Per il futuro si prospettano due indirizzi fondamentali: il primo consiste nella defnizione di politiche di sostegno alle attività agropastorali finalizzate a contrastare i processi di abbandono degli ambienti rurali. Il secondo indirizzo è di carattere morfologico e consiste nella tutela della continuità della rete di siepi, filari, lingue di bosco che costituiscono la maglia agraria a campi chiusi tipica di questi contesti, molto strutturata sul piano paesistico e su quello ecologico.

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5.2 Il centro CARAPAX

Il podere delle“ Venelle” è stato al centro di una vicenda giudiziaria di durata ventennale. Alla fine degli anni ’80, su questo podere delle Regione Toscana, fu avviato un progetto per la salvaguardia delle specie di tartarughe mediterranee ad opera di “RANA Belgium” nell’ambito di un Programma CEE. Dalle notizie acquisite è ragionevole ritenere che la CEE abbia contribuito con un finanziamento a favore di RANA di circa trecento milioni di lire per un progetto di sensibilizzazione e salvaguardia delle tartarughe mediterranee di durata triennale, nel quale erano previste campagne di sensibilizzazione e la creazione di diversi centri di protezione e salvaguardia. I rappresentanti di RANA presero contatti con la Regione per localizzare sul territorio regionale il primo centro italiano di ricerca per la protezione delle tartarughe e fu scelta la zona delle Colline Metallifere. La Giunta Regionale Toscana, con la deliberazione n. 12011/88, decise di partecipare al progetto e la Giunta Esecutiva della Comunità Montana eseguì le decisioni regionali vincolando la porzione di terreno in loc. Venelle, di circa 5 ettari, alla realizzazione del progetto CARAPAX. Su tale porzione di terreno insisteva un fabbricato rurale. Il sig. Donato Ballasina venne delegato alla firma della convenzione con la Comunità Montana da parte di RANA Belgium, il 9/6/89 e da RANA - Italia in data 20/6/89. La convenzione affidava al Gruppo RANA i suddetti beni immobili per la durata di 35 anni per la realizzazione di un Centro di salvaguardia delle tartarughe mediterranee in capo a RANA – Italia. RANA non disponeva dei fondi necessari a far fronte agli impegni assunti con la convenzione del settembre 1989, e quindi la Regione Toscana inserì il progetto CARAPAX nel piano di finanziamenti ex Reg. CEE per un importo totale di 500.000 Euro. Fin dai

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primi anni i gestori del centro risultarono inosservanti degli impegni e gli Enti pubblici, che comunque ritenevano importante il progetto, si fecero carico degli oneri finanziari e dei lavori. Pertanto per iniziativa della Comunità Montana, si iniziò a richiedere un aggiornamento della convenzione originaria del settembre 1989, che di fatto era stata stravolta nei contenuti prima ricordati. Il 21 aprile 1992 il Dirigente regionale competente sollecitò una risposta a RANA rispetto alle proposte avanzate dalla Comunità Montana. Il 5 maggio 1992 giunse la risposta a firma della direzione del Centro CARAPAX, ove si commentavano negativamente le innovazioni avanzate. Negli anni 1993, 1994 e 1995 sono seguite varie proposte di convenzione : da una parte il Centro propose a più riprese di integrare la originaria convenzione con la previsione di un finanziamento annuale da parte della R.T. per le ordinarie spese di gestione (dai 175 milioni di lire richiesti nel 1993 ai 250 milioni del 1995), richiese ulteriori strutture, mezzi e beni immobili e proponendo di poter gestire i beni concessi senza alcun controllo della pubblica amministrazione; dall'altra la Regione e la Comunità Montana che continuavano a proporre una nuova convenzione che facesse chiarezza sui rispettivi ruoli, precisando gli scopi del Centro, che istituisse un comitato scientifico e un comitato di gestione con rappresentanti delle Università toscane, della Pubblica Amministrazione e di RANA, con l'intento di ricondurre a trasparenza la gestione finanziaria, anche considerate le entrate derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso, che favorisse e rendesse cogenti i rapporti con il mondo scientifico italiano e toscano in particolare, e che limitasse la durata del rapporto a nove anni dai 35 originari. La Comunità Montana accertate e contestate plurime inadempienze agli obblighi assunti da parte di RANA attivò la clausola compromissoria prevista dalla originaria convenzione, con istanza di arbitrato in

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data 30 aprile 1996. A dicembre 1998 il giudizio arbitrale si concluse riconoscendo le ragioni della Comunità Montana. La convenzione originaria fu dichiarata decaduta e la controparte fu condannata a pagare due terzi delle spese di giudizio e delle spese legali a favore della Comunità Montana. Non essendo stato impugnato il Lodo divenne definitivo a dicembre 1999. La Fondazione RANA, soccombente nel giudizio arbitrale, non ha poi provveduto a rilasciare gli immobili e neppure a pagare le spese del giudizio arbitrale poste a suo carico dal “lodo”. La Regione tentò di risolvere la vicenda inserendo poi nel primo programma di alienazione del patrimonio agricolo forestale i terreni ed i fabbricati costituenti il Centro Carapax; le due procedure di vendita, nel 2000 e nel 2002, non si conclusero perché essa era aperta soltanto ai gestori del Carapax ma essi non presentarono alcuna offerta. Infine la C.M. promosse una azione giudiziaria nei confronti di Fondazione RANA che fu condannata con sentenza del Tribunale di Grosseto nel 2005. Il Corpo Forestale dello Stato, poi, nel 2007 sequestrò presso il Centro Carapax specie animali pericolose detenute irregolarmente, in quanto sprovviste della prevista autorizzazione prefettizia. Infine, il 28 gennaio 2009 fu depositata al tribunale di Grosseto l'istanza per il sequestro giudiziario degli immobili del centro Carapax. Critiche al centro sono state fatte anche per l'utilizzo dei laghetti come centro di raccolta di tartarughe palustri, provenienti da varie parti d'Europa. Paul H. Eversfield, in una lettera al Presidente della Regione Martini del 13 marzo 2009, presentava, in modo assolutamente negativo, l'attività del Centro Carapax. In particolare, ha accusato il Carapax di aver preso dal British Chelonia Group, 36.000 sterline per ricevere 5.000 Trachemys scripta elegans, alloggiate nei laghetti del centro in una situazione di grave sovrappopolamento. ll 18 aprile 2010 il processo si è concluso riconoscendo in pieno le ragioni della

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Comunità Montana e disponendo la riconsegna degli immobili . Poco prima della conclusione del processo civile, a dicembre 2009, è venuto a sentenza anche il procedimento penale instaurato a seguito delle indagini condotte dal CSF a partire dal 2007, nel quale la Comunità Montana si era costituita parte civile. Ballasina e la moglie sono stati condannati per i reati di sfruttamento commerciale, detenzione e esposizione di specie protette e pericolose senza le autorizzazioni necessarie.

5.3 Valore naturalistico del podere

Analizzando le foto aeree disponibili sul podere, dopo aver confrontato le immagini tra il 1954 ed il 2010, è stato possibile notare che alcune aree sono nel tempo rimaste inalterate. In particolare, il bosco, che occupa la parte centrale del podere, e la zona umida, situata nella parte Nord- Ovest. Il bosco in particolare è stato oggetto di un rilevamento per censire le principali specie vegetali presenti, ed evidenziarne un eventuale qualità naturalistica da valorizzarIl rilievo ha avuto per oggetto le associazioni vegetali, definite come “aggruppamenti vegetali più o meno stabili ed in equilibro con il mezzo ambiente, caratterizzati da una composizione floristica determinata, nei quali alcuni elementi esclusivi o quasi (specie caratteristiche) rivelano con la loro presenza un’ecologia particolare e autonoma” (BRAUN–BLANQUET, 1951). La tipizzazione operata consiste nel prendere in esame un numero di specie che risultino maggiormente caratteristiche di un’associazione, cercando di connetterle alle corrispondenti condizioni ambientali, ottenendo così un utile indicatore della valenza ecologica di un'area. Per ottenere un rilievo valido si deve procedere compilando l’elenco di tutte le specie presenti in un’area sufficientemente rappresentativa della vegetazione, detta “minimo areale”.

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Ricostruzione del podere nel 1832

Foto aerea del podere nel 1954 Ricostruzione del

podere nel 1832

Foto aerea del podere nel 2010

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In primo luogo va quindi stabilito, con cognizione di causa, che la superficie prescelta per effettuare il rilievo sia rappresentativa della vegetazione che si sta studiando. Dell'area rilevata si devono conoscere superficie, quota, esposizione; inoltre, ad ogni specie presente nell’area devono essere attribuiti dei valori. In particolare, il grado di copertura secondo una scala di abbondanza-dominanza, il quale esprime la percentuale di area che la specie ricopre sul totale. Per la stima del grado di copertura viene utilizzata una scala di valori proposta inizialmente da BRAUN-BLANQUET nel 1951, e riproposta da PIGNATTI nel 1953, scala che prevede sette gradi :

5 = copertura 80 – 100 % 4 = copertura 60 – 80 % 3 = copertura 40 – 60 % 2 = copertura 20 – 40 % 1 = copertura 1 – 20 % + = copertura < 1 % r = specie molto rare

I dati raccolti vengono successivamente confrontati all’interno di specifiche tabelle fitosociologiche, per così individuare le associazioni vegetali ed i dati ad esse relative; le associazioni vengono riunite in un sistema di classificazione, definito in base alla presenza di gruppi di piante in comune, consentendo l’individuazione dei livelli gerarchici di alleanza, ordine, classe e relative subunità: suballeanza, sottoordine e sottoclasse. La denominazione sintassonomica, le cui

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regole seguono il Codice Internazionale di Nomenclatura Fitosociologica, deriva dal nome scientifico di una o due specie più rappresentative, a cui viene aggiunto un suffisso diverso a seconda del livello gerarchico. I suffissi riconosciuti sono: Classe -etea Sottoclasse -enea Ordine -etalia Sottoordine -enalia Alleanza -ion Suballeanza -enion Associazione -etum Subassociazione -etosum.

L'area presa in esame, di 100 m², corrisponde alle coordinate 43°02'07” N e 10°52'03” E , si trova a 193 m.s.l.m., è esposta a Nord- Ovest e dista dal mare di circa 17 km. Per definire il minimo areale si è delimitata un'area quadrangolare di un metro per un metro; stabilito che non fosse sufficiente, si è passati ad un'area doppia e così via, fino a giungere ad una ampiezza tale da non individuare nuove specie all'esterno dell'area delimitata.

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Immagine del podere, in giallo evidenziata l'area del rilevamento

SCHEDA DI RILEVAMENTO DELLA VEGETAZIONE Podere “Le Venelle”

Rilevamento : unico Data: 26/7/ 2014 Superficie (mq): 100 Regione: Toscana Provincia: Grosseto Comune: Massa Marittima Località: Marsiliana Esposizione: Nord-Ovest Altitudine (m): 193 Pendenza (°): 6 Substrato : Tendenzialmente acido

Formazione vegetale: Bosco misto di sempreverdi e caducifoglie

N. Strato Specie

Abbondanza-dominanza

Copertura

1 1 Ruscus aculeatus L. 1 10% 2 1 Quercus ilex L. 1 5% 3 1 Cyclamen hederifolium L. +

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4 1 Fraxinus ornus L. 1 5% 5 1 Hedera + 6 1 Smilax aspera + 7 2 Quercus ilex 1 5% 8 2 Ruscus aculeatus L. + 9 2 Pistacia lentiscus L. + 10 2 Crataegus monogyna L. + 11 2 Spartium junceum L. + 12 3 Fraxinus ornus L. 2 35% 13 3 Quercus ilex L. 1 15% 14 3 Quercus pubescens L. 1 5% 15 3 Acer monspessulanum L. + 16 3 Quercus robur L. + 17 3 Quercus cerris L. r 18 3 Quercus petraea L. r 19 3 Ficus carica L. + 20 4 Quercus ilex L. 1 5% 21 4 Quercus suber L. r

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Cyclamen hederifolium L.

Quercus ilex L., Fraxinus ornus L., Ruscus aculeatus L. Acer monspessulanum L.

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Quercus pubescens L.

Crataegus monogyna L. Pistacia lentiscus L.

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L'indice Abbondanza – Dominanza permette di individuare a quali HABITAT appartengano le fitocenosi rilevate. Dal manuale italiano di interpretazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE, è possibile individuare il seguente habitat di appartenenza:

9340 : Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia

Boschi dei Piani Termo-, Meso-, Supra- e Submeso-Mediterraneo (ed occasionalmente Subsupramediterraneo e Mesotemperato) a dominanza di leccio (Quercus ilex), da calcicoli a silicicoli, da rupicoli o psammofili a mesofili, generalmente pluristratificati, con ampia distribuzione nella penisola italiana sia nei territori costieri e subcostieri che nelle aree interne appenniniche e prealpine; sono inclusi anche gli aspetti di macchia alta.Per il territorio italiano vengono riconosciuti i sottotipi 45.31 e 45.32. In questo caso si propende per il sottotipo 45.31., Leccete termofile prevalenti nei Piani bioclimatici Termo- e Meso-Mediterraneo (occasionalmente anche nel Piano Submediterraneo), da calcicole a silicicole, da rupicole a mesofile, dell’Italia costiera e subcostiera. sono frequenti altre specie sempreverdi, come Laurus nobilis, o semidecidue quali Quercus dalechampii, Q.virgiliana,

Q. suber; Tra gli arbusti sono generalmente frequenti Arbutus unedo, Phillyrea angustifolia, P. latifolia, Rhamnus alaternus, Pistacia terebinthus, Viburnum tinus, Erica arborea; tra le liane Rubia peregrina, Smilax aspera, Lonicera implexa. Lo strato erbaceo è generalmente molto povero; tra le

specie caratterizzanti si possono ricordare Cyclamen hederifolium, C.

repandum, Festuca exaltata, Limodorum abortivum. e leccete della penisola

italiana sono distribuite nelle Province biogeografiche Italo-Tirrenica, Appennino-Balcanica e Adriatica e svolgono un ruolo di cerniera tra l’area

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tirrenica ad occidente e quella adriatica ad oriente; sulla base delle più recenti revisioni sintassonomiche esse vengono riferite all’alleanza mediterranea centro-orientale Fraxino orni-Quercion ilicis Biondi, Casavecchia & Gigante 2003 (ordine Quercetalia ilicis Br.-Bl. ex Molinier 1934 em. Rivas-Martínez 1975, classe Quercetea ilicis Br.-Bl. ex A. & O. Bolòs 1950), all’interno della quale vengono riconosciuti due principali gruppi ecologici, uno termofilo e l’altro mesofilo. Le cenosi a dominanza di leccio distribuite nei territori peninsulari e siciliani afferiscono alla suballeanza Fraxino orni-Quercenion ilicis Biondi, Casavecchia & Gigante 2003 mentre per quanto riguarda il Settore Sardo, il riferimento è alla suballeanza Clematido cirrhosae-Quercenion ilicis Bacchetta, Bagella, Biondi, Filigheddu, Farris & Mossa 2004. Sono riferibili a questo habitat anche gli aspetti inquadrati da vari Autori nelle alleanze Quercion ilicis Br.-Bl. ex Molinier 1934 em. Rivas-Martínez 1975 ed Erico-Quercion ilicisBrullo, Di Martino & Marcenò 1977.

Riguardo alla classificazione sintassonomica della vegetazione rilevata e analizzata in questo relazione,il testo ''Flora, fitocenesi e ambiente'' di Davide Ubaldi, è possibile provare a classificala nel modo seguente:

– QUERCO-FAGETEA Braun- Blanquet et Vlieger 1937

QUERCETALIA HUMILI-PETRAEAE KLIKA 1933: querceti caducifogli termofili

distribuiti in aree collinari a montagne basse. Specie caratteristiche e differenziali: Carez flacca, Cornus mas, Stachys officinalis, Fraxinus ornus,

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Quercion humil-petraeae Braun- Blanquet 1931 : querceti misti a roverella

più o meno xerofili, tipicamente collinari; Alpi ed Appennini fino al Molise. Fascia sudalpica e submediterranea, raramente supramediterranea.

– QUERCETEA ILICIS Braun- Blanquet 1947

QUERCETALIA ILICIS Braun-Blanquet 1936 : querceti mediterranei e macchie

a sclerofille. Specie caratteristiche : Asparagus acutifolis, Rubia peregrina,

Lonicera implexa, Smilax aspera, Rhamnus alaternus, Phillyrea latifolia, Pistacia lentiscus, Myrtus communis. Vegetazione incentrata nella fascia

mediterranea, con punte nella submediterranea e supramediterranea.

Oleo - Ceratonion Braun- Blanquet 1936 : formazioni più termofile,

rappresentate da querceti fisionomicamente analoghi a quelli del

Quercion-ilicis, ma anche a Q. pubescens, e da macchie a Piastacia lentiscus, Euphorbia dendroides, Chamaerops humilis ecc. Specie caratteristiche : Arisarum vulgare, Ceratnia siliqua, Clematis cirrhosa, Olea europaea. Coste

peninsulari tirreniche, ioniche e del basso Adriatico, aree costiere e collinari anche interne a Sicilia e Sardegna

Le fitocenosi rilevate sono di indubbio interesse naturalistico ed esistono i presupposti per scegliere di valorizzare quest'area del podere. Sarebbe inoltre interessante approfondire ulteriormente questo studio effettuando più rilevamenti.

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CAPITOLO 6 : PROPOSTA DI VALORIZZAZIONE E CONCLUSIONI

Il podere Le Venelle, come è stato precedentemente illustrato, si colloca nel contesto paesaggistico della “Marsiliana”, un paesaggio culturale (cultural

landscape, secondo la definizione Unesco ormai affermata) di grande rilievo, sia

per la ricchezza di testimonianze storiche e culturali, sia per l’estetica, essendo costituito soprattutto da declivi prossimi al litorale.

Sotto il profilo storico, l'area nel suo stato attuale è la risulatante di una bonifica risalente all’Ottocento, dalla quale ha preso origine una fiorente agricoltura oggi in gran parte finita. Anche nei riguardi della logistica, il territorio ha rappresentato un asingolare importanza, come snodo fino al Secondo dopoguerra nel complesso minerario delle Colline Metallifere. Il vicino centro storico di Massa Marittima è unito attraverso direttrici primarie e secondarie di valore storico anch’esse ad aree e città, quali Siena, Grosseto e Follonica, essenziali componenti della realtà toscana. Sul territorio è ancora presente, anche se solo in parte, la rete idrografica con valore potenziale o attuale di corridoio ecologico. In questo contesto, oltre alle aree agricole a seminativo e a olivicoltura, sono presenti importanti aree di alimentazione degli acquiferi strategici e aree di deflusso superficiale. Inoltre è in parte già presente un tessuto di viabilità dolce percorribile a piedi o in bicicletta. Per quanto concerne le criticità riscontrate, si possono annoverare diversi elementi: fenomeni di accentramento della popolazione verso i poli industriali di fondovalle, a discapito degli insediamenti interni; la dismissione di ferrovie e stazioni minori (Follonica-Massa Marittima); la semplifcazione dei sistemi infrastrutturali longitudinali esistenti (via Aurelia Vecchia); la congestione e frammentazione del territorio agricolo, con creazione di spazi interclusi tra gli assi viari e perdita delle originarie funzioni agricole; le storiche attività di bonifca della

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pianura inoltre hanno contribuito ad accentuare criticità e problematiche, soprattutto per ciò che riguarda gli equilibri ecosistemici. Si segnalano infine: l’intensificazione produttiva e la realizzazione di oliveti e vigneti specializzati, spesso a sostituire intere tessere di seminativi semplici; i possibili inquinamenti delle falde acquifere a causa dell’agricoltura moderna; la semplifcazione paesaggistica dei tessuti occupati da colture specializzate; la scomparsa del corredo arboreo della maglia agraria; l’indebolimento del grado di biodiversità. Tenuto conto di tutto ciò la proposta progettuale sostenuta in questo elaborato di tesi, si è articolata in più parti. Alcune di queste tuttavia presuppongono interventi pubblici non indifferenti.

Al centro “ Carapax” l'area era stata modificata per l'esigenza di suddividere gli spazi, e permettere quindi la permanenza contemporanea di diverse specie esotiche. In particolare, la zona umida era stata suddivisa, creando diverse vasche artificiali. Il periodo di abbandono ha provocato il prosciugamento degli invasi artificiali, ricostituendo la zona umida naturale.

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MASTERPLAN

Podere “Le Venelle”, Massa Marittima (GR)

Candidato : Giulia Del Santo

Relatore : Galileo Magnani Correlatore : Francesco Monacci

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Figura

Foto 3: Località Valpiana (Massa Marittima)
Foto aerea del  podere nel 1954 Ricostruzione del

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