• Non ci sono risultati.

CGH ARRAY E ANALISI DELLE ANOMALIE CROMOSOMICHE

2 ANOMALIE CROMOSOMICHE

2.2 CGH ARRAY E ANALISI DELLE ANOMALIE CROMOSOMICHE

La citogenetica tradizionale, pur utilissima nell’identificare un gran numero di anomalie cromosomiche, numeriche e strutturali, sia bilanciate che non bilanciate, è limitata nelle sue possibilità diagnostiche dal potere di risoluzione del microscopio. Lo sviluppo della tecnologia di Ibridazione Fluorescente In Situ (Fluorescence In Situ Hybridization - FISH) ha rappresentato un passo in avanti nello screening dei riarrangiamenti genomici, portando alla nascita della citogenetica molecolare.

Nell’analisi FISH le sonde di DNA, marcate con fluorofori, sono ibridate a preparazioni di cromosomi di cellule in interfase o metafase per determinare la presenza, la localizzazione e il numero di specifici segmenti genomici. Questa tecnologia, non solo permette di trovare piccole alterazioni genomiche, da 50 Kb a 100 Kb, ma permette anche la diretta visualizzazione di queste alterazioni nelle cellule, senza che sia necessario indurne la crescita in vitro.

Queste caratteristiche hanno reso il test della FISH ideale nell’identificazione non solo delle sindromi da microdelezioni/microduplicazioni, ma anche per l’analisi di aneuplodie prenatali e per gli studi di genetica del cancro.

Sebbene la FISH permette la rilevazione di sbilanciamenti cromosomici con grande accuratezza, essa presenta il grosso limite di rilevare solo particolari mutazioni a livello di precisi loci cromosomici, poiché può sondare soltanto sequenze specifiche che sono note o sospettate essere associate a particolari sindromi e non fornisce un’analisi dell’intero genoma.

L’Ibridazione Genomica Comparata (Comparative Genomic Hybridization - CGH) supera questo limite, permettendo di identificare la presenza delle eventuali anomalie cromosomiche sull’intero genoma, senza sapere in anticipo cosa cercare.

La CGH fu introdotta nel 1992 da Kallioniemi et al.61 della University of California at San Francisco per per analizzare le aberrazioni cromosomiche implicate nell’insorgenza di tumori solidi vescicali.

Successivamente si è rivelata utile anche nella diagnosi delle aberrazioni cromosomiche costituzionali (Lapierre et al. 1998)62.

La metodica CGH si basa su un’ibridazione in situ modificata, che sfrutta la competizione tra due campioni di DNA genomico marcati con fluorocromi diversi: un campione è quello del paziente, l’altro è costituito da un pool di DNA genomico di riferimento. Nella tecnica convenzionale i DNA marcati sono ibridati simultaneamente in quantità equimolari su una superficie di vetro su cui sono fissati dei preparati metafasici normali (Fig.5).

Il vantaggio di tale tecnica è che in un’unica ibridazione si possono ottenere informazioni sulla dimensione e sulla localizzazione di tutti gli sbilanciamenti cromosomici, mentre il suo limite è il basso potere di risoluzione (3-10 Mb). (Kirchhoff, M. et al. 1999)63 .

Figura 5: Comparative Genomic Hybridisation (CGH)

Alla fine degli anni novanta, l’avvento della tecnologia basata sui microarray ha permesso di esaminare tutto il genoma umano su un singolo chip con una risoluzione alta (fino ad un centinaio di coppie di basi). Tale tecnica venne inizialmente definita Matrix-CGH per poi essere successivamente denominata array-CGH (aCGH).

Ciò fu reso possibile grazie al Human Genome Project (HGP)64 un progetto di ricerca scientifica internazionale, iniziato nel 1990 e completato nell’aprile del 2003, finalizzato a ottenere la mappatura completa del genoma umano. HGP permise infatti la creazione di una libreria di frammenti di DNA clonato con posizioni note in tutto il genoma umano, che venne utilizzata come riferimento per il confronto con i microarray del DNA test.

Nell’array-CGH i cromosomi in metafase sono stati sostituiti con sonde di DNA bersaglio roboticamente immobilizzati e distribuiti su un vetrino microscopico (chip); ciò ha sensibilmente incrementato la risoluzione e semplificato la procedura dell’analisi.

Le sonde possono essere rappresentate da tratti di DNA genomico sotto forma di cromosomi batterici artificiali (BACs di 150-160 Kb) o cromosomi artificiali di fago P1 (PAC di 75-200Kb), cloni inserto più piccoli come i cosmidi (30-40 Kb) e fosmidi (40-50 Kb), o oligonucleotidi (25-85 mers) e corrispondono a loci specifici di ogni singolo cromosoma, fino a comprendere tutto il genoma umano.

I principi di base dell’array-CGH sono simili a quelli dell’ibridazione genomica comparativa tradizionale.

I campioni di DNA da testare e DNA di controllo sono differentemente marcati, con fluorocromi rossi (Cy5) e verdi (Cy3), successivamente coprecipitati in presenza di Cot-1 DNA per bloccare le sequenze ripetitive e co-ibridizzati sull’array (Fig. 6a). Si tratta di una competizione comparativa in cui si legherà in proporzione più DNA da testare in ogni locus se sarà maggiore il numero di copie presenti in quel locus rispetto al numero di copie presenti nel DNA genomico di controllo. Viceversa se ne legherà meno se sarà minore il numero di copie presenti in quel locus rispetto al numero di copie presenti nel DNA genomico di controllo. La fluorescenza è rilevata mediante uno scanner a laser (Fig. 6b), grazie al quale si acquisisce un’immagine per entrambi i fluorocromi. In seguito, le immagini sono quantificate con metodo digitale mediante software specifici, che quantificano l’intensità di fluorescenza emessa per ogni sonda

(Fig. 6c), calcolando quanto il rapporto tra i segnali emessi dal campione e dal DNA di riferimento devia dai valori attesi. Dato che le misurazioni possono essere riferite direttamente alle posizioni sul genoma, è possibile definire, con precisione, i punti di rottura (breakpoints) dei riarrangiamenti eventualmente presenti. La sovrapposizione dei due segnali corrispondenti ai due fluorocromi, nel caso di un soggetto normale produce un valore di intensità di fluorescenza uguale a 1, poiché il rapporto tra i 2 fluorocromi è pari a 1. La rappresentazione grafica fornita dal software trasforma questo valore in logaritmo. Quindi i cloni in cui è avvenuta una normale ibridazione tra DNA di controllo e DNA test si trovano lungo la linea grafica dello 0. L’elaborazione finale del programma produce uno schema in cui è possibile vedere la distribuzione dei segnali di fluorescenza dei cloni nell’intorno del valore “zero” ad indicare un uguale dosaggio della regione del DNA test e del DNA di controllo. Cloni che si discostano da questa linea di “zero” verso +0.58, dove il rapporto tra i 2 fluorocromi è di 3/2, sono indicativi di una regione duplicata e cloni che si discostano verso –0.80, dove il rapporto tra i 2 fluorocromi è 1/2, sono indicativi di una delezione. Si considerano possibili delezioni o duplicazioni quando si discostano dal valore di “zero” almeno 3 sonde (Fig. 6d).

La risoluzione genomica delle differenti piattaforme aCGH è determinata dallo spazio e dalla lunghezza delle sonde di DNA (Bassem A. et al, 2006)65. Questa risoluzione è grande almeno dieci volte quella della migliore analisi dei cromosomi in pro metafase, quindi rappresenta lo screening per delezioni o inserzioni più sensibile del genoma intero. Tuttavia l’aCGH non è in grado di rilevare anomalie cromosomiche bilanciate come traslocazioni ed inversioni. Perciò le tecniche citogenetiche convenzionali saranno sempre fondamentali e non potranno essere sostituite in toto, ma indubbiamente l’array-CGH apre le porte verso analisi sempre più accurate e precise a fronte di una maggiore semplicità e tempi di risposta molto più veloci (P. Evangelidou et al, 2013, M. Shinawi et al.2008)66,67.

Figura 6. Rappresentazione schematica di un esperimento array-CGH. (a) I DNA test e di controllo

sono differentemente marcati, coprecipitati e ibridizzati su un array. Dopo le procedure di lavaggio, i vetrini sono analizzati attraverso uno scanner (b) e viene determinata l’intensità di fluorescenza d i ogni sonda (c). Dopo la trasformazione dell’immagine e la normalizzazione dei dati, i rapporti in log2 delle sonde sono tracciati come funzione della posizione cromosomica. Le sonde con un valore uguale a zero rappresentano un uguale rapporto dell’intensità della fluorescenza tra il test e il controllo. Ogni punto rappresenta una singola sonda individuata sull’array. (d) Ideogramma visualizzato dal software. La regione cromosomica appare duplicata poiché il rapporto di fluorescenza delle sonde presenti è di 3/2..

Documenti correlati